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Autore: Lady A    20/02/2022    0 recensioni
| What if? |
Dal primo capitolo:
"[…] Le catene stringono i polsi fino a sanguinare, le tiro con forza, con rabbia, cigolano ma non cedono. Non cederanno. Resterò per sempre qui, tra i monti verdi. Sola, imprigionata in una follia generata dalla mia mente affamata.
È dura essere soli. Straziante, avvilente, mortale.
Ho catene anche ai piedi. Arranco, cercando di divincolarmi. Serrano con dolore la mia carne, non mi lasceranno mai.
È la mia condanna, la mia punizione, quello che merita una fantasia fervida e ingenua, avida di un amore che non ha senso di esistere.
Non con lui."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chichi, Giumaho, Gohan, Goku, Nuovo personaggio | Coppie: Chichi/Goku
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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2

 
Forse ci rincontreremo
quando saremo leggermente
più vecchi e le nostre menti
saranno meno frenetiche…
e io andrò bene a te e tu
andrai bene a me.
Ma ora io sono solo caos
per i tuoi pensieri e tu sei
veleno per il mio cuore.

Poesia araba.


 
Un odore di pioggia grava nell’aria. Le nuvole velano l’orizzonte livido, divorano il sole, gettando ombre lungo i sentieri fitti e erbosi, squarciati da putride fauci di fango. Il fiotto lontano del fiume graffia la quiete, in uno straziante e sommesso cantico d’agonia.
Percepisco l’inquietudine del vento. Implacabile e spaventoso, soffia, grida e scalcia; recide foglie, fiori e frutti della terra. Rami deformi, rintoccano e artigliano i vetri delle finestre, come dita scheletriche.
Sfrego gli occhi, rigirandomi tra le coperte, i capelli sparsi sul cuscino come fili d’erba bruciati dal sole. L’alba incontra la pioggia, aspra e accecante. Frusta e annega il terreno, inghiottendo ogni spiraglio di colore. L’angoscia affiora tra le nebbie della coscienza; feroce e selvaggia come una fiera, lacera la carne, la ingurgita e non ne ha mai abbastanza.
Tra poche ore potrei vedere mio figlio spegnersi tra atroci sofferenze, in diretta televisiva. Il fiato si ferma in gola. Il cuore sul punto di scoppiare, straziato e scarnificato. Scuote il mio corpo, come fossi una marionetta di sale, carne, ossa e dolore.
Gohan. Costretto a crescere prima del tempo, ad affrontare tante sue paure senza di me.
Ricaccio indietro le lacrime, girandomi su di un fianco, avvertendo il respiro di Goku contro il mio orecchio.
Una voragine si spalanca ai miei piedi. Il panico grida nella mia testa, i battiti impazziscono nel petto.
Come ha potuto privarmi di mio figlio in quelli che potrebbero essere gli ultimi giorni della Terra?
Come può la salvezza del mondo essere racchiusa in un bambino?
Chiudo gli occhi, voltandomi di lato, incapace di sostenere il suo sguardo.
Vorrei gridare fino a perdere la ragione. Come può non capire?
Mi ucciderà. Questo dolore mi ucciderà.
O forse mi ha già uccisa. Sono viva a metà. Un pallido spettro della ragazza di un tempo.
Ho condannato me stessa, con queste mani sottili, distrutto la mia vita, imprigionato in un’ignota ragnatela un uomo che non mi ama. Che non amo.
Un brivido corre lungo la spina dorsale. Simili a schiocchi di frusta, gocce d’acqua calano sul mondo, infrangendosi e rincorrendosi sui vetri e le ossa marcie dei rami; flagellando il vento in un lamento atroce e distorto. Ha intenzione di farlo combattere contro Cell, di usarlo come cavia, carne da macello.
Raccolgo le braccia al petto, rabbrividendo, premendo le dita contro le tempie.
Vorrei fosse morto per quel dannato virus al cuore, a volte.

«Chichi, sei sveglia?»

Sussulto.
Il suo braccio circonda la mia schiena. Annuisco in silenzio, trattenendo il respiro. Le sue dita scivolano sulla mie pelle. Il rancore morde le viscere. Mi costringo a voltarmi a guardalo, con un sospiro, le unghie conficcate nei palmi. Le lacrime toccano il mio sguardo, pungenti come lame. Le respingo irritata, asciugandole con il dorso della mano, sedendomi tra i cuscini, le ginocchia raccolte al petto.

«Chichi?!»
Lo sgomento affiora sul suo viso. Si solleva, avvolgendomi le spalle. «Ascolta, ripongo molta fiducia nel nostro Gohan », pronuncia con il suo tono rassicurante. Lotto per respirare, sottraendomi bruscamente dalla sua stretta. Il tormento mi afferra il cuore, lo massacra e lo spolpa, come un avvoltoio.
Quante altre morti, quanto altro dolore e violenza dovrà conoscere nostro figlio?
Ha lottato per anni, imparato a uccidere e scontrarsi tra il sangue e nel sangue, per te. Non è forse abbastanza?
Non gettare altri fardelli su di lui. Gohan non è come te. Un egoista, accecato da se stesso.

«Sono così stanca Goku», sospiro, gettando le coperte di lato. «Stanca di odiarti ogni maledettissimo giorno». Stringo gli occhi con forza, scuotendo la testa e massaggiando le tempie con stizza. Lo sconcerto attraversa la sua espressione, come una crepa. Mi fissa confuso, sbattendo le palpebre, sfregandosi i capelli dalle assurde sfumature dorate.
I fulmini raschiano il cielo come artigli affilati; raffiche di pioggia e vento sviscerano il terreno. Respiro a fondo, raddrizzando la schiena.

«Abbi più fiducia in noi, amore mio!», mi sorride gioviale, sfiorandomi amichevolmente la spalla.
Sollevo il mento. Incontrollata, la mia mano scatta in direzione della sua faccia.

«Sei serio, Goku?» urlo, incapace di frenare la mia collera - senziente, orribile e sanguinaria come una belva digiuna. Spezza la mia carne, brancola nel sangue, divora le ossa e deprava la ragione.
Amore mio. Amore mio. Amore mio.
Infida, sogghigna nella mia mente, lacerando muscoli e tessuti, soffocando i miei battiti tra le sue fauci rosse e deformi.
Amore mio. Amore mio. Amore mio.

Il suo volto è a brevissima distanza dal mio. Porta la mano alla guancia. Solleva le sopracciglia interdetto, un tremito percorre la linea della sua mascella.

«Chichi…», sussurra, le labbra dischiuse dallo sconcerto, le pupille dilatate. Incrocio e fermo il suo sguardo nel mio, strattonando con rabbia, il tessuto della sua maglietta, sentendo il suo petto, fremere tra le mie dita.

«Noi non ci amiamo affatto. Neanche un po’, neanche per sbaglio», dico a denti stretti, il respiro impigliato in gola. «Ti odio profondamente Goku, ma ancora di più, odio me stessa per non aver saputo guardare oltre un infantile capriccio!». I miei pugni si abbattono come un’ascia di guerra sul suo corpo di roccia e pietra. Un altro schiaffo giunge al suo viso. Immobile, subisce i miei colpi, senza mai sottrarsi o fermarli. «Muori pure e non tornare più in vita. Io e Gohan andremo avanti lo stesso, come abbiamo già fatto in passato. Sparisci anche per sempre. Non m’importa niente di te. Niente!», grido, senza fiato, avvertendo gli occhi bruciare e il sudore freddo, insinuarsi sulla pelle.
Il mondo sprofonda in una quiete penombra; mitiga il vento, soffocando la corsa furiosa della pioggia. L’alba avanza incolore, come acqua di un torrente. Il cuore arranca cieco e sordo, come una creatura viscida e spettrale. Rabbrividisco, in preda alle vertigini; il sale sulla bocca e i contorni della stanza, vacui e indistinti come pallidi miraggi - come la sua figura.
Tremo, coprendo il volto tra le mani, sentendo le orecchie fischiare, atroci e assordanti e le palpebre pesanti. Le richiudo per un istante, crollando tra i cuscini, come un tramonto tra l’oscurità del cielo.


La luce del sole, investe il mio sguardo come una scarica di frecce infuocate. Sollevo il braccio per proteggere la vista, rigirandomi nell’informe groviglio delle coperte. Drizzo stancamente la schiena, sbattendo le ciglia, spingendo indietro i capelli arruffati, sparsi oltre le scapole. Apro e richiudo febbrilmente le mani, ferma e raggelata dai ricordi di quanto appena successo.
Cosa ho fatto?
Inaspettato, il panico afferra il mio petto, banchettando con i suoi battiti vivi, intensi e brutali. Mi alzo, quasi inciampando nei miei stessi passi. Mi rivesto rapidamente, con dita incerte, indossando un’ampia vestaglia di seta scura. Mi trascino lungo il corridoio e le scale. Il respiro corto.

«Goku?», lo chiamo, quasi senza rendermene conto, non ottenendo alcuna risposta, se non uno spoglio silenzio.
Premo una mano al cuore, abbandonandomi contro la parete del salone. Ispiro e respiro a fondo, il sudore sulla fronte e lungo la schiena. Cosa ho fatto?
Un formicolio alle gambe e un freddo innaturale a strisciare sulla pelle.
Ho ottenuto quello che volevo. Nient’alto che quello che volevo. Ripeto ossessivamente, sfiorandomi distrattamente lo stomaco, imponendomi di ricacciare indietro le lacrime tra le ciglia.

«È tutto a posto? Credevo dormissi ancora».
Sobbalzo di scatto, con una contrazione al petto.
Appare sulla soglia, nella sua tuta arancione, il tono mite e il sorriso spensierato. Si fa spazio tra le ombre della casa, con quel suo aspetto estraneo, gli occhi azzurri come il mare e i capelli d’oro acceso. Una sottile impronta rossa ad estendersi sulla guancia. Avverto il cuore sprofondare. Chino il capo, portando le mani alla bocca, avvertendo le ginocchia cedere.

«Non ti senti bene?», solleva le sopracciglia, la sua presa sui miei fianchi. Scuoto la testa, le spalle al muro, come in trappola. I riflessi del sole carezzano la sua schiena. Distolgo lo sguardo.
«Mi dispiace», dico solo, sottovoce.  
«Ti dispiace per cosa? Non capisco», si gratta la nuca perplesso, gettandomi addosso uno sguardo ingenuo, come un coltello che si insinua a devastare il corpo e la carne. Non fingere, Goku. Ti prego non farlo.
«Quello che è successo… », accenno inquieta, deglutendo a fatica, respirando lentamente. Sollevo il capo, esitando cautamente con le dita sul suo viso, vicinissimo al mio.
Lo vedo ridere divertito.
«In effetti, mi hai preso alla sopravvista, ma è stato un gran bel colpo! Urca! Ad un certo punto, nel sonno, ti sei dimenata come una tigre, pensavo avessi la febbre!», esclama, con un innocente buonumore, tastandomi la fronte.
Sbarro gli occhi, esterrefatta.
No, non è possibile.
L’incertezza freme orribilmente nel petto.
Stai mentendo a me! Come puoi?
Mi scosto, superandolo di un passo, dandogli rigidamente le spalle, i pugni chiusi abbandonanti lungo i fianchi.
È
 un delirio, una finzione generata dalla follia della mia mente? Mi rifiuto di crederlo. Non posso aver sognato tutto. L’ho colpito, davvero, piena di rancore e pena e voglia di ferire, come una bestia crudele.
Perché è rimasto? Abitudine e indifferenza, certo!
Sorrido istericamente, percorrendo a lunghi passi la stanza, scostando le tende e spalancando le imposte. Il sole è alto nel cielo blu, come un oceano di zaffiri.
Cosa accadrà tra poche ore a Gohan e alla Terra?
Ho sognato anche la pioggia e il tormento della Natura? Percepisco la presenza di Goku, al mio fianco.

«So che sei molto preoccupata, ma ripongo molta fiducia in nostro figlio».
Parla, quiete come l’orizzonte che osserva dalla finestra. Mi volto di scatto, interdetta.
Abbiamo già avuto questa conversazione, non ricordi?
Cerco il suo sguardo, corrugando la fronte. Non posso aver sognato le stesse parole, lo stesso egoismo insensato, tra le morbide note della sua voce.
Non posso.
Per un fugace istante, l’espressione dei suoi occhi svelano la sua natura. Il bisogno viscerale di affrontare un avversario potente e letale come Cell, per misurare la propria potenza di guerriero – e non per la salvezza del genere umano.
La sua innocenza è tutta una menzogna, una maschera di cera, dalle fattezze eroiche.
È un gioco, un ruolo, un inganno, perverso forse quanto il mio.

«Dovresti usare del ghiaccio. Per la guancia», mormoro, atona e distaccata, facendogli cenno di sedersi.
Arrotolo le maniche della vestaglia, raccogliendo dei cubetti ghiacciati in un panno. Mi avvicino a lui, ancora in piedi, accanto al tavolo, la posa rilassata. «Siediti», taglio corto nervosamente, con un sospiro.
D’un tratto, distinguo l’odore di terra bagnata; il mio cuore si interrompe di colpo. I suoi capelli e il suo sguardo tornano scuri e profondi come il ventre della sera. Afferra e trattiene le mie dita nelle sue, accostando il freddo tessuto al suo volto. Mi osserva, l’espressione seria e immobile come una roccia eterna, gli occhi scuri accesi come fiamme.
Distolgo lo sguardo, tesa e a disagio, i battiti come sinistri tamburi di guerra. Le sue braccia mi attirano al suo petto. Mi scosto appena, per osservarlo. Le sue mani scivolano e si fermano sui miei fianchi. Sfioro le sue labbra con le mie, lievemente. Accoglie il mio bacio, catturando la mia bocca, con un’inaspettata impazienza; cercando e svelando le nudità della mia pelle e dei seni al disotto della vestaglia. Ricambio i suoi assalti impudenti, circondano il suo collo, in punta di piedi. Lo libero dalla parte superiore della tuta, scoprendo il suo torace ampio e scolpito. Allento la cintura dei suoi pantaloni, con gesti istintivi, involontari, senza mai spezzare la lotta delle nostre labbra. Mi solleva, spingendomi verso il tavolo, chinandosi su di me, ad avvolgermi e divorarmi come un incendio. Trattiene con forza i miei fianchi, in un abbraccio duro e feroce. Raccolgo le ginocchia attorno ai suoi lombi, assecondando la frenetica urgenza del suo desiderio, tra gli incessanti scricchiolii del legno, sotto la mia pelle.
Entrambi, deponiamo momentaneamente le armi, in una guerra antica, umida e scabrosa; un linguaggio intimo, un combattimento nudo e viscerale per placare contrasti e rancori.
Sono così stanca Goku. Stanca di odiarti ogni maledettissimo giorno.
Chiudo gli occhi, le dita intrecciate alle sue.
Noi non ci amiamo affatto. Neanche un po’, neanche per sbaglio.
I suoi baci percorrono la mia spalla, coglie i miei seni tra le labbra, come rosei frutti di collina. Inarco la schiena. Avverto i suoi muscoli contrarsi.
Muori pure e non tornare più in vita.
Mi trattiene a sé, stravolto e senza respiro, il suo corpo a gravare sul mio, come una frana rovente. Crolla al mio fianco, sul tavolo, il suo petto a sollevarsi e abbassarsi affannosamente. Mi ricompongo, infilando velocemente la vestaglia, legandola in vita, scostando i capelli dal viso. Recupera i battiti e il fiato, sollevandosi sui gomiti per afferrare il mio polso e incontrare il mio sguardo. Abbasso il capo, incrociando le braccia, fissando i miei piedi nudi sul pavimento.
Non lasciare che nostro figlio combatta. Non farlo. Non farlo. Non farlo.
Lo avverto rivestirsi senza fretta, pervasa da un tetro senso di impotenza e solitudine. Mi giunge accanto, nuovamente innocente, alieno ed estraneo, nella sua chioma d’oro pallido e il sorriso disarmante. Si china appena, a baciare la mia fronte. D’impulso, sollevo gli occhi e bacio la sua bocca, trattenendo il suo volto contro il mio, lasciando vagare le mani lungo la sua schiena. Di colpo, lascio andare le sue labbra. Per alcuni istanti, sospira piano, contro il mio orecchio, circondandomi con le braccia. Tento di sottrarmi dalla sua presa, premendo lievemente sulle sue spalle. Mi spinge di scatto contro la parete, strappandomi un altro bacio, mordendo la mia bocca con la sua, con famelica insistenza.
«Mi dispiace tanto, Chichi», sussurra sulle mie labbra, trattenendomi a sé con forza maggiore, spezzandomi il respiro; il cuore in fiamme. Si scosta, serio, i muscoli tesi, i capelli infiammati dal sole. Ho solo la forza di annuire, in silenzio.
Si volta con un’ultima, indulgente occhiata e mi lascia indietro, come cenere dopo un incendio.

 
  
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