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Autore: Elis_Alike    21/02/2022    0 recensioni
Dove poniamo il limite di ciò che è giusto? Quando il male si confonde con il bene, la verità è nell'occhio di chi guarda.
A niente vale la luce più forte senza l'ombra a definirne l'essenza
La figura si voltò lentamente, sentii i suoi occhi su di me prima ancora di vederli, fece un passo avanti e un raggio di luce gli illuminò il volto. Allora lo vidi: Un uomo sulla trentina dai lineamenti delicati, i capelli neri lunghi fino alle spalle, una corta barba ben curata gli incorniciava la mascella. E poi quegli occhi, neri anch’essi, come il fondo di un pozzo, imperscrutabili come un cielo senza stelle.
Il Generale Kirigan. Capo del Secondo Esercito. L’Oscuro.
L’uomo più temuto e più potente di tutta Ravka, secondo solo al Re. Colui che aveva riscattato con le sue gesta eroiche il nome dei Grisha.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alina Starkov, Darkling, Malyen Oretsev
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alina

Il Palazzo Reale era sontuoso fino all’opulenza. Non aveva niente dell’eleganza del Piccolo Palazzo che al confronto sembrava quasi un’umile cascina. Quel tripudio di ori e broccati era quasi asfissiante e cominciò a mancarmi l’aria sotto quel dannatissimo velo. Mi sforzai di mantenere la calma ma ero tesa come una molla. Il cuore mi batteva impazzito.
Scendemmo una sontuosa scalinata che conduceva alla sala del trono. Lì, ordinatamente disposti ai lati della sala, ci attendeva una piccola folla di cortigiani. Uomini pomposi e donne imbellettate, avvolte da vesti talmente sfarzose da farmi rivalutare l’eleganza del mio abito.
Davanti a noi, sull’apice di un’altra imponente scalinata si stagliava il Trono. Era così in alto rispetto al resto della sala che per guardarlo dovevi torcerti il collo. 
Seguì il Generale che avanzava tranquillo. Sembrava perfettamente a suo agio mentre camminava guadagnando il centro della sala. Ci fermammo e il nostro seguito di guardie e Grisha si allargò a farci da sfondo. 
Il Generale mi fece un lieve cenno del capo e mi tolsi il velo con dita tremanti.
“Pensavo che fosse più alta” sentenziò il Re 
“Pensavo che fosse Shu - commentò di rimando la Regina- beh credo sia abbastanza Shu” aggiunse lanciando un’occhiata critica ai miei occhi a mandorla. 
Abbassai lo sguardo. Coraggio mi dissi hai subito umiliazioni peggiori.
Accanto a me sentii il Generale irrigidirsi 
“Dille…non so…Buongiorno” continuò la Regina rivolta a una delle ancelle che la circondavano. 
Questo è troppo. 
Ebbi un sussulto e strinsi i pugni non dar loro soddisfazione, non lasciarti intimidire.
 “In realtà non parlo Shu, Altezza” replicai sforzandomi di contenere i toni. 
“Allora che cosa sei?” Chiese con finta cortesia. 
Boccheggiai, rendendomi conto di non sapere la risposta, mi guardai attorno, smarrita.
                  Già, che cosa sono?
“Lei è Alina Starkov- intervenne in mio aiuto il Generale, alzando la voce così che tutti nella stanza potessero sentirlo- l’Evocaluce. Moya Tsaritsa” aggiunse chinando il capo in segno di rispetto. Segui il suo esempio e mi affrettai in un breve inchino. 
“Lei cambierà il futuro – continuò Kirigan in tono solenne– a cominciare da ora” e così dicendo allungò una mano dinnanzi a sé. Con un elegante gesto del polso richiamò le tenebre che corsero ad oscurare l’intera sala. 
Ci siamo, pensai, ora devo fare qualcosa. Già, ma cosa?
Ero nel panico. Lui mi si mise innanzi. Lo guardai spaurita, in cerca di aiuto. 
La sua voce era tranquilla quando si avvicinò a sussurrarmi all’orecchio “Ora, evoca la Luce” 
Le sue labbra mi sfiorarono la pelle ed ebbi un brivido. 
Come?! 
Ma guardandolo negli occhi sentii il panico acquietarsi e la calma m’invase. Ripensai a quella volta nella tenda. Alla sensazione che avevo provato, quello strano formicolio. La sentii nascere di nuovo dentro di me. Una sorta di musica che affiorava dal centro del mio essere. Potevo sentirla vibrare sotto la pelle. Senza smettere di guardarmi lui mi prese il polso e la vibrazione crebbe fino ad esplodere. Chiusi gli occhi e lasciai che quel canto mi travolgesse. 
Quando li riaprì un’aurea di luce accecante ci circondava avvolgendo in gran parte anche il centro della sala in cui ci trovavamo. Per quanto abbagliante fosse i miei occhi non ne furono infastiditi anzi, vedevo tutto con estrema chiarezza. Il Generale davanti a me sorrideva trionfante, neanche lui sembrava infastidito da quella luce. Mi ritrovai a sorridergli di rimando. 
Ubriaca di beatitudine guardavo estasiata come sul suo viso luci e ombre si combinavano in strane forme, rincorrendosi senza annullarsi ma, al contrario, esaltandosi a vicenda. La rabbia per la lite di prima era solo un lontano ricordo. Lì in quel momento, provai di nuovo quella strana sensazione. La ferrea certezza che era giusto, così giusto che fossimo insieme. 
Tornò al mio fianco. La sua mano continuava a stringere la mia. Per un attimo lo seguii con lo sguardo, incantata dalla sua figura ma poi tornai a prendere coscienza di ciò che ci accadeva intorno. Il Re si era alzato dal suo trono e stringeva gli occhi cercando di vedere al di là di quel bagliore accecante, e così facevano tutti gli altri nella sala. Rimanemmo così per qualche istante, le mani intrecciate. Un flusso di energia che scorreva da me a lui e viceversa. Poi lui sciolse la presa e la luce scomparve così come l’ombra e l’aria tornò normale. Mi senti improvvisamente esausta ma l’euforia mi impedì di cadere. 
Ce l’ho fatta
La folla scoppio in un applauso scrosciante.
“Quanto tempo le occorrerà?” Domandò il Re richiamando l’ordine.
 Si era rivolto al Generale, ma il suo sguardo avido era fisso su di me. 
“Distruggere la Faglia non sarà un’impresa facile - rispose lui, avanzando calmo - Da sola potrebbe non essere in grado di farlo. - continuò fermandosi ai piedi della scalinata che conduceva al trono - Lei rimarrà con me, al Piccolo Palazzo per addestrarsi. Indisturbata” enfatizzò l’ultima parola mettendo un piede sul primo gradino. Un brusio percosse la sala, nessuno aveva mai osato tanto. Per un attimo sembrò che il Re volesse ribattere ma poi annui e la sala tirò un sospiro di sollievo. 
“Allora fallo alla svelta – ordinò – le nostre guerre sono state una nobile causa, ma queste voci dall’Ovest riguardo la creazione di una nazione sovrana…- scosse la testa come a voler scacciare un brutto pensiero- dobbiamo impedirlo! Prima torneremo ad essere un'unica nazione meglio sarà!” Concluse tornando a sedersi. 
“Sarà fatto, moi Tsar” rispose il Generale in un inchino di commiato. Mi raggiunse e prendendomi per mano mi guidò verso il fondo della sala. Stavolta nessuno scoppio di luce improvvisa, solo il mio cuore che batteva all’impazzata. 
Ce l’ho fatta!
“Sei stata perfetta” mi sussurrò euforico
“Non so da dove sia venuta” gli risposi lasciandomi andare ad un sorriso raggiante.
Lui si girò a guardarmi “È venuta da ogni parte… perché tu l’hai evocata - i suoi occhi erano pieni di orgoglio e per la prima volta vidi una luce in fondo a quel nero. Lo guardai ammirata. Rimanemmo così in silenzio a guardarci. La sala era sparita, insieme ai sovrani e alla loro corte. Per un attimo fummo soli, occhi negli occhi. 
“Riguardo a quello che ho detto prima…” cominciai con voce incerta
 “Avremmo modo di parlarne - m’interruppe lui, leggero - ma per adesso: benvenuta a casa, signorina Starkov” pronunciò l’ultima frase con un sorriso giocoso che mi fece saltare qualche battito. Poi si girò e scomparve tra la moltitudine di Grisha che erano rimasti in fondo alla sala, in attesa di potersi venire a complimentare con me. 
Prima che me ne rendessi conto fui circondata da una piccola folla. Chi mi abbracciava, chi mi sussurrava benvenuta, chi semplicemente mi sorrideva. Fu bellissimo, non avevo mai provato una simile esperienza e per un attimo mi sentii davvero a casa. 
“È un tale onore conoscerti” disse una voce alle mie spalle. Mi girai e vidi Zoya, la ChiamaTempeste dai capelli neri che era con me sulla nave il giorno in cui era accaduto tutto. Mi guardò con un sorriso fintamente gentile mentre si avvicinava per sussurrarmi all’orecchio: “Puzzi ancora di orfanotrofio lurida mezzosangue” 
Genya si fece largo venendomi incontro prima che avessi il tempo di replicare. 
“Sei veramente unica nel tuo genere – mi disse prendendomi sotto braccio per guidarmi verso l’uscita- adesso parleranno di te in ogni angolo del paese”.
La felicità che avevo provato mi abbandonò mentre prendevo coscienza delle implicazioni di ciò che era appena accaduto. Avevo appena segnato il mio destino. Prima che l’angoscia potesse sopraffarmi la nascosi dietro un sorriso tirato e lasciai che Genya continuasse a parlare di quanto stupefacente fosse il mio potere e di quanto tutti adesso potessero tornare a sperare in un futuro migliore. 
 
Fu solo a tarda sera, dopo un’estenuante giornata di strette di mano e sorrisi forzati che, con la scusa del sonno, riuscii finalmente a ritirarmi nelle mie stanze. 
Sola, finalmente!
 Tirai un sospiro di sollievo e presi ad armeggiare con l’infinità di lacci del corpetto. Quando mi fui liberata di quell’abito mi misi a frugare nell’armadio. Lo trovai pieno di pantaloni e camicie dal taglio androgino e mi sfuggi un sorriso 
Grazie Genya!
Sicuramente era stata lei a scegliere quei vestiti per me, azzeccando in pieno i miei gusti. 
Nell’ultimo cassetto trovai una semplice camicia da notte e un paio di pantaloni leggeri con cui abbinarla. Li indossai con un sospiro di sollievo.
Finalmente qualcosa di comodo.  
Corsi ad aprire la finestra e respirai a pieni polmoni. L’aria fresca della sera mi schiarì le idee. 
Avevo bisogno di mettere in ordine i pensieri. La velocità con cui era accaduto tutto mi faceva venire le vertigini. Il mio sguardo si posò sullo scrittoio.
 
Caro Mal,
non so neanche come cominciare questa lettera.
Se ti raccontassi tutto ciò che è accaduto probabilmente mi crederesti pazza. O forse già lo sai. Forse la voce dell’esistenza dell’Evocaluce è già giunta al campo. 
E tu faticherai a crederci, come me del resto. 
La tua piccola peste… cerco di pensare a cosa mi diresti. Hai sempre avuto qualche perla di saggezza pronta all’uso. Mi prenderesti in giro come fai sempre? Una parte di me continua a sperare che sarà così, che questo non sia che uno strano lungo sogno di cui presto rideremmo insieme. Adesso aprirò gli occhi e correrò a raccontartelo e ci faremo delle grosse risate…
Ciò che cerco di dirti Mal, quello che sto cercando di scriverti in mezzo a tutte queste parole confuse è che ho paura. 
Ho paura, Mal. 
Sono cresciuta leggendo di un Santo che un giorno avrebbe compiuto un miracolo di luce e risolto i problemi del paese e sapevo che era una bugia. Me l’hai insegnato tu. Nessuno straniero avrebbe mai risolto i problemi al posto nostro, nessun grande miracolo stava arrivando. Ecco perché avevamo l’un l’altra. Il mondo è duro e crudele, ma avevamo l’un l’altra e ciò bastava. Questo era tutto. Se una volta i santi esistevano ci hanno abbandonati da tempo, dicevi. Eppure, ora tutti mi guardano come se fossi io la risposta, come se fossi il miracolo che il mondo stava aspettando. O forse sanno che sono un inganno, un’impostora. Sono terrorizzata dal pensiero di deludere le aspettative di cui mi ritrovo improvvisamente investita. Cosa sarà? Un fallimento o un trionfo? Se davvero ho questo potere, chi sono? Sarei tutto ciò che abbiamo deriso e rifiutato. Una sconosciuta a me stessa e a te. Non potrei sopportarlo. Non so cosa pensare Mal, una parte di me continua a dubitare che tutto questo possa essere reale, ma un’altra…Io l’ho sentita Mal, so che può sembrare assurdo, credimi, lo so, ma ho sentito la Luce. Era come se fosse sempre stata lì.
Posai la penna incapace di continuare, rilessi più volte quella lettera prima di accartocciarla. 
Non c’è niente che abbia un senso!  
Mi alzai e presi a camminare avanti e indietro per la stanza sentendomi un animale in gabbia. Lo stomaco stretto dall’ansia. 
Tutti si aspettano qualcosa da me, a sentire Genya sembra meraviglioso ma a me pare più una condanna. 
Non volevo tutto questo. Non avevo chiesto niente di tutto questo. Mi ritrovai a piangere disperata. Pensai di nuovo di calarmi dalla finestra e fuggire. Controllai il nascondiglio del tagliacarte, per accertarmi che fosse ancora lì. 
C’era. 
Sto delirando, devo calmarmi.  
Se anche fossi riuscita a raggiungere il cortile senza farmi vedere, cosa assai improbabile, non c’era comunque modo di scavalcare le mura che circondavano il palazzo. E se anche allora non mi avessero vista, restava il problema della scalata in sé. 
E poi dove sarei potuta andare? Da Mal? 
Mal era con l’esercito e non era sicuro per me tornare all’accampamento, non più. Quanto ci avrebbero messo a scoprire che ero fuggita? E quanto a ritrovarmi? Per non parlare dei cacciatori Fierdiani, o degli altri mille e più nemici che inevitabilmente avrei incontrato sulla mia strada ora che la notizia che ero l’Evocaluce era stata divulgata in tutto il paese. No, nessun posto era più sicuro ormai. 
Kirigan ha ragione, pensai amareggiata. 
Tutta Ravka continuerà ad essere prigioniera finché esisterà la Faglia, io compresa. 
Il pensiero del Generale Kirigan accese nuovi interrogativi. 
Il suo comportamento era un enigma che non riuscivo a decifrare. Come potevo fidarmi di quell’uomo? E cos’era quella strana sensazione che provavo in sua presenza? Non avevo mai provato niente di simile. Era affascinante, certo, ma c’era di più. Un richiamo che andava aldilà della semplice attrazione fisica.
Ripensai a come luci e ombre avevano interagito nella sala del trono, a come l’una sembrava non poter esistere senza l’altra. 
C’entrano qualcosa i nostri poteri?
 Scossi la testa. 
Che idiozia
Conoscevo a malapena quell’uomo e già mi ritrovavo a fantasticare su di lui. 
Ti piace solo perché è alto… e bello e ha degli occhi che…basta! 
Dovevo smetterla di pensare a lui, c’erano problemi decisamente più urgenti di una stupida cotta. Cercai di rimettere in ordine le idee ma una fitta alla tempia mi disse che era tempo di andare a dormire. 
È inutile starmene qui a rimuginare come se avessi il controllo su quello che sta accadendo, resta il fatto che non ce l’ho.
 
Mal

Aprii gli occhi. 
Il mondo mi apparve in un primo momento sfuocato.
Dove sono? 
Sbattei le palpebre per cercare di scacciare il torpore che mi annebbiava i sensi, avevo la testa pesante.
Mi resi conto che ero sdraiato su una branda di fortuna, sentivo le coperte ruvide sulla pelle. La poca luce proveniva da una rozza candela alla mia sinistra. Cercai di muovermi ma era tutto troppo confuso. Chiusi gli occhi nel tentativo di schiarirmi le idee. 
Il ponte della nave. Le urla. Gli artigli del mostro che mi affondavano nella carne. Dolore. La consapevolezza della morte. E poi quel lampo di luce. Il viso di Alina sopra di me. 
Alina!
Scattai a sedere ma fui travolto da una fitta lancinante al fianco e ricaddi con un gemito.
“È sveglio!” 
Sentii una voce di donna vicino a me.
Cercai nuovamente di alzarmi. La ferita mi doleva da impazzire. Era come se una scarica di dolore mi attraversasse il corpo.
“Fermo! Va tutto bene”
“A…Alina” tentai di parlare ma la mia voce era ridotta a un rantolo
“Fermo ho detto! Giuro sui Santi che se ti strappi i punti ti lascio a morire dissanguato dopo tutta la fatica che ho fatto per ricucirti! E tu non startene lì impalato aiutami a tenerlo fermo” Qualcuno si mosse. Braccia forti su di me mi costrinsero a rinunciare ai miei deboli tentativi di alzarmi. 
Il mondo vorticava frenetico.
“Alina?” chiesi disperato cercando la donna con lo sguardo.
“Sta bene, è al sicuro, e lo sei anche tu, ma adesso ho bisogno che tu stia fermo, non è un graffio quello che hai al fianco”
Come a dar ragione alle sue parole una seconda fitta mi attraversò, così forte che fui colto da un conato di vomito.
“Do…dove…Alina”
Cercai di parlare ma il dolore era troppo, mi sentivo svenire
“È al sicuro, il Generale Kirigan l’ha portata al Piccolo Palazzo, sta bene” la voce della donna mi raggiunse come un eco lontano.
“No!” cercai disperatamente di alzarmi, nonostante le fitte.
“Basta! Sedatelo se continua a muoversi in questo modo le ferite si apriranno”
Movimenti confusi attorno a me. E poi il mondo tornò buio. 
   
 
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