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Autore: PapySanzo89    21/02/2022    3 recensioni
Arthur ride assieme agli altri cavalieri mentre Merlin serve loro da bere e lo vede alzare gli occhi al cielo in un’espressione mezza annoiata e mezza divertita.
“In realtà sono un Alpha” dice quest’ultimo con voce chiara e cristallina e la tavolata si fa subito silenziosa mentre Arthur sente le orecchie stranamente ovattate e crede -è sicuro- di aver capito male.
“Che c’è?” continua Merlin, mentre tutti gli occhi dei cavalieri sono puntati verso di lui. “Siccome non maneggio una spada e riesco a pensare lucidamente prima di attaccar briga con qualsiasi persona mi passi davanti dovevo essere per forza un Omega? Non so se sentirmi lusingato od offeso”.
[...]
Arthur guarda il piatto davanti a sé senza in realtà vederlo e si ritrova a non avere più fame.
Perché la sua vita deve essere sempre così dannatamente complicata?
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Morgana, Principe Artù, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Hello again!
Eccoci col secondo capitolo, sono qui per dirvi che è quello più lungo dei tre (son praticamente 14k) quindi non so, se dovete andare in bagno fatelo adesso? X’D
In realtà io volevo fare un totale di due capitoli (in realtà io volevo fare una One-shot…) ma mi hanno detto che 22k parole erano veramente troppe per un capitolo unico quindi abbiamo trovato un momento dove spezzarlo e quindi va bene così, immagino X’D
In caso, buona lettura <3
 
 
 
 
 
.Capitolo 2
 
 
 
 
 
Appena rientrano a Camelot Arthur riceve Merlin nelle proprie stanze e gli annuncia che il giorno dopo può avere la giornata libera e Merlin, più che esprimere felicità e gratitudine, sembra sull’orlo di una crisi di panico. Arthur in quel momento però non riesce a preoccuparsene.
Una parte di lui gli sta urlando che sta facendo la cosa sbagliata ma la parte più razionale sa perfettamente che gli serve del tempo -da solo- per valutare la situazione e non ne sarebbe in grado con la fonte delle sue preoccupazioni sempre attorno.
Merlin si stringe le mani e se le tormenta ma alla fine annuisce, abbassando il capo in un inchino che per una volta non sembra una presa per i fondelli, ed esce augurandogli la buona notte.
Arthur rimane a guardare la porta chiusa per diversi istanti e pensa al suo servitore che fa ritorno alle sue stanze. Se Merlin è anche solo un minimo intelligente prenderà quella serata libera per preparare i bagagli e andarsene da Camelot in via definitiva, tornando probabilmente a Ealdor da sua madre dove la magia è più che bene accetta e tanti cari saluti.
Arthur non gli avrebbe nemmeno mandato dietro nessuno.
E improvvisamente Arthur si ricorda di com’era la vita prima che arrivasse Merlin. Nessun servitore che lo svegliava urlando con strane frasi in rima, nessuno che entrava e usciva dalle sue stanze come fossero le proprie senza nemmeno bussare, nessun ciarlare notte e giorno anche nei momenti meno opportuni, nessuna frase a rammentargli che deve stare attento alla linea o ci sarà un ulteriore buco alla cintura e che deve essere gentile con i servitori perché lo sai che sono persone anche loro, non è vero, Arthur?
Nessuno con cui poter scambiare due chiacchiere senza sentirsi perennemente giudicato da ciò che dice o ciò che fa.
Ripensa alla prima volta che ha incontrato Merlin, a quel ragazzo pelle e ossa che si è messo in mezzo tra lui e il suo scudiero quando Arthur lo stava maltrattando e lo ha fatto con un sorriso e una mano per presentarsi. Ripensa a come il giorno dopo Merlin gli abbia ribadito che non gliene fregava nulla che fosse un reale e lo ha sfidato davanti tutta la piazza per finire nuovamente alla gogna. Ripensa al fatto che gli abbia salvato la vita nonostante la poca simpatia che correva tra i due all’epoca e a come se lo sia ritrovato servitore. E a quanto fosse pessimo come servitore, sempre a lamentarsi, sbuffare, alzare gli occhi al cielo e a rispondergli per le rime. Arthur pensa che non potrebbe mai più riabituarsi a com’era prima di Merlin.
Poi ripensa a tutte le volte in cui Gaius ha usato la scusa della taverna ma Merlin non puzzava di vino annacquato. Ripensa a quante volte Merlin spariva nel corso di una battaglia e veniva ritrovato incolume e sorpreso che tutto fosse finito, ripensa a tutte le battaglie vinte nonostante sembrassero ormai sconfitti e soprattutto ripensa al fatto che Merlin fosse sempre presente, sempre al suo fianco.
“Vi ho salvato la vita un sacco di volte, solo che non ve ne siete mai accorto”
Ci aveva riso sopra a quella frase, all’epoca. Ora teme che sia più vera di quanto voglia credere.
Si fa portare del vino in camera dal primo servitore che trova in corridoio, perché pensa che gli servirà per affrontare la cosa, e inizia a caminare di fronte al caminetto acceso senza notare lo scorrere del tempo. È quando un bussare alla porta lo ridesta dai suoi pensieri e vede George entrare portandogli la cena che capisce quanto tempo è passato.
George gli apparecchia la tavola e gli versa dell’altro vino e rimane vicino alla sedia dritto come un fuso, senza aprire bocca e non facendo nemmeno una domanda, aspettando solo altri ordini o di essere dismesso.
Ora Arthur è assolutamente sicuro che non potrebbe sopportare un trattamento del genere per il resto della vita perché anche solo quei cinque minuti lo stanno mandando fuori di testa.
Manda via George dopo averlo ringraziato e si morde l’interno guancia perché anche questo è colpa di Merlin. Tutto questo ringraziare e chiedere permessi che gli sono dovuti semplicemente per nascita.
Il malvagio piano di Merlin per conquistare Camelot doveva essere quello di rammollirlo insegnandogli le buone maniere.
Arthur si ferma e resta un attimo destabilizzato da quel pensiero.
Conquistare Camelot? La sola idea è talmente assurda che Arthur -probabilmente complice il vino- si ritrova a ridere.
Se avesse voluto conquistare Camelot lo avrebbe fatto anni addietro e perché mai qualcuno interessato al trono avrebbe dovuto finire a fare il servitore?
Questo è stato il suo reato: aiutare qualcuno in difficoltà!
Le parole di Morgana lo colpiscono come uno schiaffo in faccia e improvvisamente è più sobrio e pieno di energie da scaricare e marcia verso il campo d’addestramento con la spada stretta tra le mani e la voglia di colpire qualsiasi cosa gli si pari davanti, ma gli tocca accontentarsi di un bersaglio immobile.
Colpisce e colpisce e colpisce finché il sudore non gli si appiccica alla schiena e le braccia gli dolgono sollevando la spada.
La voce di sua sorella continua a ripetere imperterrita che è sbagliato, è tutto così dannatamente sbagliato, mentre la voce di suo padre gli ricorda che la magia ha ucciso sua madre e ha fatto danni innumerevoli a Camelot e alle persone che ci abitano, perché la magia è una cosa potente che corrompe anche gli animi più gentili.
Il viso sorridente di Merlin si fa strada nel suo cervello e Arthur getta a terra la spada per poi lasciarsi cadere sull’erba umida.
Il terreno è scomodo, ha un sasso proprio sotto la scapola destra, l’erba è bagnata e l’aria fredda gli fa congelare il sudore sulla pelle ma non trova la forza di rialzarsi.
Non c’è soluzione facile a tutto ciò: o si fida di Merlin o non si fida di Merlin, semplice.
Arthur ripensa alla dolcezza con cui lo ha stretto tra le braccia e gli ha accarezzato la schiena, ripensa al piatto di frutta che gli ha fatto mangiare appena sveglio e al fatto che lo abbia preso in giro perché Arthur voleva le salsicce ma Merlin per un volta era troppo comodo e al calduccio per pensare veramente di alzarsi, ripensa ai lunghi discorsi fatti per incoraggiarlo e ai tocchi fugaci per rassicurarlo.
Arthur pensa al fatto che è innamorato perso di Merlin e che questo certamente non lo aiuta.
 
***
 
La mattina dopo Arthur è vestito di tutto punto e cammina davanti al caminetto aspettando di vedere Merlin (che ha mandato a chiamare) di lì a poco. Sempre che Merlin non abbia deciso di andarsene; il ché sarebbe plausibile, sarebbe la scelta giusta da fare, sarebbe…
Arthur scuote la testa e pianta le braccia sulla pietra dura del camino.
Al diavolo, deve darsi una calmata e farlo subito.
Il bussare alla porta lo fa voltare e rimane sorpreso quando nessuno entra. E forse Merlin è davvero andato via, perché da quando in qua Merlin bussa?
“Avanti” dice, aspettandosi di vedere George comparire da dietro la porta con il vassoio per la colazione, ma è Merlin quello che entra nelle sue stanze e si richiude la porta alle spalle.
Per la prima volta da quando si conoscono cala un silenzio strano tra loro.
“Mi avete mandato a chiamare, sire?”
Non c’è nessuna traccia di sarcasmo, nessuna nota di scherno; solamente una nota di compatimento che non risuona bene con l’umore di Arthur, al momento.
Merlin è teso come una corda di violino, le spalle sono leggermente alzate in una postura difensiva e le mani non riescono a rimanere ferme al loro posto. Merlin non ha nemmeno il coraggio di guardarlo a quanto pare.
Arthur sospira e si avvicina al tavolo, sedendosi e facendo cenno a Merlin di fare lo stesso ma Merlin a ha delle idee tutte sue perché non si muove dalla porta e semplicemente lo guarda. Arthur è sicuro di trovarci una sorta di paura, lì dentro, e gli si stringe lo stomaco al pensiero che Merlin abbia paura di lui.
“Lo sapete, non è vero?”
Beh, a quanto pare non potranno avere la conversazione tranquilla e pacata che sperava avrebbero avuto.
Arthur, che conta nella sua testa fino a dieci per evitare di sbottare e dirgli di muoversi a poggiare il culo sulla dannata sedia, annuisce e fa cenno di nuovo a Merlin di sedersi.
Merlin si guarda intorno come se si aspettasse di vedere delle guardie sbucare da un momento all’altro ma finalmente avanza nella sua direzione e si siede di fronte ad Arthur, anche se non sembra per nulla più tranquillo.
Arthur sospira e si massaggia le tempie.
Per gli Dei, com’è tutto così difficile.
“Voglio sapere come puoi essere così idiota da pensare di venire a Camelot e di nasconderti sotto il naso del re. Voglio sapere cosa ti è saltato in mente per andare via da una cittadina sperduta che permette la magia e venire in un posto che ti impedisce di usarla liberamente con pena la morte. Voglio che mi racconti tutto Merlin e voglio che tu sia sincero e che non tralasci il minimo dettaglio”
E a quello Merlin inizia a parlare.
Gli racconta di come sia stata sua madre a incitarlo ad andarsene, perché anche se la magia è accettata non è comunque ben vista; racconta di essere venuto a Camelot per imparare a usare le erbe e a controllare la sua magia grazie a Gaius, racconta di come volesse solo trovare il suo posto nel mondo perché è sempre stato solo, è sempre stato quello diverso, quello che faceva e vedeva cose strane, quello considerato un mostro. Racconta di come sua madre temeva per la sua incolumità perché Merlin voleva sempre fare qualcosa contro i banditi che venivano a depredare il loro villaggio appena il sole scioglieva la neve, ma aveva paura che scoperta la magia di Merlin avrebbero tentato di portarglielo via e non lo avrebbe mai più rivisto. Merlin doveva andarsene da qualcuno che poteva aiutarlo in qualche modo, e quel qualcuno era Gaius.
Gli racconta di una profezia che riguarda sia lui che Arthur, che sono due facce della stessa medaglia, che Merlin è destinato ad aiutare Arthur a unificare nuovamente Albion e portare un periodo di prosperità come non se ne erano mai visti.
Arthur ha dovuto chiedergli di ripetere l’ultima parte due volte perché se a tutto il resto può credere, questo sembra uno scherzo bello e buono.
“È così vi dico, è il vostro destino, Arthur. È perché diverrete un re buono e giusto, io lo so”
Arthur continua a guardarlo con scetticismo. Non ha mai creduto particolarmente alle leggende e per quanto riguarda il destino, beh, voleva pensarci da solo, grazie tante.
“Attento, Merlin, potrei pensare che mi stai adulando solo per paura”
Merlin a quello riesce addirittura a fare un mezzo sorriso.
“Vorrei farvi notare che ho detto che diverrete un re buono e giusto, per ora siete il solito tronfio e borioso principe di Camelot”
C’è ancora tensione nell’aria e cala il silenzio per qualche altro istante ma Merlin lo guarda sorridendo, quasi speranzoso, e Arthur non può darla a bere a nessuno perché non c’è un solo motivo al mondo che gli farebbe voltare le spalle a Merlin per starsene in disparte a vederlo bruciare su una pira. La sola idea gli fa sentire un senso di vuoto nel petto che non riesce a digerire, figuriamoci a qualcosa di più.
“Non me ne andrò, Arthur”
Arthur, a quelle parole, lo guarda di nuovo e ritrova il viso dell’altro serio.
“Non me ne andrò nemmeno se mi caccerete o minaccerete di andarlo a dire al re, nemmeno se il re stesso entrasse qui dentro per mandarmi a…” pausa “la mia magia è per servire voi, Arthur, e da quando sono qui l’ho usata solo per questo”
Arthur guarda le occhiaie di Merlin, il viso colpevole e le spalle cadenti in avanti come in posizione difensiva.
Merlin non farebbe del male a nessuno di loro e su questo Arthur ci scommetterebbe la vita. La sua e quella di tutta Camelot a quanto pare.
“Solo per questo?” domanda, forzando un mezzo sorriso per alleggerire un po’ la tensione.
“Beh, forse per qualche lavoretto in più che mi avete dato ma-”
“Ah!” questa volta gli punta un dito contro e il mezzo sorriso diventa un ghigno vero “Lo sapevo che certe volete eri troppo veloce, lo sapevo!”
Merlin sbuffa e sul viso c’è come un ricordo dell’aria annoiata di sempre.
“Ma siccome era per i vostri servigi non credo valga diversamente”
Arthur sente le labbra piegarsi verso l’alto e non riesce a fare a meno di sorridere, di essere rassicurato che Merlin sia sempre e solo Merlin. E a quanto pare anche l’altro non riesce più ad essere mesto perché gli sorride di rimando, anche se un po’ imbarazzato.
“Mostrami qualcosa” chiede Arthur sorprendendo entrambi.
“Mostrarvi qualcosa? E… cosa vorreste vi mostrassi?”
Arthur scuote le spalle.
Merlin sbuffa.
“Mai che mi rendiate le cose facili”.
Arthur a quello sorride. “Muoviti Merlin, non ho tutto il giorno”
“Oh no, no, siete così impegnato…” borbotta mentre si guarda un po’ intorno e nota il fuoco scoppiettante nel camino. Un piccolo sorriso gli fa capolino sulle labbra.
Arthur guarda Merlin alzare la mano mentre gli occhi gli si tingono del colore dell’oro per qualche secondo e poi porta l’attenzione verso il camino.
Dal fuoco si levano delle piccole scintille che pian piano si avvicinano l’una all’altra fino ad unirsi a formare una farfalla dai contorni sfocati, che si libra al di fuori del camino e si avvicina al tavolo volteggiando pigramente nell’aria. Arthur la osserva farglisi vicino ed è ammaliato dal vedere i colori del fuoco danzargli davanti fino a fargli un giro completo intorno alla testa.
Arthur si abbassa d’istinto per paura di essere bruciato.
Merlin ride piano, la tensione nella postura e nei gesti ancora presente, ancora preoccupato che possa accadergli qualcosa, che Arthur possa fargli del male.
Quanto deve aver avuto paura Merlin in tutti quegli anni?
“Potete toccarla se volete”
Arthur torna a prestare attenzione alla farfalla e rimane perplesso per qualche istante, ma lui è il futuro re di Camelot e di certo non si farà spaventare da una farfalla.
Alza una mano decidendo di fidarsi senza remore e la bestiola gli si appoggia sul dito, brillante come le fiamme e altrettanto affascinante, ma completamente fredda.
E Arthur si ritrova a sorridere.
E sorride nel guardarla perché, tra tutte le cose che Merlin poteva fare, ha deciso di far comparire un’innocua farfalla e farla svolazzare nella stanza.
Arthur ripensa al Merlin della foresta, alla prima magia che gli ha visto fare perché costretto dalle circostanze e poi pensa al Merlin che ha lì davanti, che alla richiesta di far apparire qualsiasi cosa gli venisse in testa ha deciso di far apparire una cosa così pura e innocente.
“Sei davvero un idiota, non è vero?”
A quello Merlin risponde con un sorriso raggiante e Arthur decide che non c’è più niente di cui discutere.
 
***
 
Dopo quel giorno Arthur decide di voler conoscere il più possibile riguardo alla magia. In cuor suo sa che Merlin non può essere l’unico caso eccezionale, sa che non può essere solo Merlin ad avere la magia e a non venirne corrotto e intende capire come mai.
Obbliga Merlin a ore e ore di interminabili (per Merlin) domande, gli chiede tutto ciò che gli passa per la testa e vuole che Merlin si senta abbastanza a suo agio da andare da lui per parlarne liberamente. Chiede a Merlin di dargli delle altre dimostrazioni, di fargli vedere come può essere utile per semplici faccende mondane che non abbiano per forza a che vedere con le conquiste e le distruzioni di regni, e Merlin pian piano si scioglie, Merlin pian piano si fida e questa è la cosa che rende Arthur più felice e più tranquillo, vedere Merlin che non si ritrae più di tanto o lo guarda ancora come se sospettasse l’arrivo delle guardie da un momento all’altro.
Merlin si è anche scusato un paio di volte, abbassando gli occhi al pavimento con uno strano rossore alle guance (probabilmente d’imbarazzo), giustificandosi dicendo che non gli sembrava possibile che stesse andando tutto così bene, che non doveva più nascondergli niente.
In quelle occasioni Arthur lo faceva rimanere ancora più a lungo, sedendoglisi ancora più vicino e guardando affascinato cosa Merlin riusciva a fare.
Arthur era quasi preoccupato di quanto la cosa lo affascinasse in realtà. Avendo sempre visto la magia come una cosa mortale e pericolosa non era abituato a vedere fiorire piante fuori stagione, comparire farfalle dai colori più disparati o anche solo la sua armatura che si puliva da sola (“Sei davvero il servitore più pigro che mi potesse capitare” “Ehi, sto usando i miei poteri per farlo, è stancante anche quello, sapete?”) e in qualche modo Merlin doveva averlo notato perché gli sorrideva sempre in una maniera particolare quando finivano di parlare di magia, e Arthur doveva tornare ad allenarsi coi cavalieri e Merlin a portare a termine i suoi compiti.
Parlano per ore le sere dopo cena finché gli occhi di Merlin quasi non si chiudono e Arthur deve rimandarlo alle sue stanze prima che si addormenti sul tavolo, parlano quando vanno da soli a caccia e Merlin gli fa vedere qualcosa di nuovo; parlano dei druidi, parlano della magia, parlano di tutte le creature che ne possiedono anche solo una minima parte e alla fine arrivano anche al tasto dolente su cui Arthur non avrebbe voluto aprir bocca ma devono farlo per arrivare al cuore del problema: Uther.
Merlin non parla mai del re, non dice cose che potrebbero offenderlo e Arthur sa che lo fa solo per non ferire lui, ma sente tutti i non detti, sente quando Merlin non gli vuole dire qualcosa e sa che il sottinteso è che gran parte dei problemi sono venuti fuori dall’epurazione, più di vent’anni prima. Ma Merlin non dice mai nulla a riguardo, dice solo che la magia non corrompe gli animi ma che sono le persone a decidere cosa fare con essa e che quello dipende unicamente dal singolo individuo, se ha fini nobili o meno.
Arthur sente di voler difendere suo padre, sente di voler dire che suo padre ha fatto tutto ciò che ha fatto perché ha perso la persona più cara che aveva a causa della magia ma in qualche modo non riesce a farsi uscire le parole di bocca e la fiducia che riponeva in suo padre vacilla un po’, di nuovo.
Forse c’è qualcosa di veramente sbagliato in ciò che sta facendo Uther, nella lotta che stanno portando avanti da anni e questo dubbio continua a macerarlo dall’interno, facendolo saltare sulla sedia a ogni pranzo o cena che lui, suo padre e Morgana hanno insieme, a ogni discussione sulla magia che viene portata al tavolo, a ogni commento che suo padre fa sul fatto che chi ha la magia è un essere spregevole e va eliminato.
Soprattutto a quei commenti, Arthur pensa al viso di Merlin e ringrazia che non sia lì con lui in quella stanza a doverli ascoltare, pensa però anche a quante volte Merlin ha dovuto sentire discorsi simili e capisce finalmente il perché Merlin è sempre stato così tanto restio a parlarne; perché quando Merlin era presente Arthur -al contrario di Morgana- non ha mai detto niente per difenderli, non ha mai osato dire una parola contro suo padre se non tirare su un muro di ostinato silenzio finendo di mangiare il più velocemente possibile per andarsene via in santa pace.
Realizzato questo, Arthur si vergogna di se stesso, perché adesso che in qualche modo l’argomento è di suo interesse, adesso che Merlin è coinvolto, capisce che Morgana ha pienamente ragione e bisognerebbe fare qualcosa a riguardo.
Beh, pensa mentre apre la bocca per parlare, meglio tardi che mai.
Arthur, per la prima volta da quando è nato, dà contro a suo padre.
 
***
 
“Scusate!” gli dice per la centesima volta quella sera Merlin e Arthur inizia veramente ad essere stanco.
“Ti ho detto che non è un problema, Merlin. Possiamo finirla qui?”
Merlin, seduto davanti al camino mentre cerca di leggere un libro che lo farebbe giustiziare se solo trovato in suo possesso (e Arthur vorrebbe sottolineare le parole cerca di leggere perché sa perfettamente che Merlin non ha mai smesso di fissare lui per tutto il tempo), lo guarda e si morde l’interno della guancia.
“È solo che non dovrebbe fare così, sono sempre stato bravo a contenerla”
Merlin non riesce nemmeno a finire di parlare che una sensazione di calore e serenità avvolge Arthur ed è come se qualcuno lo stesse abbracciando, come se qualcuno volesse proteggerlo.
“Scus-”
“Merlin, se ti scusi ancora una volta giuro che ti spedisco a pulire le stalle”
Merlin chiude la bocca e riprende il libro in mano, lanciandogli delle occhiate da oltre le pagine che Arthur potrebbe vedere da oltre un miglio di distanza.
La prima volta che Arthur ha sentito la magia di Merlin toccarlo è saltato sulla sedia (Merlin lo ha punzecchiato per ore a riguardo, dopo) spaventando entrambi. Merlin l’ha guardato stranito non capendo cosa fosse successo e Arthur si è guardato intorno come in cerca di un pericolo, un pericolo che però gli aveva lasciato addosso una bella sensazione. Merlin ha capito cos’era successo solo dopo qualche istante ed era arrossito fino la punta dei capelli, chiedendogli scusa perché non sapeva com’era potuto succedere. Arthur aveva chiesto spiegazioni e Merlin, per farla breve, gli aveva detto che la sua magia era una cosa a sé, che alle volte era come se avesse una volontà propria e che in quel momento era sicuro che Arthur non gli avrebbe fatto del male, quindi la magia semplicemente voleva toccarlo.
A quanto pare la magia di Merlin si è affezionata ad Arthur.
Arthur lo ha stuzzicato per giorni interi dopo quella volta, chiedendogli se per caso questa fosse una dimostrazione d’affetto anche da parte sua, ma Merlin ha negato strenuamente dicendogli che nessuno si potrebbe affezionare a un idiota simile e Arthur è stato a tanto così dal prenderlo e sbatterlo contro il muro e baciarlo lì sul posto.
Comunque Arthur ha un’idea o due sul perché la magia di Merlin cerca di consolarlo mentre il suddetto stregone se ne sta davanti al fuoco fingendo di leggere un libro.
Arthur sospira.
“Ti farebbe stare meglio controllare di persona?”
Merlin è in piedi prima ancora che Arthur finisca la frase e si avvicina, tendendo le braccia e prendendo il viso di Arthur tra le mani muovendolo leggermente per avere una visione migliore sul viso di quest’ultimo. Arthur finge di non avere il cuore in gola.
“… avete persino dei graffi”
Il tono di Merlin è imperscrutabile mentre passa un pollice sulla guancia gonfia e violacea del principe.
Arthur scuote le spalle.
“Era la mano con l’anello”
La bocca di Merlin si stende in una linea amara ma è l’unica cosa che fa per manifestare il dissenso verso le azioni di Uther. Non che Arthur si aspettasse niente di meno da suo padre, quando non poteva vincere un discorso con le argomentazioni passava alle maniere forti (con lui, Morgana fortunatamente veniva solo scortata alle sue stanze).
“Non fare quella faccia Merlin, entrambi abbiamo visto di peggio”
“Già, ma almeno non era mai stato vostro padre a colpirvi” il tono è di accusa e Arthur vorrebbe rispondergli che non è stata di certo la prima volta, ma una sensazione di calore gli avvolge la guancia lì dove la mano di Merlin non si è mai spostata.
“Le magie curative non sono il mio forte e farvi sparire il livido potrebbe essere un po’ troppo sospetto, ma dovrebbe passarvi almeno un po’ il dolore”
Merlin sposta le mani dal suo viso ed è come se Arthur sentisse il calore andarsene con esse, ma per fortuna Merlin rimane a portata di braccio e questo per qualche motivo lo rincuora.
“Grazie” dice dopo qualche istante, Merlin annuisce e fa ritorno al suo libro davanti al caminetto, questa volta prestando attenzione al contenuto.
Non passa nemmeno qualche minuto che Arthur sente nuovamente come una sensazione di benessere e di contentezza e Merlin sospira contrariato al caminetto.
“Speravi che vedendo che stavo bene la cosa sarebbe finita?” domanda Arthur con un mezzo sorriso, divertito. Merlin gli restituisce uno sguardo esasperato.
“In tutta onestà sì, ma a quanto pare non c’è niente da fare”
“Beh, Merlin, calcolando quanto sei strano tu, probabilmente la tua magia non è meno strana di te”
“Ah ah ah davvero spiritoso, Sire
Merlin borbotta qualcosa sottovoce e Arthur si ritrova a roteare gli occhi, lanciando poi addosso a Merlin la prima cosa che gli capita sotto mano.
“E questo per cos’era?”
“Per il tuo essere irrispettoso”
Merlin non si spreca nemmeno a guardarlo questa volta e Arthur fa ritorno all’ignobile compito che è controllare le tasse ma adesso almeno ha l’animo un po’ più leggero.
Nota che c’è qualcosa che non va dopo qualche minuto.
Per qualche strano motivo non riesce a stare fermo nella stessa posizione per più di un battito di ciglia, sente come se la la pelle stesse tirando e prudendo allo stesso tempo e la stanza sembra improvvisamente più calda. Sa che la magia di Merlin non ha nulla a che vedere con quelle particolari circostanze perché Arthur ha imparato a riconoscerla (e se non è assolutamente assurdo questo) ed è solo quando un odore familiare (e allo stesso tempo completamente estraneo) gli colpisce le narici che Arthur capisce cosa sta succedendo.
È l’odore di un Alpha.
Ma non un qualsiasi odore di Alpha, è un odore che gli fa salivare la bocca e contorcere le budella; un odore che gli fa tremare le ginocchia e aprire la bocca per respirare meglio perché ha l’affanno ed è sconvolgente che solo l’odore riesca a fargli un effetto simile.
“Merlin…” la voce gli esce roca e si ritrova a bere un bicchiere d’acqua che fa fatica a deglutire, riprova a parlare dopo un paio di respiri “non senti… non senti un odore diverso dal solito?”
Merlin alza gli occhi dal libro e sembra non essersi accorto di nulla in particolare finché sembra rendersi conto di cosa Arthur stia dicendo.
“Oh questo dite? Oh sì, sono io”
Arthur è sicuro di essere sbiancato nonostante senta la faccia in fiamme. Merlin va avanti come niente fosse.
“Vi ricordate quella volta in cui mi avete chiesto come mai non avessi il tipico odore di maschio Alpha? Beh, la verità è che in qualche modo la magia, quando trattenuta, va a interferire con tutto il resto del mio corpo e quindi quando la rilascio… ecco qua”
L’odore di Merlin lo circonda e Arthur stringe i pugni sopra il tavolo e cerca di darsi una regolata respirando dal naso e improvvisamente realizza un’unica cosa.
È fottuto.
È grandemente fottuto.
È fottuto e purtroppo non nel modo in cui gli piacerebbe esserlo.
 
***
 
Per quale motivo Arthur stia andando a prendere la propria spada è una domanda alla quale non riesce a darsi risposta, ma Merlin ha sbattuto i suoi grandi occhioni celesti un paio di volte dicendo di dover assolutamente finire delle cose prima di partire e quindi eccolo qui a fare il lavoro del suo servitore.
Maledetto stregone dagli occhi enormi.
Le voci dei suoi cavalieri escono dall’armeria e Arthur (anche se scocciato perché sa perfettamente che qualcuno commenterà il suo essere lì a prendersi la spada da solo) sta per entrare, non fosse che la voce di Gwaine che fa il nome di Merlin, per qualche motivo ignoto, lo ferma.
“Io credo la cosa sia diventata ridicola, avete visto in che modo si guardano? Lo avete visto? Non riesco più a rimanere in una stanza da solo con loro due, la tensione sessuale potrebbe uccidermi. In realtà non so come non abbia già ucciso loro. Giuro che potrei fare qualcosa di stupido come spingere la principessa tra le braccia di Merlin e poi morire per averlo fatto” seguono un paio di secondi di silenzio “Però forse ne varrebbe la pena, questo ed altro per Camelot!”
Qualcuno ride ma Arthur non tenta nemmeno di capire chi sia, troppo preso dal capire di cosa diavolo Gwaine stia parlando.
“Non sto dicendo di non essere d’accordo” arriva la voce di Leon un po’ più lontana “ma ci sono dei problemi, alcuni più importanti di altri, che non possono essere superati così facilmente”
Dei borbottii seguono l’affermazione ma è di nuovo Gwaine a parlare.
“Dimmene alcuni che non possono essere risolti semplicemente con loro due che si professano amore eterno l’uno per l’altro. Perché di questo stiamo parlando. Fosse solo una scopata sarebbe tutto più semplice”
“Gwaine!”
“Che c’è? È la verità!”
“Uno dei punti più problematici, tralasciando proprio il punto fondamentale ovvero che Arthur è il principe, è che sono entrambi Alpha e sai come le cose tra due Alpha vanno a finire, di solito. Ma se volessimo anche dimenticare questo piccolo particolare, Merlin è comunque un servitore e non prendete le mie parole nel verso sbagliato, perché a me non potrebbe importare di meno, ma ricordiamoci chi è il re” questa è la cosa più vicina al tradimento che Leon abbia mai implicato in tutta la sua vita e Arthur non sa bene cosa pensare.
“Beh, non è che Arthur debba sposarsi immediatamente…”
Arthur rimane fuori dalla porta dell’armeria e non sa cosa pensare di quello che sta sentendo ma sa benissimo che non gli va di ascoltare i suoi cavalieri parlare della sua vita amorosa (o della mancanza della suddetta) e fare speculazioni su lui e Merlin.
Come se Merlin lo guardasse davvero in un modo diverso dagli altri. Come se Arthur avesse davvero qualche speranza. Come se Merlin non fosse gentile con qualsiasi anima incontri per strada perché lui è fatto così. Come se Arthur in qualche modo valesse la pena.
Per la prima volta in vita sua, Arthur sceglie la via della codardia e se ne va senza fare nulla, incapace di aprire la porta e dire ai suoi uomini più fidati di chiudere il becco e di muoversi a uscire di lì.
 
“Dov’è la vostra spada?” chiede Merlin appena Arthur mette piede nel cortile dove i cavalli sono pronti per partire. Arthur non lo guarda nemmeno mentre sale sul suo cavallo e intima a un servitore qualunque di andargli a prendere la spada.
Merlin lo guarda scettico.
“Non siete più in grado nemmeno di prendervi la spada da solo?”
Arthur si sente arrossire ma continua a guardare testardamente dritto davanti a sé e borbotta qualcosa che non riesce a capire nemmeno lui. Con la coda dell’occhio vede l’espressione di Merlin (che alza gli occhi al cielo con le mani poggiate ai fianchi) e si chiede come anche solo uno dei cavalieri possa pensare che Merlin lo guardi con qualcosa che non sia semplice esasperazione.
Arthur sta per dire qualcosa di caustico perché, a dirla tutta, Arthur è decisamente troppo buono e troppo clemente ed è così terribilmente gentile da permettere a un Alpha/Stregone di vivere sotto al suo stesso tetto da essere consapevole che un’occhiata del genere non se la merita proprio, ma le porte del cortile si aprono e sua sorella scende le scale di corsa per andargli incontro gridando il suo nome e le parole gli muoiono in gola.
Scende da cavallo ancora prima che Morgana l’abbia raggiunto e le va incontro, la sorella gli getta le braccia al collo e lo stringe a sé e per qualche istante Arthur è talmente spiazzato che non riesce a fare nulla se non abbracciarla quasi meccanicamente e domandarsi che diavolo stia succedendo.
“Non andare, Arthur, ti accadrà qualcosa di orribile” è un bisbiglio solo per le sue orecchie ma sente nella voce di Morgana l’isteria e qualcosa di molto simile al pianto “Ti prego, non andare” lo supplica ulteriormente.
Arthur la prende per le spalle e la scosta da sé in modo da guardarla negli occhi, i suoi grandi occhi azzurri che lo stanno guardando con paura, e Arthur continua a non capire.
“Che succede, Morgana?”
Le passa le mani sulle braccia come a volerla rassicurare (lui che rassicura Morgana, ormai non c’è più nulla che possa stupirlo) e lei lo osserva mordendosi il labbro inferiore, come se non fosse sicura di cosa dire, di come dirlo.
“Io ho… ho visto in sogno che ti succederà qualcosa di brutto. Un’imboscata e una creatura spaventosa e tu… tu morivi Arthur. Devi credermi, ti prego, non andare, non questa volta”
Arthur la guarda e la prima cosa che pensa è che dovrà assolutamente parlare con Gaius riguardo alle erbe che dà a Morgana, perché a quanto pare non stanno facendo effetto. Pensa che servirà qualcosa di più forte, che la faccia smettere di avere sogni così spaventosi da farla correre in suo soccorso perché li crede in qualche modo veri, e che al momento non hanno assolutamente tempo per questo genere di cose perché sono già in ritardo sulla tabella di marcia.
Ma poi guarda meglio sua sorella e c’è qualcosa nel suo sguardo che gli ricorda terribilmente quello di Merlin quando Arthur ha scoperto della sua magia e per un solo istante il cuore di Arthur smette di battere e gli si gela il sangue nelle vene.
“Dimmi di più” si ritrova a dire con sua sorpresa e Morgana lo guarda stupita, come se non avesse creduto possibile convincerlo, come se avesse sempre saputo che Arthur l’avrebbe liquidata nel giro di due minuti ma avesse almeno dovuto provarci, ma poi si riprende e inizia a raccontare.
Morgana racconta della radura e descrive la creatura che lo avrebbe attaccato come meglio può, Arthur allora le chiede dettagli: chi ha accanto, che tipo di alberi li circondano, è a cavallo o a piedi, tutti i suoi cavalieri sono con lui, dettagli su dettagli che Morgana cerca di ricordare e di fornirgli al meglio che può.
Alla fine Arthur annuisce e Morgana tira un sospiro di sollievo.
“Morgana, il fatto che ci sia una creatura simile in libertà fa sì che io debba andare a fare questa ricognizione ancora più di prima” Morgana ha di nuovo l’espressione terrorizzata e sta per aprire bocca quando Arthur continua “Ma adesso abbiamo degli indizi su dove la cosa accadrà, chi avrò accanto e non saremo impreparati e…” non riesce a credere che lo sta per dire “… se vuoi venire con noi per darci una mano e per riconoscere al meglio la zona sarai la ben accetta, certo, dopo esserti cambiata, ovviamente”
Gli occhi di Morgana se possibile si fanno ancora più grandi.
“Dici davvero?”
Arthur annuisce, forse già pentito della decisione presa. “Però non possiamo aspettarti qui o Uther chiederà cosa stiamo facendo con le mani in mano. Ci vediamo all’inizio della radura nel più breve tempo possibile, Morgana, mi hai capito? E porta la spada, gli Dei solo sanno se ne avremo bisogno”
Il bacio che gli viene scoccato sulla guancia da Morgana prima di vedere quest’ultima tornare sui suoi passi per correre alle sue stanze lo lascia stupefatto (a dir poco) e pensa che probabilmente è il primo che gli sia mai stato dato.
Scuote la testa e sospira, gli sta già venendo un’emicrania che a quanto pare solo Morgana e Merlin riescono a provocargli, e si dirige nuovamente verso il suo cavallo sotto gli occhi vigili dei cavalieri.
Merlin gli passa le redini e lo guarda raggiante.
Arthur pensa che dopotutto ha fatto la scelta giusta.
 
Aver portato Morgana è stata decisamente la scelta giusta. L’imboscata dei banditi è miseramente fallita quando sua sorella ha indicato loro il punto esatto dove l’agguato sarebbe stato fatto e Arthur ha mandato i cavalieri a circondare la zona e a catturarli prima ancora che capissero cosa stesse succedendo. Per quanto riguarda la creatura invece, è stata facilmente vinta unendo la magia di Merlin alla sua forza bruta e il tutto è finito prima ancora che il sole iniziasse a calare e senza che nessuno si fosse accorto della magia di Merlin.
Arthur osserva Merlin respirare pesantemente appoggiato al tronco di un albero mentre i cavalieri si occupano dei prigionieri e della bestia morta al suolo, e acclamano Arthur per averla sconfitta. Merlin non dice nulla riguardo a tutto questo e anzi, gli sorride facendo ricadere su di lui tutto il merito e Arthur pensa che non sia affatto giusto e a quante altre volte la cosa dev’essere successa.
Pensa anche che lui e Merlin, per non aver mai affrontato un combattimento assieme, sono perfetti come squadra perché si capiscono senza dover dire una parola e questo in qualche modo lo spaventa, non avendo mai avuto un’intesa simile nemmeno con Leon, la persona con cui ha combattuto fianco a fianco per tutta la vita.
Tornano indietro vittoriosi e Morgana è raggiante, sporca di fango e fogliame, e Arthur pensa di non averla mai vista così felice da un lungo periodo di tempo.
A quanto pare sua sorella non ha bisogno di Gaius, a quanto pare sua sorella ha solo bisogno di poter essere se stessa.
 
Arthur lascia a sua sorella (e a se stesso) il tempo di una notte prima di andarle a parlare e si dirige alle sue stanze con passo sicuro, bussa aspettando l’invito di Morgana ad entrare ma vede la porta aprirsi e Gwen uscire, sorridendogli e salutandolo con un affetto che Arthur non sa come o quando si è guadagnato e invitandolo ad entrare mentre lei va a svolgere delle commissioni per Morgana nella cittadella.
Quando entra si chiude la porta alle spalle, sente i passi di Ginevra allontanarsi e solo allora si volta verso Morgana e la sorella gli restituisce lo sguardo dalla specchiera.
Indossa un abito viola e lilla e i capelli che il giorno prima erano legati in un alta coda le cadono lungo la schiena. La postura è tesa e Arthur nota per la prima volta come sua sorella in realtà sia sempre stata così da dopo la transizione: pallida, tesa e con una maschera di finta indifferenza sul viso.
Tutta la traccia di paura e preoccupazione di ieri è completamente svanita, lasciando posto alla sua solita aria stoica e imperturbabile, il mento alzato con aria di sfida e un mezzo sorrisetto sardonico, pronta a far finta di niente.
Arthur si avvicina e prende una sedia, spostandola vicino a Morgana e sedendocisi al contrario, poggiando le braccia incrociate sullo schienale.
Si guardano per diversi secondi.
“Non una singola parola di quello che è accaduto ieri andrà riportata ad Uther”
Morgana, le spalle rigide, annuisce.
Arthur prosegue.
“Quando sarò Re, leveremo il divieto sull’uso della magia a Camelot e da tutti i regni circostanti” è un sussurro, un sussurro fatto solo per lui e per Morgana, perché anche solo dirlo potrebbe essere considerato tradimento. Ne è ben consapevole e ne è consapevole anche Morgana, che lo guarda con stupore e qualcosa di molto simile all’ammirazione negli occhi.
“Tu sarai al mio fianco, Morgana. Ti voglio come consigliera, voglio che tu faccia esattamente quello che fai con nostro padre, voglio che tu mi faccia vedere la ragione quando non ne ho alcuna e voglio che tu mi dia contro quando sbaglio. Non voglio qualcuno che abbassi la testa e mi dia ragione incondizionata solo perché sono il re, e chi meglio di te potrebbe farlo?”
Morgana, per una volta in vita sua, sembra non sapere cosa dire.
“Non voglio che tu viva nella paura” e dicendo ciò avvicina una mano e va ad afferrare quella di Morgana, stringendola dolcemente.
Quando è toccato a lui vivere nella paura, quand’è toccato a lui aver paura di essere un’Omega, di non essere più valevole come persona, di non essere più destinato ad essere Re, Morgana era al suo fianco.
E lui ci sarà per lei.
“E non dovrai avere paura di niente, un giorno, quando il regno di Uther finirà. Ma fino a quando questo non accadrà ci sarò io con te. Ci proteggiamo a vicenda noi due, no?” Arthur fa un mezzo sorriso e pensa a quanto in realtà quello che sta dicendo sia assolutamente vero e a quante volte sia stata proprio Morgana a salvarlo. È giunto il momento di restituirle il favore.
Morgana stringe la mano di Arthur e annuisce, gli occhi stranamente lucidi mentre tenta di non lasciarsi vincere dall’emozione.
“Ma per ora devi resistere Morgana. Dobbiamo stare attenti a non farti scoprire. Fortunatamente, a quanto pare, per Uther il pensiero di avere una strega in famiglia è inconcepibile ma non calare la guardia, va bene? E Morgana…” Arthur la guarda e cerca di mettere nello sguardo tutto ciò che non riesce a dire a parole “se farai altri di questi… sogni… se avrai altre preoccupazioni, se vedrai qualcosa di terribile che non sai come affrontare da sola… vieni da me, la affronteremo insieme.”
Morgana apre la bocca e sembra che stia per dire qualcosa ma poi la richiude, guardando le loro mani intrecciate e riguardando di nuovo lui. È tutto estremamente difficile per Arthur e sa che la cosa è altrettanto vera per Morgana; non sono fatti per i sentimentalismi, non sono abituati ad espressioni o gesti d’affetto e devono in qualche modo adattarsi, ma tutto ciò che ha detto Arthur andava detto ad alta voce, non poteva restare inespresso e non poteva lasciare Morgana nella sua miseria.
Gli c’è voluta un’intera notte per uscirsene con quel discorso nella speranza che potesse bastare e tutt’ora non è nemmeno sicuro che basterà per tutto ciò che ha dovuto passare Morgana.
Vivere sotto lo stesso tetto di chi sta uccidendo la tua gente e non poter far niente deve essere insostenibile (lo vede nella linea delle spalle di Merlin ogni volta che Uther programma un’esecuzione, anche se Merlin non dice nulla) e Arthur è stato il primo a domandarsi semmai l’avrebbe accettato senza tentare di fare nulla.
Ma Morgana lo guarda, gli occhi azzurri grandi e speranzosi come mai prima, e annuisce, stringendo ancora più forte la mano nella sua e finendo a ridere poi istericamente.
“Non mi odi” si ritrova a dire Morgana mentre le lacrime le rigano il viso e cerca di scacciarle con la mano libera “non hai paura di me…”
E il cuore di Arthur si spezza un po’ a quella scena.
Come potrebbe avere paura di lei? Sono cresciuti insieme, conosce Morgana da quando ha sei anni e scappavano da palazzo insieme per andare ad avventurarsi nei boschi, la conosce da quando anche lei è stata in grado di tirare con la spada e l’ha addirittura battuto un paio di volte (Uther ha rimarcato per settimane quanto fosse vergognoso essere battuti da una ragazzina e Arthur ha smesso di allenarsi con lei), da quando andava a rubargli i vestiti in armadio perché anche lei voleva essere un cavaliere, a quando è arrivata Gwen ed è stata costretta ad indossare corsetti. L’ha vista crescere e diventare una donna e come diavolo potrebbe avere paura di lei solo perché ha dei poteri magici?
In cuor suo però sa anche di dover ringraziare Merlin per come sta affrontando l’intera faccenda, per aver imparato più cose sulla magia negli ultimi mesi di quanto abbia fatto per tutta la vita e per aver visto di prima mano che non è sempre una cosa cattiva. Ringrazia di aver visto negli occhi di Morgana il giorno prima la stessa paura che ha visto in quelli di Merlin mesi addietro o non avrebbe mai capito nulla.
Arthur guarda sua sorella piangere e pensa a quali danni irreparabili abbia causato Uther senza nessuna valida ragione e a quanto anche lui sia stato parte del problema, se Morgana non se l’è mai sentita di chiedere aiuto.
Arthur scuote la testa e tenta un mezzo sorriso.
“Sei la più insopportabile delle sorelle e temo tutti i ricevimenti in cui mi fai imbarazzare di essere vivo ma no, non ti odio e non ho paura di te. Come se ne avessi mai avuta, poi”
Questo è un terreno più famigliare per entrambi. Lo scherno, il giocare a lasciare i sentimenti fuori perché loro non sono in grado di mostrarli in maniera aperta.
Morgana a quello ride e l’isteria è ancora lì, assieme alla lacrime che scendono, ma è più in sé, sta cercando di calmarsi.
“Guarda che mi ricordo quella volta che hai chiesto pietà, sporco di fango dalla testa ai piedi, preoccupato che ti uccidessi sul serio”
Arthur ruota gli occhi.
“Avevo sette anni. Ed ero inciampato, non è che tu mi avessi battuto davvero”
Morgana sbuffa fuori una mezza risata e rotea gli occhi. “Certo, come no”
Il discorso devia su cose più leggere e vede Morgana rilassarsi e finalmente ridere e gli sembra che le si sia levato un peso dalle spalle (ma probabilmente questo è quello che vuole vedere lui) e guardando il suo sorriso Arthur si rende conto per la prima volta di quanto male Uther abbia fatto a gente innocente, preso da una rabbia cieca che non ha niente a che fare con la magia in generale ma con la semplice persona.
Alla fine Merlin gliel’ha detto, no? Non importa cosa sei ma importa chi sei.
Morgana si ferma improvvisamente dal parlare e lo guarda, assorta. Arthur si chiede se abbia fatto qualcosa di strano senza accorgersene.
“Sei cambiato, Arthur, e molto” è ciò che gli dice Morgana e Arthur non sa cosa rispondere. Non sa nemmeno se sia un bene o un male in tutta onestà, ma spera nella prima ipotesi. “Cos’è successo?” continua Morgana dopo qualche attimo di esitazione e Arthur non sa quanto effettivamente possa dire senza raccontare un segreto che non è suo da condividere, ma non se la sente nemmeno di mentirle.
“Qualcuno mi ha aperto gli occhi” si sente sorridere nel dirlo, perché a quanto pare quell’imbecille del suo servitore riesce a scaldargli il petto anche quando non è presente nella stessa stanza con lui e il solo pensare a quelle orecchie fuori misura e a quegli zigomi alti fa piegare all’insù le sue labbra traditrici senza chiedergli il permesso.
Morgana lo guarda, lo guarda attentamente per diversi istanti e poi sorride anche lei, magnanima. “Lui è giusto per te” e Arthur si ritrova a pensare che sì, Merlin è assolutamente giusto per lui, è decisamente giusto per lui ed è tutto ciò che Arthur vuole e desidera ma è bello sentirlo dire da qualcuno che non è lui stesso, per una volta.
Poi un pensiero completamente slegato ma in qualche modo simile gli balza nella mente.
“Gwen lo sa?” si ritrova a chiedere di slancio e a quello lo sguardo di Morgana si rabbuia un po’ e per tutta risposta scuote semplicemente la testa.
Arthur le prende nuovamente la mano e la guarda negli occhi con più sicurezza di quanta pensasse di avere.
“Sappi che all’inizio si sentirà tradita…” Morgana a quello ha un singulto ma Arthur le sorride “ma poi capirà” dice con sicurezza perché ci crede, perché lo sa.
Gwen entra qualche minuto dopo e li trova ancora a chiacchierare e chiede scusa dell’intrusione.
“Pensavo ve ne foste già andato” si giustifica ma Arthur scuote la testa.
“In effetti sono rimasto già troppo in compagnia di mia sorella per la mia sanità mentale” Morgana gli tira uno schiaffo sul fianco e Arthur fa spallucce, indifferente.
“Meno male che sei tornata, Gwen, stavo cercando una scusa qualunque per mandarlo via”
Arthur raggiunge la porta e sorride sentendo dell’affetto nelle parole della sorella e si volta a guardarla.
Si fissano per qualche istante prima che Arthur lasci le stanze di Morgana con passo molto più leggero di quando è entrato.
 
***
Arthur non si è mai reso davvero conto di quante volte Merlin sia andato in suo soccorso finché non hanno iniziato a fare gioco di squadra e a spalleggiarsi l’un l’altro, fianco a fianco. Dal canto suo invece Merlin gli ha detto che il compito è diventato incredibilmente meno problematico siccome adesso può semplicemente andare da lui a dirgli che tipo di creatura magica sta tentando di fare cosa senza dover fare tutto di nascosto dietro vari sotterfugi (Merlin non gli ha ancora perdonato il fatto di averlo sempre creduto in taverna).
Combattono proteggendosi l’un l’altro al meglio delle loro capacità e trovano subito un’intesa che lascia stupiti entrambi ma questo non vuol dire che le cose siano tutte rose e fiori.
Merlin, sapendo di essere al sicuro al fianco di Arthur, a quanto pare ha deciso di gettare alle ortiche la cautela ed è stato quasi beccato due volte dai cavalieri a fare magie in combattimento e Arthur entrambe le volte ha perso il sonno per diverse notti, pensando a cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno avesse smascherato Merlin. Lo ha destabilizzato talmente tanto da distrarsi quando vengono attaccati per buttare un occhio su Merlin ogni volta che può e assicurarsi che non sia in pericolo. Questo ha fatto sì che venisse colpito diverse volte e riportasse più ferite di quante ne avesse mai avute in tutti i combattimenti degli ultimi cinque anni e Merlin lo ha sgridato (come fosse un bambino, per gli Dei) per ore mentre gli medicava le ferite e lo guardava con aria contrariata.
Hanno litigato diverse volte proprio su questo, perché Merlin sa essere ostinato ma Arthur lo è molto di più e non ha intenzione di vedere il suo servitore su una pira alle prime luci dell’alba e Merlin gli ha risposto che non ha tutta questa fretta di morire e allora Arthur gli ha urlato che non sembrava dal suo comportamento e a quello Merlin ha messo il muso e se n’è andato dalle sue stanze senza aggiungere altro. Non si sono parlati per diversi giorni, nessuno dei due voleva cedere sulla sua posizione, perché Arthur non avrebbe sacrificato la vita di Merlin per la sua e a quanto pare nemmeno Merlin quella di Arthur. Erano giunti a una impasse da cui non sapevano come uscire finché Merlin non è andato da lui a dirgli che sarebbe stato più cauto ma solo se lui fosse stato più attento agli scontri così da non dover pensare alla salvaguardia di Arthur ogni trenta secondi e Arthur aveva accettato.
È da quel momento in particolare che Arthur nota un cambiamento nel comportamento di Merlin, che a quanto pare è diventato più tattile nei suoi confronti.
Merlin l’ha sempre toccato molto, non avendo la minima idea di cosa fosse lo spazio personale o di come bisognasse trattare un principe, e un esempio lampante poteva essere quanto tempo passava a sistemare gli indumenti di Arthur quando lo vestiva, lisciando pieghe e sistemando colletti e maniche (cose che un altro servo non si sarebbe mai permesso di fare) o anche quando battibeccavano e Arthur si ritrovava spinto via per una spalla o per una mano sul petto e nessuno poteva fare una cosa del genere al principe ma Arthur non ha mai aperto bocca a riguardo.
Merlin però adesso ha iniziato a indugiare con con una mano sulla sua spalla, a camminargli più vicino quando sono insieme nei larghi corridoi di palazzo e a trascinarlo nelle stanze di Arthur dopo ogni scontro per verificare di persona che non si sia fatto nulla.
Tutto questo però va a vantaggio di Arthur, che sente di poter indugiare anche lui con una mano sul fianco di Merlin per più del tempo necessario; si siede più vicino a Merlin quando gli chiede di restare per leggergli qualcosa e può anche lui controllare che Merlin non abbia subito ferite che gli tiene nascoste (una volta sola; è bastato che Merlin gli mentisse una volta sola fingendo di non essersi storto la caviglia per far sì che Arthur lo controllasse personalmente ogni singola volta) dopo aver subito un’imboscata.
E dopo è come se l’uno non riuscisse a distaccarsi dall’altro per più di cinque minuti nell'arco di un’intera giornata. È come se entrambi volessero essere davvero sicuri che l’altro stia bene tenendolo costantemente sott’occhio ed è una cosa che entrambi fanno finta di non fare e di cui nessuno dei due parla, ma Merlin è sempre a portata di braccio se Arthur ha bisogno di sentire con le proprie mani che va tutto bene e Arthur non dice nulla delle dita che lo sfiorano quando Merlin pensa che Arthur sia troppo assorto in qualcos’altro per accorgersene.
Ma Arthur se ne accorge sempre.
Ed è in momenti come quelli che ad Arthur prendono i dubbi. È in momenti come quelli che Arthur ripensa alle parole di Gwaine e Leon nell’armeria e si domanda e se…?
Poi pensa a Merlin.
Merlin: colui che non si fa problemi a dirgli cosa pensa e a dirgli anche le cose più scomode come se fosse suo diritto farlo.
Che problemi avrebbe mai avuto nel dirgli (o nel dimostrargli) di volere qualcosa di più?
Ma in realtà perché mai Merlin dovrebbe essere interessato a lui?
Arthur è consapevole di essere merce avariata, sa di avere qualcosa che non va.
Suo padre gliel’ha ripetuto fino alla nausea, fino a ché Arthur l’ha capito e accettato, perché le parole di suo padre sono state dimostrate anche dai fatti.
Quante volte ha sbagliato? Quante volte si è dimostrato indegno del suo stesso titolo? Quante volte-?
“Smettetela di pensare a quello che state pensando e tornate alle vostre carte”
Arthur sbatte gli occhi un paio di volte e torna a vedere i fogli che ha davanti. Si è perso per talmente tanto nei suoi pensieri che per qualche istante nemmeno si ricorda dov’è o cosa stava facendo. Sa solo che c’è la mano di Merlin sul suo collo che gli sta accarezzando i capelli con il pollice ed è l’unica cosa a cui riesce a pensare al momento.
Il caminetto è acceso nelle sue stanze e Arthur adocchia le carte che teneva in mano poco prima e ricorda che si supponeva dovesse compilare il rendiconto della missione di quella mattina. Merlin è rimasto con lui a leggere un suo libro di incantesimi ma Arthur ricorda perfettamente che non fosse seduto così vicino a lui, Merlin gli si deve essere avvicinato e Arthur non sa nemmeno se ne sia cosciente ma poco gli importa, gli basta che sia lì.
Merlin lo sta ancorando alla realtà con il suo odore, con la sua magia e con il suo tocco e la voce di suo padre è pian piano sparita lasciandogli solo un senso di pace e serenità ad avvolgerlo.
Arthur tira un sospiro di sollievo che nemmeno sapeva di star trattenendo e sente un po’ della tensione che aveva nelle spalle sciogliersi, di nuovo in grado di respirare a pieni polmoni.
“Grazie” dice con semplicità mentre Merlin non distoglie gli occhi dal libro ma fa un timido sorriso.
La mano di Merlin rimane sul collo di Arthur ad accarezzargli i capelli biondi per tutto il resto della serata e se Arthur avvicina la sedia a quella di Merlin tanto da far collidere i braccioli questo non è affar di nessun altro se non loro.
 
***
 
Riguardando i fatti con distaccata pacatezza, Arthur riesce a capire perfettamente dove ha sbagliato e cosa avrebbe dovuto fare per evitare tutto quel casino, ma ormai è troppo tardi e non c’è niente che lui possa fare per cambiare le cose. Spera solo che Morgana sia in una situazione più piacevole della sua e che Merlin non torni da Ealdor prima di domani.
Le segrete di Camelot sono umide e spoglie, il terreno è duro e le guardie sono sempre d’ispezione per vedere cosa succede con i prigionieri.
La cella d’isolamento è certamente peggio.
Le catene ai polsi iniziano a tagliargli la carne e la poca aria che entra da una fenditura nella porta è stantia e puzza di marcio. Tutto là dentro sembra malsano, dal pavimento ammuffito alle catene arrugginite.
Ha smesso di cercare di parlare con le guardie ore addietro.
Dentro di sé è fiero della situazione in cui è finito e il perché, ma soprattutto è felice di essere riuscito a parlarne con Morgana prima che tutto ciò accadesse o è sicuro che sua sorella non sarebbe rimasta così calma.
Quando Uther ha decretato la morte per impiccagione di una bambina di nemmeno dieci anni per stregoneria, il viso di Morgana si è trasfigurato in qualcosa che non ha mai visto prima ma in tutta onestà Arthur crede di non aver avuto un aspetto migliore in quel momento; ricorda le budella che gli si rivoltavano e il senso di claustrofobia.
“Ma padre è solo una bambina” ha tentato, invano, di ragionare.
“Una bambina con poteri magici, Arthur, e nonostante ora sia una bambina capirai anche tu che presto o tardi diverrà una donna, giusto?”
Uther non ha sentito ragioni. Nè da parte di Arthur che tentava di convincerlo con la logica né da parte di Morgana che invece gli urlava contro, innescando una gara a chi urlava più forte. Nessuno poteva battere Uther in quello.
Morgana ha guardato Arthur con occhi supplichevoli e Arthur si è sentito morire. Non c’era modo di convincere loro padre a non fare una sciocchezza del genere ed entrambi ne erano consapevoli, ma Morgana l’ha guardato come se lui potesse fare tutto e Arthur si è sentito un fallimento.
C’era un’unica cosa che potevano fare.
L’aiuto di Merlin sarebbe stato senza dubbio prezioso ma in qualche modo Arthur preferiva che non fosse lì con loro in quel momento, a vedere cosa suo padre stava facendo a una bambina innocente il cui unico peccato era stato quello di cercare sua madre nel posto sbagliato.
Arthur e Morgana hanno parlato per diverso tempo cercando una soluzione per portare la bambina fuori da Camelot indenne, decidendo infine di addormentare le guardie con una sostanza che Morgana (per un motivo che Arthur non voleva sapere) aveva nelle sue camere, prendere le chiavi delle celle e farla uscire di soppiatto dalle cucine.
Ma forse è stato proprio questo essersi ritirati senza dire più nulla, senza fare più storie… forse è stato proprio lo strano silenzio di Morgana a far percepire a Uther che qualcosa non stava andando per il verso giusto, perché ha personalmente beccato Arthur davanti la cella della bambina mentre una recalcitrante Morgana lottava con le unghie e con i denti per mollarsi dalla presa del padre che se la stava trascinando dietro.
Arthur spera con tutto il cuore che sua sorella sia stata solo confinata nelle sue stanze e non le sia toccata una sorte simile alla sua.
Uther non è mai stato così arrabbiato o così deluso da Arthur (e Arthur ha una familiarità non indifferente con la faccia delusa di suo padre) ma per una volta non sente la classica stretta al cuore di quando fa qualcosa di sbagliato, questa volta ha una stretta allo stomaco per non essere riuscito nel suo intento.
Non sa da quante ore è lì sotto (il fatto che non ci sia una finestra e non possa vedere lo scorrere del tempo lo destabilizza) ma ci sono stati due cambi della guardia e un pasto, probabilmente è già sera.
Chissà se alla fine la bambina…
La porta della cella viene aperta e Leon fa il suo ingresso con l’espressione contrita di chi non è assolutamente d’accordo con quello che è appena successo. È felice che per una volta quell’espressione sia riservata a suo padre e non a lui.
“Non è nemmeno venuto di persona?” si ritrova a dire con una vaga traccia di umorismo, sapeva benissimo che non avrebbe potuto aspettarsi altro.
Leon si guarda intorno e sembra vedere per la prima volta dove Uther ha rinchiuso suo figlio, ma non dice una parola e si fa avanti con le chiavi in mano per aprire le manette.
“Il re mi ha mandato a dirvi di recarvi subito nelle sue stanze, vuole parlare con voi”
“Sì beh, credo che aspetterà perché non sono dell’umore per parlare con lui” dice, massaggiando i polsi doloranti il più lontano possibile dalle ferite “Dov’è Morgana?” chiede alzando gli occhi dagli ematomi e pregando davvero intensamente che Merlin non faccia ritorno almeno per un’altra settimana.
“È confinata nelle sue stanze”
La bocca di Arthur si arriccia di proprio volere. Certamente meglio quelle delle segrete, ma dubita che Morgana se ne sia stata tranquilla nelle sue stanze solo perché c’è qualche guardia alla porta.
“E…” cerca di domandare anche se teme di sapere già la risposta “e la bambina?”
Leon a quello distoglie gli occhi.
“Non è stato un bello spettacolo, altezza, non lo è stato per nessuno”
Arthur non risponde e marcia verso le stanze di sua sorella.
 
Arthur e Morgana si ritrovano a subire un infinito discorso su fedeltà e rispetto, di come le cose vanno portate avanti a Camelot, di come sia estremamente deluso dal comportamento del sangue del suo sangue e di come loro siano una famiglia e le famiglie si supportano e restano unite.
Arthur ascolta suo padre parlare ed è come se lo sentisse veramente per la prima volta. Tutte quelle assurdità sul dover obbedire senza farsi domande, tutti quei discorsi su quanto il sangue sia forte e le famiglie debbano restare unite (per poi venire sbattute in cella o confinate nelle loro stanze alla prima disobbedienza, pare), tutti i pericoli che la magia sembra creare anche solo semplicemente esistendo perché corrompe gli animi.
Arthur lo guarda e pensa che è vero, che la magia possa corrompere gli animi, ma l’unico animo che ne è davvero stato corrotto è quello di Uther stesso.
Arthur osserva suo padre camminare davanti al trono e gesticolare e per la prima volta invece di un re saggio con tutte le risposte, si ritrova a vedere un uomo piccolo, insignificante, pieno di rabbia e paura verso qualcosa che non riesce a capire.
Avrà perso sua madre a causa della magia ma Arthur ha anche perso un padre per la stessa motivazione.
Morgana non dice una parola mentre osserva Uther girare di nuovo su se stesso e ripercorrere gli stessi identici passi ancora e ancora, rimane stoica con lo sguardo alto e gli occhi duri di chi semplicemente ne ha passate troppe. Arthur teme seriamente che possa fare qualcosa di cui potrebbe poi pentirsi.
Quando né lui né Morgana sembrano avere intenzione di dire niente Uther si volta verso di loro e scuote la testa, esasperato.
“Non so cosa io abbia fatto per farmi voltare le spalle in questa maniera. Ma spero che una notte di sonno vi farà tornare il senno” l’occhiata che lancia ad Arthur gli fa capire che la notte di sonno potrebbe essere passata in cella se solo osasse dire qualcosa.
I due si inchinano e lasciano la sala del trono camminando uno affianco all’altra.
“Dobbiamo fare qualcosa” sussurra Morgana con lo sguardo sempre dritto davanti a sé.
“Sì” risponde Arthur, più sicuro di quanto sia mai stato in vita sua.
 
La sorte comunque non gli è propizia in quella giornata perché, appena apre le porte delle sue stanze nella speranza di farsi un bagno e gettarsi tra le coperte, la figura di Merlin si staglia davanti a lui di fronte al caminetto accesso.
“Dove diavolo eravate finito?” la voce di Merlin è preoccupata ma il tono resta comunque duro e Arthur non ha né la forza né le energie per affrontare una cosa del genere ora.
“Sono il principe, Merlin, posso andare dove più mi aggrada. Ora, se non ti dispiace, sono stanco e vorrei andare a dormire, ci vediamo domani mattina”
Vorrebbe chiedergli com’è andato il viaggio, come sta sua madre, se si è divertito e come mai è già di ritorno ma è evidente che nessuno dei due versa nello stato migliore per fare conversazione.
Merlin, però, sembra di un altro avviso perché non si sposta di mezzo passo nemmeno quando Arthur gli si fa incontro e inizia a spogliarsi da solo.
“Vi ho cercato per tutto il castello, i cavalieri non volevano dirmi dove foste e persino la mia magia non è riuscita a raggiungervi, continuava a dirmi che eravate nei sotterrainei ma non c’eravate e…”
C’è qualcosa che non va in Merlin e Arthur lascia stare per un momento la sua cintura e gli si fa vicino, afferrandolo per il gomito.
Merlin dopo un paio di secondi di ritrosia si volta a guardarlo e Arthur capisce che Merlin già sa della bambina. Lo nota dalla linea dura della mascella contratta, dagli occhi spenti e così dannatamente tanto stanchi e dalla rigidezza del suo corpo.
“Non ho potuto fare niente, Merlin. Ho provato, ti assicuro che ci ho provato ma non c’è stato modo di-”
Merlin alza una mano e lo ferma.
“Dove siete stato?”
Arthur non se la sente di rispondere a quella domanda.
È come se una vocina dentro di lui lo avvertisse di stare in silenzio o qualcosa di terribile sarebbe potuto accadere e si ritrova a cercare una scusa plausibile senza trovarne veramente nessuna.
Si sente così dannatamente stanco. Stanco e stufo di tutta la situazione in generale e l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe cadere in un sonno profondo e non svegliarsi per almeno dieci secoli.
La dannata vocina si ripresenta facendogli notare che in realtà l’unica cosa che vorrebbe veramente fare sarebbe cadere in un sonno profondo e non svegliarsi per almeno dieci secoli assieme a Merlin.
Deve ringraziare che il suo spirito in quel momento è così provato da fargli evitare un attacco di panico al pensiero di quanto è diventato dipendente da Merlin, ma Merlin se n’è andato per tre giorni e per tre giorni Arthur è stato irritabile e irascibile (più del solito, a detta di Gwaine) e davvero l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe abbracciare il suo servitore, sentirne l’odore (il vero odore) e dimenticare anche solo per qualche istante chi è in realtà, che ruolo ricopre e quali siano i suoi doveri.
“Arthur, davvero, vorrei solo sapere dove-” ma la frase non viene mai finita, perché la mano di Merlin gli scivola lungo tutto il braccio e Arthur è talmente intento a seguirne il gesto da dimenticarsi completamente delle ferite attorno al polso. Quando la mano di Merlin si stringe delicatamente proprio attorno alla pelle martoriata non riesce a evitare un sibilo.
Merlin toglie la mano come se temesse di avergli fatto lui del male e Arthur spera di cavarsela in qualche miracolosa maniera, se non fosse che gli occhi di Merlin si riducono a una fessura e la mano scatta in avanti veloce, afferrando il braccio di Arthur e alzandogli la manica.
Passano diversi istanti di agghiacciante silenzio mentre Merlin fissa le bende insanguinate che Gwen gli ha gentilmente avvolto attorno ai polsi (non si è arrischiato ad andare da Gaius) e poi Arthur sente l’aria nella stanza cambiare; i peli dietro nuca e sulle braccia gli si rizzano facendolo rabbrividire e un suono gutturale si fa strada dal petto di Merlin, risalendo fino alla gola ed uscendo dalla bocca come un ringhio mal soffocato che lascia Arthur senza fiato.
Non ci sono nemmeno parole per descrivere l’espressione di Merlin in quel momento. Poteva solo dire di aver visto Alpha sul campo di battaglia ammazzare nemici con un’espressione meno crudele e iraconda della sua. Non ha mai visto Merlin davvero infuriato, a quanto pare, e una parte di lui (una piccola, stupida ed insignificante parte) sembra anche eccitata della cosa.
Il ringhio in gola di Merlin si spegne lasciando la stanza in un assordante silenzio e per qualche istante Arthur non sa né che fare né che dire ma a quanto pare è Merlin quello che ha voglia di parlare quella sera.
“Congratulazioni…” dice con voce profonda e questa volta i brividi Arthur ce li ha per un altro motivo “state per essere incoronato Re”
Sono solo gli anni di addestramento che permettono ad Arthur, anche se non capisce assolutamente la situazione, di afferrare comunque Merlin per un braccio quando lo vede dirigersi verso la porta. Merlin però è un dannato Alpha e un dannato stregone e niente sembra in grado di fermarlo mentre trascina Arthur con sé senza apparente sforzo.
Arthur però non ha intenzione di farlo uscire da quella camera e gli si para davanti, puntando i piedi e afferrandolo per le spalle, cercando in qualche modo di rallentarlo.
“Merlin! Merlin! Maledizione, Merlin! Vuoi fermarti, che intenzioni hai?”
“Vado a strappare la gola di Uther a mani nude e poi lo smembro finché non resterà più nulla di lui se non il funesto ricordo di quand’era in vita”
A questo, Arthur non ha una risposta abbastanza adeguata.
“Merlin, è il tuo re!” è l’unica cosa che si sente di dire mentre pensa velocemente a come diavolo fermare la furia di un Alpha, ma non sembra dover pensare a lungo perché i passi di Merlin si fermano a qualche metro dalla porta e lo sguardo si sposta al viso di Arthur.
L’unica cosa a cui riesce a pensare Arthur in quel momento è che Morgana probabilmente prenderebbe la soluzione di Merlin come la più veloce ed efficace ma che non può lasciarglielo fare.
“Lui non è il mio niente” sputa fuori Merlin con una cattiveria di cui non lo credeva capace. “Non sono qui per lui, non m’importa nulla di lui. Se dovessi trovarlo da qualche parte in fin di vita l’unico motivo per cui lo salverei e non mi godrei lo spettacolo del vederlo morire sarebbe perché a voi, per qualche ragione che mi è completamente ignota, importa di lui. Io sono qui per voi, voi siete il mio Re, voi siete la persona che guiderà Camelot alla grandezza e sarete un Re degno di questo nome. Non lui. Chi… chi farebbe questo al proprio figlio?” e dicendo questo, nonostante la furia cieca che sembra possederlo, Merlin gli afferra entrambi i polsi con una delicatezza estrema e li alza mostrando ad Arthur le ferite come se lo stesso Arthur se ne fosse dimenticato.
Arthur guarda Merlin, che gli restituisce lo sguardo con occhi grandi e arrabbiati e l’affanno, e per qualche motivo si ritrova a confrontarlo con suo padre.
Uther gli ha sempre fatto paura fin da quando era un bambino. È sempre stato un uomo irascibile e incline alla violenza anche se molto spesso gli bastava solo alzare di quel poco la voce per far zittire chiunque avesse attorno e ridurlo all’obbedienza; con la notizia poi che suo figlio si era presentato come Omega, Arthur ha vissuto l’intera adolescenza nella paura di fare anche la minima cosa sbagliata e di venir punito per questo. Ha sempre temuto lo sguardo di disapprovazione di suo padre quando non faceva altro che cercare di accontentarlo, anche se non sembrava mai abbastanza, e Uther l’ha colpito molto spesso (sia fisicamente che sentimentalmente) fino ad arrivare a rinchiuderlo solo poche ore prima in una segreta. Ora invece si ritrova davanti Merlin, un Alpha incredibilmente incazzato e desideroso di far uscire la rabbia dal suo corpo in qualsiasi modo possibile e Arthur non prova la benché minima paura. Se mai avesse trovato suo padre in uno stato del genere avrebbe fatto di tutto pur di non farsi trovare nelle vicinanze per almeno due giorni a venire e invece si ritrova nella stessa stanza con Merlin -Merlin che gli tiene i polsi nella maniera più delicata possibile, come se fosse un fiore che avrebbe potuto spezzarsi solo nello stringerlo un po’ più forte- e l’unica cosa che sente è un senso di protezione che gli scalda il petto.
Lo bacia senza nemmeno accorgersi di farlo e quando torna abbastanza in sé da pensare razionalmente di doversi allontanare le braccia di Merlin lo stringono attorno alla vita e lo premono contro il suo corpo. Non c’è un filo d’aria che possa passare tra loro e Arthur alza le mani per affondarne una nei capelli di Merlin e aggrapparsi alla sua tunica con l’altra.
Merlin lo bacia come se ne andasse della sua vita, lo bacia come se avesse sempre voluto farlo, lo bacia con così tanta riverenza e amore che Arthur si chiede dove diavolo stesse guardando per non accorgersi di un sentimento così forte.
Arthur lo bacia con l’ingordigia di chi sta aspettando questo momento da tutta una vita, con la voglia e la speranza che non finisca mai e con la disperazione che se dovesse finire deve prendere tutto e subito.
La magia di Merlin lo avvolge e assieme ad essa il suo odore e Arthur non riesce a impedirsi un gemito mentre la testa inizia a girargli e Merlin ne sembra compiaciuto, a giudicare dal rumore che gli esce dal petto che sembra pericolosamente vicino alle fusa di un gatto.
Arthur nonostante tutto si ritrova a sorridere e fa per scostarsi per dire qualcosa di poco carino ma Merlin non sembra ancora dell’avviso di lasciarlo andare e lo ferma mettendogli una mano sulla nuca, impedendogli di allontanarsi.
Arthur -le mani di Merlin che gli accarezzano la schiena, la lingua che gli esplora il palato, il corpo perfettamente premuto contro il suo-  pensa che non era poi molto importante quello che doveva dire.
Sono pochi gli attimi in cui si allontanano abbastanza da guardarsi semplicemente in faccia e riprendere fiato e in quegli attimi ogni tanto Arthur scorge negli occhi di Merlin una sorta d’incertezza -come se non potesse credere che stesse succedendo davvero- e quelli sono i momenti in cui Arthur gli mette una mano sul collo e lo trae nuovamente a sé, incapace di fare altro.
Poteva andare avanti tutta la notte. Per gli Dei, poteva andare avanti tutta la vita.
Un bussare alla porta fa voltare entrambi di scatto verso quella direzione e Merlin lo afferra stringendolo possessivamente a sé e ringhiando sommessamente in una sorta di avvertimento. Arthur vorrebbe tanto versare in condizioni migliori di Merlin ma l’unica cosa che riesce a fare oltre a chiedere chi diavolo è a quell’ora della notte è afferrare Merlin e non lasciarlo andare.
“Sono Morgana. Dobbiamo parlare”
Arthur guarda Merlin che gli restituisce lo sguardo e sembra in qualche modo più lucido e anzi, quasi imbarazzato dal suo comportamento.
“Non possiamo parlarne domani, Morgana? Sono stanco” e in realtà, nonostante l’adrenalina a mille e il sonno completamente passato, Arthur è davvero stanco e non vuole parlare, vorrebbe solo godersi quel momento con Merlin dopo aver tanto aspettato, grazie tante. Ma Morgana non sembra voler cedere.
“Arthur…”
Arthur appoggia la fronte sulla spalla di Merlin e sospira esasperato, una mano di Merlin corre ai suoi capelli e glieli accarezza distrattamente regalandogli qualche istante di serenità.
“Entra” dice infine, perché sa perfettamente di cosa devono parlare anche se continua ad essere convinto che il tutto avrebbe potuto aspettare il giorno dopo.
Non ha però alcuna intenzione di spostarsi da Merlin e Merlin sembra dello stesso avviso, perché si assicura che Arthur resti esattamente dov’è, stringendo ancora di più la presa in maniera quasi dolorosa. Arthur non ha nulla da obbiettare e rimane con gli occhi fissi sul viso di Merlin a scrutarne le ciglia, gli occhi celesti incredibilmente scuri che lo fissano di rimando, le ombre sugli zigomi spigolosi, la bocca semi aperta che lo sta invitando a muoversi in sua direzione e baciarla di nuovo.
Morgana entra nelle stanze di Arthur e trova lui e il suo servitore abbracciati davanti il caminetto col fuoco che si sta pian piano spegnendo.
L’aria nella stanza deve avere un odore diverso perché Morgana arriccia il naso e osserva Merlin con cipiglio impettito, per poi tornare ad osservare tutta la scena con una certa area divertita.
“Ho forse disturbato?” chiede sorniona e Arthur butta fuori l’aria esasperato ma non trova la forza di voltarsi a guardarla, continuando a fissare Merlin come se non ci fosse nessun altro lì dentro a parte loro due.
“Certo che hai disturbato. Ti sembra di non aver disturbato?”
“Beh, chiedo scusa” dice prendendo posto al tavolo, il sorriso sempre ben stampato in faccia “ma credo che ci siano cose di cui dovremmo discutere prima che Uther inizi ad insospettirsi”
Arthur a quello sospira e torna ad appoggiare la fronte sulla spalla di Merlin.
Per gli Dei, è così tanto stanco.
“Insospettirsi di cosa?”
La voce di Merlin è tornata normale, non c’è più quel lieve ringhio di sottofondo, il tono basso e rancoroso e già un vecchio ricordo. È tornato il Merlin di sempre.
Arthur un po’ si rincresce di quel cambiamento perché gli sembra di essere tornato un passo indietro nonostante le braccia di Merlin non si spostino da lui nemmeno per un secondo.
“È arrivato il momento per mio padre di lasciare il trono” si ritrova a dire Arthur, stanco come non mai contro il collo di Merlin.
Le mani di Merlin corrono alle sue spalle e lo solleva di forza, guardandolo con occhi sgranati come se non credesse a ciò che stava sentendo. Cosa non strana, essendo che Arthur non riusciva nemmeno a credere di averlo detto ad alta voce.
“Oh santo cielo, siete serio!” è l’unica risposta che arriva dopo diversi secondi e Arthur sospira, esasperato, guardando al soffitto.
“No, Merlin. Morgana è sgattaiolata qui di notte per fare a nostro padre una festa a sorpresa…”
“Beh potremmo anche metterla in questi term-”
Non ora, Morgana!
Morgana chiude la bocca ma il sorriso sornione non se ne va mentre guarda la stanza per dare loro una parvenza di privacy.
“Dobbiamo solo capire se la cosa avverrà pacificamente o meno” finisce Arthur, guardando Merlin negli occhi e cercando di trovare la forza di scostarsi da lui per raggiungere sua sorella al tavolo. Merlin gli restituisce lo sguardo e Arthur non riesce a decifrarne l’espressione ma spera solo sia qualcosa di buono perché non sopporterebbe altre brutte notizie, non al momento e non da parte di Merlin.
“Sono fiero di voi, Arthur”
È la prima volta in vita sua che qualcuno gli dice una cosa del genere e non pensava sarebbe mai capitato cercando un modo di detronizzare suo padre.
Sono fiero di voi, Arthur.
Arthur risente le parole come se Merlin le avesse pronunciate di nuovo e gli scaldano stupidamente il petto. Alla sua età non dovrebbe importargli più una cosa del genere, non dovrebbe più volere l’approvazione di nessuno ma è Merlin ad avergliele dette e valgono più di qualsiasi cosa al mondo.
Distoglie lo sguardo nonostante non creda di riuscire a nascondere il rossore sulle guance e prende Merlin per mano, trascinandolo verso Morgana che si sta sistemando le pieghe del vestito (chissà se sua sorella riuscirà mai a smettere di sorridere) e li aspetta con finta noncuranza.
Arthur si siede e quando Merlin sta per fare lo stesso prende la sedia di Merlin e la sposta contro la sua, bracciolo contro bracciolo.
“Non una parola” dice guardando con la coda dell’occhio Morgana mentre aspetta che Merlin gli si sieda accanto, le braccia che si toccano. Lei richiude la bocca ma lo sguardo accigliato dice tutto.
“Allora…” comincia lui “…dicevi di avere un piano”
Morgana torna seria e annuisce, prendendo da nemmeno Arthur sa dove delle pergamene con nomi, mappe e stemmi.
Sarà una lunga notte.
 
***
 
Quando Morgana se ne va il fuoco è quasi spento nel camino e l’umore di Arthur si è fatto dei più neri.
Ha vacillato durante quella discussione, si è chiesto se stesse davvero facendo la cosa giusta e se lo fosse soprattutto per il popolo di Camelot. Ma una parte del suo popolo era seduta assieme a lui proprio in quella stessa stanza fino a qualche istante prima.
Stregoni e druidi fanno parte del suo popolo e veniva fatto loro del male senza nemmeno un giusto processo e il ricordo della bambina a cui sarebbe semplicemente bastato trovare la madre per andarsene via serenamente gli fa contorcere lo stomaco.
Uther doveva cedere il trono, non c’era altra soluzione.
Una parte di lui continua a rigettare la sola idea di fare una cosa simile alle spalle del padre ma è stato Uther stesso ad insegnargli che quando si prende una decisione la si porta avanti fino infondo.
La soluzione più pacifica è quella di far andare suo padre in esilio in uno dei loro vari terreni il più lontano possibile da Camelot. Se gran parte dei cavalieri fosse stata dalla loro parte c’erano buone speranze, l’unico punto dolente poteva essere rappresentato dalla nobiltà e dal concilio, ma suo padre si era inimicato molti dei nobili sommergendoli di tasse quindi forse il tutto si sarebbe potuto risolvere senza troppi spargimenti di sangue.
Arthur però conosce suo padre e sa perfettamente che non avrebbe lasciato Camelot senza lottare e che almeno uno scontro sarebbe stato impossibile da prevenire.
L’idea di dover sfidare suo padre probabilmente a morte non lo alletta per nulla.
“Venite, avete bisogno di dormire”
Arthur distoglie lo sguardo dalle ultime fiamme del caminetto acceso e lo porta a Merlin, che sta scostando le coperte sul letto.
Ha bisogno di dormire, su questo non c’è dubbio, ma non sa se riuscirà a chiudere occhio. Merlin gli è accanto quando Arthur non sembra intenzionato a muoversi e lo esorta ad alzarsi afferrandolo per un braccio.
Raggiunge il letto e ci si getta sopra malamente, scalciando via gli stivali senza aspettare che Merlin lo aiuti e rimane a fissare il soffitto per qualche istante e tutto per un secondo sembra grigio e freddo.
“Spostatevi un po’, questa è la mia parte del letto”
Arthur distoglie lo sguardo dai suoi tendaggi e lo porta, abbastanza sorpreso se deve dirla tutta, al suo servitore che si sta togliendo gli stivali e sta salendo sul letto accanto a lui.
“E che cosa staresti facendo, di grazia?” probabilmente il suo tono dovrebbe essere indignato ma trova tutta la faccenda abbastanza divertente.
“Non penserete di certo che a quest’ora me ne torni nelle mie fredde e buie stanze, vero?” chiede Merlin spingendolo un po’ più in là. L’audacia di Merlin, davvero.
“Ooh, e da quando questa sarebbe la tua parte del letto, se posso chiedere?” e Arthur non può credere a se stesso alle volte ma si sposta, lasciando abbastanza spazio a Merlin per infilarsi sotto le coperte e mettersi comodo.
“Faccio sempre il mio pisolino ristoratore da questa parte, sono un tipo piuttosto abitudinario, io”
C’è silenzio per un istante e poi Arthur ride talmente forte che teme che qualche guardia possa entrare nelle sue stanze a controllare cosa sta succedendo ma, ne andasse della sua vita, non riesce a fermarsi.
Cerca di camuffare le risate premendosi un cuscino sulla faccia ma ride ancora più forte quando è lo stesso Merlin a schiacciarglielo addosso con forza, minacciando di ucciderlo seduta stante se non avesse smesso abbastanza in fretta.
La situazione si ribalta senza nemmeno questo gran sforzo da parte di Arthur, che semplicemente fa perno sul suo braccio e fa ricadere indietro Merlin, facendolo distendere di nuovo a letto e rubandogli il cuscino dalle mani.
“Alpha o meno, sei sempre terribilmente goffo, Merlin”
“Omega o meno, siete sempre incredibilmente una testa di fagiolo, Arthur”
Arthur, nonostante come sia andata quella giornata, si ritrova a sorridere nel guardarlo e ad alzare una mano a toccargli i capelli. Merlin la intercetta e la stringe tra le sue, guardandolo con un’aria mezza dispiaciuta.
“Vi ho già detto che non sono un granché con la magia curativa, ma almeno posso alleviare un po’ il dolore”
Arthur guarda il polso coperto dalle mani di Merlin e si ritrova persino sorpreso di avere delle ferite.
Merlin mormora qualcosa sottovoce, gli occhi si illuminarono d’oro nell’oscurità della camera e Arthur non riesce a distogliere lo sguardo. Merlin passa a fare lo stesso col secondo polso e Arthur sente effettivamente un po’ di sollievo.
“Grazie” si ritrova a dire, sincero.
Merlin semplicemente sorride e si distende meglio sui cuscini, Arthur segue il suo esempio e gli si stende accanto, abbastanza vicino da poterlo toccare.
Arthur rimane a guardare la figura rilassata accanto a sé e sente le palpebre farsi pesanti e forse, pensa, con Merlin accanto a sé non sarà poi così difficile prendere sonno.
Si addormenta con la sensazione di braccia forti che lo tirano a sé e l’odore del suo Alpha nelle narici.
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Dai, ce l’abbiamo fatta X’D
 
 
   
 
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