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Autore: Subutai Khan    22/02/2022    0 recensioni
Durante il primo anno di frequentazione della Kibougamine, a Leon Kuwata e Mondo Oowada viene un'idea malsana.
Questi sono i suoi risultati.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byakuya Togami, Celestia Ludenberg, Junko Enoshima, Kyouko Kirigiri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Monta.”

La surrealtà del tutto si può toccare con mano. E non tanto perché l’intera 78 o quasi si trova davanti a un tassista con il volto mezzo decomposto, più che altro perché il suddetto tassista ha avuto l’ardire di dare un ordine a me.

Un ordine. A me, Byakuya Togami. Roba che non si è mai vista prima. I Togami, in certe parti del paese, possono arrivare a comportarsi come le Viverne Celestiali di One Part e ordinare la morte di una persona tanto sfrontata senza temere ritorsioni di sorta. Conosco questi ridicoli passatempi da plebei solo perché Yamada sbrodola in continuazione a tal proposito.

Forse costui non ha ben chiaro con chi sta parlando.

“Nessuno mi dice cosa devo fare.” Suono il più autoritario possibile. Generalmente la persona davanti a me, nella medesima situazione, si prostrerebbe per terra in lacrime scusandosi per la propria tracotanza.

“Alza il culo e sali perché non vuoi che io scenda da qua. Te lo assicuro, non lo vuoi. A meno che tu non sia un fottuto masochista depravato, nel qual caso ti soddisferei fin troppo volentieri.”

Il coretto di “Ooooooooh” che mi circonda è assordante.

Mpf. Con lui la tattica standard pare non funzionare.

Guardo di sbieco Ludenberg, sperando che non si accorga di me. Voglio studiare la sua reazione a caldo dopo che è stata la prima di noi a salire su quel trabiccolo e, incredibile a dirsi, ne è scesa. Viva e intera, almeno apparentemente. Tra l’altro lo ha detto lei stessa, la fama di questa leggenda metropolitana per allocchi pare sia un po’ troppo gonfiata e, a sua opinione, non ha mai davvero rischiato di morire là dentro. Non che ci abbia detto cosa sia davvero successo, e questo mi dà da pensare.

Tradisce un po’ di inquietudine, esattamente come quando ha aperto la portiera del mezzo e ci si è accomodata. Il che mi suggerisce che qualcosa di non esattamente piacevole per lei si è comunque svolto, solo niente di fisicamente pericoloso.

Se dovesse succedere lo stesso a me…

Ma no, che vado a pensare? Di cosa devo preoccuparmi?

Decido, in uno sprazzo di magnanimità, di accontentarlo. Faccio per salire quando sento alle mie spalle l’inconfondibile voce affettata di Ludenberg: “Mike, mi raccomando. Non sbattermelo troppo che è fragile.”

Nani?

Va beh, vada come vada. Credo di non poter fare altrimenti e onestamente non mi sento di testare l’eventualità di un rifiuto. Per quanto sia scettico, e lo sono molto, non posso negare di avere di fronte qualcosa di sovrannaturale e si sa, non è prudente giocare con tavole spiritiche e cose del genere. In condizioni normali non mi preoccuperei di simili bazzecole, ma ora come ora…

Salgo.

CLACK.

“Destinazione, Scion di ‘Staceppa?”

“Come… come mi hai chiamato, scusa?”

“Mi stavo solo adeguando ai tuoi compagni di classe, niente di che. Ora statti zitto e mettiti comodo, si parte.”

E parte.

L’impertinenza di questo… Mike, l’ha chiamato Ludenberg?... di quest’essere è incomparabile. Se ne fossi in condizione gliela farei rimangiare volentieri. Magari assieme ai denti, visto che assolderei il più palestrato e manesco picchiatore sulla piazza.

“Porca miseria, Byakky. Sei veramente affabile come il colera, lo sai?”

Voce sconosciuta. Alla mia sinistra.

Mi volto e mi trovo davanti una persona che non ho mai visto prima in vita mia: piuttosto alto, dinoccolato a giudicare da come gesticola, indossa un fedora che gli copre parzialmente il viso anche se riesco a intravedere la punta dei baffi. Vestito elegante, quasi quanto me. Solo quasi, ora non esageriamo.

“Buonsalve, Byakky. Tu non mi conosci, o meglio… naaaa, troppo complicato da spiegare. Diciamo solo che io so chi sei e tu dovresti sapere chi sono io ma non lo sai.”

Eh? Scusa? Cos’è che hai detto, drogato? “Temo tu stia prendendo un sonoro abbaglio, perché non ho la minima idea di chi tu possa essere e sto meglio così.”

“Pfffft. Il solito testone sicuro di sé fino a scoppiare. Farti ricredere sarà impresa ardua, ma so di esserne all’altezza.”

“In primis dimmi chi sei e che cosa vuoi da me.”

“Giusto, giusto. Piacere, mi piace farmi chiamare Enrico VIII e vengo direttamente dalla tua testolina buffa.”

“Enrico… VIII? Come il re inglese cinquecentesco? Poi sono io l’egocentrico.”

“Non contestare. C’è un preciso motivo per cui uso questo nome, motivo che dipende da te. Per essere più precisi, in realtà, non tanto da te quanto da una tua controparte di un universo parallelo.”

Che… che cosa diamine sta dicendo, si può sapere?

“Va bene, va bene. Quello che vuoi.” cerco di tagliar corto per non dargli la soddisfazione di vedermi confuso “Ora però puoi dirmi che caspita vuoi da me?”

“Detto fatto. Voglio il tuo scalpo di Togami.”

Indietreggio, spero non mostrandomi troppo spaventato: “Prego?”

“Oh su, non farmi il ragazzino piscialetto. Non è nulla di violento, stai tranquillo. È solo un modo sbarazzino per dire che intendo estirpare dalla tua testa quel malsano modo di vivere e rapportarti col prossimo che quel disgraziato di tuo padre ti ha inculcato sin da bambino.”

“Non osare criticarmi. Il modo di vivere Togami, così come qualunque altra cosa collegata alla mia nobile casata, è perfetto e intoccabile così com’è.”

“Che quadretto idilliaco. Sentiamo, che vantaggi darebbe rispetto agli usi tipici di coloro che definisci con disprezzo plebei?”

“Valorizza e fa risaltare l’indubbio prestigio e l’assodata posizione sociale sopraelevata, tanto per cominciare.”

“Che è la fuffa più fuffa del mondo, se ti interessa saperlo. Poi?”

“La cosa più importante è chiaramente il fatto che mi è stato donato un metodo superiore di condotta, ovverosia la mirabolante incapacità di sbagliare o di essere colto in fallo. Sono un Togami, anzi sono l’erede Togami, e in quanto tale ho sempre innegabilmente ragione in merito a quanto dico o faccio. Molto semplice.”

Scoppia a ridere. Una risata tonante, sguaiata, proprio da persona di basso livello: “Non posso credere che tu sia convinto di un simile cumulo di stronzate col botto. Byakuya, ascoltami bene: sei troppo intelligente per berti una scemenza di queste proporzioni senza almeno nutrire un sano dubbio. Sai bene che ogni singolo essere umano è fallibile in quanto tale, lo sai perché una delle tue migliori abilità è quella di sfruttare l’attimo propizio quando il tuo avversario mette il piede in fallo. È così che ti sei guadagnato il posto di erede, posto che ammetto senza remore ti meriti per l’arguzia e la capacità da tagliagole senza scrupoli che hai messo in campo. Ma sai altrettanto bene che i tuoi fratellastri e sorellastre, tranne qualche esecrabile eccezione, erano arguti e spietati almeno quanto te. Diciamo che partivate da basi molto simili, se non addirittura identiche. Tu hai vinto e loro no. Tutto molto bello. Questo cosa ti dice però? Ti dice che da qualche parte hanno sbagliato e tu sei stato bravo nell’approfittarne. Ma dimmi, se fosse accaduto il contrario? Se quello a sbagliare, all’epoca, fossi stato tu?”

“Non è accaduto e non vedo come avrebbe potuto essere diversamente. Sono Byakuya Togami, per dio!”

“Sì, va bene. Sei figo e imbattibile. Ora rispondimi. O forse non ne sei in grado?”

Ugh. Colpire sotto la cintura non vale, maledetto.

Sta palesemente istigando il mio orgoglio e io sono troppo coinvolto per non dargliela vinta: “Se fosse andata come dici, ora staresti parlando con qualcun altro e io sarei a vagare per qualche vicolo lercio e malfamato.”

“Esattamente. Ora fissami dritto nelle palle degli occhi” dice togliendosi il cappello con un gesto inutilmente plateale “e abbi il coraggio di dire con serietà che uno scenario del genere sarebbe stato impossibile. Io ti conosco, mascherina. So cosa hai provato in quel periodo. Vivevi in tensione massima, sempre all’erta e sempre pronto a ricevere una pugnalata nella schiena. Specie da Satoshi, che probabilmente era il peggiore del lotto e quello più capace di spennarti come un pollo se gliene avessi lasciato la possibilità. Quale divinità onnisciente e impareggiabile passa le sue giornate a guardarsi le spalle, timoroso che la sua stessa ombra tenti di sgozzarlo? Nessuna, disse Capitan Ovvio. E il motivo per cui stavi così è che… dillo tu, dai.”

Fregato. Mi ha fregato come se fossi un principiante alle prime armi.

Va detto che ha dalla sua una conoscenza approfondita e sta, per dirla come quel perditempo di Yamada, usando i cheat paranormali. Perché quanto ha detto su di me e sul mio passato è la pura verità, per quanto mi scocci ammetterlo, e chiaramente non sono informazioni che vado a declamare ai quattro venti. Tutto giusto, dalla prima all’ultima parola.

È vero che gli altri erano almeno bravi quanto me. È vero che al primo sgarro avrei fatto una pessima fine. È vero che ero sempre guardingo e preparato a ogni evenienza.

Vuole che lo dica ad alta voce.

Pezzente che non è altro.

“Sto aspettando la tua risposta, Byakky.”

Pure provocatorio. Evviva.

“Avevo… paura di farmi fregare da qualcuno di loro.” riesco a dire dopo parecchia esitazione.

“Ecco, bravo. Avevi paura. Sappiamo entrambi che in questo lasso di tempo non sei cambiato in maniera radicale, anzi semmai hai accentuato ulteriormente quelle che ritieni a torto le tue qualità più importanti. Pertanto, se eri capace di provare paura allora, sei capace di provare paura adesso. E il solo fatto di esserne in grado fa crollare la tua filosofia di vita come un castello di carte mal posizionato. Chi può provare paura se sa di non sbagliare mai? Un bugiardo, ecco chi.”

Ancora troppo presto per arrendersi: “Tenere inconsciamente valida la possibilità dell’errore non vuol dire che sia in grado di commetterne.”

“Secondo te il dio cristiano, Yahweh e Allah sanno provare paura?”

Wow. Spariamo alto: “Non ho mai detto di essere una divinità.”

“Ma da tale ti atteggi, caro mio. Solo che ovviamente non hai il pedigree per sostenere la convinzione, perché sei umano e in quanto tale capace di errare. Quindi faresti bene a toglierti dalla testa quella gigantesca idiozia sull’infallibilità Togami, è più finta di una moneta da otto yen e un quarto. E da quella, a cascata, via via tutte quelle altre bestialità che ti sono state spacciate come verità suprema.”

“Hai una bella faccia tosta a venire a fare la paternale a me. Ti devo fare i complimenti per la spericolatezza. Sembra quasi che non ti interessi finire contro un muro con il collo rotto.”

“LoL. Vedi che il collo rotto, tutt’al più, sarebbe il tuo.”

“Come prego?”

“Lascia perdere, non ho sette ere geologiche per spiegarti. Sappi solo che, nell’improbabile caso mi succeda qualcosa, anche tu ne pagheresti le conseguenze.”

“E perché mai dovrei?”

“Shush. Te l’ho detto, non ho sette ere geologiche a disposizione. Piuttosto, parlando di cose serie, ti vedo… dubbioso.”

“Giammai. Sono forte nella mia convinzione di essere nel giusto.”

“Ballista. Ti si allunga il naso e ti si accorcia il piripillo.”

“Ma come diamine ti permetti, si può sapere?”

“Cribbio, ma oggi tutti clienti permalosi e nevrastenici. Mike, facciamo a cambio e la birra me la offri tu per favore?”

Sento la voce dell’autista che gli risponde: “Ma sì, certamente. Ti capisco, oggi non hai avuto vita facile e una birra gratis te la meriti.”

Che cosa sto ascoltando? Fatemi scendere. Fatemi scendere.

“Va bene esagitato, va bene. Ti facciamo scendere. Mamma mia però, sei proprio una mammoletta. Chissà cosa accadrebbe se mi mettessi a spifferare queste tue scenate al resto della 78…”

Una sensazione nuova fa capolino per la prima volta in vita mia: “Non ti azzardare, lurido bastardo che non sei altro! O giuro sulla cotenna di tua madre che te la farò pagare da qui fino al resto dell’eternità!”

"Ullallà, Byakky si arrabbia. Ci stiamo cacando sotto.”

“Come hai detto?” si intromette di nuovo l’autista.

“Ci stiamo cacando sotto.”

“Come hai detto?”

“CI STIAMO CACANDO SOTTO!”

“Era una domanda retorica, cretino!”

Lo scambio di stupidate mi lascia così basito che non so cosa dire. E non è una bella sensazione, men che meno nella situazione irreale in cui mi trovo attualmente.

Il viaggio dura ancora un po’, con quello che si fa chiamare Enrico VIII che continua a menarmela con i suoi vaneggiamenti senza senso. Per la maggior parte ignoro, ma c’è un minuscolo tarlo che mi passeggia sopra l’orecchio e minaccia di entrare.

Mi sforzo per impedirglielo, ma non sono sicuro di esserci riuscito.

Finalmente questa tortura giunge al termine. Il taxi inchioda nello stesso posto da cui siamo partiti. Proprio prima di scendere sento Enrico che dice: “Ah, smettila di dare la colpa a Yamada per One Part. Oppure ora vado dagli altri e racconto loro della tua collezione privata del suddetto manga…”

Ok no non ti ci azzardare neanche coso o ti scateno l’intera Zaibatsu contro.

In qualche modo recepisce questa mia ultima frase e si limita a un sorriso strafottente, per poi aggiungere: “E prima che me ne dimentichi. di’ a Kirigiri che tocca a lei.”

   
 
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