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Autore: My Pride    24/02/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Go over there with the Ferris wheel Titolo: Go over there with the Ferris wheel
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 3630 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent, Jason Peter Todd, Richard John Grayson

Rating: Giallo
Genere: 
Generale, Fluff, Slice of Life
Avvertimenti: What if?, Slash, Omofobia
Maritombola #12: 21. Prompt immagine
Just stop for a minute and smile: 44. "Mi sa che ci siamo persi..."


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Damian sbuffò sonoramente, gettando una rapida occhiata alle sue spalle per registrare con gli occhi le figure parzialmente distanti dei suoi due fratelli.
    Era tutto così… assurdo. Aveva programmato quell’uscita al Luna Park di Amusement Mile una settimana prima, premurandosi di comprare in anticipo i pass vip per saltare la fila a tutte le attrazioni e potersi così godere del tempo con Jon al di fuori delle pattuglie; lui ne era stato letteralmente elettrizzato e aveva sentito aumentare un po’ il calore che il suo corpo irradiava costantemente, eccitato quanto lui per quello che sarebbe stato a tutti gli effetti un appuntamento. E Todd e Grayson non avrebbero minimamente dovuto essere presenti nel quadretto che la sua mente aveva dipinto.
    Gemette frustrato, rincuorato solo in parte dal braccio che Jon gli passò intorno alle spalle per tranquillizzarlo. Era ingiusto. Suo padre, da buon detective impiccione qual era, aveva scoperto il suo piano e gli aveva imposto la compagnia dei due fratelli, lasciando Damian a dir poco perplesso; quando aveva chiesto spiegazioni, per di più in tono arrabbiato, il padre gli aveva risposto che non avrebbe potuto lasciar gironzolare due quindicenni da soli in un Luna Park, soprattutto perché lui era il figlio di un miliardario e di certo non era così poco riconoscibile. La scelta era ricaduta sui fratelli o sulle guardie del corpo, e Damian aveva dovuto a malincuore cedere con i fratelli. Avere dietro le guardie del corpo sarebbe stato più imbarazzante, aveva detto, ma nel guardare le espressioni di Todd e Grayson stava cominciando a pentirsi di quella scelta.
    «È assurdo», bofonchiò di punto in bianco, il naso arricciato in una smorfia infastidita. «Secondo mio padre sono abbastanza grande per andare di pattuglia da solo, ma non lo sono per un appuntamento al Luna Park».
    Al suo fianco, Jon canticchiò, rinserrando la presa sulle sue spalle. «È solo perché sei in abiti civili, D, lo sai».
    «Il fatto che io lo sappia non rende meno grave la situazione, J».
    «Anch’io avrei preferito essere soli», continuò Jon, e non dovette girarsi per sapere che gli altri due erano ancora a cinque o sei metri di distanza. «Ma cerchiamo di non farci rovinare la serata».
    Damian non disse nulla per un lungo attimo, concentrato sui suoni e gli odori che li avvolgevano: la macchina dello zucchero filato e l’odore dolciastro di noccioline candite, le risate e il chiacchiericcio della gente che si divertiva, la voce dei giostrai che cercavano di invogliare i presenti a giocare e i rumori ritmici delle attrazioni, tutte cose che ricordavano a Damian il motivo per cui aveva organizzato lì. Voleva divertirsi con Jon e non avrebbe permesso a nessuno di mettergli i bastoni fra le ruote.
    «D’accordo», esalò infine. «Ma alla prima stronzata che dovesse sparare Todd, io--»
    «C’è Dick a tenere a bada Jason, tranquillo», lo rassicurò Jon con quel suo solito sorriso smagliante che non lo abbandonava mai. «Adesso muoviti, ho fame. Voglio un hot dog».
    «Ma siamo appena arrivati».
    Jon rise, una risata a dir poco cristallina. «E da quando c’è un orario per mangiare cibo spazzatura in un Luna Park?» prese in giro, afferrandogli la mano come se nulla fosse per trascinarlo con sé.
    Damian sussultò un po’, preso alla sprovvista, ma non si oppose, lasciando che per una volta fosse Jon a guidarlo. Non si prendevano spesso per mano, in realtà non lo facevano quasi per niente, ma di tanto in tanto a Damian quei contatti piacevano tanto quanto aveva scoperto che gli piacevano i baci di Jon. Ingoiò quindi il rospo della presenza dei fratelli e strinse la mano di Jon nella sua, rimediandoci uno sguardo curioso prima che il ragazzo sorridesse più luminoso che mai; al chiosco insistette persino per pagare lui, prendendo per sé quell’hot dog e qualcosa di vegetariano. E Damian apprezzò il fatto che avesse consumato il suo cibo il più discretamente possibile, sempre attento che lui non gli vedesse mordere la carne.
    «Hai lo stomaco abbastanza forte da resistere sulle montagne russe dopo mangiato, D?» chiese Jon con un ghignetto, al quale Damian dovette però rispondere con un sopracciglio inarcato.
    «Voglio ricordarti che io non ho uno stomaco d’acciaio. Ed era il motivo per cui non volevo mangiare, ma ormai avevi già pagato e sarebbe stato uno spreco», gli rese noto, vedendolo massaggiarsi il collo con una mano.
    «Va bene, d’accordo, catalogato. Pessima idea». Jon alzò le mani in segno di resa. «Che te ne pare del poligono, invece? Persino Jason si è distratto», accennò alla sua destra, dove Dick se ne stava poggiato ad un bancone di tiro a segno e teneva lo sguardo puntato su di loro per controllarli, mentre Jason aveva pagato un caricatore da quindici e stava facendo cadere una lattina dopo l’altra con una precisione tale da aver richiamato intorno a sé un manipolo di persone entusiaste.
    «-Tt- Todd non perde mai occasione di mettersi in mostra», rimbeccò Damian nello storcere il naso. «È peggio di un bambino».
    «Perché non proviamo anche noi?» domandò Jon di slancio, sistemandosi gli occhiali sul naso qualche secondo dopo. «Sembra divertente».
    «Mhn. Opinionabile». Incontrando lo sguardo azzurro di Jon, quegli stupidi occhioni da cucciolo di Golden Retriever di cui spesso si armava, Damian alla fine roteò gli occhi e si ficcò le mani in tasca. La stretta che li aveva visti uniti si era sciolta più di mezz’ora prima. «Ma… se vuoi… possiamo, ecco, sì, possiamo provare».
    Gli occhi di Jon si illuminarono e, ancora una volta, lo afferrò per la mano, facendo perdere un battito a Damian. Era assurdo come quei semplici gesti, per di più se venivano da uno come Jon, potessero rincuorare lui e fossero capaci di far fare a Jon quel sorriso, con quelle fossette ai lati e il viso asciutto ma ancora morbido per l’età.
    «Fa’ posto ad un vero professionista, Todd», esordì Damian con la sua solita grazia quando li raggiunsero, e Jon dovette mordersi l’interno della guancia per non ridere.
    «Credi di poter fare di meglio, demonietto? Fatti avanti».
    «Non credo. Lo so per certo».
    «Se cominciate a litigare vi riporto a casa, bambini», ironizzò bonariamente Dick nel fare un occhiolino a Jon, il quale ricambiò divertito prima di prendere posto a sua volta, scoprendo che stavolta era stato Damian a pagare per lui.
    In posizione, cominciarono a sparare tutti e tre ai bersagli e se Jon usò un pizzico dei suoi poteri per vedere il centro un po’ più vicino, beh, di certo non lo disse. Sicuramente si stavano divertendo e non era così male passare del tempo in compagnia dei fratelli di Damian, anche se avrebbero entrambi preferito mille volte di restare da soli per godersi appieno quell'appuntamento; fu quando stava per colpire l'ennesimo bersaglio, però, che Jon si fermò con la pistola a mezz'aria, le orecchie che sembravano vibrare come quelle di un felino che aveva captato qualcosa e gli occhi spalancati nel fissare i bersagli dritti davanti a lui.
    Damian, che aveva ormai imparato a conoscere gli stati d'animo del suo compagno di squadra, si fermò a sua volta, lanciandogli un'occhiata. «Tutto bene, J?» domandò a mezza voce, ma Jon sembrava troppo concentrato su qualcos'altro per prestargli attenzione, tanto che Damian si accigliò maggiormente e gli diede un colpo sul braccio senza nemmeno moderare la forza.
    Fu solo a quel punto che Jon si ridestò, sbattendo le palpebre per abbassare lo sguardo sull'amico. «Scusa, D... è che mi è sembrato... di sentire qualcosa», ammise, gettando un'occhiata dietro di sé come se stesse cercando di scrutare fra la folla e oltre le giostre e le bancarelle, ma nemmeno con la sua vista riusciva a vedere qualcosa. Per quanto avesse imparato a controllare i suoi poteri, c'era sempre qualche momento in cui aveva ancora bisogno di concentrarsi per poterli usare al meglio, e tutto il rumore e le chiacchiere lì intorno non lo aiutavano di certo.
    «Andiamo».
    Damian aveva a malapena aperto la bocca, ma Jon lo aveva sentito comunque e si voltò a guardarlo con tanto d'occhi, quasi non fosse certo di aver sentito bene. Ma aveva sentito eccome.
    «D, cosa...» riuscì a sussurrare, venendo afferrato presto da Damian che gli circondò il polso con una mano
    «Datti una mossa e basta, pannocchia. Ora che sono distratti», sibilò, trascinandolo via da lì nello stesso istante in cui Dick, che stava discutendo animatamente con Jason, si voltò verso di loro, sbuffando ilare nel far finta di niente prima di tornare a concentrarsi sui suoi bersagli sotto lo sguardo divertito di Json, il quale si era accorto a sua volta del modo in cui i marmocchi se l'erano filata. Damian e Jon non erano ragazzini sprovveduti e dopotutto quello era il loro appuntamento... che si divertissero pure. Bruce poteva mettersi l'anima in pace.
    Ciononostante, per quanto si fossero allontanati alla ricerca delle voci che Jon aveva sentito e si fossero letteralmente insinuati nella zona più lontana delle attrazioni, sembrava che si fossero ritrovati intorno ad un parco, e fu proprio accanto ad una panchina che Jon si fermò, abbandonando le braccia lungo i fianchi. Non riusciva a sentire più niente e non aveva idea di dove fossero, troppo scombussolare da tutti i suoni che gli arrivavano alle orecchie insieme alle grida eccitate dei bambini e quelle delle persone che si divertivano sulle montagne russe.
    «Mi sa che ci siamo persi, D... scusa», sussurrò a quel punto Jon, ma Damian gli assestò una pacca dietro la schiena prima di poggiargli una mano su una spalla, strizzandola un po'. Sapeva che a volte Jon aveva dei problemi a regolare i propri poteri, soprattutto quando c'erano situazioni particolari che lo spingevano al limite ma, qualunque cosa avesse sentito, era stata abbastanza da distrarlo così tanto da richiamare la sua attenzione
    «Concentrati», gli disse quindi Damian, cercando di rassicurarlo. «Elimina tutti gli altri suoni e concentrati solo su ciò che sentivi prima».
    Per quanto non sembrasse per niente sicuro della cosa, visto il modo in cui aveva incassato la testa nelle spalle, Jon annuì e abbassò le palpebre per cercare di concentrarsi come gli era stato detto e come aveva imparato nel corso di quei quattro anni, arricciando il naso per cercare di insonorizzare tutto il resto. Sentiva gli spari al poligono, il cigolio dei bersagli rotanti e della macchina dello zucchero filato, lo scoppiettio dei pop corn e le macchine scontro, e gli ci vollero minuti che parvero interminabili per riuscire a capire ciò che stava cercando, spalancando le palpebre per segure una scia immaginaria con lo sguardo e volgere la sua attenzione altrove.
    «Da quella parte», affermò infine nell'indicare davanti a sé. «Ci sono delle voci... due... due ragazzi, chiedono aiuto».
    «Allora diamoci una mossa, J».
    Entrambi si mossero nello stesso istante come se fossero stati un'unica entità, non potendo volare per non far saltare la loro copertura in abiti civili; ma corsero, corsero come non avevano probabilmente mai fatto quando si trovavano in quelle vesti, non potendo restare sordi ad una richiesta di aiuto anche se non indossavano le loro uniformi. E fu non molto lontano da dove si trovavano, proprio accanto ad una fontana chiusa per essere ristrutturata, che videro tre ragazzi sui sedici o diciassette anni raggruppati in cerchio intorno ad una massa informe prima che spuntasse qualcosa che parve essere un braccio e poi anche una gamba, e fu solo a quel punto che Jon e Damian si resero davvero conto di ciò che stava succedendo. Stavano pestando delle persone, e le voci che Jon aveva sentito appartenevano proprio a loro.
    «Ehi!» esclamarono all'unisono per richiamare l'attenzione quei tipi, vedendoli girarsi verso di loro con le sopracciglia sollevate e l'aria di chi sembrava altamente infastidito da quell'interruzione. Uno di loro sputò a terra, ravvivandosi all'indietro il ciuffo di capelli blu che aveva.
    «Che diavolo volete, mocciosi?» domandò, ma venne colpito al fianco dal gomito di un altro, che indicò proprio Damian.
    «Ehi, aspetta, quello non è il bastardello di Wayne?» chiese nel dar vita ad un sorriso e, nel dare un ultmo calcio ai due corpi riversi a terra, si ficcò le mani in tasca e si avvicinò a Jon e Damian, che si finsero due comuni ragazzi spaventati che non combattevano il crimine ogni sera. «Che ci fai qui tutto da solo, ragazzo ricco?»
    «E quello chi è, la sua guardia del corpo?» esclamò il terzo ragazzo, facendo scoppiare a ridere sguaiatamente gli altri due. Le loro vittime stavano cercando di riprendere fiato, e fu quando Jon e Damian videro che uno dei due ragazzi a terra stava cercando di allungare la mano per stringere quella dell'altro che capirono davvero cosa stava succedendo in quel momento: quegli stronzi se la stavano prendendo con una coppia gay, e Jon sentì la rabbia montargli dentro come una marea.
    «Lasciateli stare», disse ancor prima di notare che Damian aveva fatto un passo avanti, affiancandolo subito dopo. Ma i loro modi di fare e le sue parole parvero solo divertire i tre, perché stavolta si accalcarono intorno a loro, sovrastandoli con la loro mole come se fossero certi di poterli spaventare. Erano alti ma, nonostante la giovane età, anche Jon riusciva a raggiungere in parte il metro e settanta di uno dei tre.
    «Altrimenti, mocciosi? Oh, aspettate, fatemi indovinare». I tre si presero scherzosamente a gomitate, mentre i due ragazzi a terra erano riusciti almeno ad alzarsi un po' e stavano facendo cenno a Jon e Damian di andarsene. «Dovremo vedercela con voi?»
    «Hai indovinato, idiota», asserì Damian col calma glaciale, assottigliando persino le palpebre, ma il tipo coi capelli blu rise.
    «Il ragazzo ricco ha le palle», disse, pungolando l'amico al suo fianco.
    «Che vi importa di quei froci?»
    Jon strinse un pugno lungo un fianco, cercando di controllare la sua rabbia e soprattutto i suoi poteri. Quei tre avevano davvero bullizzato quei due ragazzi soltanto perché erano gay? Adesso sì che aveva voglia di prenderli a pugno, anche se suo padre gli aveva sempre ripetuto che non tutte le situazioni, se si poteva evitare, dovevano essere per forza risolte con la violenza.
    «Girate al largo, mocciosi. Non abbiamo tempo da perdere con voi».
    «Andate via», affermò Jon a quel punto, e il terzo, quello con il piercing sul labbro, sollevò un sopracciglio.
    «Stai scherzando, piccolo idiota?»
    «Andate via», ripeté con più calma, ma non stava guardando loro. Stava guardando i due ragazzi che erano riusciti, nonostante le contusioni, a rimettersi del tutto in piedi, sorreggendosi l'uno contro l'altro per cercare di non cadere; guardarono Jon con un'espressione scioccata, volgendo la loro attenzione anche a Damian che, impassibile, ricambiava lo sguardo del tizio coi capelli blu nonostante fosse alto quasi quindici centimetri più di lui.
    «Non... non intromettetevi...» riuscì a biascicare uno dei due, nonostante il labbro gonfio. I capelli, di un biondo piuttosto chiaro, erano sporchi di terra e tutti aggrovigliati, e alcune ciocche gli cadevano disordinatamente sulla fronte, nascondendo un occhio pesto. Il ragazzo al suo fianco non era messo meglio, visto che i capelli castani, prima raccolti in un piccolo codino, erano adesso una massa informe sulla sua testa.
    Jon, però, ricambiò il loro sguardo e inclinò un po' il capo contro una spalla. «Andrà tutto bene», provò a sorridere con fare rassicurante ma, prima ancora che Jon potesse fare qualcosa, vide con la coda dell'occhio il tipo col piercing cercare di colpire Damian, che lo afferrò per il braccio e gli assestò un colpo deciso al setto nasale prima ancora che potesse rendersene conto; increduli, gli altri due si gettarono letteralmente su di loro per colpirli, ma fu Damian ad occuparsi di tutto, anche se il tipo coi capelli blu aveva tentato di tirare inutilmente un pugno a Jon.
    Ci vollero meno di quindici secondi per concludere quello scontro, se così si sarebbe potuto chiamare: quei tre andarono giù come sacchi di patate, accasciandosi davanti ai piedi di Jon e Damian sotto lo sguardo stralunato dei due ragazzi che avevano salvato; si avvicinarono per aiutarli a tirarsi su e il più basso dei due li abbracciò di slancio, lasciando scombussolato soprattutto Damian che non era abituato a slanci del genere da parte di sconosciuti.
    Sotto esplicita richiesta di Jon, li accompagnarono all'unità mobile di pronto soccorso per far sì che prestassero loro delle cure, allertando la sicurezza della presenza dei tre ragazzi svenuti non molto lontano da lì; furono proprio i due ragazzi vittime dell'aggressione a spiegare la situazione ma, prima che potessero anche solo dire qualcosa su di loro, Jon e Damian se l'erano già filata. Avevano fatto ciò che dovevano, non avevano bisogno di riflettori per aver compiuto un gesto che, in altre condizioni, avrebbe compiuto qualunque persona di buon senso: avevano visto un'ingiustizia ed erano intervenuti. 
    «Non pensavo che le persone potessero essere così», se ne uscì d'un tratto Jon, col capo chino e le mani in tasta. Stavano tornando sui loro passi per dirigersi nuovamente alle giostre, ma la situazione che avevano affrontato l'aveva fatto riflettere e aveva cominciato a chiedersi cosa sarebbe successo se fossero... se fossero stati lui e Damian a trovarsi davanti ad uno scenario del genere.
    «Crudeli?» offrì Damian per lui, osservandolo di sottecchi solo per vederlo annuire.
    «Quei due ragazzi che quei tre hanno picchiato... non stavano facendo niente di male. Erano qui per divertirsi, proprio come noi». Jon sospirò pesantemente. «Il solo pensiero che lo abbiano fatto solo perché quei due sono gay...»
    «...fa schifo», concluse Damian per lui, e Jon annuì ancora una volta, dando un calcio ad una pietra che trovò sulla sua strada; regolò la forza per evitare che volasse troppo lontano, ma ne usò comunque abbastanza per far sì che rimbalzasse per almeno una trentina di metri.
    «Avrebbero potuto prendere di mira anche noi».
    «Ma non l'hanno fatto».
    «Solo perché sappiamo cavarcela».
    Tacquero entrambi per minuti interminabili, poiché quella situazione aveva calato un velo sul buon umore che li aveva investiti fino a quel momento. Era vero, sapevano cavarsela e nessun idiota omofobo avrebbe potuto metter loro le mani addosso, ma faceva schifo pensare che nel mondo, ogni giorno, poteva esserci qualcuno che aveva bisogno di quel tipo di aiuto e che forse non poteva nemmeno riceverlo. E tutto solo perché amava qualcuno del suo stesso sesso.
    «Jonathan». La voce di Damian lo riscosse dai suoi pensieri, e Jon dovette sbattere le palpebre più e più volte per mettere a fuoco la sua figura. «Non credere che non capisca come ti senti in questo momento». Prima che Jon potesse aprire bocca, Damian continuò. «Ma hai sentito le voci di quei ragazzi prima che la situazione degenerasse, sei stato loro utile quando ne avevano più bisogno. E se abbiamo dato una lezione a quegli stronzi omofobi è tutto merito tuo».
    Non era bravo a rassicurare le persone o addirittura a cercare di consolarle, ma ci aveva provato. Jon era sempre stato un ragazzo di buon cuore, e una situazione del genere doveva averlo scombussolato davvero moltissimo se Damian, per la prima volta, lo vedeva così mogio. L'aveva visto arrabbiato, nervoso, preoccupato, felice, elettrizzato... ma mai in quelle condizioni, e fu automaticamente che Damian lo abbracciò, lasciando Jon con tanto d'occhi. Di solito era lui ad abbracciarlo, però ricambiò quella stretta avvolgendogli le braccia intorno ai fianchi, curvando la schiena per poter affondare il viso nell'incavo della sua spalla.
    Ne aveva bisogno. Ne aveva decisamente bisogno. Damian non era mai stato um tipo molto fisico, e lui aveva bisogno di un conforto del genere, di sentire il calore del corpo di Damian e di sentire il battito del suo cuore costantemente nelle orecchie, il suo respiro che gli solleticava un po' il collo e le mani che gli carezzavano la schiena, restando immobili per attimi che parvero interminabili... almeno finché non sentì Damian afferrargli una mano, e Jon sgranò gli occhi nell'abbassare lo sguardo verso di essa.
    «D?» lo chiamò nel sollevare nuovamente il capo per fissarlo, e fu assolutamente sicuro di aver visto un lieve rossore imporporare le guance di Damian.
    «...è il nostro appuntamento, no?» rimbeccò col suo solito fare un po' schietto, anche se aveva intrecciato le loro dita. «Quindi ti andrebbe di... mhn... salire sulla ruota panoramica?» Nel vedere Jon sbattere le palpebre, Damian guardò altrove, forse vagamente imbarazzato. «Sembra una domanda stupida, ma suonava più intelligente nella mia testa», borbottò tra sé e sé, e avrebbe anche aggiunto altro se solo non avesse sentito Jon stringergli la mano e strattonarlo, allargando le palpebre. «J?»
    «Che stai aspettando?» lo interruppe immediatamente Jon con il cuore vagamente più leggero, trascinandoselo dietro senza dar peso alle repliche dell'altro.
    Jon nascose un sorriso. Damian cercava sempre di fare il duro, di non dare a vedere che cosa provava e come certe cose lo facessero sentire, ma bastavano gesti del genere per far capire a Jon quanto tenesse a quella relazione e quanto fossero profondi i suoi sentimenti, o non si sarebbe mai avvicinato in quel modo. La situazione che avevano vissuto li aveva scossi entrambi, ma avevano reagito e avevano aiutato quei ragazzi.
    Quando furono in cima alla ruota panoramica, fermi ad osservare i fuochi d'artificio del quattro luglio, Jon avvolse un braccio intorno alle spalle di Damian e lo strinse a sé, godendosi il modo in cui Damian aveva poggiato la testa contro la sua spalla, rilassato. Nonostante ciò a cui avevano assistito quella sera... era stato l'appuntamento migliore di sempre.



«Dovremmo dirglielo che sappiamo che se la sono filata?»
«Oh, lascia che si godano il loro appuntamento, Little Wing»
«Come ti pare. Il piccoletto mi deve comunque un hot dog»





_Note inconcludenti dell'autrice
Avevo questa shot da postare da tipo una vita, ma... alla fine eccola qua dopo, boh, due mesi che l'ho scritta? Va beh, si sa che io sono lenta da morire e niente, arriverà tutto poco a poco vista tutta la roba che ho scritto (ormai sono una macchinetta, aiuto, salvatemi)
Comunque sia, cosa dire di questa fic? Parte allegramente, con un appuntamento un po' imbarazzante perché, ehi, ci sono i fratelli, ma poi ecco che Jon capta qualcosa e vanno ad aiutare dei poveri ragazzi presi di mira dai bulli... e perché? Perché sono gay! Un po' di light angst che ci stava, ma che ritorna poco a poco alla normalità con Damian che, a modo suo, cerca di consolare Jon. E poi abbiamo Dick e Jason che li osservano al di sotto della ruota panoramica perché sì aha fratelli impiccioni
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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