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Autore: moganoix    25/02/2022    1 recensioni
Felix, Changbin, Chan:
Un minuto semidio, un alchimista perso nelle nuvole, un soldato senza macchia e senza paura (forse).
A causa di un'arcana profezia, al secondo tocca uccidere il primo sotto la supervisione del terzo, ma non tutto andrà per il verso giusto...
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["Affinché nostra Madre Terra fiorisca
Felicità, ogni cent'anni, appassisca."]
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!!Chanlix/Changlix!!
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
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“Come stai?”
“Se dico ‘Oh mio dio’ davanti a te risulto troppo blasfemo?”
Felix, accoccolato al petto di Changbin, nascosto fin poco più su dell’ombelico dal fine lenzuolo del letto di quest’ultimo, si coprì il viso per nascondere una dolce risata: “Prima lo hai già fatto un paio di volte senza accorgertene, una terza non mi sconvolgerà.”
Fu il turno del moro di aprirsi in un ilare sorriso: “E tu come stai?”
“Decisamente ‘Oh mio dio’, Changbin” lo prese in giro l’altro, che non riuscì a non farsi cogliere dall’imbarazzo.
Felix rincarò allora, sfregando il viso contro il suo petto e lasciando su di esso una breve scia di baci: “L’avevi mai fatto prima?”
Il più basso sospirò e lasciò scivolare languidamente una mano dalla sua schiena fin sul suo capo per pettinargli il ciuffo, più in disordine del solito: “No, tu?”
“Beh…” indugiò, già più timido, il piccolo dio “Ho fatto tante cose in cento anni.”
“Ad esempio?” Changbin guardava il compagno con occhi estatici, non avevano mai discusso del passato di Felix e, d’un tratto, pareva essere invece tutto ciò che aveva bisogno ed intenzione di conoscere.
La risposta dell’altro, comunque, lo stupì. Si aspettava uno dei suoi tipici – adorabili – interminabili e sconclusionati monologhi, invece, dopo un momento di timore, il biondo ammise: “Ad esempio tante volte mi è capitato di avere paura.”
Forse non era la piega che Changbin avrebbe voluto che quel discorso prendesse, per una volta si sarebbe tranquillamente accontentato di qualche frivola chiacchiera – oh mio dio! –, ma Felix gli aveva rivelato quanto in verità gli costasse aprirsi davvero con gli altri su che cosa significasse l’eterna giovinezza e non aveva intenzione di frenarlo in quel momento. Lo avvolse più stretto con le proprie braccia, si girò meglio con il viso verso di lui e lo incalzò: “Davvero hai avuto paura?”
“Sì, Changbin…” Felix si strinse meglio al suo petto, con affetto quasi morboso “Avevo paura di morire, il mio lato umano mi impediva di non essere terrorizzato, ma non aspettavo che accadesse perché per una volta sarei stato io a salutare per primo le persone a cui voglio bene. Quando ho scoperto che ad accompagnarmi al Cratere sarebbero stati due ragazzi più o meno della mia età scoppiavo di gioia perché sapevo che ci avrei fatto amicizia. Alla fine con Chan ho rovinato tutto, e con te… Beh, adesso che siamo insieme vorrei solo averti conosciuto prima, vorrei rubare altro tempo.”
“Non contare i giorni, Felix,” il moro non era abituato a quel tipo di conversazione, di solito non sapeva come cavarsene fuori e finiva sempre per impelagarsi in una vergognosa banalità, ma quella volta le parole sgorgarono fuori da sole “Conta tutto ciò che di bello possiamo ancora fare insieme nel tempo che ci resta. È sempre così, quando non vuoi che qualcosa accada il tempo scorre sempre troppo velocemente, ma quando invece non vedi l’ora che questo qualcosa succeda i minuti sembrano non passare mai.”
Changbin si interruppe un secondo per sporgersi verso il suo capo e baciargli la fronte aggrottata, sciogliendo i brutti nodi della classica espressione che Felix assumeva quando era in procinto di piangere: “So che ad Est coltivano spesso campi di girasoli, pensa a quando li attraverseremo per esempio.”
“Lo so che anche tu sei preoccupato tanto, Changbin.” mugolò il biondo con voce affranta “Queste cose le avverto.”
Changbin non si scoraggiò e fece in modo che l’altro ragazzo lo guardasse allora dritto negli occhi: “Hai sempre pensato che la tua morte sarebbe stata il tuo grande momento di gloria, vero? Avresti trionfato come potente e generosa Fonte della Felicità e, allo stesso tempo, non avresti dovuto versare lacrime per coloro a cui hai voluto bene perché sarebbero stati questi ultimi a piangere per te. Avrebbero scritto la tua storia in versi e in prosa, e io l’avrei studiata e all’ultimo compito di Storia prima dell’esame finale mi sarei probabilmente dimenticato la tua data di nascita o il nome di tuo cugino. Quello che voglio dire, Felix, è che non devi lasciare che uno come me rovini l’attimo su cui mediti da tutta la vita.”
“E se avessi fantasticato così tanto sulla mia morte perché non pensavo che, dopo centoventi lunghi anni, sarei ancora riuscito a sentirmi vivo?”
Felix si tirò su con le braccia e si voltò verso di lui, appoggiandosi al materasso con i gomiti: “Perché adesso mi sento così dannatamente vivo, Changbin, così… vivo…”
Non lasciò che il novizio replicasse, si chinò su di lui per baciarne le labbra ancora gonfie e, prima che si addormentassero entrambi, stremati, gli confessò che ormai non poteva che considerarlo la sua linfa vitale.
 
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Si destarono pochi minuti prima che Chan facesse irruzione in camera per svegliarli, il tempo necessario affinché potessero rivestirsi con calma per fare sì che il maggiore non sospettasse di ciò che avevano condiviso quella notte. Non avevano parlato del soldato, Felix era ancora parecchio a disagio riguardo l’argomento, ma al novizio bastava sapere che il piccolo dio lo aveva respinto per poter stare con lui. Per una volta qualcuno preferiva la sua restia compagnia rispetto alla devozione di altri e non vi avrebbe rinunciato facilmente. Se solo il piccolo dio non fosse stato tanto rigido di fronte alla gelida indifferenza con la quale Chan li aveva accolti quella mattina si sarebbe fatto avanti e avrebbe confessato l’ardito segreto. Era quasi sul punto di afferrare la mano di Felix per tentare di infondergli un po’ di coraggio, ma il biondo lo guardò con occhi intimoriti, domandandogli, non senza imbarazzo, di aspettare che Chan non potesse vederli. Changbin acconsentì silenziosamente e gli sorrise, e alla guardia non sfuggì affatto la chimica dei loro sguardi. Non li aveva interrotti quella notte, non aveva voluto vedere tutto ciò che era successo e preferiva non soffermarsi troppo con il pensiero su quel poco a cui invece aveva assistito, ma non poteva negare di aver trascorso una notte da incubo. Odiava il fatto di essere tanto sensibile di fronte a certi avvenimenti, odiava risultare così suscettibile quando desiderava solamente fare finta di nulla e odiava, ancora, non poter esplodere di rabbia per via della buona riuscita della missione. Non si sentiva in grado di vederli insieme, non voleva accettarlo dopo le parole che Felix, disgustato dall’affetto che gli aveva offerto, gli aveva sputato in faccia, ma non poteva disertare per una questione che i suoi superiori avrebbero semplicemente etichettato come ‘frivola ed insignificante’. Gli toccava rifarsi al tremendo stereotipo del buon soldato che segue gli ordini senza porre domande. Per sua fortuna, e per sfortuna dei due intimi compagni di viaggio, rimanere zitto e, allo stesso tempo, mettere in soggezione chi lo urtava erano due buone qualità che sapeva ben sfruttare a suo vantaggio. Quando si rimisero in cammino scelse, per la prima volta, di aprire la marcia e di stare in avanguardia con il proprio stallone, lasciando Changbin, assicurato con un laccio morbido al guscio di Miss Binnie, accodato in fondo, in modo che Felix, che non era un gran cavallerizzo, dovesse per forza voltarsi verso di lui (cosa che non era in grado di fare per troppo tempo senza perdere il controllo sul suo animale e rischiare di ruzzolare a terra) per chiacchierare con lui. La guardia dettava un passo veloce, avevano accumulato fin troppi giorni di ritardo per un viaggio tanto breve, lui e Changbin a quell’ora sarebbero già dovuti essere quasi di ritorno alla Capitale.
Erano i primi di settembre ed un certo frescolino, inoltre, preannunciava un’intensa stagione delle piogge che Chan si augurava giungesse il più tardi possibile. Anche in questo caso la fortuna non fu dalla sua parte, attorno al quarto dì del mese una sottile pioggerellina cominciò a far loro compagnia sia di giorno che di notte, per poi tramutarsi in pesante diluvio a partire dalla sera del quinto. Furono costretti a fermarsi in un altro villaggio per una notte in attesa di acquistare dei mantelli più pesanti per Changbin e Felix, che, prevedendo un viaggio di andata di sole due settimane, non avevano portato con loro altro che leggeri abiti adatti al periodo estivo. Quelle due settimane divennero l’ammontare delle giornate di ritardo, ma, nonostante ciò, vi era altro che preoccupava ormai Chan molto di più. Nonostante le fasciature e le cure di Felix, il freddo e la forte umidità avevano fatto sì che le ferite di Changbin si infettassero nuovamente e non ci volle molto prima che il novizio, scoraggiato, ma incapace di mentire a causa del pungente dolore, iniziasse a lamentare nuovi sintomi di febbre. Non avevano il tempo di fermarsi un giorno in più per permettergli di riprendersi, così Chan non poté che legarlo più stretto in groppa alla sua Tarantola e sperare che il tepore del cuore di quest’ultima e del mantello di ruvido e scadente tessuto che si erano procurati gli permettesse di contenere i danni dell’infezione.
Avrebbe voluto scappare via; quando, ogni sera ed ogni giorno all’ora di pranzo, Felix si preoccupava, con infinita premura, di slegare Changbin per farlo scendere a terra e permettergli di mangiare insieme a loro sentiva montare un viscido senso di nausea che non lo abbandonava finché non si rimettevano in marcia. Sapeva che era invidia, non faceva fatica ad ammetterlo a se stesso dopo aver notato quanto, trascorsi i primi due giorni e mezzo, gli altri due cominciarono ad essere schifosamente ovvi. Non discorrevano più come prima, trascorrevano la maggior parte del tempo in silenzio, ma avevano trovato un modo ben più efficace di comunicare. La tensione affettiva che aleggiava tra gli sguardi che l’uno rivolgeva all’altro gravava palpabilmente anche sulle spalle del soldato, non esserne quantomeno vagamente geloso sarebbe significato possedere il dono di una felice apatia. Ma quella era solo la punta dell’iceberg, vi era molto che Chan invidiava a Changbin oltre alla stabile connessione che ormai lo legava al piccolo dio, come il fatto che avessero lo stesso modo di pensare e, di conseguenza, sapesse sempre che cosa dire per sollevare il morale ad un Felix che, volubile a causa dei continui temporali, talvolta assumeva un atteggiamento malinconico. Spesso, durante le pause, li scorgeva allontanarsi per qualche minuto – Felix sorreggeva Changbin come poteva – per intrecciare le loro mani e, ogni tanto, anche le loro labbra di nascosto, come se volessero farlo sembrare un innocuo incidente. Stavano inoltre svegli fino a tardi la notte, unico momento in cui si sentivano davvero autorizzati a chiudersi in loro stessi per godere della fresca confidenza che ormai li univa. Changbin stava troppo male per poter esplorare ancora violente sensazioni come l’ultima serata trascorsa in ospedale – non che a Chan dispiacesse dopotutto – ma Felix aveva subito provveduto a ricercare una maniera efficace per occupare il poco tempo che rimaneva loro, e al soldato, forse, dava ancora più fastidio di qualche insulsa effusione scambiata in segreto con adolescenziale impaccio. Il piccolo dio si era messo in testa di voler insegnare a Changbin a parlare con le lucciole. Ne aveva solo sussurrato il motivo, ma la guardia era riuscita comunque a comprendere a grandi linee il significato del particolare dono che il novizio stava per ricevere: “Voglio che tu conservi qualcosa di mio dopo che sarò morto.”
Ogni sera, per qualche decina di minuti, si chiudevano sotto un unico mantello e, protetti dalla pioggia scrosciante grazie alla fitta fronda di qualche albero di fortuna, giocavano insieme a spettegolare con una manciata di insetti luminescenti mentre Chan, troppo orgoglioso per domandare di potersi unire a loro, si permetteva solamente di invidiarli ad alcuni metri di distanza finché il moro, esausto, tante volte febbricitante, non crollava stremato. Si avvicinava allora ai due con la freddezza di una delle macchine di Hyunjin e, gracchiando controvoglia un roco ‘Buona notte’, prendeva Changbin in braccio e lo faceva sdraiare accanto a Miss Binnie in modo che stesse al caldo. La Tarantola lo metteva a disagio, l’addome, nel punto più alto, arrivava a sovrastarlo di parecchi centimetri, per non parlare poi dell’astruso ed incredibilmente umano modo che possedeva di leggere i sentimenti delle persone che la circondavano. Il moro non mentiva quando affermava che era un animale intelligente, di sicuro più intelligente del padrone visto che, almeno lei, con gli otto lucidi occhi che le adornavano il muso, pareva in fondo comprenderlo e compatirlo almeno un po’. Chan prese allora la strana abitudine di lasciarle una carezza sul capo appena prima di mettersi a dormire, gli sembrava di sfogare la rabbia almeno un po’ con quel gesto, e anche il ragno pareva apprezzare parecchio dato che negli ultimi giorni Changbin aveva qualcun altro su cui fantasticare o proiettare tutta la sua attenzione. Notando un giorno il suo comportamento, il novizio aveva sorriso e aveva innocentemente sospirato: “Finalmente andate d’accordo…”
Oh mio dio!’ avrebbe voluto urlargli il biondo in risposta ‘Non riesco nemmeno ad essere arrabbiato con te se ti congratuli anche per aver fatto amicizia con la tua stupida Tarantola!’
Chan sapeva che Felix considerava Changbin l’emblema della curiosità, la verità era che, secondo il suo modesto parere, il novizio non si contraddistingueva che per la sua evidente e sconsiderata ingenuità. Era convinto di non fargli del male tenendolo all’oscuro della relazione con il piccolo dio, spesso si sforzava di venirgli incontro e di renderlo partecipe di un qualsiasi discorso per fingere che fosse tornato tutto alla normalità, ma il maggiore era troppo occupato a scovare la maniera per imparare ad avercela con lui e finiva sempre per ricorrere ad un tattico silenzio. Mano a mano che proseguivano con il viaggio si accorgeva sempre di più di quanto lo sguardo di Changbin assomigliasse al proprio quando si rivolgeva all’amato, comprese quindi che ciò che più lo turbava della sua assurda posizione non era il fatto di essere stato respinto, ma il modo in cui Felix lo aveva fatto. Le parole di Felix lo avevano tormentato per notti intere dopo che aveva provato a baciarlo, tutt’ora si dilettavano a rosicchiargli il cuore. Changbin era uguale a lui, inconsapevole marionetta nell’effimero gioco del dio morente.
 
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Dopo una settimana di viaggio, attorno al nono giorno di settembre, il novizio deluse però le sue aspettative e gli diede finalmente un valido motivo per essere furioso con lui. Chan volle credere che stesse delirando per la febbre, ma non appena appurò che, invece, per una volta il malanno gli stava dando tregua quasi non gli saltò al collo per strangolarlo. Forte dell’arrogante spavalderia di cui lui stesso aveva accusato il soldato tre settimane prima, quando era giunto alla Casa per proporgli la missione, Changbin, stringendo con occhi infuocati la mano di Felix, si era fatto avanti barcollando pericolosamente e aveva stabilito: “Salveremo Felix, Chan. Non lo lasceremo morire così.”
La guardia, allora, non riuscì più a trattenersi: “Oh mio dio, Changbin!”
   
 
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