Serie TV > Altro - Fiction italiane
Segui la storia  |       
Autore: FluffyHobbit    25/02/2022    1 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]Sequel di "Tu non innamorarti di un uomo che non sono io"
Dal testo:
"Non vedo l'ora che arrivi stasera, 'o sai?"
[...]
"Ma se siamo svegli da tipo cinque minuti…"
[...]
"Sì, ma oggi è una giornata speciale e stasera lo sarà ancora di più."
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Simone aveva dato il meglio di sé in quella giornata di allenamento intensivo e aveva ricevuto perfino i complimenti del suo coach, un tipo che solitamente era restio a farne: gli aveva detto che se avesse giocato così anche quel sabato, nell’ultima partita della stagione, sarebbe stato fondamentale per portare la squadra alla vittoria.

Eppure non era per vincere la finale che Simone si era dato tanto da fare, ma perché immaginava di dedicare a Manuel ogni punto che avrebbe segnato, come del resto aveva iniziato a fare da quando stavano insieme. Il suo ragazzo non ne capiva molto di rugby, anche se aveva provato a spiegargli le basi, ma si illuminava ed esultava più di tutti quando lui segnava e Simone avrebbe fatto di tutto per vederlo sempre così felice. Non importava quanto fossero distanti durante le partite, i loro occhi non fallivano mai di incontrarsi in quei piccoli istanti.

"Oh, certo che te lo sei magnato er campo, oggi! Ricordati di lasciarne un po' pure a noi!"

Commentò scherzosamente Marco, uno dei suoi compagni di squadra, mentre si ritiravano negli spogliatoi. Era un ragazzo simpatico, con cui era piacevole scambiare quattro chiacchiere. Simone ridacchiò in risposta, ma non ebbe modo di replicare perché subito l'altro ragazzo riprese la parola.

"Vojo di', pure noi abbiamo delle fidanzate a cui dedicare le mete, ci fai fare brutta figura!"

Simone sgranò gli occhi, sorpreso. Non aveva detto a nessuno di Manuel e non perché ci trovasse qualcosa di male o si vergognasse, ma perché non era poi così in confidenza con i suoi compagni di rugby e, in generale, non era il tipo che andava a raccontare in giro delle sue relazioni.

"E tu come lo sai che sono fidanzato, scusa?"

Domandò incuriosito, accennando un mezzo sorriso. Si sentiva abbastanza tranquillo, Marco non gli aveva mai dato l'impressione di avere la mente chiusa, ma nel caso avrebbe difeso il proprio amore a spada tratta.

"Eh, come lo so! Scusa se te infrango l'aura da ragazzo del mistero…"

Cominciò a rispondere l'altro, gesticolando un po' come se stesse tracciando il contorno di quell'aura.
"...ma non ci vuole la sfera magica per vedere che ti volti sempre verso lo stesso ragazzo quando fai un punto, anche perché per quanto si agita è difficile non notarlo."

Simone rise, pensando a quanto entrambi si ritenessero riservati e discreti sotto quel punto di vista e invece a quanto pareva il loro amore era sotto gli occhi di un po' tutti. Beh, in fondo l'amore non è una cosa che si può nascondere, pensò.

"Sì, lui...si chiama Manuel e sì, è il mio fidanzato."

I suoi occhi brillavano d'orgoglio, era bello dire quella cosa ad alta voce. Le parole 'Manuel', 'mio' e 'fidanzato' stavano particolarmente bene insieme, nella bocca di Simone avevano il sapore del miele. Marco diede una leggera spinta al suo compagno di squadra, scherzoso.

"Mazza, oh, sei proprio cotto! Dai, te lascio l'ultima doccia libera così puoi correre da lui…"

"Oh no, non ti preoccupare, preferisco lavarmi a casa, devo solo prendere la mia roba. Grazie lo stesso!"

I due ragazzi si salutarono, Simone raccolse il suo borsone e uscì dallo spogliatoio, sporco e sudato com'era, stanco e felicissimo al tempo stesso. Mentre percorreva la strada che lo separava dal parcheggio sul retro del campo si mise a fantasticare sulla sorpresa che lo attendeva a casa -su Manuel che lo attendeva a casa-, ma poi i suoi pensieri furono interrotti da un altro tipo di sorpresa, ben più spiacevole: la Vespa aveva una ruota a terra.

"No, cazzo!"

Imprecò tra i denti e sbuffò. Non si spiegava come fosse successo, dato che l'aveva guidata quella mattina e non aveva notato niente di strano. Se si fosse soffermato ad esaminare meglio la ruota si sarebbe accorto che presentava un taglio netto, troppo preciso per essere accidentale, ma in quel momento voleva solo tornare a casa, quindi prese il cellulare per farsi venire a prendere. Non fece in tempo a telefonare a Manuel o a suo padre, all'improvviso avvertì un forte dolore alla testa e tutto divenne buio.

Quando riaprì gli occhi fece fatica a rendersi conto di averlo fatto, perché il buio del posto in cui si trovava non era tanto diverso da quello dietro le sue palpebre. La testa gli faceva un male cane e istintivamente provò a toccarsela con una mano, ma quando fece per sollevare un braccio si rese conto di non poterlo muovere e così anche l'altro. Mosse un po' le mani, che si trovavano dietro la sua schiena, e il rumore metallico che udì gli fece capire di essere ammanettato ad un tubo o qualcosa del genere. Come era finito in quella situazione? L'ultima cosa che ricordava era la Vespa con una ruota a terra e...possibile che quello fosse uno scherzo di Manuel, che facesse parte della sorpresa? Il pensiero gli attraversò la testa per un istante, ma il dolore pulsante che avvertiva gli fece scartare l'idea, Manuel non gli avrebbe mai fatto del male, tanto meno per fargli uno scherzo.

Deglutì, spaventato, realizzando di essere stato rapito da qualcuno, per qualche motivo. Spinto dalla pura e semplice paura, provò a dare degli strattoni alle manette per liberarsi, ma ci guadagnò soltanto delle fitte improvvise in punti sparsi del corpo che gli mozzarono il fiato. Rimase immobile per almeno un paio di minuti, in attesa che le fitte passassero, ma più il tempo passava e più il dolore sembrava aumentare e diffondersi ovunque. Perfino respirare gli faceva male e quando si umettò le labbra con la lingua sentì sulla propria pelle il sapore ferroso del sangue.

Non erano dolori che potevano dipendere dagli allenamenti di rugby, la stessa persona che l'aveva portato lì -ovunque lì fosse- doveva averlo anche pestato per bene e Simone non ebbe dubbi su chi potesse essere stato a conciarlo così: conosceva quella sequenza di colpi, apparentemente casuale, ma abbastanza precisa da non danneggiare gli organi interni, perché non erano colpi destinati ad ucciderti, solo a farti desiderare di essere morto: era la stessa che aveva visto e medicato sul corpo di Manuel mesi prima.

Se era stato Zucca a picchiarlo e a rapirlo, e ne era certo, allora in quel momento si trovava nelle mani di Sbarra e la paura che era riuscito a tenere più o meno sotto controllo fino a quel momento si trasformò in terrore. Pensò subito a Manuel, perché in fondo era plausibile che Sbarra avesse rapito anche lui, e il suo cuore già agitato saltò un battito.

"Manuel? Manuel? Sei qui?"

Sussurrò, ricevendo soltanto il silenzio della stanza in risposta. Ciò non lo fece sentire più tranquillo, però, perché del resto Sbarra, che era infame e Simone lo sapeva bene, avrebbe potuto benissimo tenerli separati. L'idea di non sapere come stesse il suo ragazzo gli faceva più male dei lividi e delle contusioni e più paura dell'incertezza sul suo immediato futuro. E dire che fino a poco -o tanto, non sapeva da quanto tempo si trovasse lì- prima quel senso di incertezza aveva un sapore del tutto diverso. Gli veniva da piangere, ma il rumore di una porta che si apriva lo costrinse a trattenere le lacrime. Un istante dopo, si ritrovò a strizzare gli occhi, accecato da una luce improvvisa.

"Oh, ma guarda, il pischello si è svegliato! Buongiorno principino! Hai riposato bene?"

Sentì esclamare da una voce fredda e melliflua, che gli fece venire i brividi. Strizzò le palpebre più volte e quando finalmente riuscì a mettere a fuoco ciò che vedeva, si ritrovò davanti Zucca, che conosceva già, e un uomo più anziano, quello che aveva parlato, e che senza dubbio era Sbarra. Si mise a sedere un po' più dritto, per quanto possibile, e rivolse ai due uomini un'occhiataccia che sperava nascondesse le lacrime che premevano per uscire.

"Che cazzo vuoi, Sbarra?"

Chiese con una sicurezza che in realtà non aveva e il vecchio ridacchiò. Simone pensò che probabilmente doveva trovarlo ridicolo.

"Ah, non c'è bisogno delle presentazioni, allora, a saperlo nun te venivo proprio a trova'. Però vedi, questa cosa nun va bene, perché se sai come me chiamo vuol dire che l'amichetto tuo ti ha parlato di me e io gli avevo detto de starse zitto. Manco questo ha saputo fa'..."

Simone, preoccupato di aver messo Manuel nei casini, si affrettò a scuotere il capo e nel farlo gli si annebbiò la vista per un attimo.

"No, no, Manuel non mi ha detto niente! T'ho visto sui giornali…"

Sbarra rise di gusto e così anche Zucca. Quest'ultimo, ad un cenno dell'altro, si avvicinò a Simone e gli diede uno schiaffo in piena guancia.

"Senti ragazzi’, mettiamo subito le cose in chiaro: 'ste fregnacce non me le devi di', altrimenti dico a Zucca de menarti de nuovo, ce semo capiti? Che secondo me non vede l'ora di farlo, ancora è incazzato per il pugno che gli hai dato…"

Simone non ci aveva fatto caso, né si ricordava di essersi difeso nel parcheggio, ma adesso che lo guardava bene, notò che effettivamente Zucca aveva un occhio nero. In un altro momento ne sarebbe stato compiaciuto. Annuì in risposta alla domanda di Sbarra, poi sputò a terra il grumo di sangue che si sentiva in bocca dopo lo schiaffo. Doveva stare più attento a ciò che diceva.

"Oh, bene, forse sei più intelligente di quell'altro là. In confidenza, comunque, è già nei guai fino al collo, che t'abbia detto di me conta poco."

"In che senso? Che ha fatto?"

Domandò, gli occhi sgranati pieni d’angoscia. Sbarra non era il tipo a cui si potevano fare torti, che cazzo aveva combinato Manuel?

"Cosa non ha fatto, ti dovrei dire. Gli avevo affidato un compitino, niente che non avesse già fatto, ma nun s'é fatto più vede’ ed è qui che sei entrato in gioco tu. Capirai, non c'ho niente contro de te, però non potevo lascia’ correre, no? Te sta già cercando, ha provato a chiamarti non so quante volte...ah, a proposito, questo è meglio se lo spegniamo."

Sbarra prese un cellulare dalla tasca, che Simone riconobbe come il proprio, e gli mostrò lo schermo acceso prima di fare quanto aveva detto. Il ragazzo si sentì le guance andare a fuoco quando vide la foto di lui e Manuel che si baciavano, una delle tante nella sua galleria, era l'ultima cosa che Sbarra avrebbe dovuto scoprire. Per la seconda volta nella stessa giornata si rese conto di quanto fosse difficile nascondere l'amore.

"Siete proprio 'na bella coppia, complimenti. Pensavo d'aver rapito un amico, ma un fidanzato è pure meglio! Dopo lo richiamo io, vuoi che je dica qualcosa da parte tua? Che je vuoi tanto bene, magari?"

Nel tono dell'uomo non c'era una briciola di gentilezza, soltanto scherno che fece ribollire il sangue nelle vene di Simone. Ogni sua parola era un insulto al loro amore, ma lui non poteva permettersi di perdere la calma. Non avrebbe fatto bene né a Manuel, che sicuramente avrebbe cercato di affrontare Sbarra di lì a poco, né a se stesso.

"Tutto quello che potrei dirgli, Manuel lo sa già."

Borbottò tenendo lo sguardo fisso in quello del criminale, che fece spallucce in risposta.

"Come te pare, volevo esse gentile. Non lo sono spesso, fossi stato in te ne avrei approfittato."

Si avvicinò alla porta della piccola stanza, seguito da Zucca, ma prima di uscire si voltò di nuovo verso Simone.

"Un'ultima cosa prima che me ne vado: non sprecare il fiato a gridare come una gallina spennata, non ti sentirebbe nessuno tranne me e non penso che tu voglia romperme i coglioni, nun te conviene. Perciò mettiti comodo e statti tranquillo, così forse mi verrà un altro attacco de gentilezza."

Non gli diede modo di replicare, spense la luce ed uscì prima che Simone potesse dire qualcosa, anche se non avrebbe saputo cosa dire. Era di nuovo al buio, in compagnia soltanto del suo corpo dolorante e dei suoi pensieri, pensieri che inevitabilmente ruotavano intorno a Manuel. Perché era stato così incosciente da saltare un lavoro per Sbarra, sapendo cosa rischiava? Era già stato menato una volta, cazzo!

E cosa sarebbe successo quando Manuel sarebbe andato da lui? Sbarra lo avrebbe fatto picchiare da Zucca come l'ultima volta? O avrebbe fatto picchiare lui davanti ai suoi occhi, per dargli un qualche tipo di dimostrazione e spaventarlo? Come aveva appena sentito dire, dopotutto, un fidanzato era anche meglio di un amico. Simone preferiva questa seconda opzione, avrebbe preso e sopportato tutte le percosse del mondo pur di non far fare del male a Manuel. C'era anche una terza opzione che vedeva entrambi ammazzati come bestie, in modi che non voleva neanche immaginare.

Affannato da tutti questi pensieri si concesse la libertà di piangere, ma al tempo stesso si impose di non singhiozzare: Sbarra e Zucca non dovevano sentirlo, non dovevano capire quanto fosse terrorizzato, Simone non poteva dar loro alcun tipo di vantaggio.

Si appoggiò meglio al muro dietro di sé, anche se il tubo al quale era ammanettato gli rendeva impossibile trovare un minimo di comodità, e lasciò che il suo corpo esaurisse le lacrime, senza nemmeno poterle asciugare. Chiuse gli occhi, si sentiva stanco, e immaginò –pregò, sperando ci fosse qualcuno all'ascolto- che quando li avrebbe riaperti si sarebbe ritrovato abbracciato a Manuel come ogni mattina, scoprendo che tutta questa situazione era soltanto un brutto sogno.

Doveva essere la loro giornata speciale.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro - Fiction italiane / Vai alla pagina dell'autore: FluffyHobbit