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Autore: Ardespuffy    05/09/2009    2 recensioni
Brian Molko è stato l'amante di Matthew Bellamy più a lungo di quanto possa sostenere.
Adesso, qualcosa deve cambiare.
[BM*MB]
Genere: Song-fic, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Backstage.'
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We do it in the dark

 

 

 

 

 

We do it in the dark

with smiles on our faces.

 

 

 

 

 

 

In piedi contro il muro a gambe larghe.

Matt ha il viso affondato nel mio collo. Lo sento inspirare forte e rilasciare il fiato in un tremito dalla bocca dischiusa – labbra umide sulla giugulare a ricamare baci leggeri. Con ambo le mani si avvinghia alla mia cintura, nel tentativo maldestro di sfibbiarla. Lo perdono.

Mi stravolgi, ragazzino. Un centimetro alla volta.

Spingo i fianchi in avanti ad incontrare l’erezione che sento premere sulla coscia, e i tuoi denti affondano poco più su della clavicola, per reazione. Ingoio a fatica la mia stessa lussuria, sforzandomi invano di ragionare mentre la tua mano tira giù la zip e affonda nei miei pantaloni.

Oh, puttanate. Penso solo col cazzo, al momento.

Ringhio flebilmente nel sentire quelle dannate, gelide dita d’artista scivolarmi oltre i boxer lungo il sesso bagnato. M’inarco nella tua mano, ma col visetto arrossato riemergi dal nascondiglio della mia pelle e mi fissi.

E allora ti guardo, e lo faccio – dio – lo faccio col cuore.

Non illuderti. È l’unica cosa a tenermi ancora qui, nonostante la merda che ci siamo tirati addosso a vicenda.

Sono innamorato di uno spiraglio di devastante afflizione travestito da sesso e buone maniere.

Tiro su col naso e serro gli occhi, umidi d’imperdonabile idiozia. Benedetta sia l’ottusità con cui resti all’oscuro di tutto e prendi a lasciarmi impronte di labbra lungo la linea del mento, la destra atteggiata a pugno intorno alla mia erezione, la sinistra su di un fianco per tenermi stretto.

Ma è tutto inutile. Sto già fuggendo; lontano abbastanza da rivederci, com’eravamo, un anno fa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We’re trapped and well concealed

in secret places.

 

 

 

 

 

 

 

Music Hall. Tra gli schiamazzi della band di chiusura e i gridolini del pubblico ancora su di giri, ci ritagliamo una via sicura oltre l’angustia del backstage.

Fuori, tra gli scatoloni abbandonati nel vicolo, sbuffa Dicembre con la sua fredda melassa. Leehampton aspetta da giorni la neve annunciata alla radio, e nell’attesa si bagna di brina. La parete in pietra incassata è umida al tatto, quando vi premo il palmo per bilanciarmi – un attimo prima di allacciarti le braccia al collo con l’urgenza di un condannato.

Sento una tua mano sulla tempia, fra i capelli arricciati dal sudore dell’esibizione conclusa. L’adrenalina in circolo è tanta da appannare i sensi, ma non mi sfugge la discrezione con cui allunghi la sinistra a stringermi il sedere, impietosamente compresso nei jeans attillati.

Matthew Bellamy, inutile ammasso di gambe e braccia – vorrei pensare, ma non mi riesce di far altro che allargare le cosce per accoglierti, mentre con la bocca ti reclamo viziato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We do it in the dark

with smiles on our faces.

 

 

 

 

 

 

 

Funziona come d’abitudine. Intreccio di fiati e di lingue, morsi privi di forza e mani che vincono frontiere, pelvi ostinatamente in movimento – sempre in avanti, a stridere fino al dolore – e ansiti sulle guance, mugolii fra le labbra.

Ti allontano per riprendere fiato, ma quello mi si spezza in gola.

Perché stai sorridendo, ghignando quasi, con la tua faccia da bambino assurdamente contento. Non quel digrignare di denti che opero per mostrare il mio compiacimento, al sapore d’immancabile lascivia che ottenebra gli occhi. È solo la felicità del momento che vivi, nel modo sciocco e un po’ ridicolo di questo vicolo freddo – sai cosa? Mi ritrovo a sorriderti a mia volta, fronte contro la tua, denti che brillano nel buio. La tua fossetta sul mento.

Questi idioti che siamo, nel nostro segreto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We’re trapped and well concealed

in secret places.

 

 

 

 

 

 

Rinvengo di colpo nella tua bocca.

Sento dita scaldarsi dentro me, e una lingua dolce che attenua il disagio solcando le curve più nette alla base del sesso, seguendo le vene chiare sotto la pelle tesa.

Matt...”

Ti fermi, e dal basso sgrani gli occhioni per fissarmi – un innocente bimbetto col suo lecca-lecca tra le labbra.

Allungo le braccia a circondarti. Lascio affondare le unghie nel tuo scalpo e sul collo, mascherando il gesto con un incitamento.

Sì, ragazzino, non ti fermare. Solo, fatti carico del mio odio e del mio dolore.

Intrappolato nella seduzione stento a sciogliermi come desideri, e la tua insoddisfazione viene a galla per mezzo di sbuffi frustrati che strappano fremiti, nonostante tutto. Momentaneamente appagato mi stringi di più fra le labbra arricciate, arcui le dita nelle mie viscere a caccia del bottone giusto. Lo trovi in fretta, e colgo l’occasione di assecondarti con gemiti rochi – unghie dallo smalto scheggiato che vanno più a fondo, quasi cavano sangue. Protesti contro la mia pelle, ma è troppo tardi per concederti il riguardo della libertà. Non hai fatto nulla per guadagnartelo.

Ad orgasmo speso osservi senza parlare, ed io non ho più voglia di serrare gli occhi mentre mi cadi sotto la pelle.

Scusami, Matthew. Finisce adesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We don’t fight fair.

 

 

 

 

 

 

 

Gaia è una statua di sale.

Sembra non aver mai cambiato posa o espressione dall’ultima volta che l’ho vista, all’appartamento di Matthew. Contro uno stipite a braccia conserte, aspetta che le dia una buona ragione per farmi entrare.

Ma non ne ho. Riconsegnarle il giocattolo rotto dopo aver fatto a pezzi la sua infanzia non è una buona ragione.

Senti, voglio solo parlare. Ti rubo un attimo.”

Nei suoi occhi si legge con chiarezza che non c’è proprio nulla di cui parlare, ma la linea delle sue labbra prende una piega stranamente morbida. Mi occorre un minuto per capire che il suo sguardo è fisso su di un punto alle mie spalle.

“Quello è tuo figlio?”

Seguo la sua attenzione fino al finestrino di un taxi sgangherato, il migliore trovato nei pressi della stazione. Ancora una volta mi stupisco di quanto adulta sia l’espressione di Cody, mentre fissa cupamente il selciato oltre il vetro.

“Sì, è lui. Sta con me per questa settimana del mese.

Condividere un particolare tanto delicato della mia vita privata riesce a fare breccia nella maschera composta. Gaia batte le palpebre con gravità, come le costasse uno sforzo snervante.

Va bene, entra. Ma fa’ in fretta, aspetto l’avvocato.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We don’t fight fair.

 

 

 

 

 

 

Seguo la padrona di casa lungo il corridoio asimmetrico, fino alla diramazione a delta che porta alle camere da letto.

“Per quanto non siano affari miei, dubito che riuscirai a spillargli anche un solo centesimo.

Gaia si volta così di scatto verso di me che temo possa caderle la testa dal collo.

“Come, scusa?”

Intanto fa cenno di precederla in soggiorno, dove spicca immacolato un set di canapè in pelle bianchissima.

“Preferirei restare in piedi. E parlavo dell’avvocato – hai detto che sta per arrivare, no?”

Piccata, palesemente. Le guance imporporate, borbotta qualcosa che suona come:

“Certo che non avrò soldi da lui. Piuttosto sono io a doverlo pagare.

È un tentativo troppo debole per essere credibile. Di fatto non penso sul serio che voglia depistarmi.

Nondimeno, meglio toglierle ogni illusione.

“Mi riferivo a Matt. Hai chiamato l’avvocato per sapere se hai qualche possibilità di essere risarcita da lui, visto che è tanto ricco e ti ha tradita, ma la risposta è no, non puoi. Solo la moglie ne ha diritto, e tu non hai fatto in tempo a diventarlo.

È il momento che stavo aspettando: quello in cui Gaia rinuncia ad ogni pretesa di cordialità.

“Immagino lei sia ben informato per esperienza personale, signor Molko! Anche la sua signora deve aver fatto una cosa del genere, e a quanto mi risulta lei è sposato. Avrà sborsato una bella cifra, considerato che è anche padre di un ragazzino!”

L’idea di mia moglie Helena che si rivolge ad un legale per spennarmi è talmente ridicola da strapparmi una risatina poco nascosta, con cui mando definitivamente la signorina Bellamy fuori dai gangheri.

“E adesso, se questo era il motivo della sua visita, direi che può togliere il disturbo.

Gaia mi supera in un’ampia falcata, evidentemente indicandomi la via di ritorno verso la porta.

Le afferro un braccio e lei si blocca, raggelata.

“Ascoltami solo un momento. Ti assicuro che vogliamo la stessa cosa. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We don’t fight fair.

 

 

 

 

 

 

Il tempo batte nell’aria fra noi, incalzandomi con la sua domanda continua.

“Ne sei proprio sicuro?”

Arriccio il naso. Già, più o meno questa.

Almeno siamo tornati altu’.

“Sta a te decidere se darmi o meno una possibilità.”

Gaia porta di nuovo le braccia a intrecciarsi sul seno, accondiscendendo in silenzio.

Sposto lo sguardo sulla parete alle sue spalle e mi scopro a leccarmi le labbra, come faccio generalmente per distrarre un interlocutore scomodo.

Ho come l’impressione che stavolta abbia solo bisogno di distrarre me stesso da quanto sto per dire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We don’t fight fair.

 

 

 

 

 

 

“Le cose stanno così. Lasciandolo solo faresti il suo gioco e non ne otterresti un bel niente. Io non lo voglio, e Matt non ha davvero quei gusti che gl’impedirebbero di darti una famiglia, se lo desiderassi. Puoi considerarla una svista passeggera e riprenderti lui con tutto ciò che di buono ne viene, oppure recitare la parte della principessa abbandonata che ha perso il diritto al trono.”

Sentenza dopo sentenza, sputo fuori col tono più annoiato che posso, determinato ad apparire sinceramente casuale. Fortuna che ho smesso di sapere quello che faccio, altrimenti sarei già scappato da questa casa con tutte le mie belle risoluzione mature gettate alle ortiche.

Non ho pensato neppure per un istante che per questo tipo di conversazione avrei avuto bisogno di conoscere Gaia come persona. Immagino di aver dato per scontato una cosetta o due, le quali mi vengono scagliate dritte in faccia quando la ragazza stringe gli occhi in due fessure.

“Tu mi credi una vera arrampicatrice sociale, non è vero? Pensi che stessi con Matt per i suoi soldi.”

C’è un po’ troppo astio nella voce perché possa liquidare la sua come finzione, ancora una volta. Mi limito a constatare l’ovvio, non più troppo sicuro delle mie stesse opinioni.

“Hai chiamato un avvocato.

“Volevo solo fargliela pagare, ma adesso non sono più certa che ne abbia bisogno. Se tu sei la persona per cui ha rinunciato a me, allora posso soltanto compatirlo!”

Fossi meno spiazzato non perderei l’occasione di fare insinuazioni sui modi in cui Matt avrebbe dovuto pagarla, in senso letterale. Disgraziatamente sono davvero preso in contropiede, al punto da non riuscire a formulare una replica coerente – finisco col concederle l’ultima parola, e non ricordo l’ultima volta che mi è successo con qualcuno diverso da Helena.

“Vai fuori di qui, Molko. Adesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

We don’t fight fair.

 

 

 

 

 

 

Non pensavo affatto che le cose potessero diventare più assurde di quanto si erano dimostrate essere all’interno della villetta di Gaia. Evidentemente mi sbagliavo, dato che all’esterno mi attende una scena ben più sconcertante.

La prima cosa di cui mi accorgo è che Cody non sta più seduto nel retro del taxi, bensì in piedi davanti ai gradini d’ingresso. Al suo fianco, il tassista – un tipo massiccio dalla faccia butterata – si tiene in disparte, fumando un sigaro mentre assiste alla scena di un tizio che gioca con mio figlio, lanciandolo in aria per poi riprenderlo al volo e farlo girare.

Sento il sangue fermarsi lasciandomi di ghiaccio, mentre l’istinto paterno scalpita affinché mi scagli alla cieca contro il maniaco che sta molestando Cody, per di più sotto il naso dell’uomo cui avevo chiesto di tenerlo d’occhio.

Ma poi qualcosa mi blocca, e avviene un attimo prima che il maniaco si riveli nient’altri che l’idiota di Bellamy.

Mio figlio sta ridendo. Come non l’ho mai sentito fare, e certo non negli ultimi tempi.

Devo avere un’espressione a dir poco incredula, perché Matt mi rivolge un ghigno assolutamente – appunto – idiota, ma anche indicibilmente soddisfatto.

Hey, piccolo, guarda chi si è deciso a venire fuori!”

Sollecitato, Cody punta i suoi occhi da adulto su di me, e col cuore che riprende a battere noto come lo sguardo abbia già qualche anno in meno. Mi sorride timidamente, togliendomi ogni facoltà se non quella di ricambiare.

Dura solo un momento, il tempo in cui Bellamy permette che ignori la sua presenza. L’attimo dopo sono i nostri occhi a sbugiardarci, incontrandosi senza più la forza di farsi del male.

Matthew sorride, malgrado tutto.

“Beh? Pensavi di essere il solo in grado di giocare sporco, Brian?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Terzo capitolo, un po' in ritardo per lo scarso riscontro del secondo. Se ne deduce che il mio ritorno è dovuto alla fantastica TimeWarpAddicted *-* che ringrazio davvero tantissimo per il sostegno.
Che dire. So che Helena non è la moglie di Brian - e meno male! - ma ho giocato su questa stessa ironia per concedere a Bri una sorta di vantaggio psicologico su Gaia. Ci sono cose che neppure lei sa già, dopotutto.
Perché Matt parla di giocare sporco nel finale? Semplicemente perché aveva intuito che il prossimo istinto di Brian sarebbe stata una fuga precipitosa e la riconsegna del pacco al mittente. La scena che lo vede giocare con Cody serve solo a sottolineare quel rapporto d'intimità anche familiare che va sedimentandosi tra i nostri beniamini.

Questa storia volge al termine e non mi soddisfa. Non ha il giusto contenuto. C'è ovviamente un significato di base, ed è anche più realistica delle altre che ho scritto, ma - bah, forse è proprio tutta questa razionalità a darmi sui nervi. Non sono mai stata tanto disgustosamente povera di romanticismo fine a se stesso xD.
Ormai il dado è tratto :) e non posso che esserne contenta se qualcuno riesce ad apprezzare ciò che a me proprio non riesce di amare.

Grazie, signor lettore :D e alla prossima.

Oh, TimeWA... ho trascorso delle ottime vacanze, ti ringrazio =) e spero altrettanto! ^O^
  
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