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Autore: EleWar    27/02/2022    5 recensioni
C'è poco da fare, Ryo è un gran vizioso, ma stavolta di quale vizio stiamo parlando? E Kaori sarà ancora disposta a tollerarlo o ricorrerà a drastici rimedi?
Altra avventura per i nostri due super innamorati!
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ed il secondo capitolo è servito, per chi l’aspettava con ansia ^_^
Buona lettura e grazie per il gradimento che avete manifestato anche stavolta *__*
Vi lovvo
Eleonora





Cap. 2 - Il mio amico Falcon
 
Ryo parcheggiò lontano dal Cat’s Eye per potervi giungere guardingamente, perlustrandone bene i dintorni, alla ricerca dell’eventuale presenza di Kaori, anche se non c’era traccia della sua Honda.
Aveva una gran voglia di rivederla, ma allo stesso tempo la temeva, perché forse, vedendolo, sarebbe scappata di nuovo; o peggio avrebbero ripreso a litigare, e Ryo non era sicuro di riuscire stavolta a rabbonirla.
Inoltre le esigue scorte di denaro non sarebbero bastate per ripagare i soliti danni al locale, che sicuramente i due vi avrebbero arrecato come di consueto.
 
E poi Ryo faceva sul serio, ora, voleva veramente cambiare, cambiare per lei, e aveva bisogno di parlare con Umibozu, da uomo a uomo, e la presenza di Kaori l’avrebbe distratto o distolto dal suo intento.
Non sapeva cosa augurarsi.
 
Entrò nel locale deserto: apparentemente non c’era nemmeno Miki, forse era in compagnia della sua migliore amica, ad asciugarle le lacrime e a farle forza, divisa fra consigliarle di avere pazienza e spingerla a mandare al diavolo Saeba, pensò Ryo con una puntina di disagio.
 
Nemmeno stesse andando ad un appuntamento con un nemico insidioso, e temendo una trappola, lo sweeper avanzò cauto lungo le pareti, riparandosi dietro il mastodontico ficus dell’angolo e la felce ombrosa, per poi giungere nei pressi del bancone.
 
“Pericolo?” proruppe Falcon spuntato chissà da dove, facendo trasalire Ryo.
 
“Ti sembra questo il modo di comparire? Così spaventi la clientela, brutto bestione!” strepitò lo sweeper buttandosi sul primo sgabello a portata di mano.
 
“Non quando la cosiddetta clientela è uno come te, che entra di soppiatto nel mio locale, con quella faccia da idiota, poi!” rispose l’altro senza scomporsi.
 
Ecco, quello non era il preambolo giusto per iniziare una conversazione che implicava una confessione e una richiesta d’aiuto da parte dell’idiota in questione.
Ma Umi, che aveva sviluppato un sesto senso non indifferente a parziale compensazione della graduale perdita della vista, intuendo che Ryo non era lì per prendere un semplice caffè e passare il tempo a sfotterlo, gli disse:
 
“Se cerchi Kaori non c’è, e mi ha espressamente chiesto di non dirti dove sarebbe andata. Ed io mantengo sempre i segreti” e con questo metteva in chiaro che non voleva noie in tal senso.
 
Falcon aveva un debole per quella ragazza che aveva imparato a considerare una grande donna, nonché un’amica a cui si era rapidamente affezionato; il senso di protezione che provava per lei, l’avrebbe spinto a difenderla a qualunque costo, anche dallo stesso Ryo.
 
“No, non cerco Kaori” rispose sprezzante l’amico, stizzito al pensiero che il polipone potesse sapere troppo dei loro affari personali; chissà cosa gli aveva raccontato Kaori?
Scacciò quei pensieri come una mosca noiosa e proseguì: “In realtà cercavo proprio te, e sono contento che lei non ci sia” puntualizzò.
 
“Puah!” esalò Falcon per poi aggiungere: “Allora? Saeba, ora sei qui: cosa vuoi?”
 
D’improvviso Ryo perse tutta la sua baldanza e si ritrovò a corto di parole.
Perché un conto era bisticciare o duellare con il grande Umibozu, pianificare un assalto, sbaragliare un nemico per quanto numeroso con l’adrenalina che scorre a fiumi, ragionare di armi, munizioni, guardarsi le spalle a vicenda, riportare a casa la pelle, magari malconci ma felici, sprizzanti testosterone da tutti i pori… Un conto chiedere proprio a lui consigli su… il rapporto di coppia.
Si schiarì la gola, poi chiese:
 
“Ummm, senti… ma tu… come fai con Miki?”
 
“Con Miki cosa?” chiese il gigante con voce atona.
 
“Voglio dire…” riprese a fatica Ryo “hai mai pensato di tradirla?”
 
“Cosa??? Io non tradirei mai un commilitone, nemmeno per l’ingaggio più sostanzioso!” tuonò l’altro, travisando apparentemente il senso della domanda di Ryo.
 
“Sì, sì quello anch’io…” bofonchiò lo sweeper, e poi: “Nel senso… non hai mai pensato di andare con un’altra donna?” chiese infine, conoscendo già in parte la risposta.
 
Non gli risultava che Umibozu avesse avuto delle donne prima di Miki, e anzi si era stupito enormemente quando quella bella ragazza era comparsa dal nulla, decisa a farsi sposare dall’armadio a muro, come se Falcon fosse tipo da queste cose.
Ma poi alla fine l’armadio aveva ceduto, ora stavano insieme e sembravano felici, almeno Miki lo era, segno evidente che era corrisposta nel suo amore, in tutto.
Ryo ogni qualvolta ci pensava, rabbrividiva, ed evitava di immaginarsi i due se non a fare cose, almeno in teneri atteggiamenti.
Ma quelli non erano affari suoi, e se a loro andava bene così, perché no?
Quindi dubitava che Umi avrebbe mai tradito la sua donna, perché non ce lo vedeva a perdere la testa per qualcun’altra che non fosse sua moglie, né a voler provare il brivido dell’avventura.
 
Infatti, prevedibilmente Umibozu prese letteralmente fuoco, con la testa in fiamme e la pelata fumante.
 
“Che-che stai dicendo?” balbettò il gigante, sull’orlo di uno svenimento. Poi però, vedendo che Ryo era serio, e non lo stava prendendo in giro come al solito, si fece forza e ripose: “Io ho giurato davanti a Dio e davanti a Miki che l’avrei amata per sempre, e che sarei stato suo. Lei mi ha preso” sentenziò.
 
“Sì, lo so… ma… non pensi mai come sarebbe frequentare un’altra donna, andare a letto con un’altra… insomma, veramente ti basta lei?”
 
Da sempre in imbarazzo ad intavolare certi discorsi, Falcon fu sorprendentemente sicuro di sé quando affermò:
 
“Non credere che non abbia avuto le mie esperienze prima di Miki: solo perché non ne faccio un vanto come te, non vuol dire che non ci siano state. Poi però è arrivata lei, e non mi serve altro. Ci amiamo e questo è tutto. Chiediti tu perché stai cercando altro: il tuo amore per Kaori non è sufficiente? Se non sei sicuro di te, allora lasciala perdere, non merita di soffrire ancora. Troverà un altro che saprà amarla come deve” concluse asciutto.
 
Quelle parole scossero Ryo enormemente; di più, lo ferirono, perché in fondo al cuore sapeva di amare profondamente la giovane, e che qualcuno lo mettesse in dubbio, lo irritava.
Era solo per l’immenso amore che nutriva per lei che l’aveva tenuta alla larga, non aveva accettato di ricambiare i suoi sentimenti, perché sperava che un giorno avrebbe deciso di cambiare vita e tornare nel mondo.
Era solo per l’immenso amore che nutriva per lei che aveva cambiato vita, smettendo di essere un freddo assassino, cercando di coltivare la sua umanità.
Era solo per lei che aveva deciso di vivere, e non solo sopravvivere, e di proteggerla finché avesse avuto respiro.
Non era sufficiente tutto questo?
È vero, agli occhi degli altri era parso sempre un menefreghista, uno che si divertiva a farla soffrire sminuendola e respingendola, ma quella era solo una facciata.
Il suo amore per lei era terribile e terrificante, ma non era meno profondo e vero di quello che legava Umibozu e Miki.
 
E Ryo si guardò bene dal rivelargli che non c’era bisogno di lasciare Kaori, perché lei lo aveva appena fatto con lui.
 
Per darsi un tono e mascherare la scottante delusione, disse:
 
“Ma certo! Figurati se pensi di darti alle avventure amorose! Non ne avresti nemmeno se le volessi. Non capisco cosa ci trovi in te, la bella e dolce Miki” buttò lì, per dargli contro e ferirlo proprio come aveva fatto lui.
 
Quindi si alzò in piedi e con nonchalance si diresse alla porta: mani in tasca, con l’inconfondibile aria da scioperato che da sempre lo contraddistingueva, gli diede le spalle, e non si voltò nemmeno quando Falcon gli disse:
 
“Probabilmente hai ragione tu. Ma io sono felice così, e… non sono io ad avere problemi, o sbaglio?” insinuò malignamente.
 
Ryo non ribatté e accusò il colpo senza scomporsi, ma Umi era sicuro di aver fatto centro, e sogghignò sotto i baffi, borbottando un:
 
“Pivello!”
 
 
o.O.o
 
 
“Hai sentito?” trillò Miki, portandosi le mani alle guance in fiamme, gli occhi a cuoricino.
 
“Sì, ho sentito” mormorò Kaori quasi infastidita dalla reazione dell’amica.
 
Erano rintanate nella cucina di casa Ijiuin, dove si erano rifugiate non appena Kaori era arrivata lì come una furia.
Miki, vedendola così sconvolta, non ci aveva messo tanto a capire che, ancora una volta, la causa dello stato di totale furore della ragazza fosse Saeba.
Aveva sperato che, una volta saltato il fosso, ed aver più o meno consolidato la relazione, portandola ad un livello superiore, i suoi due amici, soprattutto Kaori, avrebbero trovato un po’ di pace e serenità.
Ma non era stato propriamente così.
Quando Kaori le aveva confidato che si erano messi insieme, era scoppiata di gioia per lei e, oltre ad essersi fatta raccontare tutto ed aver ridacchiato felice, fra rossori reciproci e sospiri, si era detta che, finalmente, anche la giovane avrebbe avuto la sua fetta di meritata felicità.
Eppure, dopo quei primi tempi di confidenze zuccherose, la sweeper si era dimostrata a volte triste e scorata, ed era finita per raccontarle anche tutte quelle piccole cose che la facevano soffrire, che poi tanto piccole non erano, perché ora più che mai erano assurde ed umilianti.
Ryo non aveva perso le sue vecchie abitudini da maniaco e porcello, e questo alla ragazza non andava proprio giù.
Miki, a quel punto, si era trovata a corto di consigli, e non le era rimasto che essere solidale con l’amica e offrire il suo appoggio incondizionato.
Così, quando quella stessa sera se l’era vista piombare in casa in quello stato, non aveva avuto dubbi sulla natura della tempesta in corso, ma prudentemente non aveva detto niente; in fin dei conti quella poteva essere una crisi passeggera come ce ne sono tante fra innamorati, e di lì a poco Kaori sarebbe ritornata sui suoi passi, o Ryo avrebbe trovato il modo di riportarla a casa.
Quindi, guai a dire: “Hai fatto bene a lasciare quel bastardo, non ti merita!” anche se doveva continuamente mordersi la lingua per non lasciarselo sfuggire.
Oppure avrebbe potuto dire: “Dai, non buttarti giù, lui ti ama e presto verrà a chiederti scusa in ginocchio, vedrai!” ma conoscendo l’orgoglio e la testardaggine del Saeba, chissà quando e se sarebbe successo, e magari così rischiava di dare false speranze alla sua migliore amica.
Perciò si era limitata al minimo indispensabile.
Però si era stupita enormemente dello spirito battagliero di Kaori, che non pareva né affranta né disperata, anzi sembrava avere un piano, e le brillavano gli occhi come fosse sul punto di commettere qualcosa… magari un’imprudenza, o… chissà cos’altro?
Le ricordava la Kaori che si era presa a cuore la sua situazione, quando, irrompendo nella vita di Umi decisa a sposarlo, lui le aveva risposto che avrebbe accettato solo se lei fosse stata capace di uccidere Ryo Saeba. Certo, Kaori non l’avrebbe aiutata ad uccidere il suo socio, ma a farsi sposare da Falcon, quello sì.
E anche adesso aveva lo stesso cipiglio, la stessa forza d’animo di quella volta; all’epoca le era subito stata simpatica, si erano intese all’istante, erano diventate subito amiche.
Inoltre fin dall’inizio l’ex-mercenaria aveva capito che c’era del tenero fra i due soci, e anzi le aveva chiesto il motivo per cui, inscenando quel finto rapimento da parte di Miki, Kaori volesse approfittarsi dei sentimenti di Ryo nei suoi confronti.
Era così lampante che quei due si amassero, che davvero aveva dell’incredibile che solo loro non lo vedessero!
 
In ogni caso Kaori, quella sera, si era presentata da lei con un enorme zaino sulle spalle, e dalla mole del bagaglio Miki pensò che intendesse stare fuori casa diversi giorni, se si era portata tutta quella roba.
E rimase invece stupita, quando la sweeper tirò fuori uno strano aggeggio, che assomigliava ad un computer portatile.
Con un ghigno sinistro l’aveva appoggiato sul tavolo della cucina e, aprendolo, aveva detto con aria di sfida:
 
“Ryo, a noi due!”
 
In seguito la sweeper le aveva spiegato che aveva lasciato il suo fidanzato – e a quel punto Miki era trasalita – ma lo stupore per la notizia improvvisa, aveva ben presto lasciato il posto alla curiosità che le parole udite poco dopo le aveva stuzzicato.
L’amica le stava giusto spiegando che sì, se ne era andata da casa, ma aveva lasciato lì in bella vista i suoi bottoni con le ricetrasmittenti, quelli che indossava sempre per farsi rintracciare da Ryo in caso di rapimento, con l’intento manifesto di non voler essere cercata.
Tuttavia, prima di abbandonarli sul letto, vi aveva fatto una leggera modifica, e li aveva trasformati in microspie con tanto di microfono, per cui, con un ricevente apposito, avrebbe potuto sentire tutto ciò che Ryo avrebbe detto in sua assenza.
In sostanza l’avrebbe spiato, sempre che lui avesse deciso di prendere almeno uno di quei suoi bottoni.
Voleva anche metterlo alla prova e vedere come si comportava, se gli dispiaceva almeno un po’, se sarebbe andato a donne e via discorrendo.
 
Kaori era certa che, in qualche modo, Ryo sarebbe capitato presto o tardi al Cat’s eye, e aveva avvertito Falcon di reggerle il gioco e di non dirgli niente: non voleva essere trovata, almeno non per l’immediato futuro.
Non era sicura, al contrario, che Ryo avrebbe spostato mari e monti per rintracciarla: tutto dipendeva dalla sua testardaggine, ma anche quella sarebbe stata una prova.
Diversamente, in base a ciò che avrebbe scoperto sul suo conto, magari sarebbe stata lei a ritornare sui suoi passi.
 
Lei e Miki erano lì in cucina, con un paio di cuffie in testa, e non si erano perse una sola parola dello scambio di battute fra i due uomini; e Miki, sentendo suo marito parlare in quel modo, era andata in brodo di giuggiole.
Così, se Kaori non aveva scoperto niente di interessante da parte di Ryo, almeno Miki stava nuotando in un mare di miele.
Sarcasticamente, la sweeper pensò che presto le sarebbe venuta una crisi iperglicemica, ma poi si disse che al suo posto probabilmente avrebbe fatto lo stesso, e s’incupì.
In realtà Ryo le aveva detto che l’amava, in maniera chiara ed inequivocabile, e soprattutto glielo aveva dimostrato in mille modi diversi, però quel vizio di correre dietro alle donne proprio sembrava non volerselo togliere, e questo la disturbava sopra ogni cosa.
 
Quando Miki si accorse che Kaori aveva indossato nuovamente il suo cappellino con visiera, le chiese, stupita:
 
“Ma… dove stai andando?”
 
La ragazza, armeggiando con il computerino portatile e infilandolo nel capiente zaino, senza nemmeno voltarsi per non perdere tempo, le rispose:
 
“Devo seguirlo” riferendosi inequivocabilmente a Ryo.
 
“Credevo che ti saresti fermata qui per la notte!” protestò la barista “Si è già fatto tardi!”
 
“Hai ragione, ma voglio andare fino in fondo alla questione. Voglio sapere come si comporta quando io non ci sono, se mi è veramente fedele, e se fa il cretino con le altre donne proprio come fa in mia presenza”.
 
Chiusa la lampo del giaccone sportivo e sistematisi gli auricolari collegati alla ricetrasmittente, si volse finalmente a guardarla e a sorriderle:
 
“Non preoccuparti per me, Miki, so quello che faccio. Ryo mi ha detto che mi ama, ma… non mi basta più!” e fece spallucce.
 
Prima di uscire si affacciò discretamente alla finestra, per controllare che Ryo se ne fosse andato veramente: non vedeva più la Mini rossa parcheggiata davanti al locale, e a quel punto pensò di infilare le scale.
 
Si era vestita da fattorino del pony express, con la finta divisa di un noto marchio di ristorazione giapponese, e così camuffata sembrava un ragazzo alto e snello.
Ma se prima, quando era ancora giorno, poteva ulteriormente nascondersi dietro pacchiani occhiali a specchio, ora, di notte, avrebbe dovuto fare a meno di quell’accessorio.
Si appuntò però una finta barbetta e dei baffetti neri, e sperò che Ryo, o chi per lui, non la riconoscesse.
Aveva lasciato la bicicletta dall’altro lato della strada, dopo che aveva parcheggiato la Honda in un parcheggio sotterraneo a metà strada fra casa sua e il Cat’s Eye.
Ovviamente con la sua macchina sarebbe stata riconoscibilissima, ecco perché era ricorsa a quell’espediente: aveva bisogno di un mezzo di trasporto per districarsi nelle trafficate strade di Shinjuku, se voleva pedinare Ryo.
Purtroppo i suoi bottoni emettevano un segnale non troppo potente, e per rintracciarlo aveva bisogno di stare a poche centinaia di metri dalla fonte di trasmissione.
La bicicletta non era il massimo, dovette ammettere Kaori, ma era l’unica cosa che aveva trovato, così al volo, quella sera.
Quindi salutò in fretta Miki e si precipitò giù per le scale; si augurò che Ryo facesse più o meno gli stessi giri, così da poterlo raggiungere anche in un secondo momento.
 
   
 
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