Merlyn
cadde di faccia, finendo con lo sbattere il viso contro le radici sporgenti di
un albero.
Arthur si
girò di scatto, visibilmente infastidito dal continuo far rumore della ragazza,
la quale faceva scappare tutti gli animali che il principe stava cercando di
uccidere per poter avere una cena decente.
«Faresti
silenzio, Merlyn?!» le domandò raccogliendola da terra, assicurandosi che non
si fosse fatta realmente male.
La
ragazza si pulì i vestiti con le mani, ignorando completamente lo sguardo
infastidito dell’uomo. Arthur le aveva chiesto di accompagnarlo per aiutarlo a
portare le povere vittime a casa, in quanto tipicamente da solo doveva fare
due viaggi.
«Non ti
basta del porridge? Perché devi uccidere degli animali innocenti?» domandò
chiese imbronciata. Nonostante apprezzasse le sue doti di cacciatore, chiara
dimostranza di essere in grado di procurare del cibo per la sua famiglia, non
condivideva la quantità di animali che uccideva. Bastava un cervo per sfamare
tutti i suoi amici e anche Merlyn con la sua famiglia, quindi perché
prendersela anche con dei poveri conigli?
Arthur le
arruffò i capelli, iniziando a camminare «Abbiamo bisogno di mangiare anche
della carne per mantenerci in forze, Merlyn, tu che sei medico lo dovresti
sapere meglio di noi.» rispose cercando di ritrovare il cervo che era scappato
dopo che la fanciulla era graziosamente caduta a terra facendo rumore.
La maga
borbottò qualcosa che non riuscì a capire, il principe la ignorò. Continuarono
a camminare sempre più verso l’interno della foresta, gli uccelli cantavano
allegramente in cima agli alberi.
Sentì
qualcosa muoversi alla sua destra, tra i cespugli alti. Merlyn guardò Arthur
continuare a camminare in avanti, possibile che non l’avesse sentito? Lo lasciò
andare, desiderosa di scoprire da sola cosa avesse fatto rumore, non era poi
completamente indifesa.
Si
ritrovò in una radura che non aveva mai visto prima nelle sue esplorazioni,
c’erano fiori di qualsiasi specie e colore, delle farfalle volavano loro
intorno. Sembrava essere in un posto completamente diverso da quello in cui si
trovava prima, aveva un qualcosa di magico.
Posò a
terra la sacca che conteneva le conquiste di Arthur e si avvicinò al centro
della radura. Si guardò introno sentendo uno strano calore avvolgerla. Sentì
qualcosa muoversi alle sue spalle, quando si girò si trovò davanti una creatura
maestosa.
Sembrava
un cavallo, aveva il manto bianco, la criniera sembrava fatta da fili d’oro,
l’unica cosa strana era quel corno che faceva la sua bella figura sulla fronte
dell’animale. Merlyn non aveva mai visto nulla del genere, era semplicemente
esterrefatta.
Alzò
lentamente una mano, desiderando con tutto il cuore poter toccare quella
creatura mistica. Lo guardò dritto negli occhi, come per fargli capire che non
era intenzionata a fargli alcun male.
Era
proprio sul punto di toccarlo quando sentì il chiaro rumore di una freccia
fendere l’aria, subito seguito dal tonfo dell’animale che cadeva a terra. La
fanciulla si precipitò sulle ginocchia accanto al muso della vittima,
toccandolo con mani tremanti, incapace di credere che qualcuno potesse essere
stato in grado di fargli del male.
Merlyn
odiava gli uomini e la caccia!
Sentì dei
passi avvicinarsi e quando voltò lo sguardo vide che l’uomo senza cuore che
aveva ucciso quella creatura era Arthur «Cos’hai fatto?» gli domandò con la voce
spezzata dalle lacrime.
Il biondo
la guardò di traverso, non sembrava minimamente disturbato dalla brutalità che
aveva appena compiuto «Questo è un unicorno, Merlyn, non potevo lasciarmelo
sfuggire.» le disse ben sapendo di quale animale si trattasse. Gaius gli aveva insegnato più cose sugli animali magici, lo
aveva addestrato a distinguere i suoi rivali magici nella foresta, ovviamente
dietro ordine di suo padre.
La
fanciulla si alzò con rabbia «Non ne avevi alcun diritto.» sibilò stringendo i
pugni «Sei solo un…» le parole le si bloccarono in gola, alle spalle di Arthur
vi era un uomo. Non era molto giovane, i capelli erano bianchi, così come i
suoi vestiti, nella mano destra teneva un lungo bastone e il suo sguardo era
ricco di dolore.
«Cosa
stai guardando?» le domandò il principe girandosi, ma l’uomo misterioso era
scomparso.
«C’era
qualcuno, proprio dietro di te, ma è scomparso.» rispose la maga asciugandosi
le lacrime dal viso, non voleva dare ad Arthur l’impressione di essere una
piagnucolona.
L’uomo la guardò inarcando un sopracciglio, per niente
convinto dalle sue parole, ma decise di non dire nulla, al contrario si chinò a
terra e osservò meravigliato il corno dell’animale pensando che avrebbe fatto
una bella figura sul muro di casa sua.
Balinor afferrò
il colletto della tunica di Arthur quando lo vide con il corno dell’unicorno in
mano, mentre tornava con sua figlia dalla loro escursione nel bosco per fare
provvista di carne.
«Gli
unicorni sono creature mistiche e rare.» inveì con rabbia «La leggenda dice che
la sfortuna colpisce chiunque ne uccida uno.» aggiunse sentendo la voglia di
porre fine alla vita di quell’inutile ragazzino che non aveva alcun rispetto
per le creature magiche.
Merlyn
toccò gentilmente la mano del padre, facendogli mollare la presa, sentendosi
preoccupata per quello che aveva appena detto. La sfortuna avrebbe colpito
Arthur?
«Sciocchezze.»
rispose il ragazzo, con un leggero nodo in gola, credeva che Balinor lo avrebbe
ucciso con la magia o come minimo maledetto, ma finché aveva Merlyn dalla sua
parte nulla di brutto gli sarebbe accaduto, giusto?
La
ragazza gli diede un calcio sullo stinco, facendolo gemere di dolore, ma cercò
di tenere la sua compostezza «Balinor, con tutto il rispetto, non credo che una
tragedia si abbatterà su di me.» riformulò cercando di suonare più rispettoso,
alla fine dei conti era sempre il padre della donna che ama– rispettava, lui
aveva un profondo rispetto per Merlyn.
L’uomo
respirò profondamente dal naso, cercando in sé la forza per non prendere a
pugni quell’idiota «Se succederà qualcosa alla mia famiglia sarà solo colpa
tua.» lo avvisò prima di dargli le spalle e tornare dentro casa, dove Hunith lo
stava aspettando con un’espressione preoccupata sul volto.
Merlyn si
mise le mani sui fianchi, chiaro segno che Arthur era nei guai, ma provò a
sfuggire al suo sguardo «Spero per te che sarai contento.» gli disse prima
avviarsi verso Gwaine che stava sdraiato sotto un albero insieme a Lancelot.
Arthur sospirò pesantemente, forse aveva combinato un bel
guaio.
Merlyn si
svegliò come al solito alle prime luci dell’alba, pronta ad andare a curare il
suo tritico. Indossò un abito marrone, non era di ottima qualità, le cuciture
erano evidenti a causa della sua scarsa abilità nel cucito, ma era abbastanza decente
per esservi vista in giro. Infilò gli stivali con una mano già sulla maniglia
della porta, il cesto di vimini accanto a lei.
Era
sicura di trovare Arthur già all’ingresso del campo, come suo solito, unico tra
i gladiatori che trovava piacere nell’alzarsi presto (Merlyn ovviamente non era
a conoscenza del fatto che a Camelot il servitore di Arthur doveva impiegare
una decina di minuti per convincerlo a svegliarsi).
Quando
aprì la porta si ritrovò faccia a faccia con il pugno di Arthur, sicuramente in
procinto di bussare. Aveva lo sguardo spaventato, le gote rosse come se avesse
corso.
«Arthur,
che ci fai qui?» domandò guardando all’esterno, assicurandosi che nessuno la
vedesse far entrare il giovane a quell’ora inconsueta nella sua abitazione.
Il biondo
si stava torturando le mani, inumidendosi le labbra in maniera nervosa «Devo
parlare con Balinor.» le disse con un nodo alla bocca dello stomaco, timoroso
di quello che sarebbe accaduto.
La maga
posò il cesto sul tavolo, guardando l’uomo in modo preoccupato. Si avvicinò
lentamente fino a prendere il suo viso tra le mani, invitandolo a guardarla
negli occhi «Stai bene?» gli domandò veramente preoccupata, non lo aveva mai
visto così, nemmeno quando aveva dato ai gladiatori la notizia che Re Cenred
voleva tutti loro morti.
Una mano
di Arthur si posò sulla sua, in un gesto intimo che fece arrossire la
fanciulla, facendole desiderare di scontrare le sue labbra con quelle di Arthur
in un bacio passionale, ma consapevole che non poteva permetterselo.
Merlyn era
a conoscenza dei sentimenti di Gwaine e non voleva ferirlo, non baciando uno
dei suoi amici.
«Chiama
tuo padre, per favore.» sussurrò Arthur, gli occhi ora fissi sulle labbra rosa
della ragazza. Desiderò afferrarla per i fianchi ed unire le loro bocche fino a
toglierle il respiro e subito dopo buttarsi su un ginocchio solo e chiederla in
moglie, ma non poteva.
La maga
sembrò risvegliarsi e annuì, lasciandolo andare e bussò energicamente alla
porta che divideva la parte principale della casa alla stanza dei suoi
genitori.
«Padre,
Arthur vuole parlarti.» disse a voce alta, facendosi sentire oltre la porta,
rispettando la privacy dei due innamorati che dormivano nella stanza. Merlyn
non voleva vedere assolutamente niente che avrebbe potuto traumatizzarla a vita.
Nemmeno
due minuti dopo Hunith iniziava a preparare la colazione mentre i due giovani e
Balinor erano seduti a tavola.
«Questa
mattina sono andato come al solito all’entrata del campo per aspettare Merlyn.»
cominciò il biondo «ma quando sono arrivato tutto il tritico era morto.» spiegò
il perché del suo turbamento, sentiva il cervello scoppiargli per tutte le
preoccupazioni. Aveva subito pensato alle parole di Balinor del giorno prima,
sul fatto che avesse portato una maledizione su di lui a causa dell’unicorno.
L’uomo
chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, ragionando sul fatto che
sbraitare sul ragazzino non avrebbe risolto nulla e sembrava veramente
preoccupato per quello che stava accadendo. In più sua figlia lo avrebbe
sgridato se avesse picchiato o usato la magia sul suo amico.
Si
pizzicò lo spazio tra le sopracciglia pensando a cosa potessero fare, le prime
luci dell’alba avevano già illuminato la collina e gli abitanti di Ealdor si
stanavo svegliando. Sarebbe scoppiato un panico generale alla vista del campo
completamente morto.
«Devi
andare nella foresta, Arthur, forse troverai delle risposte.» suggerì, non
sapendo realmente cosa fare. Forse doveva tornare sul luogo del delitto «Da
solo.» aggiunse, non volendo mettere a rischio l’incolumità di sua figlia.
Merlyn
provò a contestare, voleva andare anche lei, non avrebbe lasciato Arthur andare
da solo, ma quest’ultimo si alzò da tavola guardandola «Andrò da solo, così
deve essere.» disse prima di salutare Hunith e scomparire oltre la porta.
«Oh,
povero ragazzo, è molto turbato.» commentò la donna guardando dalla finestra il
giovane andare verso la sua abitazione per armarsi di una spada nel caso di
incontro con dei banditi «Forse avresti dovuto lasciare Merlyn andare con lui.»
aggiunse posando un piatto di porridge davanti all’uomo, dandogli un lieve
bacio sulla fronte.
«Lui è il responsabile, mia diletta, nostra figlia non
centra niente.» disse il mago guardando la figlia che guardava oltre la piccola
finestra, un’espressione preoccupata dipinta sul volto. Balinor conosceva
quell’espressione, sospirò pensando che avrebbe fatto meglio ad iniziare ad
accettare l’idea che Arthur presto o tardi sarebbe diventato parte della loro
famiglia.
«Tu mi
stai dicendo che Arthur ha ucciso un unicorno, tagliato il suo corno per
appenderlo in casa e che Balinor pensa che il campo completamente distrutto sia
a causa di una maledizione indirizzata a lui?» chiese Gwaine mente l’aiutava a
portare due secchi da riempire con dell’acqua al pozzo.
Merlyn
annuì «Spero che riesca a risolvere tutto questo, altrimenti i bambini
moriranno, le nostre scorte sono già misere.» rispose osservando i vari
abitanti di Ealdor correre nei loro fienili per controllare quelle che dovevano
essere le loro riserve per l’inverno.
Lancelot
aiutò la fanciulla a salire sulla pedana che circondava il pozzo, sempre il
gentiluomo «Ma tu hai detto di aver visto un uomo nella foresta, che sia stato
lui a lanciare la maledizione?» domandò passandole uno degli otto secchi che
avevano portato.
La maga
legò il secchio con un nodo ben stretto «Potrebbe essere, ma quando l’ho
guardato non mi ha dato delle cattive sensazioni, sembrava solo addolorato per
l’unicorno.» disse iniziando a calare il secchio «Forse è stato l’unicorno come
ultimo atto a lanciare la maledizione, sai, per vendicare la sua morte.»
aggiunse corrugando la fronte, il solo fare un’ipotesi del genere le sembrava
sbagliato. Suo padre le aveva spiegato che gli unicorni erano gli animali più
puri del mondo, quindi lanciare maledizioni non sembrava adeguato.
«Ormai è
quasi il tramonto, ancora non è tornato.» commentò Parsifal guardando verso il
bosco, dove molte ore prima era entrato Arthur. Tutti erano leggermente
preoccupati per la salute del ragazzo, soprattutto Lancelot che temeva per
l’incolumità del principe ereditario di Camelot.
Merlyn
scosse leggermente la testa, come a scacciare via un brutto pensiero «Starà
cercando ancora la soluzione al nostro problema.» disse sforzandosi di
sorridere, non poteva farsi affliggere dalle preoccupazioni, non faceva bene a
nessuno.
La
ragazza sentì il secchio toccare il fondo del pozzo ed iniziò a tirare la corda
sentendo stranamente la leggerezza che tipicamente non caratterizzava il
recupero del secchio. Sicuramente lei non aveva messo su dei muscoli, perciò
aggrottò la fronte veramente confusa.
Quando
ritornò in possesso del secchio constatò che fosse vuoto. Aggrottò la fronte,
non le era mai capitato di trovare il pozzo in secca. Si affacciò verso il
bordo per dare uno sguardo all’interno, ma era talmente profondo che non
riusciva a capire cosa ci fosse realmente sul fondo.
«Tutto
okay, Merlyn?» le domandò Lancelot affiancandosi a lei, notando con espressione
preoccupata il secchio completamente vuoto e macchiato di terra sul fondo.
La maga sospirò
pesantemente «Credo che la maledizione ci abbia tolto anche l’acqua.» disse,
comprendendo che Arthur doveva aver fallito. Guardò verso la foresta e alzò le
maniche della sua tunica «Io vado a cercarlo.» dichiarò incamminandosi, ma
venne sollevata da terra da Gwaine.
«Non se
ne parla, non vai da sola nella foresta con una maledizione in corso.» disse
con tono che non ammetteva repliche, qualsiasi ragazza sarebbe stata attratta
da tale autorità, ma Merlyn non era come le altre.
«Prova a
fermarmi.» e per magia le mani dell’uomo iniziarono a scottare, costringendolo
a lasciare la presa sulla fanciulla, la quale non aspettò nemmeno un secondo
prima di correre verso la foresta.
Gwaine si passò una mano tra i capelli «Diamine, quella
ragazzina è troppo anche per me.» sospirò più divertito che infastidito, forse
un carattere come quello di Arthur sarebbe stato migliore per lei.
Anhora guardò
Arthur Pendragon fermarsi davanti a lui, la spada stretta tra le mani e uno
sguardo degno del guerriero più valoroso di tutta Albion.
«Arthur
Pendragon, ho un messaggio per voi.» disse l’uomo suonando misterioso, lo
sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore «Sarai messo alla prova, dovrai
dimostrare che il tuo cuore è puro, altrimenti le persone che hai più care moriranno
a causa vostra.» spiegò facendo un passo in avanti, facendo scattare in
automatico l’uomo in una posizione di difesa.
«Come sai
chi sono io?» domandò il biondo ringraziando che Merlyn non fosse con lui, come
avrebbe spiegato alla ragazza che lui era il figlio dell’uomo che uccideva
tutti quelli come lei?
Anhora sorrise
dolcemente «Io so molte cose, Pendragon.» rispose rimanendo enigmatico,
percepiva la chiara frustrazione del giovane, ma non avrebbe rivelato altro. Il
suo Destino doveva compiersi senza il suo aiuto nella giusta direzione.
Il
ragazzo abbassò la spada, ricordandosi che adesso non credeva più che tutti gli
stregoni fossero malvagi, Merlyn lo aveva aiutato ad imparare ad accettare il
prossimo. Se non fosse finito in quell’arena molto probabilmente si sarebbe già
scagliato contro l’uomo, pretendendo che ponesse fine a questa maledizione.
«In cosa
consisterà questa prova?» chiese volendo farsi trovare preparato, non
desiderava avere la morte degli abitati di Ealdor sulla coscienza. Soprattutto
i suoi amici e Hunith (no, sinceramente di Balinor non gli interessava poi
tanto, l’uomo lo odiava).
Il
custode degli unicorni gli diede le spalle «Lo scoprirai a tempo debito, Arthur
Pendragon, ora vai a trovare la tua amica, si è persa nella foresta.» gli
suggerì percependo chiaramente Emrys aggirarsi senza meta tra gli alberi, alla
ricerca della sua metà.
Arthur
alzò gli occhi al cielo, era ovvio che l’uomo si riferisse a Merlyn, quella
ragazzina non sapeva cosa volesse dire prendere degli ordini, se fossero stati
a Camelot l’avrebbe spedita alla gogna in un batter d’occhio per tale
insubordinazione.
Ritornò
sui suoi passi, facendo attenzione a non farsi trovare impreparato da dei
banditi, l’ultima volta era finito in un’arena per dodici lunghi mesi.
Finalmente trovò la ragazza, sembrava un gatto impaurito mentre si guardava
freneticamente intorno con le mani ad afferrarsi le braccia. Sapeva che le
bastava solamente pensare ad un modo per difendersi e la sua magia avrebbe
obbedito, ma non riusciva a reprimere dentro di sé quel bisogno di proteggerla,
di farla sentire al sicuro, di guadagnarsi la sua totale fiducia e il suo
amore.
Fece
abbastanza rumore per avvertire la fanciulla del suo arrivo, così da non
spaventarla e magari finire contro il tronco di un albero credendolo un
bandito.
«Arthur,
buon Dio, credevo di non trovarti più!» esclamò la fanciulla vedendolo arrivare
e si gettò tra le sue braccia, sollevata di averlo trovato sano e salvo, senza
nemmeno un graffio.
L’uomo
arrossì leggermente, posando una mano sulla testa della ragazza in un gesto
rassicurante «Non ti libererai così facilmente di me.» rispose posandole
istintivamente un bacio sulla fronte, pentendosene subito dopo.
Merlyn
arrossì a sua volta, per niente abituata ad avere un uomo che sembrava provare
dei sentimenti per lei. Le piaceva essere in compagnia di Arthur, anche quando
si comportava come una testa di fagiolo.
«Vieni,
sarà meglio tornare a casa o Balinor avrà la mia testa.» borbottò il cavaliere
prendendole la mano per guidarla fino ad Ealdor, sicuro che all’uomo non
sarebbe piaciuta per niente la notizia che la sua adorata figlia era sola con
lui in un luogo così appartato.
La maga
lo seguì, sentiva il cuore batterle ad una velocità inadeguata, ma provò a
controllare i suoi sentimenti ricordandosi che non poteva fare un tale torto a
Gwaine «Hai trovato l’uomo che ho visto ieri?» chiese mentre i gufi iniziavano
a bubolare e il cielo si faceva sempre più scuro.
Arthur
annuì «Ha detto che verrò messo alla prova, l’unico modo per eliminare la
maledizione è dimostrare che il mio cuore è puro.» riportò le parole del
guardiano degli unicorni, chiedendosi se sarebbe stato all’altezza di tale
compito. Il suo cuore non poteva essere puro, non quando stava mentendo a tutte
quelle persone sulla sua vera identità, non quando aveva abbandonato il suo
popolo per seguire una fanciulla di cui si era innamorato.
La
ragazza annuì silenziosamente, chiedendosi quale prova avrebbe mai potuto porre
l’uomo per dimostrare che Arthur fosse puro di cuore. Continuarono a camminare
in silenzio, le loro mani ancora l’una nell’altra, nessuno dei due desideroso
di lasciare andare la presa.
Era tutto
così palese, eppure non riuscivano a vedere come l’altro ricambiava i suoi
stessi sentimenti. Il loro sentimento di amicizia per Gwaine era forse più
importante che quell’amore. Arthur non poteva illudere così Merlyn, sarebbe
arrivato il giorno in cui sarebbe dovuto tornare a Camelot per succedere suo
padre e la ragazza lo avrebbe odiato per sempre. Come poteva la figlia di
Balinor amare un Pendragon, figlio dell’uomo che gli aveva rovinato la vita?
Arrivarono
ad Ealdor che il Sole era completamente scomparso all’orizzonte, lasciando
spazio ad un cielo incantevolmente blu ricco di stelle. Si avviarono verso casa
di Arthur, per sedersi un attimo davanti al fuoco e parlare di Anhora, ma quando si avvicinarono sentirono chiaramente dei
rumori provenire dall’interno.
Arthur
istintivamente spinse Merlyn dietro di sé, proteggendola con il suo corpo, ed
estrasse la spada. Lentamente aprì la porta e vide chiaramente un uomo
rovistare tra le sue riserve di grano.
«Posa
quello che hai in mano, ladro.» Merlyn non aveva mai sentito l’uomo
usare un tono così autoritario, sembrava il comandante di un esercito o perfino
un regnante.
L’uomo
alzò le mani lasciando cadere a terra uno dei sacchi di grano che stava
cercando di portare via, gli occhi lucidi di paura e Merlyn aggrottò le
sopracciglia non riconoscendo l’uomo, non era certamente un abitante di Ealdor.
L’uomo
deglutì rumorosamente, le mani che tremavano dalla paura «Scusatemi, non avevo
nessuna cattiva intenzione nel rubare a lei e sua moglie.» disse facendo
arrossire i due giovani, chiaramente a disagio per essere stati scambiati per
una coppia sposata «Ma anch’io ho una famiglia, i miei due bambini non
sopravviveranno, nel nostro villaggio si è abbattuta una maledizione, non
cresce più il grano e non troviamo più acqua!» spiegò l’uomo cadendo sulle
ginocchia, timoroso che l’uomo armato decidesse di ucciderlo.
Arthur
abbassò la spada, non avrebbe ucciso un uomo per aver provato a sfamare la sua
famiglia, forse lui avrebbe fatto la stessa identica cosa «Vai e non farti più
vedere ad Ealdor.» concesse spostandosi dall’uscio, sempre attento però a
coprire Merlyn con il suo corpo.
L’uomo si
alzò di scatto, un sorriso sul viso, chiaramente contento di poter tornare a
casa senza gravi conseguenze «Oh, grazie, grazie mille gentil uomo.» esordì incamminandosi
verso la porta.
«Aspettate!»
lo richiamò Arthur, ora vicino alla sua riserva di grano. Si chinò a
raccogliere il sacco che l’uomo stava per rubare «Vedete di farvelo bastare per
un bel po’.» disse passandogli il sacco sotto gli occhi stupidi di Merlyn, la
ragazza non si sarebbe mai aspettata tale gesto da Arthur.
L’uomo si
inchinò accentando il dono «Grazie, grazie mille, la sua gentilezza verrà
ricompensata.» disse prima di correre nel cuore della notte verso la foresta,
un sacco di grano tra le braccia.
Merlyn
sorrise dolcemente ed afferrò una mano dell’uomo «Sei stato veramente gentile.»
disse guardandolo negli occhi, un sorriso sulle labbra. Era così migliorato da
quando l’aveva conosciuto, le prime settimane nell’arena sembrava essere un
ragazzino viziato ed egoista, ma la stava facendo ricredere.
Il
principe arrossì – la cosa iniziava ad infastidirlo, non era una femminuccia,
lui – e distolse lo sguardo «Era la cosa giusta da fare.» rispose con tono
solenne, lo avrebbe fatto anche per un suo suddito.
La maga
alzò gli occhi al cielo e si mise in punta di piedi, lasciò un bacio sulla
guancia dell’uomo prima di avvicinarsi alla porta «A domani, Arthur.» lo salutò
stringendosi nella giacca marrone che la faceva sembrare più esile di quanto
fosse.
«Buonanotte, Merlyn.» augurò il biondo sentendosi la
guancia in fiamme. Quando la ragazza fu andata via si toccò il punto cocente e
sorrise come un beota, forse aveva maledetto tutti uccidendo l’unicorno, ma
Merlyn sarebbe rimasta sempre al suo fianco.
Lancelot
amava svegliarsi al mattino con il suono degli uccelli che cantavano
allegramente, era stata una cosa che più gli era mancata durante la sua
permanenza nell’arena.
Ogni
mattina si alzava di buon umore, ringraziando il Signore per avergli dato una
casa e una specie di famiglia. Il suo sogno di diventare cavaliere di Camelot
si era momentaneamente cancellato, soprattutto sapendo che a solo poche iarde
da lui c’era il principe Arthur, fare un viaggio e chiedere udienza a Uther
sarebbe stato inutile.
Osservava
ogni mattina dalla piccola finestra Merlyn e il principe camminare così vicini
da sfiorarsi le mani, le gote arrossate dall’imbarazzo e un tenero sorriso
sulle labbra.
Oh,
Lancelot era completamente esasperato da quella situazione, soprattutto con
Gwaine che non si decideva ad andare a parlare con quei due e far capire loro
che il suo interesse per Merlyn si era trasformato in un semplice sentimento di
fratellanza, l’uomo aveva anche notato il consistente avvicinamento tra il
gladiatore barbuto e Parsifal, anche se era molto ben nascosto.
Sapeva di
non doversi immischiarsi negli affari altrui, suo padre gli aveva sempre detto
di stare alla larga dalle questioni private degli uomini, soprattutto quelle
d’amore, ma non riusciva a resistere alla tentazione di andare da Arthur e
dirgli in parole chiare e concise che Merlyn lo amava e doveva sbrigarsi a
dichiararsi, prima della sua partenza per Camelot.
Quando si
affacciò quella mattina vide i due giovani camminare un po’ più lontani del
solito e non in direzione della casa di Merlyn, ma verso il bosco. Lancelot
inarcò un sopracciglio incuriosito, la ragazza non stava nemmeno indossando il
suo solito abito da giorno, ma i vestiti che metteva quando doveva andarsi a
mettere in qualche guaio in cui si richiedevano abiti adatti alla corsa. Quei
due non gliela raccontavano giusta.
«Dio, ti
prego, unisci quei due.» pregò sapendo che forse la sua preghiera non sarebbe
stata accolta, soprattutto in quanto la credenza di Merlyn cadeva sulla
Religione Antica, ma provare non guastava mai.
Sospirò un’ultima volta prima di andarsi a vestire, aveva
anche lui delle commissioni da fare.
Merlyn
inciampò sull’ennesimo ramo e Arthur le afferrò il braccio per sostenerla, alzò
gli occhi al cielo e sbuffò divertito «Sicura di vederci bene, forse dovrei
prenderti un cane che ti guidi.» commentò facendo arrossire la fanciulla.
«Molto
divertente Arthur, ma non ho bisogno di un povero cane per andare da nessuna
parte.» rispose avvicinandosi a lui, i loro petti che si toccavano
«Fortunatamente una volta a Camelot non dovrò più passare per i boschi, rimarrò
con mio zio nel castello e arriverò al massimo nella parte bassa. Niente più
foreste infestate di banditi per Merlyn.» affermò trionfante anche se il cuore
le si strinse al pensiero di abbandonare i suoi amici ed il padre appena
ritrovato. Hunith sapeva essere molto autoritaria quando voleva e nessuno era
riuscito a farle cambiare idea, nemmeno Balinor che le aveva ricordato che
essendo lui stesso un mago poteva insegnarle quello di cui aveva bisogno
«Certo, così mi ritroverò nuovamente la casa in fiamme.» aveva risposto la
donna facendo arrossire l’uomo, chiaro segno che c’era una storia dietro quella
battuta, ma Merlyn non voleva indagare oltre. Un cambio di aria non le avrebbe
fatto male, magari si sarebbe pure dimenticata di Arthur una volta lontano e
lui si sarebbe potuto sposare tranquillamente con una fanciulla molto più bella
ed aggraziata di lei, come Evelune, la figlia del
fornaio. Oh, Merlyn come le invidiava i suoi lunghi capelli dorati, proprio
come quelli di Arthur.
L’uomo
sembrò incupirsi «Devi andare per forza? Camelot è pericolosa per la gente come
te.» disse mordendosi il labbro inferiore, temeva per quello che avrebbe potuto
capitarle se suo padre fosse mai venuto a sapere della sua natura, non credeva
il suo cuore avrebbe retto alla notizia che la sua amata fosse stata data alle
fiamme dal suo stesso padre.
«Saprò
cavarmela, spero solo di non incontrare il Re o il Principe.» rispose la
fanciulla «Sono sicura che il Prince Arhtur sia un
borioso pieno di sé, che tratta i suoi servitori male e che uccida senza alcuna
pietà tutti quelli come me. Una copia del padre, insomma.» aggiunse mentre
riprendevano a camminare alla ricerca di Anhora per
chiedergli se avessero passato la prova.
«Già,
deve essere proprio così.» sussurrò l’uomo consapevole che quello che Merlyn
aveva descritto era il Principe Arthur Pendragon di un anno fa, non aveva
sbagliato su nulla. Era un borioso, trattava male i suoi servitori, tanto che
doveva cambiarli a cadenza settimanale e le cose che aveva fatto ai campi
druidi per ordine del padre… Dio, Arthur aveva ancora gli incubi su quelle
battaglie.
Con la
coda dell’occhio vide una figura muoversi tra gli alberi «Merlyn, da questa
parte.» chiamò, ma quando si girò verso la ragazza notò che era scomparsa,
molto probabilmente aveva continuato a camminare mentre osservava la figura
muoversi tra le piante. Non poteva perdere tempo ed andare a cercarla, se
quello che aveva visto fosse stato Anhora avrebbe
dovuto seguirlo e subito.
Camminò
seguendo la figura, allontanandosi notevolmente dal sentiero, fino a
raggiungere una piccola radura. Sentì il sangue bollirgli nelle vene quando
vide l’uomo della sera precedente seduto tra del cibo fresco e soprattutto
senza alcuna famiglia da sfamare.
«Voi!»
accusò brandendo la spada, il suo orgoglio ferito per essere stato preso in
giro in quel modo «Come avete osato prendervi gioco di me?» domandò furibondo,
completamente accecato dalla rabbia.
L’uomo
rise, continuando ad intagliare un pezzo di legno «Siete veramente uno stolto,
dare via così il vostro cibo al primo uomo con una storia lacrimevole.»
commentò senza nemmeno guardarlo in faccia «Forse la prossima volta tornerò per
prendermi vostra moglie.» aggiunse finalmente alzando lo sguardo, un sorriso
malevolo dipinto in volto e Arthur sembrò iniziare a fumare dalle orecchie.
Minacciare la sua persona era un conto, nella vita aveva rischiato numerose
volte di finire nel mirino di qualche mal intenzionato, ma minacciare Merlyn
era completamente fuori discussione.
L’uomo si
alzò brandendo una spada, chiaramente intenzionato ad attaccare Arthur «Le dirò
di come tu abbia supplicato di non farle del male, piangendo come il più
ridicolo degli uomini, così saprà che suo marito era un codardo.» continuò a
tormentarlo mentre giravano in cerchio, le spade puntate l’una contro l’altra.
Arthur
non ci vide più dalla rabbia e caricò il colpo, fiondandosi a spada tratta
verso il nemico, con l’unico obbiettivo di porre fine alla sua vita. Come
poteva un semplice ladro permettersi di prendersi gioco di lui e minacciare
Merlyn? Non avrebbe mai permesso che qualcosa accadesse alla fanciulla, a costo
di ritrovarsi nuovamente, dopo tanto tempo, le mani sporche di sangue.
Il
combattimento non durò molto, Arthur essendo l’abile spadaccino che era riuscì
a spingere il suo avversario fino al tronco di un albero e poi porre fine alla
sua vita. Si sentì soddisfatto, immaginò suo padre congratularsi con lui per
aver fatto la cosa giusta. Aveva difeso il suo onore e la donna che
amava, che male c’era in quello che aveva fatto?
Al suo
fianco comparve Anhora, lo sguardo deluso e
amareggiato, ma non minimamente sorpreso «Avete fallito.» disse semplicemente,
le mani una dentro l’altra raccolte davanti al ventre, il cappuccio della veste
che gli copriva parzialmente il viso «Hai condannato le persone che ti sono più
care alla morte, Arthur Pendragon.» aggiunse con voce profonda, quasi
profetica.
Arthur
scosse la testa, incredulo «No, deve esserci un errore!» esclamò sentendo il
cuore farsi a pezzi al solo pensiero che i suoi amici sarebbero morti a causa
sua. Nessuno di loro se lo meritava, se qualcuno andava punito era unicamente
lui.
Anhora scosse
la testa «Hai ucciso un uomo innocente.» gli spiegò indicando il corpo esanime
del ladro prima di farlo scomparire con uno schiocco di dita «Avresti potuto
ignorarlo, continuare per la tua strada, ma hai ceduto alle sue provocazioni.
Il tuo orgoglio ha avuto la meglio.» lo accusò con sguardo duro.
Il
principe scosse nuovamente la testa, non riusciva a credere a quello che stava
sentendo «Non potevo ignorarlo, non quando ha minacciato Merlyn.» spiegò
sentendo il cuore battergli all’impazzata; forse si pentiva per aver ceduto
alla provocazione di essere stato additato come un credulone, ma non si sarebbe
mai pentito per aver difeso l’onore di Merlyn.
Il
Guardiano degli Unicorni spalancò leggermente gli occhi, sapeva della leggenda,
di come The Once and Future King ed Emrys fossero destinati a riunire
Albion e governare riportando la pace tra le loro terre, ma nessuno si sarebbe
mai aspettato un risvolto amoroso nella loro relazione. Lui insieme agli altri
anziani avevano interpretato la leggenda in modo che Emrys diventasse parte
della Corte, non la futura Regina di Camelot. In tutta verità si erano
aspettati un maschio, un uomo capace di avvicinarsi al Principe e guidarlo
attraverso l’amicizia verso la retta via, ma il Destino imprevedibile aveva
dato loro una donna.
Si
schiarì la voce, cercando di non far notare quanto fosse in realtà sorpreso «Avete
dimostrato che uccidereste un uomo per difendere l’orgoglio.» disse «Avete
fallito la prova.» aggiunse nuovamente.
«I miei
amici non hanno fatto nulla!» urlò frustrato abbandonando la spada a terra,
«Non ho causato io questa sofferenza.» ribadì Anhora con voce calma «Siete stato voi.» e scomparve
lasciando il principe di Camelot solo.
Merlyn
quasi non saltò nuovamente tra le braccia di Arthur quando lo vide emergere da
una radura. Si era persa, come suo solito, e quando aveva notato che l’uomo non
era più alle sue spalle si era spaventata, chiedendosi chissà quale cosa
potesse essere successa all’amico.
«Arthur,
grazie al cielo stai bene!» esclamò prendendogli una mano, ma notò
immediatamente che c’era qualcosa che non andava. L’uomo teneva lo sguardo
fisso a terra, il viso più pallido del normale, ma mano che tremava
leggermente.
«Ho
fallito.» le disse non capace di tenersi quella cosa dentro, non poteva mentire
a Merlyn, non quando le conseguenze delle sue azioni avrebbero affetto anche
lei.
La
ragazza gli prese il volto tra le mani, i pollici che si muovevano leggermente
come in una carezza «L’importante è che tu non sia ferito.» gli disse
nonostante capisse la gravità della situazione.
Ealdor
insieme ai suoi abitanti era destinata a morire, senza acqua e cibo, in
aggiunta alla povertà generale del terreno che li circondava non c’era modo di
sopravvivere alla maledizione.
Arthur
posò le sue mani su quelle della fanciulla ed abbassò le palpebre, non aveva
nemmeno il coraggio di guardarla e vedere il disappunto nei suoi occhi, sapeva
di averla delusa e si sentì molto peggio di quando deludeva suo padre.
«Andiamo a casa, Arthur, troveremo una soluzione, te lo
prometto.» sussurrò ancora più dolcemente, capiva perfettamente come si sentiva,
non le interessava se aveva fallito la prova, l’importante per lei era che
stesse bene e che nessuno l’avesse ferito.
Balinor
dovette richiamare a sé tutto il suo controllo per non saltare oltre il tavolo
e stingere la gola del ragazzino davanti a lui. L’idiota – sì, così Balinor
chiamava tutti gli amici di sua figlia – aveva appena comunicato a tutti di
aver fallito la prova e che erano praticamente tutti condannati a morte cerca
per mancanza di acqua e cibo.
Hunith
posò una mano sulla sua spalla, come a calmarlo, mentre con gli occhi guardava
Merlyn stringere la mano di Arthur sotto il tavolo. Ancora non si era abituata
all’idea che sua figlia fosse innamorata, era ancora così giovane, aveva avuto
un anno difficile alle spalle, ma non poteva nemmeno negare che approvava
Arthur. Era un ragazzo educato (quando voleva), il suo sguardo era quello di un
uomo innamorato ogni volta che si posava sulla figura di sua figlia ed in più
era un ottimo combattente e di quei tempi, con tutti quei banditi in giro, era
rincuorante sapere che con sua figlia ci fosse una persona capace di aiutarla
nel caso fosse finita nei guai.
Lancelot
era tranquillo, non era il tipo da mettersi a peggiorare la situazione già
critica di suo, ma certamente non si poteva dire lo stesso di Gwaine, il quale
aveva iniziato a camminare avanti ed indietro per la casa di Meryln borbottando assurdità ed imprecando di tanto in
tanto contro Arthur. Parsifal stava seduto tranquillo in un angolo, ma con lo
sguardo seguiva il suo amico e cercava di catturare il suo sguardo per
sussurrargli di stare calmo e sedersi accanto a lui.
«Troveremo
una soluzione.» disse Merlyn sicura di quello che stava dicendo. Forse con la
sua magia poteva riuscire a far ricrescere il tritico e trasportare grandi
quantità di acqua per riuscire a distribuirne per tutti gli abitanti di Ealdor.
C’era sempre una soluzione ad un problema, sua madre glielo diceva sempre.
Balinor
sospirò pesantemente, sua figlia era un’incorreggibile ottimista, proprio come
la madre «Merlyn, tesoro, non c’è nulla che possiamo fare, Arthur ha fallito la
prova.» disse in tono dolce, lo usava solamente con le sue due ragazze, gli
amori della sua vita.
La
ragazza scosse la testa e si alzò in piedi «La troverò.» e senza dare il tempo
a nessuno di dire parola corse fuori dalla piccola casa.
Balinor,
Arthur e Gwaine si fiondarono sulla porta, ma vennero bloccati da Hunith,
l’unica veramente consapevole del fatto che Merlyn in quello stato avrebbe
colpito chiunque con la sua magia per quanto era nervosa. Troppe volte era
capitato con Will per i suoi gusti, il ragazzo doveva aver avuto come minimo
cinque concussioni gravi nell’arco della sua vita.
Lancelot
scosse leggermente la testa e Parsifal sorrise ai bronci che misero su gli
uomini «Ognuno a casa propria.» comandò Hunith brandendo a mo’ di spada il
mestolo con cui stava preparando la cena.
Nessuno
osò obbiettare, anche se lo scintillio negli occhi di Arthur e Gwaine fecero
sospirare il povero Lancelot, il quale era sicuro sarebbe dovuto finire a fare
da guardia a quei due idioti per evitare che scappassero. Batté una mano sul
petto di Parsifal indicandogli con la testa il suo coinquilino e l’omone capì
al volo, di fatti si diresse verso il castano e lo sollevò fino a buttarselo
oltre la spalla, in modo che non potesse scappare. Lancelot si limitò a posare
fermamente una mano sulla spalla di Arthur e salutando Hunith e Balinor
uscirono di casa.
I quattro
uomini si fermarono davanti casa di Lancelot, quella centrale, e si guardarono
in silenzio per alcuni secondi.
«Merlyn
sa cavarsela, non disperate.» provò a rincuorarli Parsifal prima di afferrare
Gwaine per la spalla per guidarlo fino alla loro casa.
Lancelot
guardò Arthur, il quale era concentrato a guardare verso il limitare della
foresta, come se stesse pensando di fare uno scatto e correre via alla ricerca
di Merlyn «Ti va se la aspettiamo insieme? Posso offrirti un pezzo di pane e
del porridge per cena.» lo invitò Lancelot ben sapendo che non era
assolutamente un tipo di cena degna del principe di Camelot, ma non aveva nulla
di meglio da offrirgli.
Arthur scosse leggermente la testa, distogliendo lo
sguardo dalla foresta «Certo, mi farebbe molto piacere.» rispose seguendolo
dentro la sua abitazione. Non poteva fare nulla, poi, se si fosse avventurato
nel bosco, Merlyn e Hunith non glielo avrebbero mai perdonato.
Gli
stivali si erano decisamente rovinati, ogni passo sul terreno umido comportava
al bagnarsi dei suoi calzettoni, appena tornata a casa si sarebbe accesa un bel
fuoco per riscaldarsi.
«Anhora!» chiamò per quella che sembrava la centesima volta,
doveva assolutamente parlargli, Arthur aveva fallito la prova, ma poteva dargli
anche un’alta possibilità, lo avrebbe implorato.
«Anhora!» riprovò scendendo verso una radura, attenta a non
scivolare rovinosamente a terra rischiando di rompersi qualche osso.
L’uomo
apparve davanti a lei facendola sussultare «Mi cercavi?» domandò mantenendo un
tono neutrale, la conoscenza che la donna davanti ai suoi occhi fosse Emrys non
doveva in alcun modo influenzare il suo comportamento nei suoi confronti.
Merlyn lo
guardò attentamente, l’uomo non sembrava pericoloso e non le dava alcuna brutta
sensazione, sembrava solamente addolorato per la morte dell’unicorno.
«Sono qui
per chiedervi di dare ad Arthur un’altra possibilità. Le persone stanno male,
presto moriranno di fame.» disse sostenendo il suo sguardo «O ponete fine a
questa maledizione.» aggiunse come alternativa.
«Non
posso annullare la maledizione. Credetemi.» rispose l’uomo «Avete fede in
Arthur?» domandò scrutandola nel profondo dei suoi occhi azzurri.
«Gli
affiderei la mia vita.» rispose la fanciulla con la più completa sincerità.
Arthur poteva averle anche puntato un coltello alla gola, ma sapeva che
brav’uomo fosse, glielo dimostrava ogni giorno da quando erano scappati
dall’Arena.
Anhora sembrò
pensarci su, come se stesse per rifiutare la sua richiesta. Merlyn strinse i
pugni fino a sentire le unghie aprirle leggermente la pelle dei palmi.
«Arthur deve recarsi al Labirinto di Gedref.
Lì affronterà la prova finale.» concesse e Merlyn lo vide scomparire da davanti
i suoi occhi prima di ricomparire alle sue spalle «Se dovesse
fallire, non ci sarà più speranza. La maledizione distruggerà Ealdor e i
villaggi vicini.» l’avvisò prima di andarsene definitivamente. Merlyn si guardò
intorno, confusa, chiedendosi che tipo di test avrebbe dovuto affrontare il suo
amico.
«Quindi,
tu e Merlyn…» buttò lì Lancelot mentre sorseggiavano del tea serale, ancora in
attesa del ritorno della fanciulla.
Arthur
per poco non si strozzò in modo poco regale, suo padre lo avrebbe diseredato
per un comportamento del genere «Io e Merlyn niente, Lance.» rispose
rifiutandosi categoricamente di guardarlo in viso. Poteva mentire quanto
voleva, le parole che uscivano dalla sua bocca erano completamente prive di
sentimento, ma i suoi occhi avrebbero detto quello che la voce negava.
Il
castano sorrise nascondendosi dietro il suo bicchiere «Insomma, ormai Merlyn è
una donna, molto bella aggiungerei.» disse continuando a godersi il viso di
Arthur andare in fiamme «Chi lo sa, forse quando sarà a Camelot un bravo uomo
con un buon lavoro la sposerà, forse potrebbe riuscire a conquistare anche il
principe di Camelot!» lo provocò ben sapendo che il principe era già più bello
che andato per la dolce maga.
«Non dire
sciocchezze, come se un principe potesse sposare una semplice contadina.» lui lo
sapeva bene, la sua cotta per Gwen l’aveva messa in molti casini per quante
volte Uther aveva rischiato di scoprirli. E Gwen era una semplice ragazza di
Camelot, Merlyn invece era una maga, figlia di uno stregone esiliato e
perseguitato dai cavalieri di Camelot. Oh, poteva immaginare le risate che si
sarebbe fatta Morgana nel sapere che era innamorato perso per una maga, trovava
sempre un particolare piacere nel vederlo soffrire ed imbarazzarsi.
Lance
annuì «Ma ricordati che un principe poi alla fine diverrà re, allora potrà
sposare chi vuole. Sarà lui la Legge, nessuno lo ostacolerà.» provò a
suggerirgli mentre ravvivava il fuoco.
«Nessuno
sano di mente chiederebbe ad una fanciulla come Merlyn di aspettarlo per anni,
lei si merita molto di più che di un principe rammollito che non riesce a
contrastare il volere di suo padre.» borbottò senza nemmeno rendersi conto che
stava per far saltare la sua copertura con Lancelot, il solo pensiero che
Merlyn potesse trovare marito a Camelot lo imbestialiva. Oh, sapeva benissimo
cosa i suoi cavalieri cercavano in una donna, per lo più innamorati di Morgana,
e Merlyn aveva le sue stesse caratteristiche! Lunghi capelli neri, pelle bianca
e labbra rosee. Quello che Morgana non aveva era la dolcezza dei lineamenti, la
gentilezza e l’altruismo di Merlyn.
«Sai,
credo che se Merlyn si innamorasse veramente tanto del principe sarebbe
disposta ad aspettare decenni per amarlo come merita. Lei è comprensiva,
perdonerebbe tutto alla persona che ama.» provò ancora sentendosi un po’ Cupido,
i suoi studi di letteratura greca che sua madre aveva insistito a fargli fare
stavano dando i suoi frutti.
Arthur
posò la tazza sul tavolino tra le due sedie «Ma non lo merita.» rispose
passandosi una mano tra i capelli «Poi sono sicuro che Gwaine andrà con lei,
talmente è innamorato.» aggiunse cercando di non essere geloso di uno dei suoi
amici.
Lancelot
tornò a sedersi accanto a lui «Sai, all’inizio pure io mi sono innamorato di
Merlyn, come tutti d’altronde.» rise ricordandosi come tutti i gladiatori
provavano ad attirare l’attenzione della bella guaritrice «Ma poi ho capito che
non è fatta per me e sai chi altro l’ha capito? Gwaine.» aggiunse riprendendo
la sua tazza, doveva finire il tea prima che diventasse troppo freddo «Anche
perché nessuno di noi è mai riuscito a fare breccia nel suo cuore.».
Il
principe guardò l’amico leggermente confuso, sapeva che gli altri gladiatori
avevano una cotta per Merlyn, alcuni si ferivano a vicenda per andare nel suo studio,
ma non si sarebbe mai aspettato che anche Lancelot fosse caduto nella rete di
innamorati della fanciulla. Dio, Arthur era così frustrato, aveva concorrenza
in ogni angolo! Poi aveva visto come la trattavano i ragazzi di Ealdor e non
aveva potuto fare a meno di arrabbiarsi, Merlyn non meritava di essere trattata
in quel modo e Will era indecifrabile, non riusciva a capire se provasse della
semplice e profonda amicizia o amore per la maga.
«Gwaine
non è più innamorato di lei?» domandò confuso. Eppure
lo sentiva come le parlava, le smancerie, le provocazioni, sembrava essere
intenzionato a renderla sua sposa ad ogni costo e lui non poteva mettersi in
mezzo, non avrebbe mai tradito un amico anche se voleva dire perdere quella che
poteva essere l’amore della sua vita.
Lancelot
scosse la testa «No, Gwaine è un uomo che non si accontenta di una sola donna.»
rispose ricordandogli gli innumerevoli racconti delle sue notti con giovani
fanciulle cadute tra le sue braccia tra una taverna e l’altra. I suoi racconti
erano molto dettagliati, Parsifal aveva dovuto più volte tappargli la bocca.
«L’altro
giorno ti ho confessato in confidenza di essere innamorato di lei, vorrei che
rimanesse comunque una cosa tra noi due.» disse il principe iniziando a sentire
una certa pressione da parte dell’uomo.
«Certo, Arthur, sai che di me ti puoi fidare e…» stava
per aggiungere che Merlyn era a sua volta innamorata di lui quando il biondo
corse fuori dalla porta facendolo spaventare. Seguendolo lo vide andare verso
Merlyn, quando la raggiunse le prese il volto tra le mani, spostandole i
capelli dal viso, li vide guardarsi negli occhi fronte contro fronte, le mani
di lei a stringerli le spalle, come due innamorati e Lancelot non poté fare a
meno di scuotere la testa, quei due erano completamente irrecuperabili, qualcuno
doveva dare loro una mano, al Diavolo quello che suo padre aveva detto
sull’intromettersi.
«No, tu non verrai.» disse Arthur alle prime
luci dell’alba mentre si preparava per il suo viaggio, il labirinto di Gedref era nel suo regno, questo voleva dire che a cavallo
ci avrebbe messo meno di mezza giornata, non era poi così lontano.
Merlyn lo
stava aiutando a mettersi l’armatura, era meglio prevenire che curare in quanto
non sapevano a quale prova stesse andando incontro.
«E se
avessi bisogno di me? Posso aiutarti con la magia.» disse la fanciulla
completamente in preda alla rabbia, non voleva assolutamente che l’uomo andasse
da solo, non poteva fidarsi di Anhora.
Arthur le
prese le mani tra le sue «Merlyn, ti prometto che tornerò a casa e la maledizione
sarà spezzata, ma devo farlo da solo, è la mia prova, non la tua.» provò
a farla ragionare e prima che il suo cervello potesse bloccare il comando portò
le labbra sul dorso della mano della fanciulla, un gesto cavalleresco alla
quale non era abituata.
Merlyn
arrossì, ma cercò di non darlo a vedere, spostò lo sguardo, osservando fuori
dalla piccola finestra Will tenere le redini del cavallo che Matthew aveva
gentilmente concesso.
«Fino al
tramonto, Arthur, poi verrò a cercarti, a costo di camminare per due giorni
senza sosta.» gli disse sentendo che in quel momento non doveva trattarlo come
suo solito, si era innamorata di lui ed era preoccupata, non poteva pensare
anche a tenere su una recita sul non sopportarlo.
«Non ce
ne sarà bisogno.» la rassicurò dandole un’impacciata pacca sulla spalla, ora
più consapevole di Balinor che li guardava attraverso la porta socchiusa.
Arthur
montò a cavallo e guardò nuovamente Merlyn «Sistemerò tutto, te lo prometto.»
disse prima di spronare il cavallo e partire verso Gederf.
Hunith si
avvicinò alla figlia e le posò le mai sulle spalle «Stai tranquilla, tesoro,
Arthur saprà cavarsela.» la rassicurò mentre tutti gli abitanti di Ealdor
spiavano quello strano gruppo da dietro le tende e le porte.
Merlyn annuì sorridendo alla madre, cercò di nascondere
quanto in verità fosse preoccupata, guardò un’ultima volta alle sue spalle,
cogliendo appena la figura di Arthur scomparire oltre la fitta foresta.
Gwaine
entrò in casa di Merlyn tenendo tra le mani il maglione che aveva trovato a
casa sua, era venuto a ringraziarla, ma nel piccolo salotto c’erano solamente
Balinor e Hunith che parlavano amorevolmente tenendosi per mani.
Gwaine si
sentì quasi a disagio, come se avesse beccato i suoi di genitori ad
amoreggiare.
«Scusate
l’intrusione, stavo cercando Merlyn.» disse mostrando il maglione verde che
avrebbe sicuramente indossato durante l’inverno, se ci sarebbero arrivati,
ovviamente.
Hunith
inarcò un sopracciglio preoccupata «Ma come? Mi aveva detto che veniva da te e
Parsifal per prendersi un tea.» disse alzandosi in piedi, correndo fuori dalla
porta per andare a controllare una cosa.
Balinor
si alzò a sua volta, senza sapere dove la sua amata si fosse diretta e guardò
Gwaine, ma entrambi avevano un presentimento «Ha seguito Arthur, c’era da
aspettarselo.» commentò Balinor incominciando a venire a patti con il fatto che
la sua adorata figlia si fosse innamorata di quel biondo che più passava il
tempo e più gli ricordava qualcuno, ma non aveva ancora capito chi.
«Sicuramente.»
lo assecondò Gwaine senza sentirsi geloso per la prima volta, ormai la sua
cotta era completamente passata, si era ritrovato a rivolgere le sue attenzioni
su un’altra persona di recente.
Hunith
tornò tenendosi le mani strette al petto «Uno dei cavalli non è più nella
stalla, deve essere andata dietro ad Arthur.» avvisò informandoli di quello che
i due uomini già ben sapevano.
«Non
preoccuparti, mia diletta, nostra figlia sa come cavarsela.» la rincuorò
Balinor stringendola tra le sue braccia. Poteva solo immaginare come si
sentisse, in quell’ultimo anno aveva passato già fin troppo tempo lontana da
Merlyn e tra poco avrebbe dovuta lasciarla andare per iniziare la sua vita a
Camelot, era plausibile che volesse averla sempre con sé e soprattutto fuori
dai guai.
Hunith annuì ricordandosi che Merlyn sapeva cavarsela da
sola e sapeva anche che Arthur l’avrebbe protetta.
Merlyn
vide in distanza Arthur entrare nel labirinto, visto dall’alto sembrava
infinito, il pensiero di entrare e non saperne più come uscirne le attanagliò
il cuore. In un posto del genere Anhora poteva aver
messo chissà quale trappola.
Spronò il
cavallo e si avvicinò all’entrata dove il cavallo di Matthew riposava
tranquillo, in attesa del ritorno dell’uomo.
Il suo
vestito non la aiutava, continuava ad impigliarsi con i piccoli rametti a
terra. Non si era messa il suo tipico abbigliamento da viaggio per non destare
sospetti, aveva avvertito i suoi genitori che sarebbe andata a casa di Gwaine e
Parsifal, vederla uscire con abiti del genere avrebbe dato via le sue vere
intenzioni.
Più
camminava e più si sentiva nervosa, essere circondata da quelle alte siepi la
stavano facendo impazzire, si sentiva nuovamente in trappola, come nell’Arena.
Si fermò prendendo dei profondi respiri, si sentiva come se le mancasse l’aria,
come se le siepi si sarebbero chiuse sopra di lei privandole della luce del
Sole. Fece un balzo all’indietro quando davanti ai suoi occhi vide la figura di
Cenred.
L’uomo
era immobile, sul viso un sorriso maligno circondato dai neri capelli sporchi.
Quando fece dei passi indietro la figura sembrò animarsi, venendole incontro.
Chiuse
gli occhi mentre le spalle incontravano una siepe, segno che si trovava in un
vicolo cieco. Quando li riaprì al posto di Cenred c’era Valiant,
il quale si muoveva molto più veloce, le mani già protese verso di lei come se
volesse prenderla e farle quello che aveva sempre desiderato.
«Merlyn.»
la voce di Anhora la riportò alla realtà, davanti a
lei non c’era nessuno, le siepi non si stavano chiudendo sopra di lei e il
respiro sembrava esserle tornato. Si portò una mano sul cuore, come per
calmarlo, promettendosi che una volta tornata a casa ne avrebbe parlato con la
madre, sicura che avrebbe saputo come aiutarla.
Camminò
ancora a vuoto, fino a girare trovandosi faccia a schiena con Anhora.
«Dicevate
che Arthur avrebbe affrontato una prova e siete qui per tendergli una
trappola.» lo accusò sentendosi bollire dalla rabbia, che le sue visioni
fossero frutto della magia del Guardiano degli Unicorni? L’uomo si girò,
rivelandosi tenere una spada tra le mani.
«La trappola non è per Arthur: è per te.» disse prima che
le radici delle siepi la intrappolarono. L’ultima cosa che vide fu il volto di Anhora completamente privo di emozioni.
Sedere su
quel piccolo ceppo di legno era forse la cosa più scomoda che aveva fatto in
quegli ultimi mesi, senza contare le varie fughe e combattimenti. Stavano
aspettando in religioso silenzio l’arrivo di Arthur, Merlyn ancora non aveva
idea di quale sarebbe stata la prova.
Il suo
vestito era completamente rovinato, la gonna era stata lacerata dalla pianta,
il corpetto si era leggermente slacciato e aveva i capelli pieni di foglie e
arruffati.
Non aveva
mosso un muscolo da quando si era risvegliata in quel posto e Anhora aveva fatto lo stesso.
Il rumore
del mare le riempiva le orecchie e pensò a quanto sarebbe stato bello potersi
tuffare e nuotare spensierata, facendosi cullare da quelle dolci onde. Era la
prima volta che vedeva il mare, sua madre le aveva raccontato di quando lei
c’era stata da piccola, in uno dei viaggi con il padre, ma quello che aveva
davanti ai suoi occhi batteva alla gran lunga qualsiasi racconto.
«Merlyn?»
la voce di Arthur ruppe il filo dei suoi pensieri. Si girò a guardarlo e non poté
evitare di notare quanto fosse arrabbiato nel vederla lì.
Arthur
non era semplicemente arrabbiato, era a dir poco furioso. Davanti a sé aveva
una Merlyn completamente in disordine, i vestiti ridotti ad uno straccio e gli
occhi lucidi. Desiderò con tutto il cuore affondare la sua spada nel petto di Anhora, ma la violenza lo aveva messo nei guai
precedentemente e non avrebbe fatto lo stesso errore.
«Mi
dispiace.» disse la ragazza con un labbro tremante, ad Arthur gli fece
letteralmente male al cuore vederla così, poteva percepire quanto fosse
stressata la ragazza.
«Lasciala
andare.» disse al vecchio «Affronterò la tua prova ma lei dev’essere liberata.»
aggiunse cercando di darsi un tono.
«Questo
non è possibile. Merlyn fa parte della vostra prova.» rispose Anohra «Sedetevi, per favore.» aggiunse indicandogli il
ceppo di legno dalla parte opposta alla fanciulla.
Arthur
esitò «Se voi non affrontate la prova, Ealdor verrà distrutta.» disse il
Guardiano convincendo l’uomo a sedersi. Posò la spada sopra il tavolo in un
gesto provocatorio e facile da afferrare nel caso lo stregone avesse provato ad
attaccarli.
«Credo di
averti detto di rimanere a casa, Merlyn.» le disse con tono duro, non gli
piaceva per niente averla lì in quella situazione pericolosa, quale uomo
avrebbe voluto che la donna che amava fosse in pericolo per colpa sua? Nessuno,
ecco chi.
Merlyn
non rispose, deglutendo a vuoto.
Arthur
lasciò perdere e si rivolse ad Anhora «Cominciamo.».
«Ci sono
due calici davanti a voi. Uno dei due contiene un veleno mortale, l’altro un
liquido innocuo. Il liquido di entrambi i calici deve essere bevuto, ma ognuno
di voi potrà bere da un solo calice.» spiegò Angora indicando i due calici sul
tavolo.
Arthur
fece una faccia confusa «Che razza di prova ridicola è questa? Che cosa
proverebbe?» domandò più arrabbiato che confuso. Non voleva perdere tempo
quando ad Ealdor le persone pativano la sete e la fame.
«Questo
sta a voi deciderlo.» rispose enigmatico l’uomo «Se la supererete la maledizione
verrà annullata.» aggiunse come ultima cosa.
Arthur e
Merlyn si guardarono, ora più preoccupati, nessuno dei due si aspettava che la
prova avrebbe comportato la morte di uno dei due.
«Pensiamoci
bene, Arthur.» esordì la donna sistemandosi leggermente a disagio il corpetto,
il quale lentamente si stava aprendo mettendo in mostra più clavicola di quanto
fosse accettabile «Ognuno di noi può bere da solo un bicchiere, ma se io bevo
per prima e non trovo il veleno allora tu morirai.» disse guardando i due
calici.
Arthur
provò con tutte le sue forse a non guardare la stoffa del corpetto aprirsi
sempre di più, tra l’altro l’aveva già vista senza vestiti, quindi nulla di
nuovo. Però era così difficile concentrarsi in quel modo «Esatto, ma potresti
prendere anche quella con il veleno e morire.» la corresse.
«Di certo
la tua vita vale più della mia.» borbottò la giovane credendo di non essere
sentita.
«Non dire
sciocchezze, Merlyn, senza di te sarei già morto, quindi dovrò essere io a bere
il veleno.»
«Andiamo,
Arthur, non essere sciocco. Tu sei un uomo, abile con la spada, potresti
diventare un cavaliere e proteggere dei poveri cittadini per quello che ne so.
Io invece sono solo una maga, la gente cerca la gente come me per darci fuoco,
tanto vale morire avvelenata.»
«Merlyn,
ascoltami chiaramente, tu non morirai. Sarà io a bere quel veleno, è la mia
prova. Tu andrai a Camelot, diventerai un medico sotto la guida di Gaius e aiuterai un sacco di gente. Servi più tu al mondo
che un uomo che maneggia una spada.»
«No, lo
berrò io. Non potrei mai sopportare se qualcosa ti accadesse per colpa mia.»
«Lo
stesso vale per me!»
Anhora iniziava
a sentirsi leggermente di troppo, ma non poteva nemmeno intervenire. Si vedeva
che erano giovani, sciocchi e innamorati. Si schiarì la voce, cercando di
riportare all’attenzione il principe ed Emrys.
Merlyn lo
fulminò con lo sguardo «Okay, qui ci vuole un po’ di logica, quindi il lavoro
spetta a me.» disse offendendo il ragazzo, posò entrambe le mani sui colli dei
calici e se li portò davanti.
«Un
calice, una persona.» disse lentamente e sembrò illuminarsi «Certo! Ecco cosa
dobbiamo fare.» esordì versando il contenuto di un calice nell’altro «Ora siamo
sicuri che è avvelenato.» confermò orgogliosa di aver risolto il problema.
Arthur
sentì il cuore battergli nelle orecchie, vedere le mani di Merlyn stringere il
calice pieno di veleno lo fece preoccupare «Attenta!» urlò indicando dietro di
lei, la fanciulla lasciò andare il calice per girarsi pronta ad usare la magia
per bloccare qualsiasi creatura stesse per attaccare loro. Non vide nulla, alle
sue spalle c0era solamente sabbia bianca e il mare. Tornado a guardare Arthur
lo vide con il calice.
«No,
Arthur, non puoi farlo! Lo berrò io!» urlò spaventata.
«Come se
te lo permettessi.» rispose il principe sentendo per la prima volta in vita sua
di star facendo la cosa giusta. Se davanti a lui ci fosse stato Morris gli
avrebbe fatto bere tranquillamente da quel calice.
«Arthur,
per favore.» ora Merlyn stava piangendo e Arthur sarebbe morto con
quell’immagine impressa nella mentre.
«Sono
felice che ci sia tu qui con me, colgo anche l’occasione per dirti che…» si
bloccò, era giusto confessare il suo amore quando da lì a pochi secondi sarebbe
morto? Dio, non l’aveva nemmeno mai baciata «… ti amo.» concluse bevendo tutto
in un solo sorso. L’ultima cosa che sentì fu l’urlo straziante della ragazza.
Merlyn si
alzò vedendo il corpo di Arthur cadere a terra.
«Arthur,
ti prego, svegliati!» ormai stava piangendo «Non puoi dirmi di amarmi e poi
morire, perché ti amo anch’io!» lo scosse con più forza «Cosa gli avete
fatto?!» ora si rivolse contro il Guardiano degli Unicorni «Ti prego, ti
scongiuro, fate qualcosa, non lasciatelo morire!» pregò asciugandosi le lacrime
«Prendete la mia vita, non la sua, per favore!» supplicò alzandosi in piedi.
«Non
posso fare nulla, questa era la prova di Arthur.» rispose Anhora
«E non è morto: ha solo assunto un sonnifero. Si sveglierà presto.» confessò in
fine.
Merlyn lo
guardò confuso, si asciugò il viso con le maniche del vestito «Cosa?» domando
credendo si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto.
«Un unicorno è puro di cuore. Se ne uccidi uno, devi fare
ammenda provando che anche tu sei puro di cuore.» spiegò «Arthur avrebbe
sacrificato la sua vita per salvare la tua. Ha dimostrato ciò che davvero c’è
nel suo cuore.» si avvicinò a lei lentamente «La maledizione è annullata.» la
informò prima di scomparire nuovamente, lasciandola sola.
Arthur
aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu una luce accecante e poi tra tutta
quella luce comparve il dolce viso di Merlyn «Sono in Paradiso?» chiese
piuttosto sorpreso, non si aspettava certo di finire tra i Beati dopo tutte le
persone che aveva ucciso nel nome di Camelot.
«No,
testa di fagiolo, sei ancora tra i vivi.» rispose la fanciulla arrossendo,
l’aveva scambiata per un angelo, poteva permettersi di imbarazzarsi.
Lo aiutò
a sedersi e gli passò dell’acqua che Anhora aveva
avuto la gentilezza di lasciare. Lo aiutò a bere, aspettando che fosse lui a
parlare per primo, infondo aveva iniziato lui a dichiararsi.
Arthur si
sentiva leggermente in imbarazzo, aveva confessato il suo amore perché in punto
di morte, ora come avrebbe potuto guardarla in faccia senza sentirsi un
verme? Non ci voleva un genio per capire che la ragazza non lo ricambiava,
sicuramente le piacevano le persone gentili e belle come Lancelot. Cosa gli era
saltato in mente, dannazione? Dichiararsi e ora vivere per l’umiliazione di
essere rifiutato dalla ragazza più spettacolare che avesse mai conosciuto.
Merlyn
sembrò vedere il cervello di Arthur lavorare tanto che mossa dalla tenerezza
gli afferrò il viso e lo baciò. Fu un semplice bacio, a stampo, forse più
violento di quanto volesse, ma era il suo primo bacio, non era esperta!
Arthur
inizialmente fu preso molto alla sprovvista, non aveva idea di cosa stesse
succedendo; poi capì che Merlyn lo stava baciando. Per davvero. Lo stava
baciando.
«Ti amo
anch’io.» sussurrò abbracciandolo, nascondendo il viso per non fargli vedere
quanto fosse diventata rossa. Arthur ricambiò l’abbraccio, sentendo di poter
toccare il cielo con un dito, ora sì che non sarebbe mai più tornato a Camelot,
poteva già vedere la sua vita con lei ad Ealdor.
«Ti amo.»
ripeté anche lui cercando nuovamente il suo viso per baciarla ancora e ancora.
Voleva baciarla fino alla fine dei tempi, ma dovevano tornare a casa.
Quando si
furono calmati i due si incamminarono nuovamente all’interno del labirinto
tenendosi per mano.
Andava tutto bene.
Hunith
sorrise battendo una mano sul petto dell’amato «Guarda là.» disse indicandogli
i due ragazzi scendere da cavallo, i loro sguardi dicevano tutto, non c’erano
bisogno di parole. Balinor sorrise sconfitto, non poteva certamente impedire a
sua figlia di amare quel ragazzo, non avrebbe di certo fatto alcuna differenza
la sua approvazione. Merlyn era ormai una donna matura, più mature di tutte le
altre ragazze del villaggio e Balinor doveva semplicemente accettare il fatto
che si sarebbe imparentato a quel ragazzino. Meglio Arthur che Gwaine, si
disse.
«Forse
presto ci sarà un matrimonio.» disse Hunith «Forse, e sentimi bene forse,
se dovessero sposarsi potrei lasciar perdere l’idea di mandarla da Gaius e potrai insegnarle tu a controllare i suoi poteri.
Poi dovresti anche raccontarle cos’è oltre ad una maga.» sussurrò la donna
nonostante non ci fosse nessuno in casa oltre loro due.
Balinor
annuì «Non credi che sia troppo presto per maritarla?» domandò quasi non
dispiacendosi più all’idea di vederla partire per Camelot.
Hunith
sorrise «Oh, andiamo, avevo la sua età quando ti ho conosciuto.» gli ricordò
con gli occhi che brillavano al ricordo, non potrà mai scordare quella sera che
lo ha ospitato in casa sua, si era innamorata a prima vista.
L’uomo la
baciò, il ricordo vivo nel suo cuore, l’unica cosa che in quegli anni da
eremita lo avevano tenuto sano con la mente.
«Il Destino guiderà loro.» concluse guardando sua figlia sorridere
al biondo.
Arthur
posò il corno sul terreno della radura «Scusami, non avrei mai dovuto
ucciderti.» disse provando del vero rimorso. Anche se quella vicenda si era
conclusa in modo molto più che positivo per lui si sentiva in dovere di fare
ammenda.
Meryln aveva
ragione, uccidere animali per puro divertimento era immorale, da quel giorno in
poi si sarebbe dedicato alla caccia solamente con lo scopo di nutrirsi quel che
bastava.
La
ragazza gli prese una mano e gli sorrise, orgogliosa che l’uomo avesse capito
il suo errore e che stesse cercando di onorare la creatura.
«Guarda.»
la maga indicò dall’altra parte della radura, un unicorno li stava guardando.
«Quando
colui che uccide l’unicorno dimostra di essere puro di cuore, l’unicorno vive
di nuovo.» la voce di Anhora riempì la radura, ma
l’uomo non si fece vedere.
Merlyn
posò una mano sul cuore di Arthur «Sei stato bravo.» gli disse prima di
mettersi in punta di piedi per dedicargli un dolce bacio all’angolo della
bocca.
Il
principe sorrise, sentendosi finalmente amato e nel posto giusto.