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Autore: Sel Dolce    01/03/2022    0 recensioni
[Merthur | AU | Rating Arancione | Fem!Merlin ]
Dal capitolo nove:
«Merlyn, tu sei la donna più insopportabile che io abbia mai conosciuto.» cominciò, completamente preso dall’improvvisazione, non aveva pensato a prepararsi un discorso «La prima volta che ci siamo conosciuti ti ho quasi tagliato la gola e tu non hai battuto ciglio. In quel momento ho capito che eri speciale – per non dire strana – ed ho iniziato ad osservarti.» stava andando decisamente male, qualcuno doveva sfondare la sua porta e tappargli la bocca in quel preciso istante «Non capivo cosa tutti ci trovassero in te, chiunque passasse sul tuo cammino si innamorava come il più sciocco degli uomini.» veramente, Arthur pregò che Gwaine entrasse e lo stordisse, quel discorso faceva schifo.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hunith, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Merlyn cadde di faccia, finendo con lo sbattere il viso contro le radici sporgenti di un albero.

Arthur si girò di scatto, visibilmente infastidito dal continuo far rumore della ragazza, la quale faceva scappare tutti gli animali che il principe stava cercando di uccidere per poter avere una cena decente.

«Faresti silenzio, Merlyn?!» le domandò raccogliendola da terra, assicurandosi che non si fosse fatta realmente male.

La ragazza si pulì i vestiti con le mani, ignorando completamente lo sguardo infastidito dell’uomo. Arthur le aveva chiesto di accompagnarlo per aiutarlo a portare le povere vittime a casa, in quanto tipicamente da solo doveva fare due viaggi.

«Non ti basta del porridge? Perché devi uccidere degli animali innocenti?» domandò chiese imbronciata. Nonostante apprezzasse le sue doti di cacciatore, chiara dimostranza di essere in grado di procurare del cibo per la sua famiglia, non condivideva la quantità di animali che uccideva. Bastava un cervo per sfamare tutti i suoi amici e anche Merlyn con la sua famiglia, quindi perché prendersela anche con dei poveri conigli?

Arthur le arruffò i capelli, iniziando a camminare «Abbiamo bisogno di mangiare anche della carne per mantenerci in forze, Merlyn, tu che sei medico lo dovresti sapere meglio di noi.» rispose cercando di ritrovare il cervo che era scappato dopo che la fanciulla era graziosamente caduta a terra facendo rumore.

La maga borbottò qualcosa che non riuscì a capire, il principe la ignorò. Continuarono a camminare sempre più verso l’interno della foresta, gli uccelli cantavano allegramente in cima agli alberi.

Sentì qualcosa muoversi alla sua destra, tra i cespugli alti. Merlyn guardò Arthur continuare a camminare in avanti, possibile che non l’avesse sentito? Lo lasciò andare, desiderosa di scoprire da sola cosa avesse fatto rumore, non era poi completamente indifesa.

Si ritrovò in una radura che non aveva mai visto prima nelle sue esplorazioni, c’erano fiori di qualsiasi specie e colore, delle farfalle volavano loro intorno. Sembrava essere in un posto completamente diverso da quello in cui si trovava prima, aveva un qualcosa di magico.

Posò a terra la sacca che conteneva le conquiste di Arthur e si avvicinò al centro della radura. Si guardò introno sentendo uno strano calore avvolgerla. Sentì qualcosa muoversi alle sue spalle, quando si girò si trovò davanti una creatura maestosa.

Sembrava un cavallo, aveva il manto bianco, la criniera sembrava fatta da fili d’oro, l’unica cosa strana era quel corno che faceva la sua bella figura sulla fronte dell’animale. Merlyn non aveva mai visto nulla del genere, era semplicemente esterrefatta.

Alzò lentamente una mano, desiderando con tutto il cuore poter toccare quella creatura mistica. Lo guardò dritto negli occhi, come per fargli capire che non era intenzionata a fargli alcun male.

Era proprio sul punto di toccarlo quando sentì il chiaro rumore di una freccia fendere l’aria, subito seguito dal tonfo dell’animale che cadeva a terra. La fanciulla si precipitò sulle ginocchia accanto al muso della vittima, toccandolo con mani tremanti, incapace di credere che qualcuno potesse essere stato in grado di fargli del male.

Merlyn odiava gli uomini e la caccia!

Sentì dei passi avvicinarsi e quando voltò lo sguardo vide che l’uomo senza cuore che aveva ucciso quella creatura era Arthur «Cos’hai fatto?» gli domandò con la voce spezzata dalle lacrime.

Il biondo la guardò di traverso, non sembrava minimamente disturbato dalla brutalità che aveva appena compiuto «Questo è un unicorno, Merlyn, non potevo lasciarmelo sfuggire.» le disse ben sapendo di quale animale si trattasse. Gaius gli aveva insegnato più cose sugli animali magici, lo aveva addestrato a distinguere i suoi rivali magici nella foresta, ovviamente dietro ordine di suo padre.

La fanciulla si alzò con rabbia «Non ne avevi alcun diritto.» sibilò stringendo i pugni «Sei solo un…» le parole le si bloccarono in gola, alle spalle di Arthur vi era un uomo. Non era molto giovane, i capelli erano bianchi, così come i suoi vestiti, nella mano destra teneva un lungo bastone e il suo sguardo era ricco di dolore.

«Cosa stai guardando?» le domandò il principe girandosi, ma l’uomo misterioso era scomparso.

«C’era qualcuno, proprio dietro di te, ma è scomparso.» rispose la maga asciugandosi le lacrime dal viso, non voleva dare ad Arthur l’impressione di essere una piagnucolona.

L’uomo la guardò inarcando un sopracciglio, per niente convinto dalle sue parole, ma decise di non dire nulla, al contrario si chinò a terra e osservò meravigliato il corno dell’animale pensando che avrebbe fatto una bella figura sul muro di casa sua.

Balinor afferrò il colletto della tunica di Arthur quando lo vide con il corno dell’unicorno in mano, mentre tornava con sua figlia dalla loro escursione nel bosco per fare provvista di carne.

«Gli unicorni sono creature mistiche e rare.» inveì con rabbia «La leggenda dice che la sfortuna colpisce chiunque ne uccida uno.» aggiunse sentendo la voglia di porre fine alla vita di quell’inutile ragazzino che non aveva alcun rispetto per le creature magiche.

Merlyn toccò gentilmente la mano del padre, facendogli mollare la presa, sentendosi preoccupata per quello che aveva appena detto. La sfortuna avrebbe colpito Arthur?

«Sciocchezze.» rispose il ragazzo, con un leggero nodo in gola, credeva che Balinor lo avrebbe ucciso con la magia o come minimo maledetto, ma finché aveva Merlyn dalla sua parte nulla di brutto gli sarebbe accaduto, giusto?

La ragazza gli diede un calcio sullo stinco, facendolo gemere di dolore, ma cercò di tenere la sua compostezza «Balinor, con tutto il rispetto, non credo che una tragedia si abbatterà su di me.» riformulò cercando di suonare più rispettoso, alla fine dei conti era sempre il padre della donna che ama– rispettava, lui aveva un profondo rispetto per Merlyn.

L’uomo respirò profondamente dal naso, cercando in sé la forza per non prendere a pugni quell’idiota «Se succederà qualcosa alla mia famiglia sarà solo colpa tua.» lo avvisò prima di dargli le spalle e tornare dentro casa, dove Hunith lo stava aspettando con un’espressione preoccupata sul volto.

Merlyn si mise le mani sui fianchi, chiaro segno che Arthur era nei guai, ma provò a sfuggire al suo sguardo «Spero per te che sarai contento.» gli disse prima avviarsi verso Gwaine che stava sdraiato sotto un albero insieme a Lancelot.

Arthur sospirò pesantemente, forse aveva combinato un bel guaio.

Merlyn si svegliò come al solito alle prime luci dell’alba, pronta ad andare a curare il suo tritico. Indossò un abito marrone, non era di ottima qualità, le cuciture erano evidenti a causa della sua scarsa abilità nel cucito, ma era abbastanza decente per esservi vista in giro. Infilò gli stivali con una mano già sulla maniglia della porta, il cesto di vimini accanto a lei.

Era sicura di trovare Arthur già all’ingresso del campo, come suo solito, unico tra i gladiatori che trovava piacere nell’alzarsi presto (Merlyn ovviamente non era a conoscenza del fatto che a Camelot il servitore di Arthur doveva impiegare una decina di minuti per convincerlo a svegliarsi).

Quando aprì la porta si ritrovò faccia a faccia con il pugno di Arthur, sicuramente in procinto di bussare. Aveva lo sguardo spaventato, le gote rosse come se avesse corso.

«Arthur, che ci fai qui?» domandò guardando all’esterno, assicurandosi che nessuno la vedesse far entrare il giovane a quell’ora inconsueta nella sua abitazione.

Il biondo si stava torturando le mani, inumidendosi le labbra in maniera nervosa «Devo parlare con Balinor.» le disse con un nodo alla bocca dello stomaco, timoroso di quello che sarebbe accaduto.

La maga posò il cesto sul tavolo, guardando l’uomo in modo preoccupato. Si avvicinò lentamente fino a prendere il suo viso tra le mani, invitandolo a guardarla negli occhi «Stai bene?» gli domandò veramente preoccupata, non lo aveva mai visto così, nemmeno quando aveva dato ai gladiatori la notizia che Re Cenred voleva tutti loro morti.

Una mano di Arthur si posò sulla sua, in un gesto intimo che fece arrossire la fanciulla, facendole desiderare di scontrare le sue labbra con quelle di Arthur in un bacio passionale, ma consapevole che non poteva permetterselo.

Merlyn era a conoscenza dei sentimenti di Gwaine e non voleva ferirlo, non baciando uno dei suoi amici.

«Chiama tuo padre, per favore.» sussurrò Arthur, gli occhi ora fissi sulle labbra rosa della ragazza. Desiderò afferrarla per i fianchi ed unire le loro bocche fino a toglierle il respiro e subito dopo buttarsi su un ginocchio solo e chiederla in moglie, ma non poteva.

La maga sembrò risvegliarsi e annuì, lasciandolo andare e bussò energicamente alla porta che divideva la parte principale della casa alla stanza dei suoi genitori.

«Padre, Arthur vuole parlarti.» disse a voce alta, facendosi sentire oltre la porta, rispettando la privacy dei due innamorati che dormivano nella stanza. Merlyn non voleva vedere assolutamente niente che avrebbe potuto traumatizzarla a vita.

Nemmeno due minuti dopo Hunith iniziava a preparare la colazione mentre i due giovani e Balinor erano seduti a tavola.

«Questa mattina sono andato come al solito all’entrata del campo per aspettare Merlyn.» cominciò il biondo «ma quando sono arrivato tutto il tritico era morto.» spiegò il perché del suo turbamento, sentiva il cervello scoppiargli per tutte le preoccupazioni. Aveva subito pensato alle parole di Balinor del giorno prima, sul fatto che avesse portato una maledizione su di lui a causa dell’unicorno.

L’uomo chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, ragionando sul fatto che sbraitare sul ragazzino non avrebbe risolto nulla e sembrava veramente preoccupato per quello che stava accadendo. In più sua figlia lo avrebbe sgridato se avesse picchiato o usato la magia sul suo amico.

Si pizzicò lo spazio tra le sopracciglia pensando a cosa potessero fare, le prime luci dell’alba avevano già illuminato la collina e gli abitanti di Ealdor si stanavo svegliando. Sarebbe scoppiato un panico generale alla vista del campo completamente morto.

«Devi andare nella foresta, Arthur, forse troverai delle risposte.» suggerì, non sapendo realmente cosa fare. Forse doveva tornare sul luogo del delitto «Da solo.» aggiunse, non volendo mettere a rischio l’incolumità di sua figlia.

Merlyn provò a contestare, voleva andare anche lei, non avrebbe lasciato Arthur andare da solo, ma quest’ultimo si alzò da tavola guardandola «Andrò da solo, così deve essere.» disse prima di salutare Hunith e scomparire oltre la porta.

«Oh, povero ragazzo, è molto turbato.» commentò la donna guardando dalla finestra il giovane andare verso la sua abitazione per armarsi di una spada nel caso di incontro con dei banditi «Forse avresti dovuto lasciare Merlyn andare con lui.» aggiunse posando un piatto di porridge davanti all’uomo, dandogli un lieve bacio sulla fronte.

«Lui è il responsabile, mia diletta, nostra figlia non centra niente.» disse il mago guardando la figlia che guardava oltre la piccola finestra, un’espressione preoccupata dipinta sul volto. Balinor conosceva quell’espressione, sospirò pensando che avrebbe fatto meglio ad iniziare ad accettare l’idea che Arthur presto o tardi sarebbe diventato parte della loro famiglia.

«Tu mi stai dicendo che Arthur ha ucciso un unicorno, tagliato il suo corno per appenderlo in casa e che Balinor pensa che il campo completamente distrutto sia a causa di una maledizione indirizzata a lui?» chiese Gwaine mente l’aiutava a portare due secchi da riempire con dell’acqua al pozzo.

Merlyn annuì «Spero che riesca a risolvere tutto questo, altrimenti i bambini moriranno, le nostre scorte sono già misere.» rispose osservando i vari abitanti di Ealdor correre nei loro fienili per controllare quelle che dovevano essere le loro riserve per l’inverno.

Lancelot aiutò la fanciulla a salire sulla pedana che circondava il pozzo, sempre il gentiluomo «Ma tu hai detto di aver visto un uomo nella foresta, che sia stato lui a lanciare la maledizione?» domandò passandole uno degli otto secchi che avevano portato.

La maga legò il secchio con un nodo ben stretto «Potrebbe essere, ma quando l’ho guardato non mi ha dato delle cattive sensazioni, sembrava solo addolorato per l’unicorno.» disse iniziando a calare il secchio «Forse è stato l’unicorno come ultimo atto a lanciare la maledizione, sai, per vendicare la sua morte.» aggiunse corrugando la fronte, il solo fare un’ipotesi del genere le sembrava sbagliato. Suo padre le aveva spiegato che gli unicorni erano gli animali più puri del mondo, quindi lanciare maledizioni non sembrava adeguato.

«Ormai è quasi il tramonto, ancora non è tornato.» commentò Parsifal guardando verso il bosco, dove molte ore prima era entrato Arthur. Tutti erano leggermente preoccupati per la salute del ragazzo, soprattutto Lancelot che temeva per l’incolumità del principe ereditario di Camelot.

Merlyn scosse leggermente la testa, come a scacciare via un brutto pensiero «Starà cercando ancora la soluzione al nostro problema.» disse sforzandosi di sorridere, non poteva farsi affliggere dalle preoccupazioni, non faceva bene a nessuno.

La ragazza sentì il secchio toccare il fondo del pozzo ed iniziò a tirare la corda sentendo stranamente la leggerezza che tipicamente non caratterizzava il recupero del secchio. Sicuramente lei non aveva messo su dei muscoli, perciò aggrottò la fronte veramente confusa.

Quando ritornò in possesso del secchio constatò che fosse vuoto. Aggrottò la fronte, non le era mai capitato di trovare il pozzo in secca. Si affacciò verso il bordo per dare uno sguardo all’interno, ma era talmente profondo che non riusciva a capire cosa ci fosse realmente sul fondo.

«Tutto okay, Merlyn?» le domandò Lancelot affiancandosi a lei, notando con espressione preoccupata il secchio completamente vuoto e macchiato di terra sul fondo.

La maga sospirò pesantemente «Credo che la maledizione ci abbia tolto anche l’acqua.» disse, comprendendo che Arthur doveva aver fallito. Guardò verso la foresta e alzò le maniche della sua tunica «Io vado a cercarlo.» dichiarò incamminandosi, ma venne sollevata da terra da Gwaine.

«Non se ne parla, non vai da sola nella foresta con una maledizione in corso.» disse con tono che non ammetteva repliche, qualsiasi ragazza sarebbe stata attratta da tale autorità, ma Merlyn non era come le altre.

«Prova a fermarmi.» e per magia le mani dell’uomo iniziarono a scottare, costringendolo a lasciare la presa sulla fanciulla, la quale non aspettò nemmeno un secondo prima di correre verso la foresta.

Gwaine si passò una mano tra i capelli «Diamine, quella ragazzina è troppo anche per me.» sospirò più divertito che infastidito, forse un carattere come quello di Arthur sarebbe stato migliore per lei.

Anhora guardò Arthur Pendragon fermarsi davanti a lui, la spada stretta tra le mani e uno sguardo degno del guerriero più valoroso di tutta Albion.

«Arthur Pendragon, ho un messaggio per voi.» disse l’uomo suonando misterioso, lo sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore «Sarai messo alla prova, dovrai dimostrare che il tuo cuore è puro, altrimenti le persone che hai più care moriranno a causa vostra.» spiegò facendo un passo in avanti, facendo scattare in automatico l’uomo in una posizione di difesa.

«Come sai chi sono io?» domandò il biondo ringraziando che Merlyn non fosse con lui, come avrebbe spiegato alla ragazza che lui era il figlio dell’uomo che uccideva tutti quelli come lei?

Anhora sorrise dolcemente «Io so molte cose, Pendragon.» rispose rimanendo enigmatico, percepiva la chiara frustrazione del giovane, ma non avrebbe rivelato altro. Il suo Destino doveva compiersi senza il suo aiuto nella giusta direzione.

Il ragazzo abbassò la spada, ricordandosi che adesso non credeva più che tutti gli stregoni fossero malvagi, Merlyn lo aveva aiutato ad imparare ad accettare il prossimo. Se non fosse finito in quell’arena molto probabilmente si sarebbe già scagliato contro l’uomo, pretendendo che ponesse fine a questa maledizione.

«In cosa consisterà questa prova?» chiese volendo farsi trovare preparato, non desiderava avere la morte degli abitati di Ealdor sulla coscienza. Soprattutto i suoi amici e Hunith (no, sinceramente di Balinor non gli interessava poi tanto, l’uomo lo odiava).

Il custode degli unicorni gli diede le spalle «Lo scoprirai a tempo debito, Arthur Pendragon, ora vai a trovare la tua amica, si è persa nella foresta.» gli suggerì percependo chiaramente Emrys aggirarsi senza meta tra gli alberi, alla ricerca della sua metà.

Arthur alzò gli occhi al cielo, era ovvio che l’uomo si riferisse a Merlyn, quella ragazzina non sapeva cosa volesse dire prendere degli ordini, se fossero stati a Camelot l’avrebbe spedita alla gogna in un batter d’occhio per tale insubordinazione.

Ritornò sui suoi passi, facendo attenzione a non farsi trovare impreparato da dei banditi, l’ultima volta era finito in un’arena per dodici lunghi mesi. Finalmente trovò la ragazza, sembrava un gatto impaurito mentre si guardava freneticamente intorno con le mani ad afferrarsi le braccia. Sapeva che le bastava solamente pensare ad un modo per difendersi e la sua magia avrebbe obbedito, ma non riusciva a reprimere dentro di sé quel bisogno di proteggerla, di farla sentire al sicuro, di guadagnarsi la sua totale fiducia e il suo amore.

Fece abbastanza rumore per avvertire la fanciulla del suo arrivo, così da non spaventarla e magari finire contro il tronco di un albero credendolo un bandito.

«Arthur, buon Dio, credevo di non trovarti più!» esclamò la fanciulla vedendolo arrivare e si gettò tra le sue braccia, sollevata di averlo trovato sano e salvo, senza nemmeno un graffio.

L’uomo arrossì leggermente, posando una mano sulla testa della ragazza in un gesto rassicurante «Non ti libererai così facilmente di me.» rispose posandole istintivamente un bacio sulla fronte, pentendosene subito dopo.

Merlyn arrossì a sua volta, per niente abituata ad avere un uomo che sembrava provare dei sentimenti per lei. Le piaceva essere in compagnia di Arthur, anche quando si comportava come una testa di fagiolo.

«Vieni, sarà meglio tornare a casa o Balinor avrà la mia testa.» borbottò il cavaliere prendendole la mano per guidarla fino ad Ealdor, sicuro che all’uomo non sarebbe piaciuta per niente la notizia che la sua adorata figlia era sola con lui in un luogo così appartato.

La maga lo seguì, sentiva il cuore batterle ad una velocità inadeguata, ma provò a controllare i suoi sentimenti ricordandosi che non poteva fare un tale torto a Gwaine «Hai trovato l’uomo che ho visto ieri?» chiese mentre i gufi iniziavano a bubolare e il cielo si faceva sempre più scuro.

Arthur annuì «Ha detto che verrò messo alla prova, l’unico modo per eliminare la maledizione è dimostrare che il mio cuore è puro.» riportò le parole del guardiano degli unicorni, chiedendosi se sarebbe stato all’altezza di tale compito. Il suo cuore non poteva essere puro, non quando stava mentendo a tutte quelle persone sulla sua vera identità, non quando aveva abbandonato il suo popolo per seguire una fanciulla di cui si era innamorato.

La ragazza annuì silenziosamente, chiedendosi quale prova avrebbe mai potuto porre l’uomo per dimostrare che Arthur fosse puro di cuore. Continuarono a camminare in silenzio, le loro mani ancora l’una nell’altra, nessuno dei due desideroso di lasciare andare la presa.

Era tutto così palese, eppure non riuscivano a vedere come l’altro ricambiava i suoi stessi sentimenti. Il loro sentimento di amicizia per Gwaine era forse più importante che quell’amore. Arthur non poteva illudere così Merlyn, sarebbe arrivato il giorno in cui sarebbe dovuto tornare a Camelot per succedere suo padre e la ragazza lo avrebbe odiato per sempre. Come poteva la figlia di Balinor amare un Pendragon, figlio dell’uomo che gli aveva rovinato la vita?

Arrivarono ad Ealdor che il Sole era completamente scomparso all’orizzonte, lasciando spazio ad un cielo incantevolmente blu ricco di stelle. Si avviarono verso casa di Arthur, per sedersi un attimo davanti al fuoco e parlare di Anhora, ma quando si avvicinarono sentirono chiaramente dei rumori provenire dall’interno.

Arthur istintivamente spinse Merlyn dietro di sé, proteggendola con il suo corpo, ed estrasse la spada. Lentamente aprì la porta e vide chiaramente un uomo rovistare tra le sue riserve di grano.

«Posa quello che hai in mano, ladro.» Merlyn non aveva mai sentito l’uomo usare un tono così autoritario, sembrava il comandante di un esercito o perfino un regnante.

L’uomo alzò le mani lasciando cadere a terra uno dei sacchi di grano che stava cercando di portare via, gli occhi lucidi di paura e Merlyn aggrottò le sopracciglia non riconoscendo l’uomo, non era certamente un abitante di Ealdor.

L’uomo deglutì rumorosamente, le mani che tremavano dalla paura «Scusatemi, non avevo nessuna cattiva intenzione nel rubare a lei e sua moglie.» disse facendo arrossire i due giovani, chiaramente a disagio per essere stati scambiati per una coppia sposata «Ma anch’io ho una famiglia, i miei due bambini non sopravviveranno, nel nostro villaggio si è abbattuta una maledizione, non cresce più il grano e non troviamo più acqua!» spiegò l’uomo cadendo sulle ginocchia, timoroso che l’uomo armato decidesse di ucciderlo.

Arthur abbassò la spada, non avrebbe ucciso un uomo per aver provato a sfamare la sua famiglia, forse lui avrebbe fatto la stessa identica cosa «Vai e non farti più vedere ad Ealdor.» concesse spostandosi dall’uscio, sempre attento però a coprire Merlyn con il suo corpo.

L’uomo si alzò di scatto, un sorriso sul viso, chiaramente contento di poter tornare a casa senza gravi conseguenze «Oh, grazie, grazie mille gentil uomo.» esordì incamminandosi verso la porta.

«Aspettate!» lo richiamò Arthur, ora vicino alla sua riserva di grano. Si chinò a raccogliere il sacco che l’uomo stava per rubare «Vedete di farvelo bastare per un bel po’.» disse passandogli il sacco sotto gli occhi stupidi di Merlyn, la ragazza non si sarebbe mai aspettata tale gesto da Arthur.

L’uomo si inchinò accentando il dono «Grazie, grazie mille, la sua gentilezza verrà ricompensata.» disse prima di correre nel cuore della notte verso la foresta, un sacco di grano tra le braccia.

Merlyn sorrise dolcemente ed afferrò una mano dell’uomo «Sei stato veramente gentile.» disse guardandolo negli occhi, un sorriso sulle labbra. Era così migliorato da quando l’aveva conosciuto, le prime settimane nell’arena sembrava essere un ragazzino viziato ed egoista, ma la stava facendo ricredere.

Il principe arrossì – la cosa iniziava ad infastidirlo, non era una femminuccia, lui – e distolse lo sguardo «Era la cosa giusta da fare.» rispose con tono solenne, lo avrebbe fatto anche per un suo suddito.

La maga alzò gli occhi al cielo e si mise in punta di piedi, lasciò un bacio sulla guancia dell’uomo prima di avvicinarsi alla porta «A domani, Arthur.» lo salutò stringendosi nella giacca marrone che la faceva sembrare più esile di quanto fosse.

«Buonanotte, Merlyn.» augurò il biondo sentendosi la guancia in fiamme. Quando la ragazza fu andata via si toccò il punto cocente e sorrise come un beota, forse aveva maledetto tutti uccidendo l’unicorno, ma Merlyn sarebbe rimasta sempre al suo fianco.

Lancelot amava svegliarsi al mattino con il suono degli uccelli che cantavano allegramente, era stata una cosa che più gli era mancata durante la sua permanenza nell’arena.

Ogni mattina si alzava di buon umore, ringraziando il Signore per avergli dato una casa e una specie di famiglia. Il suo sogno di diventare cavaliere di Camelot si era momentaneamente cancellato, soprattutto sapendo che a solo poche iarde da lui c’era il principe Arthur, fare un viaggio e chiedere udienza a Uther sarebbe stato inutile.

Osservava ogni mattina dalla piccola finestra Merlyn e il principe camminare così vicini da sfiorarsi le mani, le gote arrossate dall’imbarazzo e un tenero sorriso sulle labbra.

Oh, Lancelot era completamente esasperato da quella situazione, soprattutto con Gwaine che non si decideva ad andare a parlare con quei due e far capire loro che il suo interesse per Merlyn si era trasformato in un semplice sentimento di fratellanza, l’uomo aveva anche notato il consistente avvicinamento tra il gladiatore barbuto e Parsifal, anche se era molto ben nascosto.

Sapeva di non doversi immischiarsi negli affari altrui, suo padre gli aveva sempre detto di stare alla larga dalle questioni private degli uomini, soprattutto quelle d’amore, ma non riusciva a resistere alla tentazione di andare da Arthur e dirgli in parole chiare e concise che Merlyn lo amava e doveva sbrigarsi a dichiararsi, prima della sua partenza per Camelot.

Quando si affacciò quella mattina vide i due giovani camminare un po’ più lontani del solito e non in direzione della casa di Merlyn, ma verso il bosco. Lancelot inarcò un sopracciglio incuriosito, la ragazza non stava nemmeno indossando il suo solito abito da giorno, ma i vestiti che metteva quando doveva andarsi a mettere in qualche guaio in cui si richiedevano abiti adatti alla corsa. Quei due non gliela raccontavano giusta.

«Dio, ti prego, unisci quei due.» pregò sapendo che forse la sua preghiera non sarebbe stata accolta, soprattutto in quanto la credenza di Merlyn cadeva sulla Religione Antica, ma provare non guastava mai.

Sospirò un’ultima volta prima di andarsi a vestire, aveva anche lui delle commissioni da fare.

Merlyn inciampò sull’ennesimo ramo e Arthur le afferrò il braccio per sostenerla, alzò gli occhi al cielo e sbuffò divertito «Sicura di vederci bene, forse dovrei prenderti un cane che ti guidi.» commentò facendo arrossire la fanciulla.

«Molto divertente Arthur, ma non ho bisogno di un povero cane per andare da nessuna parte.» rispose avvicinandosi a lui, i loro petti che si toccavano «Fortunatamente una volta a Camelot non dovrò più passare per i boschi, rimarrò con mio zio nel castello e arriverò al massimo nella parte bassa. Niente più foreste infestate di banditi per Merlyn.» affermò trionfante anche se il cuore le si strinse al pensiero di abbandonare i suoi amici ed il padre appena ritrovato. Hunith sapeva essere molto autoritaria quando voleva e nessuno era riuscito a farle cambiare idea, nemmeno Balinor che le aveva ricordato che essendo lui stesso un mago poteva insegnarle quello di cui aveva bisogno «Certo, così mi ritroverò nuovamente la casa in fiamme.» aveva risposto la donna facendo arrossire l’uomo, chiaro segno che c’era una storia dietro quella battuta, ma Merlyn non voleva indagare oltre. Un cambio di aria non le avrebbe fatto male, magari si sarebbe pure dimenticata di Arthur una volta lontano e lui si sarebbe potuto sposare tranquillamente con una fanciulla molto più bella ed aggraziata di lei, come Evelune, la figlia del fornaio. Oh, Merlyn come le invidiava i suoi lunghi capelli dorati, proprio come quelli di Arthur.

L’uomo sembrò incupirsi «Devi andare per forza? Camelot è pericolosa per la gente come te.» disse mordendosi il labbro inferiore, temeva per quello che avrebbe potuto capitarle se suo padre fosse mai venuto a sapere della sua natura, non credeva il suo cuore avrebbe retto alla notizia che la sua amata fosse stata data alle fiamme dal suo stesso padre.

«Saprò cavarmela, spero solo di non incontrare il Re o il Principe.» rispose la fanciulla «Sono sicura che il Prince Arhtur sia un borioso pieno di sé, che tratta i suoi servitori male e che uccida senza alcuna pietà tutti quelli come me. Una copia del padre, insomma.» aggiunse mentre riprendevano a camminare alla ricerca di Anhora per chiedergli se avessero passato la prova.

«Già, deve essere proprio così.» sussurrò l’uomo consapevole che quello che Merlyn aveva descritto era il Principe Arthur Pendragon di un anno fa, non aveva sbagliato su nulla. Era un borioso, trattava male i suoi servitori, tanto che doveva cambiarli a cadenza settimanale e le cose che aveva fatto ai campi druidi per ordine del padre… Dio, Arthur aveva ancora gli incubi su quelle battaglie.

Con la coda dell’occhio vide una figura muoversi tra gli alberi «Merlyn, da questa parte.» chiamò, ma quando si girò verso la ragazza notò che era scomparsa, molto probabilmente aveva continuato a camminare mentre osservava la figura muoversi tra le piante. Non poteva perdere tempo ed andare a cercarla, se quello che aveva visto fosse stato Anhora avrebbe dovuto seguirlo e subito.

Camminò seguendo la figura, allontanandosi notevolmente dal sentiero, fino a raggiungere una piccola radura. Sentì il sangue bollirgli nelle vene quando vide l’uomo della sera precedente seduto tra del cibo fresco e soprattutto senza alcuna famiglia da sfamare.

«Voi!» accusò brandendo la spada, il suo orgoglio ferito per essere stato preso in giro in quel modo «Come avete osato prendervi gioco di me?» domandò furibondo, completamente accecato dalla rabbia.

L’uomo rise, continuando ad intagliare un pezzo di legno «Siete veramente uno stolto, dare via così il vostro cibo al primo uomo con una storia lacrimevole.» commentò senza nemmeno guardarlo in faccia «Forse la prossima volta tornerò per prendermi vostra moglie.» aggiunse finalmente alzando lo sguardo, un sorriso malevolo dipinto in volto e Arthur sembrò iniziare a fumare dalle orecchie. Minacciare la sua persona era un conto, nella vita aveva rischiato numerose volte di finire nel mirino di qualche mal intenzionato, ma minacciare Merlyn era completamente fuori discussione.

L’uomo si alzò brandendo una spada, chiaramente intenzionato ad attaccare Arthur «Le dirò di come tu abbia supplicato di non farle del male, piangendo come il più ridicolo degli uomini, così saprà che suo marito era un codardo.» continuò a tormentarlo mentre giravano in cerchio, le spade puntate l’una contro l’altra.

Arthur non ci vide più dalla rabbia e caricò il colpo, fiondandosi a spada tratta verso il nemico, con l’unico obbiettivo di porre fine alla sua vita. Come poteva un semplice ladro permettersi di prendersi gioco di lui e minacciare Merlyn? Non avrebbe mai permesso che qualcosa accadesse alla fanciulla, a costo di ritrovarsi nuovamente, dopo tanto tempo, le mani sporche di sangue.

Il combattimento non durò molto, Arthur essendo l’abile spadaccino che era riuscì a spingere il suo avversario fino al tronco di un albero e poi porre fine alla sua vita. Si sentì soddisfatto, immaginò suo padre congratularsi con lui per aver fatto la cosa giusta. Aveva difeso il suo onore e la donna che amava, che male c’era in quello che aveva fatto?

Al suo fianco comparve Anhora, lo sguardo deluso e amareggiato, ma non minimamente sorpreso «Avete fallito.» disse semplicemente, le mani una dentro l’altra raccolte davanti al ventre, il cappuccio della veste che gli copriva parzialmente il viso «Hai condannato le persone che ti sono più care alla morte, Arthur Pendragon.» aggiunse con voce profonda, quasi profetica.

Arthur scosse la testa, incredulo «No, deve esserci un errore!» esclamò sentendo il cuore farsi a pezzi al solo pensiero che i suoi amici sarebbero morti a causa sua. Nessuno di loro se lo meritava, se qualcuno andava punito era unicamente lui.

Anhora scosse la testa «Hai ucciso un uomo innocente.» gli spiegò indicando il corpo esanime del ladro prima di farlo scomparire con uno schiocco di dita «Avresti potuto ignorarlo, continuare per la tua strada, ma hai ceduto alle sue provocazioni. Il tuo orgoglio ha avuto la meglio.» lo accusò con sguardo duro.

Il principe scosse nuovamente la testa, non riusciva a credere a quello che stava sentendo «Non potevo ignorarlo, non quando ha minacciato Merlyn.» spiegò sentendo il cuore battergli all’impazzata; forse si pentiva per aver ceduto alla provocazione di essere stato additato come un credulone, ma non si sarebbe mai pentito per aver difeso l’onore di Merlyn.

Il Guardiano degli Unicorni spalancò leggermente gli occhi, sapeva della leggenda, di come The Once and Future King ed Emrys fossero destinati a riunire Albion e governare riportando la pace tra le loro terre, ma nessuno si sarebbe mai aspettato un risvolto amoroso nella loro relazione. Lui insieme agli altri anziani avevano interpretato la leggenda in modo che Emrys diventasse parte della Corte, non la futura Regina di Camelot. In tutta verità si erano aspettati un maschio, un uomo capace di avvicinarsi al Principe e guidarlo attraverso l’amicizia verso la retta via, ma il Destino imprevedibile aveva dato loro una donna.

Si schiarì la voce, cercando di non far notare quanto fosse in realtà sorpreso «Avete dimostrato che uccidereste un uomo per difendere l’orgoglio.» disse «Avete fallito la prova.» aggiunse nuovamente.

«I miei amici non hanno fatto nulla!» urlò frustrato abbandonando la spada a terra,

«Non ho causato io questa sofferenza.» ribadì Anhora con voce calma «Siete stato voi.» e scomparve lasciando il principe di Camelot solo.

Merlyn quasi non saltò nuovamente tra le braccia di Arthur quando lo vide emergere da una radura. Si era persa, come suo solito, e quando aveva notato che l’uomo non era più alle sue spalle si era spaventata, chiedendosi chissà quale cosa potesse essere successa all’amico.

«Arthur, grazie al cielo stai bene!» esclamò prendendogli una mano, ma notò immediatamente che c’era qualcosa che non andava. L’uomo teneva lo sguardo fisso a terra, il viso più pallido del normale, ma mano che tremava leggermente.

«Ho fallito.» le disse non capace di tenersi quella cosa dentro, non poteva mentire a Merlyn, non quando le conseguenze delle sue azioni avrebbero affetto anche lei.

La ragazza gli prese il volto tra le mani, i pollici che si muovevano leggermente come in una carezza «L’importante è che tu non sia ferito.» gli disse nonostante capisse la gravità della situazione.

Ealdor insieme ai suoi abitanti era destinata a morire, senza acqua e cibo, in aggiunta alla povertà generale del terreno che li circondava non c’era modo di sopravvivere alla maledizione.

Arthur posò le sue mani su quelle della fanciulla ed abbassò le palpebre, non aveva nemmeno il coraggio di guardarla e vedere il disappunto nei suoi occhi, sapeva di averla delusa e si sentì molto peggio di quando deludeva suo padre.

«Andiamo a casa, Arthur, troveremo una soluzione, te lo prometto.» sussurrò ancora più dolcemente, capiva perfettamente come si sentiva, non le interessava se aveva fallito la prova, l’importante per lei era che stesse bene e che nessuno l’avesse ferito.

Balinor dovette richiamare a sé tutto il suo controllo per non saltare oltre il tavolo e stingere la gola del ragazzino davanti a lui. L’idiota – sì, così Balinor chiamava tutti gli amici di sua figlia – aveva appena comunicato a tutti di aver fallito la prova e che erano praticamente tutti condannati a morte cerca per mancanza di acqua e cibo.

Hunith posò una mano sulla sua spalla, come a calmarlo, mentre con gli occhi guardava Merlyn stringere la mano di Arthur sotto il tavolo. Ancora non si era abituata all’idea che sua figlia fosse innamorata, era ancora così giovane, aveva avuto un anno difficile alle spalle, ma non poteva nemmeno negare che approvava Arthur. Era un ragazzo educato (quando voleva), il suo sguardo era quello di un uomo innamorato ogni volta che si posava sulla figura di sua figlia ed in più era un ottimo combattente e di quei tempi, con tutti quei banditi in giro, era rincuorante sapere che con sua figlia ci fosse una persona capace di aiutarla nel caso fosse finita nei guai.

Lancelot era tranquillo, non era il tipo da mettersi a peggiorare la situazione già critica di suo, ma certamente non si poteva dire lo stesso di Gwaine, il quale aveva iniziato a camminare avanti ed indietro per la casa di Meryln borbottando assurdità ed imprecando di tanto in tanto contro Arthur. Parsifal stava seduto tranquillo in un angolo, ma con lo sguardo seguiva il suo amico e cercava di catturare il suo sguardo per sussurrargli di stare calmo e sedersi accanto a lui.

«Troveremo una soluzione.» disse Merlyn sicura di quello che stava dicendo. Forse con la sua magia poteva riuscire a far ricrescere il tritico e trasportare grandi quantità di acqua per riuscire a distribuirne per tutti gli abitanti di Ealdor. C’era sempre una soluzione ad un problema, sua madre glielo diceva sempre.

Balinor sospirò pesantemente, sua figlia era un’incorreggibile ottimista, proprio come la madre «Merlyn, tesoro, non c’è nulla che possiamo fare, Arthur ha fallito la prova.» disse in tono dolce, lo usava solamente con le sue due ragazze, gli amori della sua vita.

La ragazza scosse la testa e si alzò in piedi «La troverò.» e senza dare il tempo a nessuno di dire parola corse fuori dalla piccola casa.

Balinor, Arthur e Gwaine si fiondarono sulla porta, ma vennero bloccati da Hunith, l’unica veramente consapevole del fatto che Merlyn in quello stato avrebbe colpito chiunque con la sua magia per quanto era nervosa. Troppe volte era capitato con Will per i suoi gusti, il ragazzo doveva aver avuto come minimo cinque concussioni gravi nell’arco della sua vita.

Lancelot scosse leggermente la testa e Parsifal sorrise ai bronci che misero su gli uomini «Ognuno a casa propria.» comandò Hunith brandendo a mo’ di spada il mestolo con cui stava preparando la cena.

Nessuno osò obbiettare, anche se lo scintillio negli occhi di Arthur e Gwaine fecero sospirare il povero Lancelot, il quale era sicuro sarebbe dovuto finire a fare da guardia a quei due idioti per evitare che scappassero. Batté una mano sul petto di Parsifal indicandogli con la testa il suo coinquilino e l’omone capì al volo, di fatti si diresse verso il castano e lo sollevò fino a buttarselo oltre la spalla, in modo che non potesse scappare. Lancelot si limitò a posare fermamente una mano sulla spalla di Arthur e salutando Hunith e Balinor uscirono di casa.

I quattro uomini si fermarono davanti casa di Lancelot, quella centrale, e si guardarono in silenzio per alcuni secondi.

«Merlyn sa cavarsela, non disperate.» provò a rincuorarli Parsifal prima di afferrare Gwaine per la spalla per guidarlo fino alla loro casa.

Lancelot guardò Arthur, il quale era concentrato a guardare verso il limitare della foresta, come se stesse pensando di fare uno scatto e correre via alla ricerca di Merlyn «Ti va se la aspettiamo insieme? Posso offrirti un pezzo di pane e del porridge per cena.» lo invitò Lancelot ben sapendo che non era assolutamente un tipo di cena degna del principe di Camelot, ma non aveva nulla di meglio da offrirgli.

Arthur scosse leggermente la testa, distogliendo lo sguardo dalla foresta «Certo, mi farebbe molto piacere.» rispose seguendolo dentro la sua abitazione. Non poteva fare nulla, poi, se si fosse avventurato nel bosco, Merlyn e Hunith non glielo avrebbero mai perdonato.

Gli stivali si erano decisamente rovinati, ogni passo sul terreno umido comportava al bagnarsi dei suoi calzettoni, appena tornata a casa si sarebbe accesa un bel fuoco per riscaldarsi.

«Anhora!» chiamò per quella che sembrava la centesima volta, doveva assolutamente parlargli, Arthur aveva fallito la prova, ma poteva dargli anche un’alta possibilità, lo avrebbe implorato.

«Anhora!» riprovò scendendo verso una radura, attenta a non scivolare rovinosamente a terra rischiando di rompersi qualche osso.

L’uomo apparve davanti a lei facendola sussultare «Mi cercavi?» domandò mantenendo un tono neutrale, la conoscenza che la donna davanti ai suoi occhi fosse Emrys non doveva in alcun modo influenzare il suo comportamento nei suoi confronti.

Merlyn lo guardò attentamente, l’uomo non sembrava pericoloso e non le dava alcuna brutta sensazione, sembrava solamente addolorato per la morte dell’unicorno.

«Sono qui per chiedervi di dare ad Arthur un’altra possibilità. Le persone stanno male, presto moriranno di fame.» disse sostenendo il suo sguardo «O ponete fine a questa maledizione.» aggiunse come alternativa.

«Non posso annullare la maledizione. Credetemi.» rispose l’uomo «Avete fede in Arthur?» domandò scrutandola nel profondo dei suoi occhi azzurri.

«Gli affiderei la mia vita.» rispose la fanciulla con la più completa sincerità. Arthur poteva averle anche puntato un coltello alla gola, ma sapeva che brav’uomo fosse, glielo dimostrava ogni giorno da quando erano scappati dall’Arena.

Anhora sembrò pensarci su, come se stesse per rifiutare la sua richiesta. Merlyn strinse i pugni fino a sentire le unghie aprirle leggermente la pelle dei palmi.

«Arthur deve recarsi al Labirinto di Gedref. Lì affronterà la prova finale.» concesse e Merlyn lo vide scomparire da davanti i suoi occhi prima di ricomparire alle sue spalle «Se dovesse fallire, non ci sarà più speranza. La maledizione distruggerà Ealdor e i villaggi vicini.» l’avvisò prima di andarsene definitivamente. Merlyn si guardò intorno, confusa, chiedendosi che tipo di test avrebbe dovuto affrontare il suo amico.

«Quindi, tu e Merlyn…» buttò lì Lancelot mentre sorseggiavano del tea serale, ancora in attesa del ritorno della fanciulla.

Arthur per poco non si strozzò in modo poco regale, suo padre lo avrebbe diseredato per un comportamento del genere «Io e Merlyn niente, Lance.» rispose rifiutandosi categoricamente di guardarlo in viso. Poteva mentire quanto voleva, le parole che uscivano dalla sua bocca erano completamente prive di sentimento, ma i suoi occhi avrebbero detto quello che la voce negava.

Il castano sorrise nascondendosi dietro il suo bicchiere «Insomma, ormai Merlyn è una donna, molto bella aggiungerei.» disse continuando a godersi il viso di Arthur andare in fiamme «Chi lo sa, forse quando sarà a Camelot un bravo uomo con un buon lavoro la sposerà, forse potrebbe riuscire a conquistare anche il principe di Camelot!» lo provocò ben sapendo che il principe era già più bello che andato per la dolce maga.

«Non dire sciocchezze, come se un principe potesse sposare una semplice contadina.» lui lo sapeva bene, la sua cotta per Gwen l’aveva messa in molti casini per quante volte Uther aveva rischiato di scoprirli. E Gwen era una semplice ragazza di Camelot, Merlyn invece era una maga, figlia di uno stregone esiliato e perseguitato dai cavalieri di Camelot. Oh, poteva immaginare le risate che si sarebbe fatta Morgana nel sapere che era innamorato perso per una maga, trovava sempre un particolare piacere nel vederlo soffrire ed imbarazzarsi.

Lance annuì «Ma ricordati che un principe poi alla fine diverrà re, allora potrà sposare chi vuole. Sarà lui la Legge, nessuno lo ostacolerà.» provò a suggerirgli mentre ravvivava il fuoco.

«Nessuno sano di mente chiederebbe ad una fanciulla come Merlyn di aspettarlo per anni, lei si merita molto di più che di un principe rammollito che non riesce a contrastare il volere di suo padre.» borbottò senza nemmeno rendersi conto che stava per far saltare la sua copertura con Lancelot, il solo pensiero che Merlyn potesse trovare marito a Camelot lo imbestialiva. Oh, sapeva benissimo cosa i suoi cavalieri cercavano in una donna, per lo più innamorati di Morgana, e Merlyn aveva le sue stesse caratteristiche! Lunghi capelli neri, pelle bianca e labbra rosee. Quello che Morgana non aveva era la dolcezza dei lineamenti, la gentilezza e l’altruismo di Merlyn.

«Sai, credo che se Merlyn si innamorasse veramente tanto del principe sarebbe disposta ad aspettare decenni per amarlo come merita. Lei è comprensiva, perdonerebbe tutto alla persona che ama.» provò ancora sentendosi un po’ Cupido, i suoi studi di letteratura greca che sua madre aveva insistito a fargli fare stavano dando i suoi frutti.

Arthur posò la tazza sul tavolino tra le due sedie «Ma non lo merita.» rispose passandosi una mano tra i capelli «Poi sono sicuro che Gwaine andrà con lei, talmente è innamorato.» aggiunse cercando di non essere geloso di uno dei suoi amici.

Lancelot tornò a sedersi accanto a lui «Sai, all’inizio pure io mi sono innamorato di Merlyn, come tutti d’altronde.» rise ricordandosi come tutti i gladiatori provavano ad attirare l’attenzione della bella guaritrice «Ma poi ho capito che non è fatta per me e sai chi altro l’ha capito? Gwaine.» aggiunse riprendendo la sua tazza, doveva finire il tea prima che diventasse troppo freddo «Anche perché nessuno di noi è mai riuscito a fare breccia nel suo cuore.».

Il principe guardò l’amico leggermente confuso, sapeva che gli altri gladiatori avevano una cotta per Merlyn, alcuni si ferivano a vicenda per andare nel suo studio, ma non si sarebbe mai aspettato che anche Lancelot fosse caduto nella rete di innamorati della fanciulla. Dio, Arthur era così frustrato, aveva concorrenza in ogni angolo! Poi aveva visto come la trattavano i ragazzi di Ealdor e non aveva potuto fare a meno di arrabbiarsi, Merlyn non meritava di essere trattata in quel modo e Will era indecifrabile, non riusciva a capire se provasse della semplice e profonda amicizia o amore per la maga.

«Gwaine non è più innamorato di lei?» domandò confuso. Eppure lo sentiva come le parlava, le smancerie, le provocazioni, sembrava essere intenzionato a renderla sua sposa ad ogni costo e lui non poteva mettersi in mezzo, non avrebbe mai tradito un amico anche se voleva dire perdere quella che poteva essere l’amore della sua vita.

Lancelot scosse la testa «No, Gwaine è un uomo che non si accontenta di una sola donna.» rispose ricordandogli gli innumerevoli racconti delle sue notti con giovani fanciulle cadute tra le sue braccia tra una taverna e l’altra. I suoi racconti erano molto dettagliati, Parsifal aveva dovuto più volte tappargli la bocca.

«L’altro giorno ti ho confessato in confidenza di essere innamorato di lei, vorrei che rimanesse comunque una cosa tra noi due.» disse il principe iniziando a sentire una certa pressione da parte dell’uomo.

«Certo, Arthur, sai che di me ti puoi fidare e…» stava per aggiungere che Merlyn era a sua volta innamorata di lui quando il biondo corse fuori dalla porta facendolo spaventare. Seguendolo lo vide andare verso Merlyn, quando la raggiunse le prese il volto tra le mani, spostandole i capelli dal viso, li vide guardarsi negli occhi fronte contro fronte, le mani di lei a stringerli le spalle, come due innamorati e Lancelot non poté fare a meno di scuotere la testa, quei due erano completamente irrecuperabili, qualcuno doveva dare loro una mano, al Diavolo quello che suo padre aveva detto sull’intromettersi.

 «No, tu non verrai.» disse Arthur alle prime luci dell’alba mentre si preparava per il suo viaggio, il labirinto di Gedref era nel suo regno, questo voleva dire che a cavallo ci avrebbe messo meno di mezza giornata, non era poi così lontano.

Merlyn lo stava aiutando a mettersi l’armatura, era meglio prevenire che curare in quanto non sapevano a quale prova stesse andando incontro.

«E se avessi bisogno di me? Posso aiutarti con la magia.» disse la fanciulla completamente in preda alla rabbia, non voleva assolutamente che l’uomo andasse da solo, non poteva fidarsi di Anhora.

Arthur le prese le mani tra le sue «Merlyn, ti prometto che tornerò a casa e la maledizione sarà spezzata, ma devo farlo da solo, è la mia prova, non la tua.» provò a farla ragionare e prima che il suo cervello potesse bloccare il comando portò le labbra sul dorso della mano della fanciulla, un gesto cavalleresco alla quale non era abituata.

Merlyn arrossì, ma cercò di non darlo a vedere, spostò lo sguardo, osservando fuori dalla piccola finestra Will tenere le redini del cavallo che Matthew aveva gentilmente concesso.

«Fino al tramonto, Arthur, poi verrò a cercarti, a costo di camminare per due giorni senza sosta.» gli disse sentendo che in quel momento non doveva trattarlo come suo solito, si era innamorata di lui ed era preoccupata, non poteva pensare anche a tenere su una recita sul non sopportarlo.

«Non ce ne sarà bisogno.» la rassicurò dandole un’impacciata pacca sulla spalla, ora più consapevole di Balinor che li guardava attraverso la porta socchiusa.

Arthur montò a cavallo e guardò nuovamente Merlyn «Sistemerò tutto, te lo prometto.» disse prima di spronare il cavallo e partire verso Gederf.

Hunith si avvicinò alla figlia e le posò le mai sulle spalle «Stai tranquilla, tesoro, Arthur saprà cavarsela.» la rassicurò mentre tutti gli abitanti di Ealdor spiavano quello strano gruppo da dietro le tende e le porte.

Merlyn annuì sorridendo alla madre, cercò di nascondere quanto in verità fosse preoccupata, guardò un’ultima volta alle sue spalle, cogliendo appena la figura di Arthur scomparire oltre la fitta foresta.

Gwaine entrò in casa di Merlyn tenendo tra le mani il maglione che aveva trovato a casa sua, era venuto a ringraziarla, ma nel piccolo salotto c’erano solamente Balinor e Hunith che parlavano amorevolmente tenendosi per mani.

Gwaine si sentì quasi a disagio, come se avesse beccato i suoi di genitori ad amoreggiare.

«Scusate l’intrusione, stavo cercando Merlyn.» disse mostrando il maglione verde che avrebbe sicuramente indossato durante l’inverno, se ci sarebbero arrivati, ovviamente.

Hunith inarcò un sopracciglio preoccupata «Ma come? Mi aveva detto che veniva da te e Parsifal per prendersi un tea.» disse alzandosi in piedi, correndo fuori dalla porta per andare a controllare una cosa.

Balinor si alzò a sua volta, senza sapere dove la sua amata si fosse diretta e guardò Gwaine, ma entrambi avevano un presentimento «Ha seguito Arthur, c’era da aspettarselo.» commentò Balinor incominciando a venire a patti con il fatto che la sua adorata figlia si fosse innamorata di quel biondo che più passava il tempo e più gli ricordava qualcuno, ma non aveva ancora capito chi.

«Sicuramente.» lo assecondò Gwaine senza sentirsi geloso per la prima volta, ormai la sua cotta era completamente passata, si era ritrovato a rivolgere le sue attenzioni su un’altra persona di recente.

Hunith tornò tenendosi le mani strette al petto «Uno dei cavalli non è più nella stalla, deve essere andata dietro ad Arthur.» avvisò informandoli di quello che i due uomini già ben sapevano.

«Non preoccuparti, mia diletta, nostra figlia sa come cavarsela.» la rincuorò Balinor stringendola tra le sue braccia. Poteva solo immaginare come si sentisse, in quell’ultimo anno aveva passato già fin troppo tempo lontana da Merlyn e tra poco avrebbe dovuta lasciarla andare per iniziare la sua vita a Camelot, era plausibile che volesse averla sempre con sé e soprattutto fuori dai guai.

Hunith annuì ricordandosi che Merlyn sapeva cavarsela da sola e sapeva anche che Arthur l’avrebbe protetta.

Merlyn vide in distanza Arthur entrare nel labirinto, visto dall’alto sembrava infinito, il pensiero di entrare e non saperne più come uscirne le attanagliò il cuore. In un posto del genere Anhora poteva aver messo chissà quale trappola.

Spronò il cavallo e si avvicinò all’entrata dove il cavallo di Matthew riposava tranquillo, in attesa del ritorno dell’uomo.

Il suo vestito non la aiutava, continuava ad impigliarsi con i piccoli rametti a terra. Non si era messa il suo tipico abbigliamento da viaggio per non destare sospetti, aveva avvertito i suoi genitori che sarebbe andata a casa di Gwaine e Parsifal, vederla uscire con abiti del genere avrebbe dato via le sue vere intenzioni.

Più camminava e più si sentiva nervosa, essere circondata da quelle alte siepi la stavano facendo impazzire, si sentiva nuovamente in trappola, come nell’Arena. Si fermò prendendo dei profondi respiri, si sentiva come se le mancasse l’aria, come se le siepi si sarebbero chiuse sopra di lei privandole della luce del Sole. Fece un balzo all’indietro quando davanti ai suoi occhi vide la figura di Cenred.

L’uomo era immobile, sul viso un sorriso maligno circondato dai neri capelli sporchi. Quando fece dei passi indietro la figura sembrò animarsi, venendole incontro.

Chiuse gli occhi mentre le spalle incontravano una siepe, segno che si trovava in un vicolo cieco. Quando li riaprì al posto di Cenred c’era Valiant, il quale si muoveva molto più veloce, le mani già protese verso di lei come se volesse prenderla e farle quello che aveva sempre desiderato.

«Merlyn.» la voce di Anhora la riportò alla realtà, davanti a lei non c’era nessuno, le siepi non si stavano chiudendo sopra di lei e il respiro sembrava esserle tornato. Si portò una mano sul cuore, come per calmarlo, promettendosi che una volta tornata a casa ne avrebbe parlato con la madre, sicura che avrebbe saputo come aiutarla.

Camminò ancora a vuoto, fino a girare trovandosi faccia a schiena con Anhora.

«Dicevate che Arthur avrebbe affrontato una prova e siete qui per tendergli una trappola.» lo accusò sentendosi bollire dalla rabbia, che le sue visioni fossero frutto della magia del Guardiano degli Unicorni? L’uomo si girò, rivelandosi tenere una spada tra le mani.

«La trappola non è per Arthur: è per te.» disse prima che le radici delle siepi la intrappolarono. L’ultima cosa che vide fu il volto di Anhora completamente privo di emozioni.

Sedere su quel piccolo ceppo di legno era forse la cosa più scomoda che aveva fatto in quegli ultimi mesi, senza contare le varie fughe e combattimenti. Stavano aspettando in religioso silenzio l’arrivo di Arthur, Merlyn ancora non aveva idea di quale sarebbe stata la prova.

Il suo vestito era completamente rovinato, la gonna era stata lacerata dalla pianta, il corpetto si era leggermente slacciato e aveva i capelli pieni di foglie e arruffati.

Non aveva mosso un muscolo da quando si era risvegliata in quel posto e Anhora aveva fatto lo stesso.

Il rumore del mare le riempiva le orecchie e pensò a quanto sarebbe stato bello potersi tuffare e nuotare spensierata, facendosi cullare da quelle dolci onde. Era la prima volta che vedeva il mare, sua madre le aveva raccontato di quando lei c’era stata da piccola, in uno dei viaggi con il padre, ma quello che aveva davanti ai suoi occhi batteva alla gran lunga qualsiasi racconto.

«Merlyn?» la voce di Arthur ruppe il filo dei suoi pensieri. Si girò a guardarlo e non poté evitare di notare quanto fosse arrabbiato nel vederla lì.

Arthur non era semplicemente arrabbiato, era a dir poco furioso. Davanti a sé aveva una Merlyn completamente in disordine, i vestiti ridotti ad uno straccio e gli occhi lucidi. Desiderò con tutto il cuore affondare la sua spada nel petto di Anhora, ma la violenza lo aveva messo nei guai precedentemente e non avrebbe fatto lo stesso errore.

«Mi dispiace.» disse la ragazza con un labbro tremante, ad Arthur gli fece letteralmente male al cuore vederla così, poteva percepire quanto fosse stressata la ragazza.

«Lasciala andare.» disse al vecchio «Affronterò la tua prova ma lei dev’essere liberata.» aggiunse cercando di darsi un tono.

«Questo non è possibile. Merlyn fa parte della vostra prova.» rispose Anohra «Sedetevi, per favore.» aggiunse indicandogli il ceppo di legno dalla parte opposta alla fanciulla.

Arthur esitò «Se voi non affrontate la prova, Ealdor verrà distrutta.» disse il Guardiano convincendo l’uomo a sedersi. Posò la spada sopra il tavolo in un gesto provocatorio e facile da afferrare nel caso lo stregone avesse provato ad attaccarli.

«Credo di averti detto di rimanere a casa, Merlyn.» le disse con tono duro, non gli piaceva per niente averla lì in quella situazione pericolosa, quale uomo avrebbe voluto che la donna che amava fosse in pericolo per colpa sua? Nessuno, ecco chi.

Merlyn non rispose, deglutendo a vuoto.

Arthur lasciò perdere e si rivolse ad Anhora «Cominciamo.».

«Ci sono due calici davanti a voi. Uno dei due contiene un veleno mortale, l’altro un liquido innocuo. Il liquido di entrambi i calici deve essere bevuto, ma ognuno di voi potrà bere da un solo calice.» spiegò Angora indicando i due calici sul tavolo.

Arthur fece una faccia confusa «Che razza di prova ridicola è questa? Che cosa proverebbe?» domandò più arrabbiato che confuso. Non voleva perdere tempo quando ad Ealdor le persone pativano la sete e la fame.

«Questo sta a voi deciderlo.» rispose enigmatico l’uomo «Se la supererete la maledizione verrà annullata.» aggiunse come ultima cosa.

Arthur e Merlyn si guardarono, ora più preoccupati, nessuno dei due si aspettava che la prova avrebbe comportato la morte di uno dei due.

«Pensiamoci bene, Arthur.» esordì la donna sistemandosi leggermente a disagio il corpetto, il quale lentamente si stava aprendo mettendo in mostra più clavicola di quanto fosse accettabile «Ognuno di noi può bere da solo un bicchiere, ma se io bevo per prima e non trovo il veleno allora tu morirai.» disse guardando i due calici.

Arthur provò con tutte le sue forse a non guardare la stoffa del corpetto aprirsi sempre di più, tra l’altro l’aveva già vista senza vestiti, quindi nulla di nuovo. Però era così difficile concentrarsi in quel modo «Esatto, ma potresti prendere anche quella con il veleno e morire.» la corresse.

«Di certo la tua vita vale più della mia.» borbottò la giovane credendo di non essere sentita.

«Non dire sciocchezze, Merlyn, senza di te sarei già morto, quindi dovrò essere io a bere il veleno.»

«Andiamo, Arthur, non essere sciocco. Tu sei un uomo, abile con la spada, potresti diventare un cavaliere e proteggere dei poveri cittadini per quello che ne so. Io invece sono solo una maga, la gente cerca la gente come me per darci fuoco, tanto vale morire avvelenata.»

«Merlyn, ascoltami chiaramente, tu non morirai. Sarà io a bere quel veleno, è la mia prova. Tu andrai a Camelot, diventerai un medico sotto la guida di Gaius e aiuterai un sacco di gente. Servi più tu al mondo che un uomo che maneggia una spada.»

«No, lo berrò io. Non potrei mai sopportare se qualcosa ti accadesse per colpa mia.»

«Lo stesso vale per me!»

Anhora iniziava a sentirsi leggermente di troppo, ma non poteva nemmeno intervenire. Si vedeva che erano giovani, sciocchi e innamorati. Si schiarì la voce, cercando di riportare all’attenzione il principe ed Emrys.

Merlyn lo fulminò con lo sguardo «Okay, qui ci vuole un po’ di logica, quindi il lavoro spetta a me.» disse offendendo il ragazzo, posò entrambe le mani sui colli dei calici e se li portò davanti.

«Un calice, una persona.» disse lentamente e sembrò illuminarsi «Certo! Ecco cosa dobbiamo fare.» esordì versando il contenuto di un calice nell’altro «Ora siamo sicuri che è avvelenato.» confermò orgogliosa di aver risolto il problema.

Arthur sentì il cuore battergli nelle orecchie, vedere le mani di Merlyn stringere il calice pieno di veleno lo fece preoccupare «Attenta!» urlò indicando dietro di lei, la fanciulla lasciò andare il calice per girarsi pronta ad usare la magia per bloccare qualsiasi creatura stesse per attaccare loro. Non vide nulla, alle sue spalle c0era solamente sabbia bianca e il mare. Tornado a guardare Arthur lo vide con il calice.

«No, Arthur, non puoi farlo! Lo berrò io!» urlò spaventata.

«Come se te lo permettessi.» rispose il principe sentendo per la prima volta in vita sua di star facendo la cosa giusta. Se davanti a lui ci fosse stato Morris gli avrebbe fatto bere tranquillamente da quel calice.

«Arthur, per favore.» ora Merlyn stava piangendo e Arthur sarebbe morto con quell’immagine impressa nella mentre.

«Sono felice che ci sia tu qui con me, colgo anche l’occasione per dirti che…» si bloccò, era giusto confessare il suo amore quando da lì a pochi secondi sarebbe morto? Dio, non l’aveva nemmeno mai baciata «… ti amo.» concluse bevendo tutto in un solo sorso. L’ultima cosa che sentì fu l’urlo straziante della ragazza.

Merlyn si alzò vedendo il corpo di Arthur cadere a terra.

«Arthur, ti prego, svegliati!» ormai stava piangendo «Non puoi dirmi di amarmi e poi morire, perché ti amo anch’io!» lo scosse con più forza «Cosa gli avete fatto?!» ora si rivolse contro il Guardiano degli Unicorni «Ti prego, ti scongiuro, fate qualcosa, non lasciatelo morire!» pregò asciugandosi le lacrime «Prendete la mia vita, non la sua, per favore!» supplicò alzandosi in piedi.

«Non posso fare nulla, questa era la prova di Arthur.» rispose Anhora «E non è morto: ha solo assunto un sonnifero. Si sveglierà presto.» confessò in fine.

Merlyn lo guardò confuso, si asciugò il viso con le maniche del vestito «Cosa?» domando credendo si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto.

«Un unicorno è puro di cuore. Se ne uccidi uno, devi fare ammenda provando che anche tu sei puro di cuore.» spiegò «Arthur avrebbe sacrificato la sua vita per salvare la tua. Ha dimostrato ciò che davvero c’è nel suo cuore.» si avvicinò a lei lentamente «La maledizione è annullata.» la informò prima di scomparire nuovamente, lasciandola sola.

Arthur aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu una luce accecante e poi tra tutta quella luce comparve il dolce viso di Merlyn «Sono in Paradiso?» chiese piuttosto sorpreso, non si aspettava certo di finire tra i Beati dopo tutte le persone che aveva ucciso nel nome di Camelot.

«No, testa di fagiolo, sei ancora tra i vivi.» rispose la fanciulla arrossendo, l’aveva scambiata per un angelo, poteva permettersi di imbarazzarsi.

Lo aiutò a sedersi e gli passò dell’acqua che Anhora aveva avuto la gentilezza di lasciare. Lo aiutò a bere, aspettando che fosse lui a parlare per primo, infondo aveva iniziato lui a dichiararsi.

Arthur si sentiva leggermente in imbarazzo, aveva confessato il suo amore perché in punto di morte, ora come avrebbe potuto guardarla in faccia senza sentirsi un verme? Non ci voleva un genio per capire che la ragazza non lo ricambiava, sicuramente le piacevano le persone gentili e belle come Lancelot. Cosa gli era saltato in mente, dannazione? Dichiararsi e ora vivere per l’umiliazione di essere rifiutato dalla ragazza più spettacolare che avesse mai conosciuto.

Merlyn sembrò vedere il cervello di Arthur lavorare tanto che mossa dalla tenerezza gli afferrò il viso e lo baciò. Fu un semplice bacio, a stampo, forse più violento di quanto volesse, ma era il suo primo bacio, non era esperta!

Arthur inizialmente fu preso molto alla sprovvista, non aveva idea di cosa stesse succedendo; poi capì che Merlyn lo stava baciando. Per davvero. Lo stava baciando.

«Ti amo anch’io.» sussurrò abbracciandolo, nascondendo il viso per non fargli vedere quanto fosse diventata rossa. Arthur ricambiò l’abbraccio, sentendo di poter toccare il cielo con un dito, ora sì che non sarebbe mai più tornato a Camelot, poteva già vedere la sua vita con lei ad Ealdor.

«Ti amo.» ripeté anche lui cercando nuovamente il suo viso per baciarla ancora e ancora. Voleva baciarla fino alla fine dei tempi, ma dovevano tornare a casa.

Quando si furono calmati i due si incamminarono nuovamente all’interno del labirinto tenendosi per mano.

Andava tutto bene.

Hunith sorrise battendo una mano sul petto dell’amato «Guarda là.» disse indicandogli i due ragazzi scendere da cavallo, i loro sguardi dicevano tutto, non c’erano bisogno di parole. Balinor sorrise sconfitto, non poteva certamente impedire a sua figlia di amare quel ragazzo, non avrebbe di certo fatto alcuna differenza la sua approvazione. Merlyn era ormai una donna matura, più mature di tutte le altre ragazze del villaggio e Balinor doveva semplicemente accettare il fatto che si sarebbe imparentato a quel ragazzino. Meglio Arthur che Gwaine, si disse.

«Forse presto ci sarà un matrimonio.» disse Hunith «Forse, e sentimi bene forse, se dovessero sposarsi potrei lasciar perdere l’idea di mandarla da Gaius e potrai insegnarle tu a controllare i suoi poteri. Poi dovresti anche raccontarle cos’è oltre ad una maga.» sussurrò la donna nonostante non ci fosse nessuno in casa oltre loro due.

Balinor annuì «Non credi che sia troppo presto per maritarla?» domandò quasi non dispiacendosi più all’idea di vederla partire per Camelot.

Hunith sorrise «Oh, andiamo, avevo la sua età quando ti ho conosciuto.» gli ricordò con gli occhi che brillavano al ricordo, non potrà mai scordare quella sera che lo ha ospitato in casa sua, si era innamorata a prima vista.

L’uomo la baciò, il ricordo vivo nel suo cuore, l’unica cosa che in quegli anni da eremita lo avevano tenuto sano con la mente.

«Il Destino guiderà loro.» concluse guardando sua figlia sorridere al biondo.

Arthur posò il corno sul terreno della radura «Scusami, non avrei mai dovuto ucciderti.» disse provando del vero rimorso. Anche se quella vicenda si era conclusa in modo molto più che positivo per lui si sentiva in dovere di fare ammenda.

Meryln aveva ragione, uccidere animali per puro divertimento era immorale, da quel giorno in poi si sarebbe dedicato alla caccia solamente con lo scopo di nutrirsi quel che bastava.

La ragazza gli prese una mano e gli sorrise, orgogliosa che l’uomo avesse capito il suo errore e che stesse cercando di onorare la creatura.

«Guarda.» la maga indicò dall’altra parte della radura, un unicorno li stava guardando.

«Quando colui che uccide l’unicorno dimostra di essere puro di cuore, l’unicorno vive di nuovo.» la voce di Anhora riempì la radura, ma l’uomo non si fece vedere.

Merlyn posò una mano sul cuore di Arthur «Sei stato bravo.» gli disse prima di mettersi in punta di piedi per dedicargli un dolce bacio all’angolo della bocca.

Il principe sorrise, sentendosi finalmente amato e nel posto giusto.

 

   
 
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