Daniel
Ramos, fisso con lo sguardo sul proprietario del Mariposas, attende il
ritorno
del collega. Anche se la presenza di Stoccolma lo destabilizza, cerca
di fare
l’uomo forte e poco interessato. Ma gli occhi di lei pesano
ed evitarla diventa
il problema più insormontabile al mondo.
Assurdo
quanto una donna, per di più, conosciuta da meno di 24 ore,
possa esercitare,
su di lui, un controllo simile.
All’esatta
maniera di Nairobi con Santiago, la biondina esercita un vero e proprio
gioco
di seduzione.
Quelle
Farfalle sembrano dotate di poteri inibitori, di cui il giovane
ispettore è
cosciente ma a cui soccombe piacevolmente.
Innegabile
che la riccia stia servendosi del sex appeal per cercare le attenzioni
di
Ramos.
“Cosa
volete da noi?” – giocando con uno dei suoi
numerosi boccoli d’oro, la giovane
si avvicina al trentenne e gli sussurra tali parole
all’orecchio. Non c’è
rabbia nel suo tono di voce, né provocazione, ma soltanto
della tenerezza.
E
così cade vittima dei suoi sguardi, dimenticandosi, per
qualche secondi, della
faccenda di Martin Berrotti.
“Da
voi niente, cerchiamo Lisbona, ricordi?” – le
risponde, fingendo un disinteresse
per l donna.
Gli
costa fatica, dato il suo lato da macho.
Intanto
Stoccolma continua – “Non direi. Ero sdraiata sul
letto, stavo finalmente
godendo del riposo che meritavo da settimane, quando un poliziotto ha
spalancato
la mia porta, riferendomi di uscire. Ha messo a soqquadro
tutto…ci state
trattando come scarti della società, non lo siamo!”
Alle
ultime parole, fa seguito un inizio di pianto per una condizione non
cercata né
sognata, ma necessaria.
“È
solo per sicurezza che facciamo queste ricerche, però, puoi
star serena, so per
certo che sei buona. Non faresti del male a una mosca”
– istintivamente le
accarezza il viso, volendola rassicurare.
La
donna accenna un sorriso e delicatamente adagia la sua mano su quella
che
l’uomo tiene ferma sulla sua guancia.
Si
fissano per alcuni secondi, fin quando l’arrivo di tutti i
poliziotti al
completo richiama Daniel alle sue priorità.
“Ehm…capo…
ci siamo! Manca solo Lopez” – spiega un agente.
“Che
fine avrà fatto?” – chiede, confuso, un
altro sbirro.
“Andiamo
a cercarlo” – aggiunge l’uomo che ha con
sé Manila.
Ma
Ramos sospetta già la ragione di quel ritardo.
“Tranquilli,
ci raggiungerà quanto prima. Fidatevi” –
scuotendo il capo, si rassegna di
fronte a un Santiago ormai schiavo del fascino di Nairobi. È
convinto sia
ancora con lei, intento a fare chissà cosa.
Dovrebbe
spifferare al padre il cattivo comportamento del collega, poco serio
sul
lavoro, ma gli vuole troppo bene per tradirlo alle spalle.
Così lo copre come
meglio può. Si concentra sulle indagini, domandando ai suoi
uomini – “Avete
trovato qualcosa di utile?”
“No,
niente”
“Assolutamente
nulla”
“Un
buco nell’acqua, signore”
“Solo
foto, cartoline, immagini della Serbia”
“Io
molto legato a mia terra” – spiega Helsinki,
giustificando la presenza di
ricordi legato a quel Paese – “E mio cugino Oslo,
come me”
Qualcosa
in tutta quella vicenda sembra stonare con le idee che gli ispettori
avevano
ipotizzato ascoltando Paquita.
“Ascoltate,
non mi piace girarci attorno. Vado diretto al sodo. Raquel Murillo,
quando
giunse qui, vi raccontò del motivo per cui dovette
nascondersi?” – forte di
essere osservato da Stoccolma, mostra il suo lato da leader e prende il
comando
della situazione.
“Io
ho spiegato nell’interrogatorio che la mia dipendente
necessitava di un lavoro”
– interviene Martin, dando una risposta a tale quesito.
“Si,
però hai sorvolato su alcuni dettagli!”
– batte un pugno sulla scrivania,
dietro la quale è posizionato Berrotti.
“Quali?
Di cosa sta parlando, ispettore?” – domanda,
confuso, il gestore del locale.
Ramos
avrebbe voluto sputargli in faccia la verità, poi ripensa
però alla segretezza
di alcune informazioni e non risponde, tornando ad assumere
atteggiamenti
consoni al ruolo.
“Direi
che potremmo andarcene, per il momento” – comunica
ai poliziotti, dando loro
l’ordine di rientrare in Commissariato.
“E
Lopez?” – viene ricordato da qualcuno.
“Ah,
già!” – esclama il giovane,
rammentandosi della sua mancanza – “Altri due
minuti,
dopo andremo via!”
Si
infastidisce di tale atteggiamento che, a suo dire, era più
giustificata in un trentenne
con gli ormoni ancora alle stelle, e non a un uomo adulto di oltre
quarant’anni.
Però decide di dargli ancora tempo, poi lo avrebbe raggiunto
e portato via da
lì.
Così,
mentre all’ingresso del Mariposas si sono radunati ormai
tutti quanti, quello
che accade nel durante sembra caratterizzare un mondo a parte: Santiago
e Agata
non hanno fatto altro che baciarsi tutto il tempo, lasciando la
realtà fuori
dalla porta della camera.
Sfiorarsi,
annusarsi, accarezzarsi, scoprirsi pian pianino, come se quello
accaduto la
notte prima tra loro fosse stato inesistente.
“Hai
un buon profumo, sai?” – sussurra la gitana
all’orecchio dell’ispettore.
Nella
sua voce non c’è più malizia,
né tantomeno aggressività. I toni pacati la
rendono finalmente la donna dolce che è in natura.
“Non
mi è mai capitata una cosa simile” –
confessa l’uomo.
“A
cosa ti riferisci?” – chiede, abbassando
decisamente la guardia, accovacciandosi
al petto dell’ispettore, sentendosi protetta tra le sue
braccia.
Socchiude
gli occhi, cullata dal battito accelerato del cuore di una persona che
conosce
appena ma che inizia ad apprezzare.
“Mi
riferisco a te. Sei unica, Agata!”
Tale
lusinga imbarazza la gitana che sorride timidamente, coprendosi subito
il viso
con una mano.
“Dico
sul serio. So che è prematuro dire una cosa del genere
però…”
“Dilla!”
– forse sentire parole che la stessa Nairobi immagina,
possono farle bene al
cuore.
“Mai
nessuna come te mi ha fatto perdere la testa in questo modo!”
Una
dichiarazione particolare, a tratti irreale, vista la conoscenza breve
dei due.
Eppure quella è la conferma dell’esistenza del
colpo di fulmine.
“Ok,
all’inizio ero estremamente attratto da te, confesso.
Però dopo che abbiamo…
ehm…hai capito, dopo questa notte… io ho
continuato ad averti in testa”
“Sei
un latin lover, l’ho intuito sin da subito”
– rivela la donna – “Ne ho
approfittato, perdonami. Però adesso sto scoprendo il tuo
vero essere. Tokyo aveva
ragione!”
“Perché
cosa ti ha detto la tua compagna?”
“Che
sei diverso dagli altri!” – timidamente solleva lo
sguardo, unendolo a quello
di Lopez, in una scoperta reciproca senza filtri.
“Vorrei
che tu ti fidassi di me, non farei mai nulla che potrebbe recarti
dolore”
Incredibile
ma vero, esiste un uomo che potrebbe davvero darle amore senza volere
nulla in
cambio, pensa tra se e se Agata.
In
tale istante, percepita la reale sincerità
dell’ispettore, la gitana tira fuori
un argomento importante, rimasto in sospeso – “Hai
promesso che Anibal Cortes
sarebbe stato al sicuro”
“Sarà
così, conta su di me” - a tal proposito, Lopez
speranzoso su un cambio idea
della donna, torna sulla questione centrale –
“Allora? Accetterai la mia
proposta? Verrai via con me?”
E
in pochi secondi, Nairobi torna ad irrigidirsi. È
combattuta. Una parte di se
scapperebbe a gambe levate, l’altra è consapevole
di un vincolo che la tiene
ferma al Mariposas.
Un
patto che ha i toni della minaccia e che riguarda qualcuno di
fondamentale per
la donna.
Axel.
La
sola ragione di vita che la costringe a fare ciò che fa.
Basta
ricordare quel bambino per rialzare le barriere contro il mondo intero.
E
infatti… - “No, non posso. Non insistere
più, ti prego” – si slega
dall’abbraccio dell’uomo e indietreggia.
Il
viso, che attimi prima si era sciolto da ogni tensione, la voce calda e
dolce,
sono di nuovo preda della Farfalla del Mariposas.
L’amorevole
Agata è tornata a cedere il passo a Nairobi la mangiauomini.
“Controlla
ciò che vuoi, perlustra ogni angolo. Poi vattene, per
favore” – mentre dice
ciò, si reca in bagno, liberandosi non solo
dell’abito di flamenco che ha
indosso, ma anche di un senso di frustrazione e oppressione che le
invade mente
e corpo.
Trattiene
il pianto, ma le risulta difficile farlo.
“Cazzo,
cosa ti prende? Torna in te! Cazzo, cazzo…”
– batte un pugno alla parete,
ignorando anche il successivo dolore –
“… non avrei dovuto mai abbassare la
guardia con lui! Adesso sarà più dura tornare a
calzare i panni del personaggio
che mi sono voluta costruire” – rimprovera se
stessa e lo fa duramente,
fissandosi allo specchio con disgusto. Il trucco sbavato le scivola
sulle
guance, i capelli spettinati…questo rimane della femmina che
Berrotti vuole che
lei sia; perché è questo ciò che
Martin pretende dalle sue dipendenti: che
siamo femmine, prima che donne.
Quanto
vorrebbe farla scontare a chi detiene il potere; il pensiero
però del suo
bambino è ciò che lo frena dall’agire.
Se
solo Santiago scoprisse…
Mentre
la gitana è alle prese con la chiusura in se stessa e il
ritorno ai vecchi
stracci da spogliarellista, Santiago fissa, immobile, la porta di
quella
toilette.
Nairobi
pone resistenza per motivi segreti e lui DEVE scoprirlo, solo
superandolo può
liberarsi dal senso di dovere che nutre verso la vita che conduce.
Approfitta
di quei minuti per ispezionare la stanza.
È
convintissimo di non trovare niente di utile, avendo ottenuto un ok
troppo
facile dalla gitana.
Se
lei nascondesse qualcosa, difficilmente gli avrebbe dato il consenso
senza
ribellarsi prima.
E
invece… qualcosa di interessante c’è,
eppure non riguarda la Murillo.
“Chi
è questo bambino?” – chiede alla gitana,
fissando una fotografia.
Agata,
appena uscita dal bagno, con in mano il vestito rosso, sospira e, come
a non
voler dar peso a quanto scoperto dall’ispettore, risponde
– “Mio figlio”
Rigida
e distaccata, ignora la confusione sul viso di Lopez e si accinge a
ripiegare
l’abito e custodirlo, segretamente, in uno scatolone, posto
sotto il suo stesso
letto.
“Nulla
di questa faccenda deve venire fuori” – precisa lei
– “Né del flamenco, né di
questa foto”
“Hai
un bambino e non puoi vederlo, vero? Ti minaccia qualcuno per questa
faccenda?”
“Basta
Santiago”
Chiamandolo
addirittura per nome, Agata gli strappa l’immagine dalle mani
– “Io non ti ho
detto niente. Hai scoperto tutto da solo. Quindi, ora sta a
te!”
Il
quarantaduenne intuisce in quelle affermazioni una sorta di messaggio
in
codice.
Percepisce
che la Mariposa si sente spiata in ogni mossa che fa. Perciò
ipotizza che lei lo
abbia lasciato libero di scoprire un dettaglio del suo passato, senza
confessarlo in prima persona, senza dare l’impressione di
aver aiutato
volutamente la polizia.
E
così, avvicinandosi al suo orecchio, le sussurra –
“Tuo figlio tornerà da te,
fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia”
Con
tali promesse, Lopez la saluta con un ultimo bacio, stavolta sulla
fronte e va
via.
Ad
Agata non sembra vero che qualcuno le dica una cosa del genere.
Che
sensazione meravigliosa le invade il petto, adesso! È come
se la speranza che
l’ha abbandonato per anni, sia tornata a bussare alla sua
porta.
Combattuta
da mille paure, cerca dentro di se la forza per vincere le voci che le
ronzano
nella testa e le ricordano il protocollo.
“Me
ne fotto” – esclama poi ad alta voce, rivolgendosi
al DOVERE a cui è vincolata.
Mandando
tutto a fanculo, corre verso Santiago, che si trova ancora nei
corridoi, e lo
chiama.
L’ispettore,
spiazzato, la vede in lontananza avanzare a passo veloce.
Si
ferma ad attenderla e una volta una di fronte all’altro, la
donna afferma – “Mi
fido di te” – lo prende per mano, lasciandosi
accompagnare fino all’ingresso –
“Promettimi
che nessuno si farà male”
**********************
Daniel
Ramos e la sua squadra sono prossimi ad andar via quando, finalmente,
scorgono
il collega arrivare.
“Finalmente”
– esclama, tirando un sospiro di sollievo. Non conosceva
più scuse per giustificare
i suoi ritardi.
Constatando,
piacevolmente, che il maggiore ha con sé Nairobi, lo
accoglie sereno, mettendo
da parte i nervi che ha accumulato poco prima.
“Ci
sono novità?” – chiede Lopez
all’amico.
“No,
nessuna. Tu?”
A
quel punto, Santiago si volge verso Martin e gli comunica –
“La donna viene via
con me”
“Come?
Non se ne parla” – pone resistenza lui.
“E’
una testimone utile ai fini delle indagini. Non le conviene
intralciarci,
signor Berrotti”
Il proprietario, furioso, fissa la sua farfalla, dicendole –
“Tradirai così la
tua famiglia?”
“Non
osi minacciarla con quei toni” – si infervora
Lopez, in difesa della donna.
“Non
minaccio nessuno. Nairobi è sotto la mia tutela. Sono io a
dare o meno il
consenso”
“Verrà
pagato profumatamente, non si preoccupi” –
puntualizza Daniel.
Ma
al Capo del locale i soldi non interessano.
Così
si appella, per far leva sui sensi di colpa della zingara, al legame
con Tokyo.
“La
tua amica la lasci così?”
A
quel punto è proprio quest’ultima ad intervenire.
“Nairo,
cosa fai? Mi lasci qui da sola?” – Tokyo,
sconvolta, sente tale fuga come una
forma di tradimento.
“Amica
mia, no, non è come credi”
“Mi
stai abbandonando, non è così? Ci eravamo
ripromesse che nessuno ci avrebbe mai
separate” – gli occhi carichi di lacrime della mora
diventano il macigno uno
dei più grandi che Nairobi ha dovuto sopportare nella vita.
“Si tratta di poco, tornerò il prima
possibile” – cerca di spiegarsi, e di
abbracciarla, ma l’altra, delusa, indietreggia –
“Semmai tornerai, dubito che
mi troverai dalla tua parte”
Nairobi
sente tali parole come fossero una pugnalata al cuore e,
istintivamente, opta
per la soluzione migliore.
Lascia,
a malincuore, la mano di Lopez e rinuncia alla libertà.
Quella è la mossa
adatta per evitare casini agli altri, a se stessa, e non perdere
ciò che le
rimane di importante: Tokyo.
“Mi
dispiace, ispettore. Rimarrò qui, è questo il mio
posto”
“Cosa?”
“Hai capito bene, io resto al Mariposas”
Abbracciando
la migliore amica, le sussurra un amareggiato Scusa, ottenendo in
cambio un
immediato – “Non lasciarmi mai”
“Non
lo farò, te lo prometto”
Di
fronte alla rinuncia alla sua felicità, Nairobi guarda
Santiago andare via.
Ora
sì che nel suo cuore qualcosa comincia a mutarsi nei
confronti dell’ispettore.
Sente
di aver appena mandato a puttane il suo sogno di felicità. E
quel sogno di
felicità comincia a definirsi chiaramente nella sua testa:
quel sogno porta il
nome di Santiago Lopez.
********************************
“La
stronza ti ha fatto credere che collaborava per poi smerdarti di fronte
a
quell’idiota del proprietario, che ha vinto di nuovo,
bastardo” – si infuria
Daniel nel rientro al Commissariato.
“Il
legame con Tokyo è troppo forte per lei, non ha saputo dirle
no” – la
giustifica il quarantaduenne.
“Ora
che si fa? Avevi detto che era una testimone essenziale”
“Adesso
andremo a Lisbona e cercheremo indizi lì”
Vedere tanto afflitto il collega, fa intuire a Ramos che
c’è di mezzo un sentimento
forte.
“Ti
sei innamorato di lei, vero?”
“No,
io non mi innamoro mai” – mente il maggiore dei due.
“Baggianate,
capita a tutti prima o poi. E tu hai trovato la tua seconda
metà. Dovresti
lottare per prendertela”
“Nairobi
non è una donna semplice. Deve aver sofferto talmente tanto
in vita sua che
difficilmente lascia uno spiraglio all’amore. Come hai visto,
ha rinunciato
alla libertà per stare accanto alla migliore amica”
“Santiago,
forse è bene per entrambi aver chiuso con quel Mariposas. Io
ho perso la testa
per Stoccolma e non è ottimale condurre indagini se sono
coinvolte attrazioni o
sentimenti. Chiederemo a papà di affidare ulteriori ricerche
sul Night Club ad
altri. Noi, sai che ti dico, andremo a Lisbona. Indagheremo
lì…così svagheremo
la mente e ci dimenticheremo delle nostre Farfalle, che ne
pensi?”
Anche
se Santiago sente che sarà difficile dimenticarsi in poco
tempo della sua
Agata, deve almeno tentare.
Però,
qualcosa non vuole dargli pace.
Lei
ha un bambino e lui le ha fatto una promessa.
“Prima
di dirle addio, vorrei risolvere una questione delicata. Solo allora,
avrò la
coscienza a posto e potrò cercare di cancellarla dalla mia
vita”
“Cioè?”
“Devo assolutamente restituirle una parte di vita che le
è stata tolta”
*********************************
Cosa
accade al Mariposas, invece, nei minuti successivi all’uscita
della Polizia?
Martin
si scaglia violentemente contro Nairobi.
“Puttana,
cosa cazzo credevi di fare?” – parte la prima
sberla in pieno viso.
Ma
la donna non risponde. Abbassa lo sguardo, mostrandosi a tutti, per la
prima
volta, debole e fragile.
Il
che porta Tokyo ad intervenire per aiutarla.
“Maledetto
non la toccare! Come osi!” – si dimena per
salvarla, ma sono i due serbi ad
afferrarla e tenerla buona.
Manila
e Stoccolma assistono, inermi, ad una scena umiliante per una persona.
“Andate tutti in camera e lasciateci soli”
“Come?
No” – grida Tokyo.
“Fa’
come ti ha detto, Toky” – le dice Nairobi, cercando
di rassicurarla.
“Ma…”
“Vai”
- ripete la gitana.
Solo
allora, la ragazza si rende conto di quanto sia stata egoista ad aver
messo Nairobi
nella condizione di scegliere. Se fosse andata via, ora sarebbe libera.
Invece
il suo “ricatto” l’ha costretta a restare
e pagarne le conseguenze.
“E’
tutta colpa mia” – singhiozza, una volta sola nella
sua stanza, chiusa a chiave
dall’esterno da Helsinki, il quale immaginava ipotetiche
uscite da parte della
collega, fuori di testa.
Quanto
ad Agata, viene condotta in un’ala secondaria, scortata da
Martin. Percorrono una
sorta di passaggio segreto, poco illuminato, che culmina in una ala
molto
grande e dispersiva, da cui la sola luce sono delle lampade poste ai
vari
angoli che rendono l’idea della grandezza dello spazio.
Non
è mai stata lì né sapeva
l’esistenza di posti così tetri
all’interno del
Mariposas.
Cerca
di mantenere la calma, seppure terrorizzata dall’idea di cosa
le può accadere
da adesso in poi.
Minuti
di agonia psicologica che portano Nairobi a pensare al suo intimo: a
suo
figlio, al suo amato flamenco, e anche a lui… Santiago!
Chi
l’avrebbe mai detto! Non ci avrebbe mai scommesso
eppure… adesso è lei a non
riuscire a toglierselo dalla testa… che ne sia innamorata?
I
pensieri cessano dal rumore di passi lenti e pesanti, di scarponi
maschili, che
le fanno sussultare il cuore. Sa di chi si tratta.
“Zingarella
mia, quando imparerai che qui comandano gli uomini?”
– le dice una voce austera,
che riecheggia tra quelle quattro mura.
Una
figura con il viso coperto da una maschera bianca, si siede di fronte a
lei.
“Grazie,
Palermo. Puoi andare via” – dice la persona senza
volto, lasciando da soli i
due.
“Come
pensi di punirmi?” – chiede, tremante, la donna.
“Quando
sei arrivata al Mariposas, hai giurato fedeltà. Da qui non
si esce, e lo sai
bene”
“Lisbona
l’ha fatto”
Una risata malefica rimbomba e frastorna Agata, sempre più
timorosa per la sua
incolumità – “Se non vuoi sparire nel
nulla come lei, ti consiglio di non
metterti mai più contro di me”
Nairobi
annuisce, per sobbalzare subito dopo, quando una mano nascosta da un
guanto di
pelle nero, le si posiziona violento sul petto.
Quella
voce le sussurra – “Avrei in mente molte cose per
farti scontare la pena” –
provoca, adagiando una mano su un seno della gitana che deglutisce
rumorosamente.
La
persona continua a toccare, palpare, maliziare, con una veemenza tale
da
distruggere emotivamente la gitana.
Lei
non sa di chi si tratta, ma lo vede giocare con il suo corpo che, nel
frattempo, è rigido come una corda di violino.
“Sto
per morire” – commenta Agata, chiudendo gli occhi.
Tutto
le si offusca e in un battibaleno lo shock prende il
sopravvento… si accascia
priva di sensi.