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Autore: FluffyHobbit    02/03/2022    1 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]Sequel di "Tu non innamorarti di un uomo che non sono io"
Dal testo:
"Non vedo l'ora che arrivi stasera, 'o sai?"
[...]
"Ma se siamo svegli da tipo cinque minuti…"
[...]
"Sì, ma oggi è una giornata speciale e stasera lo sarà ancora di più."
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Manuel conosceva perfettamente la strada che portava al campo da rugby dove Simone si allenava, l’aveva percorsa così tante volte che avrebbe potuto guidare anche ad occhi chiusi, ma quella sera li tenne più aperti che mai: si aspettava di trovare la Vespa di Simone rovesciata da qualche parte a causa di un incidente e il suo proprietario a poca distanza da essa. Paradossalmente, era l’opzione più felice che riusciva ad immaginare e sperò che se proprio a Simone doveva essere successo qualcosa, fosse questo.

“Simo! Simo!”

Gridava di tanto in tanto, sperando di ottenere qualche risposta che però non arrivò mai.

Giunse fino al centro sportivo e fece il giro del parcheggio più di una volta per cercare il motorino del suo ragazzo. Quando fu certo che non ci fosse entrò dentro, cercando di ignorare i battiti del suo cuore e concentrarsi.

“Scusa, sto cercando Simone Balestra, sta nella squadra di rugby. Non è che per caso è ancora qui?”

Domandò all’uomo seduto dietro ad una scrivania all’ingresso, che normalmente raccoglieva le iscrizioni ai vari corsi, ma che in quel momento stava guardando qualcosa sul cellulare e non sembrò aver sentito la domanda di Manuel.

“Oh, sto parlando con te! Mi senti o no?”

Esclamò il ragazzo, allungando un braccio per dare una leggera spinta a quel tizio. Non aveva tempo da perdere dietro alle sue distrazioni.

“Nun me toccà, che cazzo fai? Guarda che qua stiamo a chiude, tutti i ragazzi se ne sono già andati, e mo vedi di annartene pure tu prima che te faccia penti' di essere venuto!”

Manuel ascoltò soltanto la parte di risposta che gli interessava davvero e senza salutare corse di nuovo fuori, agitato.

“Cazzo Simo’, cazzo…”

Mormorò a denti stretti, mentre per l’ennesima volta provava a telefonargli e per l’ennesima volta non riceveva risposta, con la differenza che il cellulare di Simone stavolta non aveva squillato affatto. Qualcuno doveva averlo spento e un solo nome si affacciò nella sua mente quando si chiese chi potesse essere stato, causandogli un sussulto allo stomaco che per poco non lo fece vomitare per strada.

Come cazzo era possibile? Era stato attento, tutte le volte che Simone lo aveva accompagnato allo sfascio era sempre rimasto fuori, lontano dagli occhi viscidi di quel criminale, proprio per evitare che venisse coinvolto. Soltanto una volta Zucca lo aveva visto in sua compagnia, davvero era stata sufficiente a far capire quanto fossero legati? Certo che è bastata, si rispose da solo, perché Simone ha provato a difenderme.

Doveva fare qualcosa, ma cosa? Chiamare la polizia era fuori discussione, non poteva farlo con Simone tra le grinfie di Sbarra, e non poteva neanche presentarsi allo sfascio, perché da solo non sarebbe riuscito a fare nulla. Chiamò allora l’unica persona che forse poteva aiutarlo, che sperava potesse aiutare Simone, una persona a cui avrebbe dovuto dare ascolto tempo prima e che, fortunatamente, rispose dopo un paio di squilli.

“Te prego dimmi che stai a casa, è successo un casino e ti devo parla', è urgente!”

Biascicò agitato, mentre saliva già in sella alla sua moto. Claudio, dall’altra parte del telefono, si accigliò preoccupato. Continuava a sentirsi con Simone di tanto in tanto per controllare che tutto andasse bene, mentre Manuel di solito lo evitava, quindi la situazione doveva essere grave per davvero se aveva deciso di contattarlo.

“Sono a casa, ma se mi dici dove sei ti vengo a prendere io. Non mi sembri nelle condizioni di-”

“Sto arrivando.”

Interruppe Manuel, chiudendo subito la telefonata. In effetti Claudio aveva ragione, non era saggio mettersi alla guida inquieto com’era, ma in quel frangente non aveva razionalità a cui dare ascolto. Fu per questo molto fortunato ad arrivare illeso a casa dell’avvocato, se si escludeva il pallore del suo volto e lo stato generale di agitazione. Claudio non l’aveva mai visto così, per quel poco che lo conosceva, nemmeno quando aveva provato a picchiarlo, e per questo era sicuro che quel casino a cui gli aveva accennato avesse a che fare con Simone.

“Dimmi tutto, dai.”

Lo invitò a sedersi sul divano accanto a lui, ma Manuel era troppo nervoso e preferì restare in piedi.

“Ho fatto una cazzata, Claudio, una cazzata vera, e adesso Simone è sparito…”

Cominciò a dire, camminando avanti e indietro per la stanza, tormentandosi le mani. Dirlo ad alta voce era anche peggio. Claudio si sporse verso di lui, allarmato.

“Cosa? In che senso è sparito?”

“Eh, secondo te in che senso? Non è tornato a casa dopo gli allenamenti di rugby, sono anche andato a cercarlo e non c’era, ho provato a chiamarlo, ma niente! L’ha preso Sbarra, so' sicuro, e non so che cazzo fare!”

L’avvocato chiuse gli occhi per un istante e fece un profondo respiro. Per quanto quell’idea lo spaventasse, non poteva permettersi di farsi prendere dal panico. Bastava Manuel.

“Aspetta, respira un secondo e non saltare a conclusioni affrettate. Come fai ad essere certo che Sbarra l’abbia rapito? Davvero non può essere successo altro?”

Manuel fece un verso di stizza, quasi un ringhio, perché sì cazzo, ne era più che sicuro!

“Ho pensato ad un incidente, c’ho sperato ad essere sincero, ma ti ho detto che sono andato a cercarlo al centro sportivo e per strada non c’erano né la polizia né ambulanze, niente! Poi l’ho chiamato non so quante volte, se fosse finito in ospedale qualcuno avrebbe risposto, no? E invece adesso il telefono è pure spento, non fa neanche un cazzo di squillo! E poi so' sicuro che è stato Sbarra perché…perché sono un coglione, cazzo.”

Parlò di getto, senza quasi respirare, e gli venne un giramento di testa che lo costrinse a sedersi in poltrona. Si sentiva stupido ed inutile. Claudio si alzò per andargli a prendere un bicchiere d’acqua, che però Manuel rifiutò.

“Fare così non serve a niente, Manuel. Bevi un po’ e poi dimmi cos’hai combinato, possiamo trovare una soluzione.”

“Claudio, se a Simone succede qualcosa io ammazzo Sbarra e poi mi ammazzo io, hai capito?”

Replicò con un filo di voce, tuttavia fermo e deciso. La sua mente stava già pensando al peggio ed era certo che Claudio non potesse dargli torto, nonostante la sua aria tranquilla. Come diamine facesse ad avere sempre il controllo di se stesso, proprio non lo capiva.

“Bevi e non dire queste cose, non pensarle nemmeno. Conosco bene i tipi come Sbarra, se ha preso Simone è perché vuole ricattarti, quindi gli serve ed è anche nel suo interesse che non gli succeda nulla di irrimediabile.”

Il ragazzo lo guardò male, per niente rincuorato da quell’informazione.

“Grazie, adesso sì che mi sento più tranquillo.”

Si decise a bere un sorso d’acqua, che comunque non riuscì a farlo sentire meglio, ovviamente. Claudio sospirò, paziente.

“Lo so che sembra assurdo, ma dovresti. Significa che abbiamo tempo per aiutare Simone. Ora, immagino che tu non voglia coinvolgere la polizia…”

“No, infatti, non se ne parla! Se vanno allo sfascio a fare casino, quello è capace de fa sbranare Simone da quei cani indemoniati che se ritrova!”

“E infatti, se mi avessi fatto finire di parlare, ti avrei detto che per il momento è una buona idea, più o meno. Non possiamo fare tutto da soli, però, quindi facciamo così: spiegherò la situazione ad un ispettore che conosco da anni, è un mio caro amico, e gli chiederò di tenersi pronto, ma saremo noi a dirgli quando intervenire, va bene?”

Manuel sospirò, ben poco convinto. Non che l’idea di Claudio gli sembrasse del tutto sbagliata, era chiaro che prima o poi la polizia sarebbe dovuta intervenire, solo che non riusciva a vedere quel momento opportuno. Sbarra non era un fesso, in fin dei conti.

“E se non ce ne fosse occasione? Guarda che Sbarra lo conosco, è furbo, non si farà fregare facilmente.”

Claudio scacciò via quel pensiero agitando una mano.

“Fidati, anche i migliori sbagliano e Sbarra sarà anche furbo, ma non è infallibile. So che ti sembra tutto nero in questo momento, ma devi fare lo sforzo di fidarti di me.”

Disse guardandolo negli occhi e Manuel, per un istante, trovò un po’ di rassicurazione in quello sguardo che, seppur di ghiaccio, gli parve estremamente caldo. Annuì appena.

“Anche perché solo tu puoi aiutare Simone, io so solo metterlo nei guai e combinare casini…”

Mormorò, scuotendo il capo. Finì il suo bicchiere d’acqua e lo posò sul tavolino, fece poi per alzarsi, ma Claudio glielo impedì. Nelle sue condizioni, era meglio che restasse seduto.

“Puoi aiutarlo anche tu, ma devi essere sincero e raccontarmi tutto. Sbarra vuole vendicarsi, che gli hai fatto?”

Manuel si umettò le labbra, più per prendere tempo che altro. Se solo ci ripensava, si sentiva ancora più coglione.

“Mi aveva dato della roba da spacciare, non è la prima volta che lo faccio.”

Teneva lo sguardo basso, fisso sulle mani che strofinava tra loro per sfogare l’agitazione.

“Solo che negli ultimi tempi ho pensato soltanto a Simone e ho trascurato…il lavoro, se così si può chiamare. Ero così felice de pote' finalmente stare con lui e non riuscivo a separarmene, soprattutto all’idea di doverlo fare per due pillole di merda. Ma ho sbagliato, se solo mi fossi preso qualche sera, Simone non sarebbe in pericolo adesso. Se solo ti avessi ascoltato, quando mi hai chiesto de denuncia’ tutto…”

Si piegò in avanti e nascose il viso tra le mani, pieno di vergogna e sensi di colpa, pieno di paura.

Claudio gli rivolse uno sguardo comprensivo e portò una mano sulla sua schiena, facendogli una carezza che sperava potesse dargli conforto. Manuel non se ne rendeva conto, ma ciò che aveva appena ammesso era molto bello.

“Hai sentito cosa hai detto? L’amore che provi per Simone e che lui prova per te ti ha salvato da una brutta fine e ti ha aiutato a capire qual è la cosa giusta da fare. Non hai sbagliato…”

Manuel scosse rapidamente il capo e lo sollevò per guardare di nuovo l’avvocato. Aveva sbagliato e si stava sbagliando anche lui.

“E invece sì, perché l’ho capito troppo tardi! È proprio questo il problema, Simone ha salvato me, ma io non so se riuscirò a salvare lui e…”

Si interruppe, sentendo il cellulare vibrargli in tasca. Sperò con tutto il cuore di leggere il nome di Simone sul display, di sentire la sua voce che gli diceva che stava bene e che lo aspettava a casa per festeggiare il loro giorno speciale. Ogni speranza si spense quando vide un numero ben diverso. Deglutì.

“È Sbarra, Claudio.”

Subito l’avvocato prese il proprio cellulare e fece partire il registratore.

“Metti il vivavoce, potrebbe dire qualcosa di utile. Forza, andrà tutto bene.”

Manuel prese un respiro profondo e fece quanto detto. La mano libera gli tremava e d’istinto si aggrappò al bracciolo della poltrona. L'ultima volta che aveva stretto quella stoffa aveva chiesto perdono a Simone per come l'aveva trattato e gli aveva confessato i suoi sentimenti. Quel momento gli sembrava lontano anni luce.

“Dove cazzo è Simone, Sbarra?”

Chiese, furioso. L’uomo dall’altra parte non si scompose minimamente.

“Chi, scusa? E poi te sembra il modo de rivolgerte a me, dopo tutto questo tempo che nun te sei fatto senti'?”

“Non prendermi per il culo! Simone, il mio amico! Dimmi dove cazzo sta, adesso!”

Sbarra ridacchiò e a Manuel venne voglia di spaccare qualcosa. Sapeva che lo faceva per tormentarlo e purtroppo ci riusciva benissimo.

“E io che ne posso mai sape’ de dove sta l’amico tuo, non lo conosco nemmeno! Ma non è che hai bevuto, ragazzi’?”

Claudio gli fece segno di non insistere, era meglio non indisporlo ulteriormente. Manuel sospirò e si costrinse ad inghiottire il rospo.

“Sì, forse c’hai ragione, ho bevuto troppo. Beh, che vuoi, allora?”

“T’ho chiamato per un lavoretto, se sei interessato. M’hanno portato una Vespa da rottamare ed è messa male, te lo dico, ma secondo me te con le mani d’oro che te ritrovi la puoi rimette a nuovo, così la rivendo e ti do la metà. Che dici, ce stai?”

Manuel si lasciò scivolare sulla poltrona, era come se lo avessero colpito in pieno petto. Sbarra era dannatamente furbo, quello era il suo modo per dirgli che aveva
Simone in mano senza dirlo direttamente. Probabilmente sospettava anche che stesse registrando la telefonata.

“Una…una Vespa?”

Balbettò e Sbarra gli rise in faccia.

“Mazza quanto devi aver bevuto, però, me fai quasi preoccupa’! Sì, una Vespa, c'hai presente? Nun me fa perde tempo, accetti o no?”

“Sì, sì, certo che accetto! Posso venire anche adesso…”

Si affrettò a rispondere, ma Sbarra ridacchiò di nuovo, interrompendolo.

“E da quando decidi tu? Facciamo domani sera a quest’ora, va bene?”

“Domani sera? Ma se non vuoi perde tempo, non è meglio adesso?”

Aveva bisogno di vedere Simone il prima possibile, doveva sapere come stava. Solo per miracolo la sua voce non suonava come una supplica.

“Se permetti il mio tempo me lo gestisco io e sai cosa? Facciamo dopodomani sera, mi sono ricordato che domani c'ho già un impegno. O preferisci fare tra una settimana?”

Manuel imprecò mentalmente, sia contro se stesso che contro Sbarra.

“No, no, dopodomani va benissimo.”

“Ecco, bravo, così me piaci. Se vedemo, Manuel, e mi raccomando non bere troppo!”

L'uomo chiuse la telefonata e Manuel scattò verso la cucina, perché il bagno era decisamente troppo lontano. Non aveva bevuto come aveva detto a Sbarra, ma il vomito di cui si liberò nel lavandino era degno della peggiore delle sbronze. Claudio gli fu subito accanto a reggergli la testa e a tenergli indietro i capelli. Gli ricordò sua madre, per un attimo.

“Dai, siediti, ti faccio una tisana…”

Disse Claudio dolcemente, quando Manuel terminò di vomitare tutto ciò che aveva in corpo. Il ragazzo fece una smorfia.

“Ne hai una al cianuro? La porto a quello stronzo…”

Biascicò, lasciandosi cadere su una sedia. L’avvocato fece una risatina.

“No, quella mi manca, ma ho quella giusta per te.”

Così dicendo si mise a preparare una tisana alla menta, avrebbe aiutato lo stomaco di Manuel a rilassarsi. Non aggiunse altro fino a quando il ragazzo cominciò a bere e anche Manuel preferì restare in silenzio, nonostante sentisse il bisogno di urlare. Gli mancava la forza.

“Ascoltami, Sbarra ti ha detto della Vespa per torturarti, per farti stare esattamente così. Tu ti sei lasciato coinvolgere e non te ne faccio una colpa, ami Simone ed è normale, ma devo chiederti di fare uno sforzo, quando andrai da lui. Anche se ti sentirai morire dentro o avrai voglia di urlare o di spaccare tutto, non puoi perdere la calma o farti prendere dal panico. Quelli come Sbarra ci sguazzano in queste cose e lui ha già un vantaggio su di te, non puoi dargliene altri, hai capito?”

Manuel sorrise amaramente, quasi rimpiangeva l’aver perso il suo talento nel soffocare le emozioni. Per una volta gli sarebbe tornato utile.

“E come cazzo faccio, Claudio? Me lo spieghi, eh? Quello non c’ha un vantaggio qualsiasi, c’ha Simone! Il mio Simone, cazzo! Io lo dovevo proteggere, lo dovevo rendere felice e invece guarda cos’ho combinato! Per colpa mia adesso è solo, buttato chissà dove, nelle mani di due pazzi! Dovrei esserci io al posto suo!”

I suoi occhi erano come due braci infuocate e Claudio avvertiva tutta la forza di quello sguardo. Era un fuoco praticamente impossibile da spegnere, ma Manuel doveva riuscire almeno a nasconderlo se voleva aiutare il suo Simone.

“Se ci fossi tu al posto suo, Simone starebbe esattamente come stai tu adesso e io dovrei dirgli le stesse identiche cose. Quando si ha un cuore che batte come il tuo, come il vostro, nasconderlo è praticamente impossibile e io non so spiegarti come imparare a farlo nel giro di un giorno, mi dispiace. Posso solo dirti che, al momento, è l’unica cosa che puoi fare per non peggiorare la situazione."

Manuel si sentiva intrappolato in un incubo, un incubo dal quale non riusciva a svegliarsi. Temeva di fare un'altra cazzata, di peggiorare la situazione, e allora cosa sarebbe successo? Simone ne avrebbe pagato le conseguenze, come sempre. Era il martire sull'altare delle sue stronzate.

"Hai visto che avevo ragione? Non vado bene per Simone, doveva restare con te! Oggi dovevamo festeggiare il nostro primo mese insieme, avevo organizzato tutto, me so' pure vestito da pinguino…"

Con un gesto vago della mano indicò la camicia bianca che indossava, ormai stropicciata, e la cravatta che si era fatto prestare da Dante, che aveva allargato perché si sentiva soffocare. Con quella stessa mano andò a stringere l'altra, dato che gli tremavano.

"...e poi ho trascurato la cosa più importante! Me so illuso che uno come me potesse essere felice e magari anche rendere felice un'altra persona, o almeno risparmiarle la tristezza e invece…"

Cominciò a singhiozzare, senza riuscire a fermarsi. Bella prova per uno che avrebbe dovuto nascondere le sue emozioni di lì ad un giorno!

Claudio gli andò vicino e gli offrì un abbraccio che Manuel inaspettatamente accettò. Era stata decisamente una giornata pesante per lui e le prossime non sarebbero state da meno, aveva il diritto di sfogarsi.

"Manuel, ascoltami. È vero, hai commesso uno sbaglio, ma tenerti dentro i tuoi sentimenti nei confronti di Simone sarebbe stato un errore ancora più grande.

Risolveremo questa situazione, voi festeggerete il vostro mesiversario e tornerete ad essere felici, te lo giuro. Ora però è meglio che tu vada a riposare, non c'è altro che tu possa fare per il momento. Ti riaccompagno a casa, ok?"

Gli disse dopo un bel po' di tempo, quando le lacrime non vollero più saperne di dare voce all'angoscia di Manuel. Il ragazzo si aggrappò a quella promessa con tutto se stesso.

"A casa ci torno, ma devo spiegare la situazione a Dante e alla nonna di Simone e anche a mia madre, non credo che dormirò, stanotte. Poi, senza Simone..."
Claudio fece un profondo sospiro.

"Con loro è meglio che ci parli io, devo spiegare alcune cose. Tu, invece, devi fare uno sforzo e dormire eccome, non puoi permetterti di perdere lucidità. Anche un sonno agitato è meglio di niente."

"Se lo dici tu…"

Manuel finì la sua tisana in silenzio e poi si lasciò riportare a casa, senza dire una parola per tutto il viaggio. Dante fu sorpreso di vederli arrivare.

"Manuel, ma dov'eri finito? E dov'è Simone? Pensavo che voi…"

Il ragazzo non gli diede modo di completare la frase.

"Ho fatto una cazzata, professo', e ho messo in pericolo Simone…"

Esclamò con voce rotta, non scoppiò a piangere solamente perché non aveva più lacrime. Il professore si accigliò, confuso e spaventato, ma prima che potesse ribattere intervenne Claudio.

"Manuel, qui ci penso io, tranquillo. Tu va' a riposare, cerca di dormire un po'."

Manuel non se lo fece ripetere due volte, non riusciva a sostenere lo sguardo di Dante, l'uomo che aveva accolto lui e sua madre in casa propria e che gli aveva affidato il proprio figlio. Come l'aveva ripagato, lui?

Mormorò soltanto un "mi dispiace" prima di scappare via nella stanza che lui e Simone ormai condividevano. Si infilò rapidamente e distrattamente una specie di pigiama, poi si stese a letto e chiuse gli occhi. Per quanto si sforzasse di non farlo, non riusciva ad evitare di pensare a quanto quel letto fosse vuoto, troppo grande per una sola persona, a come invece a quest'ora sarebbe dovuto essere pieno, un nido di baci e d'amore.

Si agitava alla ricerca di una posizione comoda, ma senza Simone non aveva più il proprio spazio, il proprio posto e il cuscino che stringeva, per quanto avesse il suo profumo, non era Simone. Si sentì inevitabilmente in colpa per quello che gli sembrò il capriccio di un bambino, perché lui almeno aveva un letto comodo in cui riposare, mentre Simone stava sicuramente molto peggio di lui. In un flash improvviso gli tornò in mente che Sbarra, al telefono, gli aveva detto che la Vespa era ridotta male e sentì il sangue gelarsi nelle vene. Non era una cosa detta a caso, Sbarra non parlava mai a caso: la Vespa era Simone e se era messa male, allora Simone era ferito.

Con il cuore in gola, immaginò che avesse subito lo stesso violento trattamento di calci e pugni di cui lui aveva fatto esperienza mesi prima e di cui ricordava benissimo gli effetti. Se solo avesse potuto, se lo sarebbe preso lui quel dolore.

Claudio gli aveva detto di riposare, ma come poteva dormire sapendo che Simone soffriva ad ogni respiro? Si arrese ad una notte insonne, la prima dopo molto tempo, e nonostante il suo rapporto con Dio si fosse fermato alla Prima Comunione, si ritrovò a mormorare una specie di preghiera, nel buio e nel silenzio della stanza.

"Senti Dio, o come te chiami, c'ho una cosa da chiederte, una cosa importante e ti prego, ascoltami. Non voglio fa' l'ipocrita, io manco so' sicuro che esisti, ma per stanotte devi esistere, devi esistere per Simone. Sta nei casini per colpa mia, solo per colpa mia, e non se lo merita, so' sicuro che lo sai pure te ed è per questo che ti chiedo, ti prego, di mandare un angelo dei tuoi a salvarlo da quel diavolo de Sbarra, da quell'Inferno in cui l'ho trascinato io."

Deglutì il pesante groppo in gola che gli bloccava la voce e si passò una mano sul viso per asciugare le lacrime. Sperava con tutto il cuore che ci fosse davvero qualcuno all'ascolto, qualcuno con il potere di portare Simone in salvo.

"Se poi tutti i tuoi angeli so' impegnati, allora prenditi il mio sonno e dallo a lui, te chiedo almeno questo. Fallo riposa' per un po', che ne ha bisogno, fallo sta' un po' in pace."

Sospirò.

"Ti prego, non lo fa' per me, che so' un diavolo anch'io, fallo pe' Simone, che è innocente. Ti prego, lo so che sono l'ultima persona che c'ha diritto de parlarte, ma ti supplico, se stanotte devi sceglie de aiuta' qualcuno, aiuta il mio Simone. Io non ne sono capace…"
   
 
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