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Autore: rosy03    03/03/2022    6 recensioni
• || Storia Interattiva || Iscrizioni Chiuse || •
Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.
È questo il destino? Come vostro Umile Narratore non posso rispondere a una tale domanda.
Finora non ho mai visto nessuno abbandonare la pista, non ho mai incontrato qualcuno che fosse stato in grado di cambiare disco. Il destino è davvero già scritto?
Se sapeste la verità, penso proprio che mi odiereste.
Ma nonostante questo sono qui: a raccontarvi di questa mitica impresa. Sono qui a parlarvi di come la Bestia dagli Occhi di Luna ululerà, di come questo porterà il caos nel continente di Ishgar, di come seguirà un’infinita notte, di come le stelle smetteranno di brillare, di come la luna scurirà il suo colore... e magari anche di come sorgerà una nuova aurora. Chissà.
Il vostro Umile Narratore.
J.C.
|| • «Ho perso tutto. Ho perso la mia umanità, il mio tempo, la mia famiglia. Lei è l'unica cosa buona che mi sia rimasta...»
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ancient Aurora'
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CAPITOLO 03. Di nuovi incontri e piccole bugie


 
 

 
Il giorno dopo – poco prima dell’ora di pranzo – i due fratelli si recarono alla sede della gilda. Non appena varcarono la soglia, li accolse un Master particolarmente imbronciato.
Al che Lily, da vera stronza, gli rifilò un sorrisetto sardonico. «Sei ancora di pessimo umore per la faccenda di ieri? Sul serio?!»
Royal arricciò le labbra ma non disse niente.
«Lascialo stare» fece suo fratello.
Ma lei continuò: «Lo dici solo perché tu hai potuto vedere l’attricetta in vestaglia da notte e lui no!» esclamò divertita.
Gli occhi di Royal vennero attraversati da un lampo e subito dopo si fissarono indignati sulla figura di Killian, troppo occupato a leggere il suo quotidiano per rendersene conto. «Ma che- che- opportunista!» esclamò, obbligandosi a non aggiungere altro.
Solo allora il ragazzo alzò lo sguardo, confuso. «Dici a me?»
«Senti da che pulpito...» disse Lily, sibillina. «Se ci fossi andato tu come minimo te la saresti portata a letto!»
Royal si morse la lingua ma, come prima, non disse nient’altro.
Contemporaneamente, Killian tornò a leggere il giornale tranquillo che la situazione si fosse risolta mentre Lily scoccò un’occhiata al Master. Certo che l’ha presa proprio sul personale questa faccenda!, pensò. Che esagerato!
«Comunque» iniziò a dire a un certo punto proprio Royal. «Ieri è venuta una ragazzina in gilda, chiedeva di te.»
Non si rivolse a nessuno dei due in particolare ma Killian alzò nuovamente lo sguardo. Non ci fu neanche bisogno di chiedergli ulteriori spiegazioni, che l’altro continuò a parlare: «Ti aspetta oggi alla Cattedrale di Kardia. Ha poi aggiunto di non farla aspettare... per essere tanto piccolina aveva uno sguardo di ghiaccio, quella lì!»
Avendo un’idea di chi si potesse trattare, il ragazzo si alzò pronto ad andare e scherzosamente si rivolse alla sorella: «Vado a incontrarla. Tu... fai quello che ti pare e non combinare guai!»
L’altra gli mostrò il dito medio sollevando le sopracciglia.
Stette per andarsene ma prima adocchiò una faccia familiare poco distante mentre consegnava una specie di cofanetto a un loro compagno. Quest’ultimo diede una veloce occhiata al suo contenuto, poi scattò al piano di sopra – sicuramente con lo scopo di studiarlo.
Avrà trovato qualche altro reperto, si disse Killian.
Subito dopo lo chiamò per attirare la sua attenzione, con tanto di mano alzata: «Ehi, Hydra! Vieni qui un attimo!»
Il ragazzo in questione gli si avvicinò con calma sotto lo sguardo scocciato di Lily. Non lo poteva soffrire. Era come con Alastor: meno lo vedeva e meglio sarebbe stato per tutti – anche se con il Bibliotecario c’era tutta un’altra questione in sospeso.
Per tale ragione non era mai stata pronta ad ammettere quanto risultasse piacente, quello lì. Hydra, infatti, poteva vantare un fisico non da poco.
Le gambe toniche erano fasciate in un pantalone nero in simil pelle tenuti dentro a degli stivali dello stesso colore. La camicia bianca con le maniche a sbuffo metteva in risalto le spalle larghe e i muscoli del torace, forgiati dai duri allenamenti che avevano caratterizzato la sua intera vita.
Indossava poi una lunga fascia rossa a mo’ di cintura, pendente sul lato destro del corpo.
E poi i suoi occhi. Azzurri come il mare – anche se quello sinistro era perennemente coperto da una benda nera.
Dalla parte opposta del collo era impresso il marchio della gilda, anch’esso azzurro.
«Cosa c’è?» chiese, tranquillo.
Killian gli sorrise allegramente prima di posare con forza la mano sulla sua spalla. «Complimenti. Sei assunto!»
Quello corrucciò la fronte. «Assunto per cosa?»
Non gli era mai scocciato parlare con lui; Killian sapeva essere normale – a differenza di sua sorella – ma in quel momento non capì davvero dove volesse andare a parare. Aveva il classico sguardo da “sto per fare una stronzata” e quando lui aveva quella faccia la situazione raggiungeva livelli di ilarità davvero assurdi – roba che neanche la mocciosa lì presente!
«Te la faccio breve: il re ci ha affidato una missione super–iper–importantissima e ci serve un passaggio fino a Damocles» spiegò. «Con la tua nave potresti portarci fin lì e aiutarci a investigare sulla fata che ha distrutto il regno! Che ne pensi?»
Hydra lo guardò come se fosse di colpo impazzito.
«Scordatelo» rispose, secco.
A Killian per poco non cadde la mascella. «Eh?! Quando mai rifiuti l’opportunità di andare per mare?!»
L’altro sospirò portandosi una mano tra i capelli corvini, come se fosse esasperato. «Infatti non è quello il punto. Vuoi indagare sulle fate? Lo sai come la penso... finiremo per inimicarci qualche squilibrato.»
«Beh, sì, potrebbe succedere. Ma-»
«E poi a me piace stare vicino al mare. Hai idea di quanto lì sia vasta l’entroterra?» gli chiese, non tanto perché si aspettava una risposta quanto più per distoglierlo da quell’idea assurda.
Lily, che aveva ascoltato lo scambio di battute senza dire nemmeno una parola, si lasciò andare a uno sbuffo seccato. «Che rompiscatole. Accetta e basta, no?»
Lui le gettò un’occhiata annoiata. «Fatti gli affari tuoi, Lara.»
«Co-? Lara?!» esclamò, indignata.
Si alzò, pronta a tirargli un gancio sul muso ma Royal l’agguantò e se la caricò in spalla prima che potesse succedere qualsiasi cosa. Dinanzi a quella scena – con la ragazza che si dimenava come una forsennata – Killian non riuscì a trattenersi e finì per scoppiare a ridere.
«Brutto idiota! Ti darò tanti di quei ceffoni che ti passerà la voglia di dimenticarti il mio nome!» strillò. Poi si rivolse a colui che stava tentando di fermarla: «Lasciami, Royal! Lasciami o giuro che uno di questi giorni te lo taglio!»
A quella minaccia, l’uomo rabbrividì. E mentre il fratello si teneva l’addome dolorante a causa delle risate, Hydra sbuffò.
È sempre la solita, pensò. Mai un attimo di pace con lei nei paraggi.
«Hai finito di fare la pazza?»
Di tutta risposta, lei alzò ancora di più la voce. «Crepa!»
Hydra si rivolse quindi a Killian: «Come diavolo fai a sopportarla? È suscettibile su qualsiasi cosa, è manesca e starnazza come un’anatra.»
«Stronzo! Ripetilo se hai il coraggio!» gridò intanto la ragazza.
«Hai ragione, sai? È difficile conviverci» disse Killian, smettendo finalmente di ridere. «Ma è divertente averla sempre intorno!»
Certo, lui diceva così ma quasi nessuno avrebbe potuto prendere per vere le sue parole. Lily dava una grande mano alla gilda; era intelligente e le piaceva studiare – tanto da diventare un’esperta traduttrice – ma alle volte il suo carattere spingeva gli altri ad allontanarla.
Guai a stuzzicarla troppo. Guai a interromperla mentre era concentrata.
Al contrario, Killian era molto più accomodante.
Hydra sollevò le sopracciglia. «Nh. Se lo dici tu.»
Intanto Royal si era incamminato – con la corvina ancora in spalla – verso il bar così da lasciar parlare quei due.
Di fatti, dopo pochi secondi Killian riprese il discorso. «Partiremo tra pochi giorni. Intanto pensaci, fammi sapere» disse.
Poi se ne uscì tranquillo, fischiettando e con le mani nelle tasche del trench.
Hydra lo seguì con lo sguardo per qualche secondo, dopodiché decise di tornarsene a casa e mettere qualcosa sotto i denti. Stava per andarsene, per l’appunto, quando una voce vagamente familiare lo chiamò, costringendolo a voltarsi.
Ella lo raggiunse di corsa e dopo aver ripreso fiato, cominciò a parlare a manetta: «Te ne stavi andando? Hai da fare? Mi servirebbe il tuo aiuto per raggiungere una grotta marina! È qui vicino. Ovviamente ti pagherò. Ti prego, è una questione di vita o di morte!» Concluse, giungendo i palmi delle mani e chinando la testa come a voler fare un inchino.
Non ci voleva un genio per capire che fosse agitata.
Alla fine Hydra acconsentì, cercando intanto di ricordarsi il suo nome.

 

 
§


 
«Ero seria quando ho detto che te l’avrei tagliato» sibilò Lily.
Il Master di fianco a lei ridacchiò nervosamente e le passò un bicchiere di vino – rosso, come piaceva a lei. «Su, bevi e non ci pensare!»
Si era calmata, più o meno.
Stizzita, Lily mandò giù un lungo sorso per poi posare il bicchiere ormai vuoto sul bancone. Non disse niente, si limitò a ingollare altro vino come se ne dipendesse della sua esistenza.
Royal gettò un’occhiata in giro. Qualcuno si era già accomodato ai tavoli e aspettava di mangiare, qualcun altro era intento a ordinare.
Era in momenti come quello che si ritrovava a pensare che , aveva fatto bene ad accettare la proposta di suo zio. Prima di quel fatidico giorno, non si sarebbe mai immaginato a capo di una gilda di maghi, ricercatori, studiosi... e seduto di fianco a una bestiolina che tracannava vino come fosse acqua, senza mai accusare alcun giramento di testa.
Ho fatto proprio bene a dargli retta, pensò sereno.  Poi lo sguardo color miele cadde sull’orologio appeso di fianco alla porta della cucina.
Si accorse dell’ora, impallidì e si alzò dallo sgabello come se avesse appena preso la scossa. «Oh, cazzo! Devo proprio andare. Salutami gli altri!» fece e quasi inciampò nelle gambe dello sgabello.
La corvina inarcò un sopracciglio. «Un appuntamento “galante”?» domandò, mimando le virgolette con il suo solito sorrisetto – se ci fosse stato Killian le avrebbe dato della lunatica.
Beh, almeno le è passato il nervoso, pensò mentre si avviava verso l’uscita.
«Esattamente!» esclamò. «E non voglio fare tardi, quindi-»
«Master?» chiamò una certa voce.
L’uomo si voltò, curioso di sapere perché Nimue l’avesse chiamato. Al tempo stesso però le lanciò un’occhiata come a volerle dire “sbrigati, ho da fare” – sfumatura che non sfuggì alla giovane donna ma che ignorò solennemente.
«La Lacrima del tuo ufficio ha suonato all’impazzata per più di un quarto d’ora» spiegò. «Mi infastidiva, così ho risposto. Era il Master Eliza. Vuole parlarti adesso, sta arrivando.»
A Royal per poco non venne un colpo. «Che cosa?! Ma perché? Ora? Che cazzo!»
«Hai imprecato due volte nel giro di tre minuti, complimenti Master!» sghignazzò Lily, ancora seduta al bancone e con uno stuzzichino salato tra i denti. «Non dovresti essere d’esempio?»
Quasi la preferivo quand’era incazzata e minacciava la mia virilità, pensò seccato.
«Forse sono ancora in tempo a squagliarmela. Voi non mi avete visto, chiaro?!» disse, indicando sia Nimue che Lily; poi estendendo la minaccia anche al resto dei presenti.
Stava per fare dietro front e andarsene per davvero, ma quando si voltò vide ciò che non avrebbe voluto vedere. Non quel giorno, almeno.
Eliza Barthock era lì, in piedi, e lo fissava con uno sguardo indecifrabile. Era bella sì; una bellezza mozzafiato ma il suo aspetto non nascondeva di certo la sua pericolosità – specie i suoi occhi castani, dal taglio allungato.
I lunghi capelli neri erano ondulati e ricadevano dolcemente sulle spalle. Dello stesso colore era l’abito che indossava: lungo, aderente, senza maniche e con un poco innocente spacco laterale. C’era chi tra i presenti non riusciva a staccarle gli occhi di dosso e chi, intimorito, teneva lo sguardo altrove tranne che su di lei – salvo poi sbirciare nella sua direzione ogni due per tre ma senza prolungare il contatto visivo.
«Ciao anche a te, Royal» disse, gelida.
Quest’ultimo si immobilizzò sul posto. Le diede mentalmente della “scassacazzi” e come se niente fosse successo si stampò sulla faccia un sorriso falsissimo e allargò le braccia in segno di sorpresa. «Eliza! Quanto tempo! Come mai qui?»
Lei sbuffò. «Poche chiacchiere e seguimi. Adesso» ordinò, passandogli di lato e camminando spedita verso il suo ufficio come se quella fosse casa sua.
Royal non ebbe scelta. La seguì e richiuse la porta del suo studio privato subito dopo, roteando gli occhi al cielo quando la vide sedersi sulla sua poltrona.
Non che lui si fosse mai realmente seduto lì – preferiva girare per la sede e accomodarsi accanto a qualcuno per fare due chiacchiere – ma era comunque la sua poltrona. E lui era geloso delle sue cose.
Dopodiché sospirò. «Questa cosa che ti ha portato a scomodarti e a venire fin qui non potevi dirmela ieri alla riunione a cui sono stato costretto a partecipare a causa tua?» si azzardò a chiedere, visibilmente scocciato.
Ormai non importava neanche più far finta di digerirla. Non che a qualcuno fosse mai stato tenuto nascosto. Dopotutto, era di dominio pubblico: il Master di Ancient Aurora e quello di Fiery Cinder non si sopportavano per chissà quale trascorso. C’era chi immaginava fossero stati insieme e che la loro storia fosse finita per implodere, c’era chi pensava che avessero addirittura lottato per l’amore di una donna – non era di certo un mistero che Lady Eliza avesse quel genere di gusti – e c’era chi aveva optato per una terza ipotesi.
Quella più stralunata e, forse, quella più veritiera.
E cioè che semplicemente erano troppo diversi l’uno dall’altra.
«Riguarda la Bestia. Ed è una questione della massima segretezza.»
Royal si passò una mano dietro il collo, profondamente stanco di dover discutere sempre delle stesse cose. «Ne abbiamo già parlato. La riunione era stata indetta proprio per questo, no?»
A quel punto toccò alla donna alzare gli occhi al cielo.
«Sei sempre il solito. Se sono qui è per un motivo serio! La Bestia è tornata, ha ucciso altre dodici persone!» esclamò. Poi il suo sguardo s’incupì più del solito e Royal se ne chiese il motivo. «Io credo che... la Bestia non agisca da sola. Penso che qualcuno l’aiuti a nascondere le sue tracce. È altamente improbabile che una persona – o una creatura – possa sopravvivere nella più completa solitudine.»
«Come fai a dirlo?»
«Questa storia va avanti da anni, ormai. Mi pare impossibile che per tutto questo tempo nessuno sia mai riuscito a scoprire niente! Per di più – e che rimanga tra me e te – sono state trovate alcune tracce accanto a quelle della Bestia ed erano impronte umane, senza dubbio.»
Lui annuì. «Potresti avere ragione, sai?»
«Sono venuta qui perché nonostante la tua bruttissima abitudine di lasciar fare agli altri il tuo lavoro... mi fido di te. E so che quello che dirò non uscirà da questa stanza.»
Royal sorrise compiaciuto. Certamente c’erano stati dei contrasti tra loro – e continuavano a esserci –, ma riuscivano sempre a fidarsi l’uno dell’altra con una serenità invidiabile.
«Questo qualcuno... hai idea di chi possa essere?» domandò, serio.
Eliza inarcò le sopracciglia. «Certo che no. Altrimenti a quest’ora l’avrei già messo sotto torchio, ti pare?»
Dicendo ciò lo fece ridacchiare.
«Comunque, c’è un’altra cosa di cui vorrei parlarti ma… te lo dirò solo quando sarò sicura della sua veridicità» continuò a dire, alzandosi finalmente dalla poltrona e incamminandosi verso la porta.
Ma Royal voleva sapere. Doveva sapere. Dopotutto, ne andava anche della sicurezza della sua gilda. «Di che si tratta?»
La donna si fermò a un passo dall’uscio, una mano stretta attorno al pomello e lo sguardo fisso su di lui. Eliza avrebbe voluto parlargliene, davvero. Ma si sentiva una stupida a pensare a un’eventualità del genere. Perché se fosse stato così, allora la faccenda si sarebbe complicata ulteriormente. Perché quel particolare – fattole notare da Jace Ivory, proprio il giorno prima e in assoluta confidenza – le era sembrato sin da subito troppo raccapricciante per i suoi gusti. E lei non era neanche una donna che s’impressionava.
Allora le tornarono in mente le parole dette durante quella riunione: «La Bestia ha fatto la sua prima strage circa sei anni fa. Per mesi ha ucciso chiunque si trovasse sul suo cammino, senza fare distinzione. Uomini, donne, bambini... massacrava chiunque.»
«Poi, all’improvviso, sembra che la Bestia abbia cambiato obiettivi e modus operandi: prima arrivava persino a mangiare le sue vittime lasciandone a stento le ossa, mentre ora le trucida e molto spesso le ammucchia tutte in un punto. Per di più, non si avvicina nemmeno ai bambini e sembra preferire uomini e donne dalla dubbia fedina penale. Questo è quanto.»
«Sembra che abbiamo a che fare con una seconda Bestia, diversa dalla prima» aveva ipotizzato Vernon Calaway, Master di Iron Fist.
«Non credo» aveva poi detto Jace Ivory, con voce stranamente seria. «Ad ogni modo, il motivo per cui il re mi ha chiesto di indire una riunione è per mettervi in guardia. Proteggete le vostre città e aiutatevi l’un l’altro.»
Nonostante le recenti “scoperte” nessuno si sentiva di appoggiare l’operato di una simile creatura, nonostante avesse cominciato a uccidere solo i malvagi. Come quelle dodici persone lasciate sul bordo della strada.
«La luna» disse Eliza, a un certo punto.
Royal non capì; infatti, corrucciò la fronte e le fece intuire di spiegarsi meglio. Ma la donna scosse la testa e con un sospiro appena accennato lasciò il suo studio, tornandosene alla sua città.
 

 
§

 
 
Si era “rintanata” nella cattedrale per sfuggire al caos della città e anche perché non sapeva proprio dove andare – una volta trovato un alloggio per la notte, le era rimasto ben poco da fare se non aspettare.
Quel luogo le era sembrato particolarmente idoneo non certo perché fosse credente: non v’era anima viva. E una volta chiuso il portone aveva fatto in modo di concentrarsi il più possibile per estraniarsi e non sentire più niente.
Non dovette aspettare molto.
Perché a un certo punto udì il portone aprirsi e dei passi. Diana era seduta sui gradini che portavano all’altare e a cui dava le spalle.
Il ragazzo che le si avvicinò quasi gongolando, indossava pantaloni beige, scarpe classiche marroni e gilet nero su camicia bianca, quest’ultima abbinata a una cravatta bolo con ciondolo turchese.
Lei non poteva saperlo ma quella pietra gli era stata regalata da un’amica.
Tutto questo abbinato a un trench color sabbia. I capelli scuri erano ondulati e gli incorniciavano il viso illuminato da un sorriso gioviale – spensierato, avrebbe potuto dire.
«Sei tu il mittente della lettera? Killian?» domandò.
Lui annuì, non smettendo di sorridere. «In carne e ossa! Tu, invece, sei Diana Fonì» asserì; di fatti non era nemmeno una domanda.
Fu in quel momento che la ragazza si accorse di qualcosa di strano. Decisamente strano e inusuale, per qualcuno come lei.
Non sento niente, pensò. Non riesci a sentire niente, perché?
Killian, che intanto aveva cominciato a studiare ogni sua minima espressione per determinare se avesse fatto bene o meno a chiamarla, notò per l’appunto quel vago senso di confusione nei suoi occhi.
E si apprestò a spiegarle ogni cosa. «Oh, è del tutto normale. Sono protetto e, purtroppo, non per mia scelta. Non puoi sentire i miei pensieri o qualsiasi altra cosa tu possa sentire di solito» spiegò serenamente. «Ci tengo però ad assicurarti che non voglio essere un tuo nemico.»
Diana assottigliò gli occhi.
«Hai davvero intenzione di andare nel regno di Damocles?» gli chiese.
Lui annuì di nuovo.
«E perché hai chiamato me?»
«Beh, è stato il re a dirmi di contattare le persone che ritenevo più idonee per questa missione. Ma sai, nella nostra gilda ci sono pochissime persone in grado di combattere e converrai con me che nel posto in cui siamo diretti, avremo bisogno di tutto l’aiuto necessario» cominciò a dire. «Tu sei una maga eccezionale. Le tue abilità ci saranno molto utili, ne sono sicuro.»
«Come fai a conoscermi? Come fai a sapere cosa posso o non posso fare?»
Tutto questo parlare era insolito per lei.
In una situazione normale se ne sarebbe stata zitta e avrebbe scandagliato per bene la mente dello sconosciuto di turno per sincerarsi che non avesse cattive intenzioni ma con Killian sembrava non funzionare.
Era una sensazione difficile da gestire, doveva ammetterlo. Tutto si sarebbe aspettata tranne che il mittente della lettera fosse immune al suo potere.
Intanto lui ridacchiò. «Può non sembrare ma conosco un sacco di gente!» Anche se dubito che gli altri conoscano me, avrebbe voluto aggiungere. Ma rimase in silenzio, limitandosi a osservarla. «Comunque non mi aspettavo una ragazza tanto giovane!»
Il sopracciglio di Diana scattò verso l’alto. «Cosa vorresti dire?»
Killian serrò le labbra, come se si fosse appena accorto ciò che aveva detto.
«Io, ecco... scusa» mugugnò.
Ha appena fatto la stessa faccia che fa Lily quando è indispettita da quello che dico o è solo una mia impressione?, pensò atterrito.
Dopodiché si schiarì la voce e riprese a parlare: «Tornando a noi… allora, cosa ne pensi? Ti unirai alla squadra?»
A quel punto la ragazza si alzò in piedi. Era visibilmente più bassa di Killian ma non per questo si mostrò meno sicura – come sempre del resto. Gli si avvicinò di pochi passi, quel tanto che bastava per potergli stringere la mano che le stava porgendo.
Prima di farlo, però, volle sincerarsi di una cosa.
«A me non interessa minimamente portare a termine la missione» disse, sprezzante. «Se accetto, lo faccio solo perché ho qualcosa da guadagnarci. Ti sta bene lo stesso?»
Killian rimase basito. Non si aspettava tanta schiettezza – e glacialità – da una ragazzina di quell’età.
Non si aspettava neanche che gli spiattellasse in faccia il suo menefreghismo. Di solito, questo avrebbe spinto chiunque a tirarsi indietro e a rivolgersi a qualcun altro.
Ma lui si limitò a ridacchiare divertito. «Mi sta più che bene!»
Davvero non gli importa?, pensò. Potrei decidere di mollarli lì in qualsiasi momento se mi rendessi conto che a Damocles non raggiungerei il mio obiettivo.
Ma Diana non osò controbattere. Lo fissò, indecisa se crederlo uno stupido o uno fin troppo sicuro di sé. Ad ogni modo finì per assecondarlo.
«Okay, allora» sentenziò. Gli strinse la mano. «Accetto!»
Lo vide sospirare, come se si fosse appena tolto un peso. Non fece però in tempo ad aggiungere altro o ad andarsene che Killian sciolse la stretta e allargò la braccia, entusiasta come non lo era mai stato. «Benone! Allora ci vediamo domani alla sede della gilda!»
Diana corrucciò la fronte, stralunata. Cosa gli è preso?
«Sono contento che tu abbia deciso di unirti a noi, sai? Non vedo l’ora di vederti in azione... da come mi pare di capire sei una che predilige lo scontro ravvicinato, un po’ come Lily! Ah, Lily è mia sorella. Verrà anche lei. E visto che ci siamo ti suggerirei di non starle troppo addosso; è davvero impossibile da sopportare quando si imbestialisce.»
«Non ne avevo alcuna intenzione» sbottò.
Killian ridacchiò inclinando la testa tutta da un lato. «Oh, lo si capisce dal tuo modo di fare che sei una tipa solitaria. Non preoccuparti!»
Perché sta straparlando? E perché gesticola?
«Tu... sei strano» disse lei a un certo punto. «E hai sicuramente fatto centro; detesto essere circondata da troppe persone. Spero che il resto della squadra non sia logorroica come te.»
«Nah. Io non sono affatto logorroico. È che sono contento. Sei la prima ad aver accettato la mia offerta. Ah, e al termine della missione ovviamente sarai ben ricompensata. Tanto paga il re!» spiegò, concludendo con un’alzata di spalle.
Beh, questo di certo Diana non se l’aspettava. Non che i soldi fossero la sua priorità, ma pensò che riceverne non avrebbe fatto male a nessuno.
A quel punto però la ragazza volle togliersi un dubbio che l’aveva assillata dall’inizio di quello strano incontro. «Sei mai stato a Damocles?»
«Mh? Perché lo chiedi?» domandò, mostrandosi curioso ma tranquillo.
«Sarebbe difficile orientarsi lì senza qualcuno che conosca la zona.»
Killian annuì. «Hai perfettamente ragione. Infatti, ho già provveduto a chiedere a una certa persona di farci da guida... purtroppo io non sono mai uscito dal regno di Fiore!» esclamò con una punta d’amarezza.
Alla fine si accordarono per incontrarsi il giorno dopo. Diana lasciò la cattedrale per prima, dando le spalle al ragazzo da poco conosciuto.
Le era sembrato un tipo apposto, nonostante non abbia potuto accertarsene com’era solita fare. In più, capitava a fagiolo.
Era da un po’ di tempo che aveva cominciato a pensarci. Forse lo troverò nel regno di Damocles? E si era aggrappata a quell’idea, disperatamente.
Ad ogni modo, se Diana avesse potuto sentirlo davvero se ne sarebbe senz’altro accorta. Si sarebbe accorta che quella era una bugia.
Perché Killian c’era già stato a Damocles... ovviamente.

 
 
§
 
 

Quando Ella lo aveva pregato di accompagnarlo, tutto si sarebbe aspettato tranne che quello. Innanzitutto, la ragazza soffriva il mal di mare.
Aveva perso il conto delle volte in cui l’aveva severamente redarguita dal vomitare sul ponte della sua nave – pena, la morte. Più passavano i minuti e più Ella diventava bianca, arrivando ad assumere un colorito quasi violaceo simile a quello di Alastor che – sfortunatamente per lui e forse, anche per loro – li accompagnava.
Tra l’altro, Hydra non sapeva chi fosse. Non l’aveva mai visto.
Non sapeva neanche che esistesse!
«Come sarebbe a dire che non lo conosci? È Al, no? Il tizio strambo che se ne sta sempre rintanato nel seminterrato!» gli aveva detto la rossa, naturalmente, come se il suddetto Al non fosse a pochi centimetri da lei e non potesse sentirla.
Ma Alastor aveva tutt’altri pensieri. E infatti era intervenuto solo per poter chiedere: «A tal proposito, perché sono qui?» Lui voleva solo starsene in santa pace, rintanato nel seminterrato – per riprendere le sue parole.
Ella non era stata molto chiara al riguardo. Si vergognava immensamente di aver trascinato il bibliotecario lì in mezzo al mare, sotto il sole – oddio che schifo! – e lontano dai suoi vecchi libri polverosi.
E per cosa? Per non dover restare sola con Hydra. Perché Ella era una di quelle persone che provavano un forte senso di disagio accanto a una persona del sesso opposto e che, per giunta, era più grande di lei.
Inizialmente era così anche con Royal ma era diventato inutile fare il paragone. Hydra non era certamente un chiacchierone – contrariamente al Master – e non era neanche sicura che la considerasse un’amica; o una conoscente. E poi Ella odiava i silenzi imbarazzanti.
Imbarazzanti per lei, intendiamoci.
Perché a Hydra non poteva importare di meno se gli si rivolgeva la parola oppure no: se ne stava tranquillo e sereno a pensare ai fotti propri. Non aveva, per l’appunto, chissà quale relazione con i membri della gilda – l’unico per lui degno di nota era Killian. Perché sostanzialmente sapeva tenere in piedi una conversazione sensata senza fare l’idiota.
Quindi, alla fine, il corvino si era dovuto portare dietro non solo la ragazzina con il mal di mare ma anche un tipo che non aveva mai visto. Eppure, si era detto, non sono mica entrato ieri nella gilda...
Ad ogni modo, quando Ella lo aveva pregato di accompagnarla, aveva pensato fosse davvero una questione di vita o di morte. Ma si sbagliava. Lei lo aveva pregato di accompagnarla alle grotte marine per poter scavare e raccogliere... pietre.
«È davvero questo che devi fare?» le chiese, giusto per averne conferma.
Ella, che aveva finalmente messo piede su qualcosa che non ondeggiasse e dopo aver vomitato anche l’anima tra gli scogli, annuì sorridendo mesta.
«Mi domando ancora perché avete trascinato qui anche me» biascicò Alastor, seduto su una roccia e con l’espressione di chi sarebbe volentieri morto in quel preciso istante.
Hydra gli rivolse un’occhiata. «È stata un’idea della tua amica» disse semplicemente.
Dopo essersi ripresa, Ella rizzò la schiena e indossò i guanti da lavoro, non prima di aver legato i suoi lunghi capelli in uno chignon. «Bene. Voi fate pure quello che volete, io vado a scavare!» esclamò.
Sembrava essersi dimenticata della nausea, del disagio, dell’imbarazzo e della stanchezza. Beata lei, pensò il bibliotecario.
Alla fine quei due restarono da soli, perché la ragazza si addentrò fin nel cuore delle grotte ammirando con estremo interesse tutto ciò che la circondava – un intricato groviglio di tunnel bui e pericolosi. Come facesse a eccitarsi tanto in quei posti lo sapeva solo lei.
Perché mi ha trascinato qui se poi è la prima ad andarsene?, pensò ancora Alastor.
Intanto tirò fuori il libro che aveva fatto in tempo ad afferrare appena prima di essere rapito, del tutto intenzionato a leggere; poi un breve rumore attirò la sua attenzione. Sul ponte della nave – che Hydra aveva attraccato nell’insenatura, poco distante dalla spiaggia – lo sentì armeggiare con qualcosa e da quel poco che vide intuì si fosse messo a pescare.
Non sembrava per nulla interessato ad avere una conversazione con lui. Cosa che non gli dispiacque affatto; anzi. Lo conosceva esclusivamente per sentito dire. Il nome Hydra Kravleton era piuttosto famoso, specie ad Hargeon e nei posti vicino al mare.
Non gli sembrò infatti assurdo l’interesse di Killian nel volerlo reclutare. Secondo le informazioni che era riuscito a raccogliere poteva vantare una magia alquanto singolare e non particolarmente facile da imparare.
Infatti, il ragazzo era uno dei pochi maghi della gilda a saper combattere.
Non l’aveva mai visto in azione ma sospettava potesse essere molto forte. E in effetti lo si poteva intuire semplicemente guardandolo: Hydra si allenava ogni giorno della sua vita per raggiungere il suo obiettivo e i risultati erano più che visibili.
Tra l’altro poteva contare su una coppia di sciabole allacciate in vita e con le quali, ne era pressoché certo, era un vero maestro.
Alastor trascorse lì quel pomeriggio: seduto all’ombra della scogliera, a leggere in totale silenzio. Gli mancava la sua biblioteca. Gli mancava il buio e quelle quattro minuscole mura che lo proteggevano.
Eppure, si ritrovò a pensare, stare ad ascoltare il rumore delle onde è quasi piacevole.
 
 


 
Spoiler: Alastor non sarebbe mai più tornato a leggere in riva al mare.
Non gli piaceva avere la sabbia negli occhi. E maledì Ella per avercelo portato.
J.C.
 

 
§
 

 
Giunta finalmente nella città di Magnolia – dopo delle interminabili ore trascorse in treno –, la sua prima preoccupazione fu quella di trovare un alloggio per la notte.
Purtroppo però, ciò che si sentì dire fu un: «Mi spiace ma l’ultima camera l’ho appena fittata a un ragazzo... prova a chiedere a Terence, ha un B&B nei pressi della cattedrale.»
Peccato che è proprio da lì che arrivo, pensò lei.
Uscì dalla locanda parecchio abbattuta. Non aveva un posto dove dormire, non conosceva nessuno.... si era ritrovata per strada.
E il sole era ormai calato da un bel pezzo.
Fantastico, pensò ironica. A questo punto non mi resta che provare l’ebbrezza del campeggio!
Non ne era particolarmente entusiasta – più che altro non aveva la benché minima idea del tipo di creature che erano solite occupare quelle zone.
La ragazza in questione, alta all’incirca un metro e settanta, fece dietro front e cominciò a camminare verso la periferia della città, sicura di trovare qualche anfratto in cui potersi riparare e in cui poter dormire qualche oretta prima del sorgere del sole. Non era un’idea chissà quanto grandiosa ma era l’unica a sua disposizione, al momento.
Eve – così si chiamava – indossava un poncho di cotone color ocra. Le gambe magre erano fasciate da calze scure, abbinate a shorts di jeans e anfibi terrigni.
Un bracciale di perline bianche e rosse – l’unico gioiello che soleva indossare – era legato attorno al polso destro tramite un laccio di pelle nera.
Camminava a testa alta, sicura. Gli occhi dal taglio affilato erano di un oro brillante; vispi e grandi osservatori. Una spruzzata di lentiggini le decorava il naso, le guance e le spalle, una delle quali lasciata scoperta.
Proseguì lungo quella strada per un po’, cogliendo ogni sfumatura di quella bella città con quel suo sguardo felino. D’un tratto però, avvertì un leggero tocco alle sue spalle, all’altezza della testa.
Prima che potesse anche solo pensare di girarsi, lo sconosciuto lasciò andare la presa e i suoi capelli tinti di rosso sangue – a eccezione di una ciocca bianca sul lato sinistro del viso – ricaddero morbidi sulle spalle.
«Ah-Ah. Beccata, Eve Ikuko!» esclamò una voce maschile.
«Ma che-?» fece per dire ma la voce le morì in gola.
Davanti a lei vi era un ragazzo che la osservava sereno. La mano sinistra reggeva un paio di buste, quella destra era tesa in avanti – con l’obiettivo di presentarsi come si deve.
«Sono Killian, piacere!»
Lei fece una faccia stranita. «Tu sei... quello che mi ha fatta venire fino a qui?» domandò. «Non puoi avvicinarti a qualcuno in questo modo, lo farai morire d’infarto!»
«Hai ragione, scusa. Ma avevo capito subito che eri tu; si vede che sei straniera e poi grazie a quello» e la indicò con un rapido movimento del mento, «ho avuto la conferma!»
Colta alla sprovvista, Eve portò una mano sulla nuca nascosta dai capelli.
«Comunque sono felice di sapere che la lettera abbia catturato il tuo interesse!» disse, sorridendo. «Se sei stanca possiamo parlarne domani alla gilda. È dall’altra parte della città rispetto a dove siamo ora.»
Intanto Eve gli aveva stretto la mano e aveva cominciato a osservarlo dalla testa ai piedi. Sembrava essere di ritorno da un pomeriggio di shopping.
«In verità... Killian, non ho un posto dove dormire» disse.
Dinanzi all’espressione stranita del ragazzo, lei spiegò brevemente la sua attuale situazione e quando finì di parlare non poté crede alle sue orecchie quando Killian le offrì di passare la notte da lui e sua sorella.
Non si aspettava una tale gentilezza quando era chiaro che sapesse da dove venisse; e a quale gruppo di persone fosse legata. Ma Eve accettò, decidendo che se avesse avuto cattive intenzioni gliel’avrebbe poi fatta pagare cara.
«Dunque» cominciò a dire, facendole da guida verso casa. «Hai intenzione di unirti alla squadra?»
«Sono qui a Magnolia proprio per questo» asserì. «Ma prima dimmi cosa hai in mente di fare. Damocles è lontana, a piedi ci vorrebbero delle settimane! In più, cosa pensi di trovare? Desolazione? Oppure-»
Eve venne interrotta proprio da lui che alzò una mano. «Capisco che tu voglia sapere tutto ma non ha senso ripetere le cose due volte. Sappi solo che sono in trattativa per farci dare un passaggio via mare e che quello che penso di trovare non è rilevante al momento. Il piano lo discuteremo insieme domani.»
Lei gli rifilò un’occhiata stranita. Le sembrava fin troppo tranquillo per essere qualcuno che stava per imbarcarsi in un viaggio di quella portata.
D’altro canto, Killian era esattamente quel tipo di persona.
«E va bene» disse infine, arrendendosi alla situazione.
Poi si accorse di dove fossero diretti e alzò un sopracciglio – poco importava che fosse quello coperto da un grosso ciuffo di capelli. Infatti, Killian aveva appena preso il sentiero che s’inoltrava nel bosco.
«Cos’è? Vuoi approfittare di una giovane ragazza straniera conducendola in un luogo nascosto nel cuore di una lugubre foresta?»
Lui si voltò quel poco per poterla guardare in faccia e con un’espressione terribilmente seria rispose: «Oh, mi hai beccato!»
Inizialmente Eve sgranò gli occhi, poi si rese conto di una orribile verità: Killian si stava trattenendo dal ridere.
«Ma quanto sei simpatico!» esclamò, arricciando le labbra per nascondere un accenno di sorriso. «Più simpatico di un cactus infilato in quel posto...»
Lui continuò a ridacchiare fino a raggiungere una piccola casetta in mezzo al niente. Davvero lui e sua sorella vivono qui?, si domandò.
Stava quasi per chiederglielo veramente quando una voce femminile la fece sobbalzare. «Kill, chi è questa?!» gridò. «Sappi che non voglio assolutamente che tu faccia sesso in casa quando ci sono anch’io, chiaro?! Una volta mi è bastata e mi è avanzata per tutta la vita!»
E per la seconda volta in tutta la serata, Eve non poté credere alle sue orecchie. Ma fa sul serio?
«Che ci fai sul tetto?» chiese Killian, ignorando le follie della più giovane.
Quest’ultima non rispose, con un balzo atterrò davanti la porta d’ingresso e prese a fissare i due nuovi arrivati con un’espressione indecifrabile.
Il ragazzo pensò bene di fare le presentazioni: «Eve, questa è mia sorella Lily. Lily, lei è Eve. Si unirà alla squadra!»
Allora la corvina slegò le braccia e rilassò i muscoli, tutto in un battito di ciglia. E solo in quel preciso istante Eve notò come fosse vestita.
Per la verità non era affatto vestita: indossava giusto una mutanda e una camicia enorme – probabilmente del fratello –; entrambe nere.
Ai piedi non portava nulla.
Dopo interminabili minuti a fissarla, Lily accennò un saluto. L’immagine di lei in piedi e immobile, comunque, era davvero inquietante. Se non fosse stato per le lanterne poste all’ingresso dell’abitazione, si sarebbe potuta confondere con il buio – o sarebbe potuta sembrare un fantasma.
Eve sospirò e seguì i due fratelli dentro casa.
In che razza di posto sono finita?
 
 
 













 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Questa volta vi ho davvero fatto aspettare parecchio, eh? Perdonatemi T.T
 
Ho avuto da fare con gli ultimi esami e subito dopo mi sono sentita poco bene, quindi è slittato tutto... ma l’importante è essere tornata, no?
Mai come questa volta sono stata dubbiosa riguardo al titolo! E chissà perché ho scritto “bugie” al plurale...! Eheh – poi tutti i nodi verranno al pettine, tranquilli.
 
In questo capitolo succedono parecchie cosucce ^^
Innanzitutto, vengono presentati due nuovi personaggi: Hydra Kravleton ed Eve Ikuko (rispettivamente OC di OphionTheHunter e kisspiece99; ringrazio entrambi per avermi dato la possibilità di conoscerli e inserirli nella mia storia!).
Per quanto riguarda la nave di Hydra, la descriverò ben bene quando ci sarà occasione.
Tra l’altro spero di non aver fatto errori; nel caso segnalatemeli così li correggerò non appena mi sarà possibile.
 
Avete notato che l’approccio ai personaggi è differente? Ho scelto di descrivere Hydra più che altro dal punto di vista di Lily, Ella e Alastor; mentre per le altre due ho voluto fare diversamente.
 
Mancano esattamente tre OC da presentare ^^ e io non vedo l’ora. Detto ciò, con questo capitolo considero le iscrizioni ufficialmente chiuse!
 
Eccovi l’immagine che ha ispirato il personaggio di Eliza, di mia invenzione:
 
ELIZA ► https://i.pinimg.com/originals/4f/28/56/4f28561a9a678095978fc7ff4f5165e1.jpg
 
Consiglio: ricordatevi di Eliza Barthock perché potrebbe ricomparire quando meno ve l’aspettate! – ma comunque ci vorrà del tempo.
 
Vi ricordavate che Killian c’era già stato a Damocles?
Per la verità, non volevo specificarlo ma poi mi son detta “Rosy, li hai fatti aspettare troppo e sicuramente se ne saranno dimenticati...”. Eheh u.u – Killian è un po’ bugiardello!
 
Ed ecco le curiosità di oggi:
 
Curiosità n.4 ► Parliamo di Killian. Il suo aspetto è cambiato tre volte durante la fase di creazione del personaggio. Inizialmente avrebbe dovuto avere capelli bianchi e occhi dorati. La sua seconda versione prevedeva capelli biondi e occhi viola. Fino ad arrivare a questo Killian: capelli marroni e occhi color caramello/marrone caldo.
Caratterialmente è pressoché uguale alla prima bozza – stessa cosa per la sua storia.
(Ho appena trovato un mio vecchissimo appunto. Sembra che a un certo punto volevo chiamarlo Kiril anziché Killian. Me l'ero pure dimenticata!)
 
Curiosità n. 5 ► Torniamo a parlare di Killian. Oggi è la sua giornata ^^ La cosa che odia di più al mondo? Provare dolore – s’intende quello fisico. La seconda? Combattere.
 
Per quanto riguarda i disegni, pazientate ancora un pochino.
 
E riguardo all’increscioso incidente di Killian che – pare – si sia dato alla pazza gioia ignaro che Lily fosse ancora a casa... forse l’argomento ritornerà XD Per farci due risate!
 
Alla prossima
 
Rosy


 
  
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