Capitolo nono
Ma vorrei dirti non ho paura
Vivere un sogno porta fortuna
La tua rabbia non vince
Certi inizi non si meritano nemmeno una fine
Ma la tua bocca mi convince
Un bacio alla volta
Come sassi contro le vetrine
Le mie scuse erano mille, mille
E nel cuore sento spille, spille
Prova a toglierle tu baby, tu baby…
(“Chiamami per nome” – Fedez,
Francesca Michielin)
Trascorsero alcuni giorni e, mentre nei Sette
Regni e dintorni accadeva un po’ di tutto, Theon e Ramsay si godevano le ferie a Pyke. Contrariamente a quanto
tutti sulle Isole di Ferro si sarebbero aspettati, il loro nuovo reggente non
aveva fatto nessuna stronzata e, anzi, sembrava avere le idee piuttosto chiare:
alcune navi in disuso erano state fatte riparare e adesso erano rientrate a
pieno titolo nella flotta di Pyke che, ultimamente, aveva subito diverse
riduzioni; altre navi erano in costruzione, ma Theon aveva messo in chiaro che
le flotte d’ora in poi sarebbero state destinate alla difesa e alla protezione
delle Isole di Ferro, e non più a razzie e violenze. Questa parte era piaciuta
meno alla maggioranza degli Uomini di Ferro, ma per il momento non c’erano
state proteste ufficiali. In realtà la gente pensava che presto sarebbe tornato
Euron, il vero Re, con la sua Regina dei Draghi e la sua immensa flotta, e
allora sarebbero andati a conquistare tutti e Sette i Regni, altro che razziare
e depredare! Theon serviva soltanto per avere qualcuno da tenere sul Trono del
Mare che al momento era vacante, ma non si facesse illusioni: una volta
tornato, Euron lo avrebbe ricacciato al suo posto a calci nel culo e la breve
stagione di gloria per lui sarebbe finita miseramente, per cui bastava solo un
po’ di pazienza e far finta di credere alle idiozie sulla pace e la prosperità
di Pyke che sparava. Molto presto le sue idee di pace e prosperità gli sarebbero state ricacciate laggiù dove non
batte il sole, pensavano tra sé gli Uomini di Ferro, sghignazzando.
Nel frattempo, Ramsay seguiva sempre Theon
come un’ombra e lo stordiva con chiacchiere perlopiù inutili e domande spesso
inopportune e imbarazzanti. Una delle sue ossessioni era diventata trovare un
nuovo slogan per la Casata Greyjoy
(visto che il discorso di non seminare, secondo i progetti di Theon e Yara,
presto non avrebbe avuto più senso) e ogni tanto illuminava Theon con una nuova
frase a effetto partorita dal suo neurone in fibrillazione.
Quella sera, in particolare, i due giovani si
trovavano nella Sala del Trono per la cena e Ramsay, guardandosi intorno, aveva
avuto una delle sue rivelazioni.
“Senti se ti piace questa frase come nuovo
motto dei Greyjoy: Noi siamo la Morte Nera!
Eh? Che ne dici? È bello, vero?” insisteva, particolarmente entusiasta.
Theon alzò gli occhi al cielo con un sospiro.
In certi momenti avrebbe voluto mettersi a urlare, ma pensò che fosse
preferibile cercare di spiegare a Ramsay che la sua nuova frase non era adatta,
con tanta pazienza e comprensione…
“Sì, Ramsay, è una bella frase, ma non trovi
che sia un po’ troppo minacciosa?” fece, rassegnato. “Se vogliamo cambiare il
nostro modo di vivere e di rapportarci con il continente un motto come questo
darebbe un’idea un tantino diversa,
caso mai sarebbe andato bene per quello che eravamo prima.”
“Eh, sì, hai proprio ragione, sai? Peccato
perché mi piaceva parecchio…” commentò Ramsay, perplesso. Poi parve avere
un’altra illuminazione e non mancò di renderne partecipe Theon. “Ma scusa,
allora perché non usate quella frase che dite sempre, Chi è morto alzi la mano, o qualcosa del genere, mi pare?”
Qualcosa del genere, certo… Però, a ben pensarci, questa volta il neurone di Ramsay
dal vuoto siderale della sua mente aveva generato qualcosa di veramente buono.
In effetti quello poteva a buon diritto essere il nuovo motto dei Greyjoy,
anzi, Theon doveva ammettere che era perfetto. Chissà come gli venivano ogni
tanto queste idee?
“In realtà la frase è Ciò che è morto non muoia mai” precisò Theon, ancora incredulo per
la bella pensata di Ramsay. “E lo sai che è davvero azzeccato? Potrebbe essere
perfetto come nuovo motto della Casata Greyjoy, che non si arrende neanche di
fronte alle difficoltà apparentemente più insormontabili.”
“Davvero ti piace?” domandò Ramsay, con gli
occhi che gli brillavano e un sorrisone felice.
“Sì, mi piace, sei stato bravo” approvò
Theon, stringendolo a sé per baciarlo… e quella fu la ricompensa più bella per
il duro lavoro di pensare che,
ovviamente, non era così facile per Ramsay!
Il giovane Bolton, tuttavia, sembrava avere
qualcos’altro da dire, ora che avevano risolto il problema del nuovo motto
della Casata Greyjoy, eppure… era buffo, pareva quasi imbarazzato, si
tormentava le mani (le sue, non quelle di qualcun altro) e non riusciva ad
alzare gli occhi su Theon.
Alla fine prese un gran respiro e si decise.
“Senti, Theon, io… ecco… è da tanto tempo che
volevo dirti una cosa” buttò là, con evidente sforzo.
Detto da Ramsay, poteva significare qualsiasi
cosa, dalla proposta più assurda e idiota dell’universo fino alla minaccia più
agghiacciante, così Theon si preparò spiritualmente
ad ascoltare qualsiasi cosa il neurone del compagno avesse così
inaspettatamente partorito.
“Va bene, dimmela allora” lo invitò.
“Ecco… io… non è semplice, sai? È che… io…
beh, insomma, adesso che siamo sempre insieme e che ci troviamo così bene
volevo che sapessi che, se potessi tornare indietro, non ti farei tutto quel
male che ti ho fatto!” ammise Ramsay, tutto d’un fiato.
Era una dichiarazione sconcertante e Theon
rimase senza parole.
Magari sarebbe stato meglio che questi scrupoli ti
fossero venuti prima di tagliarmi, pensò,
ma in fondo la cosa non aveva senso. Ramsay sottoponeva a quel suo trattamento speciale tutti i suoi prigionieri
e di sicuro non era mai capitato prima che si rammaricasse di aver tagliato
loro qualche dito o scuoiato un metro di pelle! Com’è che adesso,
improvvisamente, nella sua sottospecie di coscienza era baluginata una pallida
luce di rimorso, o qualsiasi cosa fosse? Theon non sapeva davvero cosa pensare
e come rispondere a una simile esternazione. Ramsay che si pentiva di aver seviziato un suo prigioniero? Mai più e mai poi!
Ramsay si rese conto che Theon non aveva
afferrato bene il senso delle sue parole e ritenne che fosse preferibile
spiegarsi meglio, visto che ci teneva così tanto. Prese la mano di Theon tra le
sue (eh sì, era sempre la mano alla quale mancava il mignolo e la cosa
sconvolse il giovane Greyjoy, ma a quanto pareva era intenzionale, Ramsay
voleva parlare proprio di quella mano lì) e cercò di approfondire il suo
pensiero, cosa che, come potete ben immaginare, per lui era un’ardua impresa.
“In realtà non ci sono scusanti, non è che me
ne sono accorto adesso di aver sbagliato a farti del male, sarebbe più facile
se fosse così, se mi fossi dispiaciuto perché in questi anni sei stato gentile
con me e addirittura mi hai salvato la vita e portato a casa tua” disse tutto
in un discorso al quale Theon fece piuttosto fatica a star dietro, “ma non è
questo, no. Io me ne ero accorto subito che tu per me eri speciale, che non
saresti mai stato un prigioniero come gli altri.”
Ah, sì? Perché io non me n’ero accorto invece…
“Te l’avevo già detto che, quando ti ho preso
prigioniero, ho provato subito qualcosa di diverso per te, mi piacevi e volevo
che stessi sempre con me, ricordi che te l’ho detto?” insisté Ramsay.
Theon rammentò vagamente un discorso mezzo
allucinato che Ramsay gli aveva effettivamente fatto la prima notte in cui
erano fuggiti da Grande Inverno, che lo aveva torturato e seviziato perché era
il suo modo di corteggiarlo o qualcosa del genere…
“Sì, mi pare di ricordarlo” rispose.
“Appunto! Io lo sapevo che un bel Principe come
te non sarebbe mai rimasto con uno come me e quindi per questo ti ho
imprigionato e torturato, per spezzare la tua volontà e costringerti a non
lasciarmi mai” spiegò nuovamente il giovane Bolton visto che, per lui, tale
giustificazione era accettabilissima. “Però, ora che ci ripenso, mi rendo conto
che non c’era bisogno di esagerare tanto e che non sarei dovuto arrivare fino a
tagliarti: bastava che ti tenessi prigioniero nelle segrete, che ti facessi
frustare, che ti facessi diventare mio schiavo, ma potevo anche non tagliarti
le dita, ecco!”
E lo vieni a dire a me? Che cosa vuoi, l’assoluzione?, pensò Theon francamente allibito.
“Quindi io adesso sono davvero molto
dispiaciuto di averti fatto male e soprattutto di averti tagliato tre dita… se
potessi tornare indietro non lo rifarei, proprio per niente, hai capito? Non lo
rifarei più, sono pentito, mi dispiace. Vorrei poter rimediare, ma non posso,
quindi tu adesso devi perdonarmi,
perché io sto davvero male al pensiero di averti fatto delle cose così terribili!”
“Cioè, fammi capire meglio, tu ora sei pentito di avermi tagliato le dita e ti
senti male al pensiero, quindi io dovrei dirti che ti perdono e che non fa
niente?” domandò Theon, incredulo e sconcertato. “Tu ti senti male perché hai tagliato le dita a me? E io, allora, come dovrei sentirmi secondo te?”
“Ma ti ho detto che mi dispiace!” insisté
Ramsay, evidentemente deluso dal fatto che la sua dimostrazione di contrizione
non avesse avuto l’effetto sperato. “Ti ho detto che fa più male a me che a te,
che vorrei tornare indietro e comportarmi diversamente!”
Non credo proprio che faccia più male a te che a me, ad
ogni modo… Theon cominciava in qualche modo a capire il
ragionamento contorto di Ramsay e si rendeva anche conto del fatto che, in
effetti, era qualcosa di completamente nuovo per lui, che mai e poi mai si era
pentito di ciò che aveva fatto, ma che adesso si mostrava veramente
dispiaciuto. Cioè, se avesse potuto tornare indietro non gli avrebbe tagliato le
dita né nient’altro, lembi di pelle o che so io… Oddio, detto da Ramsay era
davvero una gran cosa! Eppure, in un certo qual modo, Theon pensò che gli
piaceva vedere Ramsay così contrito, che adesso era davvero vulnerabile e in
suo potere e che, alla fine, poteva anche fargliela pesare un po’, tanto per
avere una sua piccola rivincita…
“Va bene, ho capito, ma resta il fatto che
non puoi tornare indietro e che io non ho più il mignolo della mano destra e
due dita dei piedi e non è una cosa che si dimentichi così facilmente, sai?”
replicò.
Ramsay era ancora più disperato vedendo che non
riusciva a far capire a Theon il suo singolare
punto di vista e così provò a metterla sul piano pratico.
“Senti, ti ho detto e ripetuto che mi dispiace
davvero tanto per quello che ti ho fatto e anche che vorrei tornare indietro,
ma tu non mi aiuti per niente! Insomma, adesso sei qui sano e salvo e hai anche
il potere sulle tue Isole di Ferro. È vero, ti mancano tre dita, ma ti sarebbe
potuta andare molto peggio!” esclamò.
Su questo non ha tutti i torti, pensò Theon, che sapeva bene di essere stato fortunato
a uscire più o meno integro dalle segrete di Ramsay, ma continuò a provocare il
ragazzo perché si divertiva sempre più a vederlo tanto confuso e turbato nel
suo goffo e assurdo tentativo di discolparsi.
“Pensa se ti avessi tagliato una mano o un
braccio, o anche un altro dito, il pollice o l’indice, per esempio” riprese
Ramsay, lanciandosi con entusiasmo nei dettagli più pratici della faccenda. “Senza
pollice o indice non avresti più potuto utilizzare la mano per scrivere, o per
la spada, il mignolo invece… dai, non serve a nessuno! Insomma, sono sicuro
che, prima che te lo tagliassi, non lo usavi neanche, non fa poi tutta quella
differenza averlo o no!”
E qui siamo proprio al delirio totale. Se il Dio Abissale
avesse pensato che noi uomini potevamo stare meglio senza il mignolo, ci
avrebbe creati senza, no? Ma si ascolta quando parla oppure gli piace semplicemente
udire il suono della sua voce?
Tuttavia il giovane Greyjoy questa volta
aveva dovuto trattenere una sonora risata… sì, la faccenda era tragica, ma
ormai era andata così e le scuse di
Ramsay erano a dir poco esilaranti. Inoltre, a dirla tutta, quel Ramsay così
mortificato che continuava a peggiorare la sua posizione ad ogni frase folle
che diceva lo inteneriva… e lo eccitava pure!
Si era ormai fatta sera, la cena si era
conclusa e Theon si rese conto che, se non fosse riuscito a uscire da quella
situazione di stallo, la mattina dopo sarebbero stati ancora lì. Così pensò che
la cosa migliore fosse cercare di chiudere quell’argomento tanto spinoso e
andare a letto. Prese il giovane Bolton per un braccio e lo condusse verso il
famigerato ponte sospeso che portava alla torre in cui si trovava la loro
camera.
“Senti, Ramsay, è tardi e io sono stanco, è
ora di andare a dormire e mi sembra assurdo continuare a discutere di questo argomento particolare” disse in tono
dolce e pacato. “Ho capito che sei dispiaciuto di avermi fatto del male e che
non vorresti averlo fatto e va bene, ti perdono, se non ti avessi perdonato non
ti avrei salvato la vita e non ti avrei portato qui a Pyke con me, non ti pare?
Però non puoi pretendere che ti dica che sto
meglio con diciassette dita piuttosto che con venti!”
Il ragionamento di Theon non faceva una piega
e, come se non bastasse, Ramsay perdeva del tutto la voglia di parlare quando
si trovava sopra uno di quei tremendi ponti, così si limitò a stringersi al
braccio del giovane Greyjoy e a chiudere gli occhi.
“Tanto per cambiare argomento, stamani è
arrivata una lettera di Yara, me l’hanno portata dei mercanti che avevano
incrociato la sua flotta” iniziò a raccontare Theon, sapendo bene che in quel
modo avrebbe distratto il compagno dal pensiero di essere sul ponte… e anche
dall’ossessione sulle dita mancanti che tanto non servivano! “Mi scrive che ha
raggiunto la Regina dei Draghi a Roccia del Drago e che là ha trovato anche
altre persone importanti, tra cui Lady Olenna Tyrell e Tyrion Lannister, che
pare vogliano allearsi con Daenerys.”
A Ramsay non era mai fregato un accidenti
della politica dei Sette Regni, ma adesso era totalmente concentrato ad
ascoltare la voce rassicurante di Theon che gli faceva dimenticare quel ponte
così pericoloso e, stretto a lui, si sentiva tranquillo. Nel frattempo i due
avevano attraversato più della metà del ponte e ormai erano vicini alla loro
meta.
“Daenerys Targaryen ha un grande e potente
esercito e, con l’aiuto della flotta di Ferro e l’alleanza con i Tyrell e con
Dorne potrebbe davvero mettere sotto assedio Approdo del Re” proseguì Theon. “Tra
l’altro pare che le cose ai Lannister non vadano più così bene, Tyrion ha
tradito la famiglia per unirsi alla Regina dei Draghi mentre il Re ragazzino,
Tommen, è morto, pare che si sia ucciso dopo la perdita della sua sposa
Margaery durante dei tumulti.”
Per fortuna erano ormai giunti sulla soglia
della torre, perché quelle ultime parole fecero riaprire improvvisamente gli
occhi a Ramsay.
“Re Tommen è morto? Ma… è stato lui a firmare
il documento con cui vengo riconosciuto come un vero Bolton. Quindi adesso che
succede?”
A quello Theon non aveva pensato, ma non
sembrava un grande problema.
“Immagino che non succederà niente” rispose,
mentre entrava con Ramsay nella loro stanza. “Il giovane Re era comunque
dominato da sua madre e non avrebbe potuto firmare quel documento se Cersei non
lo avesse voluto. Ora che è lei la Regina non credo proprio che le interessi
invalidarlo, ha problemi molto più gravi da affrontare.”
“Sì, credo di sì. Poi, per quello che vale
essere un Bolton… mio padre non mi vuole, ora ha il suo figlio legittimo e
comunque non siamo neanche più Lord di niente. Però mi piaceva chiamarmi Ramsay
Bolton…” il giovane parve riflettere su quel dettaglio, o almeno ci provò.
“Per me puoi continuare a chiamarti come ti
pare, non penso proprio che a nessuno nei Sette Regni interessi. Insomma… non è
che la tua famiglia abbia poi tutto quel potere” commentò Theon.
“Ma sì, infatti, chi se ne frega. L’importante
per me è che sono qui, che siamo… beh, insieme…”
Gli era proprio scappato detto! Per alcuni
secondi sia Ramsay sia Theon rimasero silenziosi, rendendosi conto di che cosa
era stato finalmente ammesso, poi fu Theon a rompere gli indugi e a dimostrare
cosa ne pensava a fatti piuttosto che
a parole. Prese Ramsay tra le braccia e lo baciò profondamente, mentre lo
sospingeva verso il letto. Era illogico, paradossale, inconcepibile, ma anche
lui provava un sentimento sempre più forte verso il suo ex-carceriere e, anzi,
sentiva un calore meraviglioso riempirlo totalmente mentre per la prima volta
in vita sua si sentiva davvero amato, desiderato, accolto e accettato da
qualcuno (sì, anche se quel qualcuno era Ramsay
Bolton!). Si distese sul letto con lui senza smettere di baciarlo e
accarezzarlo dappertutto e alla fine si perse nella sua morbidezza e nel suo
calore mentre i loro corpi diventavano una cosa sola e tutto svaniva in un
turbine di stelle, facendo volare entrambi fino ai confini dell’universo nell’estasi
e poi scivolare in un sonno tranquillo e piacevole, stretti l’uno all’altro.
Peccato che, come sempre, quella tranquillità
non fosse destinata a durare a lungo…
Fine capitolo nono