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Autore: The_Storyteller    06/03/2022    1 recensioni
Anche se è stato nominato Maestro Assassino, la vita di Arno Dorian non è cambiata molto: scoprire i piani dei Templari, eliminare bersagli, cercare informazioni. La solita routine, come le sue visite alla tomba di Élise.
Se non fosse che, una mattina d’inverno, uno strano incontro annuncerà un nuovo capitolo della sua vita.
Madeleine Caradec è una semplice ragazza bretone, un po’ ingenua ma di buon cuore.
Ciò che non sa, tuttavia, è che si trova in un gioco più grande di lei, pedina nell’eterna lotta fra Assassini e Templari. Cosa sarà più forte: una lealtà che dura da anni o i sentimenti nati da un nuovo incontro? Chi è il diavolo e chi l’angelo?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Arno Dorian, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Parigi, marzo 1795.
Ormai era arrivata la primavera e il sole scaldava coi suoi tiepidi raggi le strade della capitale francese. Ma dentro il Café Théâtre si muoveva qualcuno dall’animo tempestoso.
-Non ci posso credere! Non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo!- esclamò Domitille, furiosa, mentre rientrava in lavanderia.
Ophélie alzò gli occhi al cielo, preparandosi ad ascoltare l’ennesima lamentela della ragazza.
Puntualmente, Domitille si sfogò: -Il signor Dorian non ha voluto nessun aiuto per il bagno! Non appena gli ho versato l’ultimo secchio in vasca mi ha mandato via, dicendo di non voler essere disturbato da nessuno! E io che ho pure indossato la mia camicetta speciale!- disse rabbiosa, avvicinandosi a uno specchio e rimirando il proprio riflesso, nonché il profondo scollo che lasciava intravedere il décolleté.
Ophélie sospirò: -È inutile, Domitille. Il signor Dorian non è interessato a nessuno in particolare.-
Ancora più furiosa, Domitille si voltò verso l’altra ragazza: -E allora come spieghi che quella contadina bretone continua a ronzargli intorno?! So per certo che le ha chiesto di aiutarlo con le medicazioni. Cos’ha in più quella mangia-burro rispetto a me!?-
Ophélie le avrebbe risposto volentieri facendole notare la sua mancanza di umiltà, ma preferì non diventare il prossimo bersaglio della cameriera-attrice. Finì di piegare le camicie che aveva appena stirato e si diresse verso la porta: -Appena si sono raffreddate portale dal signor Dorian- disse all’altra, e uscì dalla stanza.
Domitille si mise a camminare in circolo nel tentativo di calmarsi e di pensare. Madeleine non le aveva fatto nulla di particolare, ma non riusciva a tollerare il fatto che Arno l’avesse presa in simpatia fin dai primi giorni. Ad un certo punto il suo sguardo cadde sulle camicie appena stirate, e un’idea diabolica cominciò a formarsi nella sua mente.
Sentì la porta aprirsi e vide entrare proprio la bretone.
“Quando parli del diavolo spuntano le corna” pensò acidamente.
Senza neanche salutarla, prese le camicie e le diede in mano a Madeleine: -Carissima, capiti proprio a fagiolo! Devi portare queste camicie in camera del signor Dorian, gli servono subitissimo!- esclamò con finta allegria.
Madeleine la guardò confusa: -Ma io credevo che fosse impegnato a...-
-Ma no, ma no! In realtà è andato un attimo alla Sala di addestramento per discutere di alcune cose, e gli ci vorrà ancora molto! Su, cosa aspetti? A monsieur Dorian farà piacere vedere le camicie già pronte- le spiegò l’altra, sottolineando con voce suadente l’ultima frase.
Convinta da quelle parole, Madeleine salutò Domitille e uscì con le camicie in mano, ignara del sorriso crudele comparso sulle labbra della cameriera-attrice.
 
Mentre saliva le scale che portavano al primo piano, Madeleine pensò ai progressi della propria missione. Purtroppo, non andava per niente bene.
Non che non avesse cercato informazioni: aveva chiesto alle altre cameriere e agli inservienti, aveva tentato di origliare con discrezione i vari personaggi incappucciati; ma non aveva trovato nulla di importante o pericoloso che riguardasse Arno.
Molto probabilmente madame Beauchesne non avrebbe affatto gradito quella situazione di stallo. Per giunta, la giovane non aveva idea di come entrare in contatto con la sua padrona, e in quei mesi non si era mai fatta vedere o sentire.
Sospirò: cercare tra gli effetti personali di Arno era troppo rischioso, specialmente quando lui era presente al Café. Avrebbe aspettato il momento più opportuno, solo non sapeva quando.
 
Arrivò finalmente alla camera di Arno e vi entrò. Diede un'occhiata alla scrivania, ma notò soltanto una lettera appena iniziata e senza nessuna informazione. Si diresse quindi verso il letto dell'uomo, sopra il quale poggiò le camicie. Girandosi per andarsene, Madeleine vide che la vasca da bagno era piena, al suo fianco Arno si stava asciugando i capelli.
E a parte un asciugamano in testa non aveva nient'altro addosso.
I due rimasero immobili, completamente sorpresi l'uno dalla presenza dell'altra. C'era così tanto silenzio che si sarebbe sentito cadere uno spillo.
Poi entrambi sembrarono rianimarsi: Arno abbassò d'impeto l'asciugamano sul basso ventre, rosso in viso; ma la povera Madeleine si sentiva bollire il volto fino alle orecchie, paonazza per quella situazione così imbarazzante. Girò immediatamente la faccia dall'altra parte e si mise a correre verso l'uscita della stanza.
Non aveva fatto che pochi passi, quando all'improvviso Arno la chiamò: -Madeleine, aspetta! Fermati un attimo.-
La giovane obbedì, rifiutandosi però di guardarlo in faccia: -Scusami, non volevo! Giuro che non ho visto niente! In realtà ho visto, ma... Oddio, non lo sapevo!- farfugliò giustificandosi.
Ancora al riparo del paravento, Arno le chiese chi le avesse detto di portare le camicie in camera sua.
-Domitille. Mi ha detto che eri nella Sala di addestramento per discutere una cosa, e che ci avresti messo tanto. Io non...- spiegò la giovane. Poi un'orribile pensiero le venne in mente, e il rosso di imbarazzo si trasformò in un vermiglio di rabbia.
-Quella serpe! Quella strega!! Quella... quella... louskenn!!!-
Una risata divertita attirò la sua attenzione: avvolto da un ampio asciugamano, e fortunatamente con un paio di mutande addosso, Arno la guardava sorridendo: -Non ho idea di cosa tu abbia detto, ma di sicuro non è un complimento.-
Madeleine abbassò lo sguardo e si mise una mano sullo sterno, come a stringere qualcosa: -Mi dispiace, non avrei dovuto credere a Domitille.-
Quando rialzò gli occhi si ritrovò Arno a un passo da lei. L'uomo la guardava con comprensione: -Ehi, non è colpa tua se Domitille ha voluto farti questo scherzo. Ma puoi star certa che non resterà impunita.-
La bretone sobbalzò a quelle parole, al che Arno la rassicurò: -Ne parlerò con madame Gouze dopo. Il licenziamento forse è eccessivo, ma qualcosa sarà fatto.-
Madeleine sorrise appena: anche se Domitille le aveva fatto quel dispetto, non voleva che per questo si ritrovasse in mezzo alla strada. Ringraziò quindi l'uomo e fece per congedarsi, ma Arno la chiamò un'altra volta.
 
Quasi con timidezza, l'Assassino le chiese se potesse aiutarlo con le garze. La bretone accettò, quindi lo seguì dietro il paravento con la vasca, dove c'era anche un armadietto delle medicine.
Per un po' i due rimasero in silenzio, mentre Madeleine passava il disinfettante e bendava le ferite dell'uomo, ormai in via di guarigione. Osservò i segni vecchi e nuovi lasciati da chissà quante lotte, con sempre più domande nella sua testa.
Prese coraggio e, dopo un profondo respiro, disse: -Lo so che forse non è il momento giusto, ma mi avevi detto che mi avresti raccontato cosa ti è successo, Arno. E chi sei veramente.-
Sentì la schiena dell'uomo irrigidirsi appena, per poi rilassarsi subito dopo: -Hai ragione, dopotutto te l'ho promesso- lo sentì dire.
Non appena Madeleine ebbe finito di medicarlo Arno indossò una camicia e dei pantaloni, quindi fece segno alla giovane di accomodarsi su una delle sedie presenti nella stanza.
Di nuovo ci fu un momento di silenzio, come se Arno stesse decidendo come iniziare, e la giovane attendeva con pazienza.
Finalmente, Arno prese il suo orologio e cominciò a raccontare: -È iniziato tutto quasi vent'anni fa, con la morte di mio padre. Questa è l'unica cosa che mi è rimasta di lui- spiegò, mostrandole il quadrante di vetro rotto.
-Un uomo, François De la Serre, decise di prendermi con sé e di crescermi quasi come un figlio. Ciò che non sapevo, e che scoprii dopo il suo omicidio, è che lui era il Gran Maestro Templare di Francia, un gruppo di persone alla perenne ricerca di misteriosi manufatti che li aiuti a soggiogare la libertà della gente in nome dell'ordine mondiale.-
-Ma a combatterli esiste un altro gruppo, gli Assassini. E io sono uno di loro, così come altre persone in giro per il mondo- terminò l’uomo, chiudendo l’orologio e indicando alla ragazza l’insegna della Confraternita cesellata sul coperchio.
Dopo quelle parole Madeleine rimase in silenzio, ancora più confusa dalla rivelazione di Arno.
-Quindi, l’uomo che ti ha attaccato...- chiese, timorosa della risposta.
-Isidore Lefebvre, un uomo violento e senza scrupoli. Ma ora non potrà più fare del male a nessuno- rispose l’Assassino.
La giovane si sentì un groppo in gola: possibile che madame Beauchesne facesse parte di gente così malvagia?
 
Madeleine era ancora persa nei suoi pensieri, quando sentì la voce di Arno chiamarla. Si riprese subito, scusandosi per la propria distrazione.
L’Assassino le sorrise: -Tranquilla, capisco che ciò che ti ho detto ti abbia colpito. Inutile dire che queste informazioni devono rimanere segrete, ma confido nella tua discrezione.-
La giovane annuì con fermezza: -Te lo giuro, Arno. Non lo dirò ad anima viva.-
-Bene. Ora però ho io una domanda per te- replicò l’uomo.
Madeleine si sentì improvvisamente nervosa. Si raddrizzò la schiena, mentre stropicciava nervosamente un lembo della sua gonna.
Arno si grattò la testa, come se si vergognasse di ciò che stava per chiederle: -Ho notato che spesso, quando sei nervosa, ti porti una mano vicino al collo. Mi sembrava piuttosto curioso e, ecco, mi domandavo che cosa tieni legato a quel cordino.-
La ragazza rimase sorpresa da quella richiesta, e tutto il suo nervosismo si placò. Si tolse quindi la collana e mostrò il ciondolo che vi portava legato: un piccolo cerchio d’argento che rappresentava due mani che reggevano un cuore sormontato da una corona.
-È un claddagh, un simbolo tipico di una zona dell’ovest dell’Irlanda, da dove veniva mia madre. Di solito è a forma di anello: il cuore rappresenta l’amore, le mani l’amicizia e la corona la lealtà. È l’unico gioiello che mia madre abbia mai posseduto, oltre alla fede nuziale- spiegò la giovane.
Arno osservò affascinato quel piccolo gioiello, ammirando la maestria del misterioso orafo che aveva creato quel prezioso pendente.
Madeleine sorrise appena per la curiosità dell’Assassino, ma presto il suo sguardo si intristì: -Me lo affidò sul letto di morte. Da allora lo porto sempre con me.-
-Mi dispiace, non avrei dovuto chiedertelo- si scusò Arno.
La ragazza scosse la testa: -È tutto ok, non preoccuparti. Era malata da tempo, un brutto male che la indebolì giorno dopo giorno. Quando venne a mancare... fu un duro colpo. Ma mio padre...- si interruppe lei, lasciandosi scappare un respiro tremante.
Arno vide il suo disagio: -Se non ti va di parlarne, non devi- la rassicurò.
Madeleine sospirò, tentando di togliersi il peso che sentiva allo stomaco. Annuì e ringraziò l’Assassino per la sua comprensione.
Le campane di Notre Dame interruppero la loro conversazione, facendo loro notare quanto tempo fosse passato. Arno ringraziò di nuovo la ragazza per l’aiuto e le promise che avrebbe discusso con madame Gouze a proposito dello scherzo di Domitille.
 
L’indomani mattina la proprietaria del Café Théâtre si recò nello spogliatoio dei teatranti, dove si trovava Domitille.
Charlotte l’apostrofò duramente, rimproverandola per il suo comportamento infantile nei confronti di una collega. Per questo motivo sarebbe stata sospesa dagli spettacoli per almeno due mesi e, durante questo periodo, confinata a lavorare in lavanderia.
-Addio Opéra national...- commentò Ophélie con sarcasmo.
   
 
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