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Autore: Doppiakappa    07/03/2022    1 recensioni
Roy Steinberg, sedicenne figlio dello scienziato più influente del 2085, si ritrova vittima di un particolare incidente che lo porta al contatto con una misteriosa sostanza extraterrestre. A sua insaputa, si ritroverà coinvolto in una serie di eventi che lo porteranno a dover salvare il mondo da un'enorme minaccia.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Aiden si guardò attorno: uno spiraglio di luce illuminava debolmente un angolo della camera, lasciando danzare i granuli di polvere a intermittenza, uno spiffero di gelida aria invernale muoveva leggermente le tende, i led della sveglia elettronica lampeggiavano ipnotici sull’anta dell’armadio, immersa nell’oscurità.
L’uomo guardò il display dell’orologio: cinque in punto. Guardò poi il volto dormiente del figlio, posando una mano sulla sua guancia pallida. Roy respirava affannosamente, sudava, mentre le stesse linee nere che Aiden aveva visto il giorno prima sul petto del ragazzo erano ora apparse su tutta la parte sinistra del volto.

- Cosa diamine ti è successo Roy…? – sussurrò l’uomo, vegliando con sguardo preoccupato sul ragazzo. Aiden si alzò in piedi, lisciandosi la barba bionda di corto taglio e ben curata. La schiena gli doleva, si stirò più volte prima di ritenersi abbastanza sveglio. Chiuse la finestra della camera e silenziosamente si diresse in cucina, lì si versò un bicchiere di latte gelido che scolò senza problemi, sbuffando dopo essersi asciugato la bocca con un fazzoletto.
Sospirò, lui, prima di prendere in mano il cellulare e digitare il numero della scuola di Roy. Ci fu un secondo di totale quiete poi una voce femminile ruppe il silenzio dell’ampia cucina:

- Liceo Triumph, buongiorno.

- Buongiorno, sono Aiden Steinberg, il padre di Roy Steinberg.  Volevo avvisare che mio figlio è costretto a letto a causa di un’influenza e sarà assente finché le sue condizioni non migliorano.

- Certamente, può cortesemente dirmi la sezione di suo figlio? – Aiden riusciva a udire il suono meccanico dei tasti premuti dall’interlocutrice.

- Sezione B, terzo anno.

-Perfetto, abbiamo avvisato i professori. Provvederemo a fornirvi il materiale sulle lezioni svolte durante il periodo di assenza.

- La ringrazio. Arrivederci e buona giornata. – Disse l’uomo, sforzandosi di sorridere.

- A lei, arrivederci.
 
La chiamata si chiuse, facendo tornare il silenzio fra le mura calde della cucina. Aiden prese a camminare nervoso avanti e indietro, passando il dito lungo il lato del freddo tavolo in marmo e facendosi cogliere da un profondo e veloce brivido.Decise di uscire in balcone, fregandosene dell’aria gelida esterna.
Accese una sigaretta e con un lungo e intenso tiro s’infiammò i polmoni, compensando il gelo dell’ambiente. Espirò una nube scura che salì velocemente, prima di disperdersi volatile nel grigio mattutino di quella giornata d’inverno. La sua mente era annebbiata, qualcosa stava bloccando quell’ingegnoso ingranaggio che lo aveva portato a essere il più noto e importante uomo di scienza del Ventunesimo Secolo.
Cercava di concentrarsi.
Tirava dalla sigaretta, soffiava via la cortina cinerea.
Tirava ancora.
Nulla da fare, non riusciva a trovare un filo logico in quella situazione così onirica, ma al contempo così reale.
 
- Non ho scelta. – Le parole uscirono da sole, sfuggite alla sua mente ancora assopita.
 
L’uomo rientrò in casa assicurandosi di chiudere completamente la porta del balcone, per poi dirigersi velocemente nel laboratorio. La porta era ancora aperta e l’interno era ancora un disastro: i macchinari ribaltati, carte e campioni sparsi ovunque, un’enorme bruciatura spiccava al centro della stanza. Si limitò a farsi largo fra le schegge di vetro, evitando di tanto in tanto qualche pila di fogli mezza bruciata, fino ad arrivare alla porta del suo ufficio, anch’essa distrutta dall’esplosione. L’interno fortunatamente era rimasto inalterato, al di fuori della vetrina rotta dall’intruso la sera precedente. Si avvicinò alla sua scrivania, estraendo una valigetta metallica da uno dei due grandi cassetti laterali. Senza perdere tempo tornò nella camera del ragazzo, recuperando lungo il tragitto uno dei tanti laptop sparsi per la casa e una manciata di fili ed elettrodi per le analisi mediche.
Lì, aprì la valigetta, improvvisando una sorta di laboratorio di ricerca sulla scrivania del ragazzo. Collegò i fili al computer, aprendo numerosi programmi e montando diverse apparecchiature tecnologiche. Si avvicinò al figlio, scoprendogli il petto tremante e applicandoci poi gli elettrodi, calmandolo con una carezza quando si agitava. Estrasse dalla valigetta una siringa, con la quale prelevò un campione di sangue da Roy che mise subito in uno dei numerosi apparecchi sparsi in quel caos confusionale. File di dati cominciarono ad apparire sul monitor del suo computer, seguite da grafici incomprensibili da una persona comune. Grafici che tuttavia l’uomo lesse con un singolo sguardo, appuntando velocemente su un foglio una serie di note disordinate, creando una sorta di flow chart.
L’ingranaggio aveva ripreso a girare, portando un debole lume di chiarezza in quella disordinata e buia situazione.
 
- Non pensavo fosse possibile… - disse, osservando con curiosità il corpo del ragazzo mentre passava la mano lungo una delle linee nere che gli percorrevano il corpo, fermandosi poi con le dita sopra il punto dove la sera prima aveva visto le lacerazioni causate dai proiettili. - In qualche modo deve averlo assorbito… ma come? Perché il corpo non lo ha rigettato? – più l’uomo si immergeva in quel mistero, più la sua curiosità iniziava ad assalirlo.
 
Aiden dovette tuttavia fermarsi, di colpo Roy aveva ricominciato ad agitarsi in preda agli spasmi, gemendo grida di dolore, mentre le linee nere sul suo petto assumevano un colore arancione incandescente.
Il ragazzo si svegliò di colpo, urlando qualcosa di incomprensibile.

- Roy! Roy, sei sveglio! – esclamò l’uomo, lasciandosi scappare un velo di lacrime.
 
Roy era confuso, sudava e ansimava mentre si guardava attorno con aria terrorizzata.

- C-che cosa è s-successo… papà?

- Non ne ho idea Roy, ti ho trovato accasciato al suolo nel laboratorio… eri coperto di sangue… e… e… ho avuto paura di perderti… - Aiden strinse il figlio a sé, che ricambiò l’abbraccio scoppiando in lacrime a sua volta.

Roy rimase in silenzio, suo padre lo stava abbracciando, dopo anni che non lo aveva quasi considerato. Lo guardò negli occhi e poté vedere la preoccupazione, mai aveva visto quelle iridi cariche di così tante emozioni.
Esitò prima di parlare, avrebbe voluto godersi qualche attimo di più del calore del padre, ma in quel momento le priorità erano altre.

- E-ero nel laboratorio… stavo c-conducendo le mie s-solite analisi sui miei campioni… poi ho s-sentito un rumore… e… - iniziò a spiegare il biondo, interrompendosi di tanto in tanto a causa di un singhiozzo.

- E poi? – chiese l’uomo impaziente.

- Sono corso a controllare e una donna aveva sfondato la porta del tuo ufficio, aveva con sé la teca che tenevi sottochiave nella cassaforte… - tirò su col naso.

- Com’è riuscita a forzare il caveau? Era composto da leghe di titanio armato…

- Era una professionista… sapeva esattamente dove mettere le mani.

- Cosa hai fatto poi? – chiese Aiden sempre più agitato.

- Si è avvicinata a me, puntandomi una pistola contro… io ho reagito è l’ho colpita con un calcio, disarmandola. Sono poi corso con la teca verso il laboratorio, volevo cercare di far scattare l’allarme, ma lei mi ha raggiunto e mi ha sparato due colpi…  - Roy tastò la zona addominale dove avrebbero dovuto esserci i segni dei proiettili, non trovandone tuttavia alcuna traccia.

- Com’è possibile?! M-mi ha sparato qua… - esclamò con sorpresa, girandosi poi a cercare una qualche sicurezza nello sguardo del padre, invano.

- È proprio questo che vorrei cercare di capire Roy… cos’è successo dopo che ti ha sparato?  - lo sguardo di Aiden divenne improvvisamente serio.

- N-non riesco a ricordarlo… ho provato un dolore atroce… la mia vista si è annebbiata… l’ultima cosa che ricordo di aver visto è la luce di un’esplosione… - disse il ragazzino, massaggiandosi le tempie nel tentativo di ricordare qualcosa.
 
Roy non aveva ancora fatto caso a ciò che lo circondava, solo in un secondo momento aveva notato le diverse apparecchiature sparse sulla sua scrivania. Ancora più confuso e preoccupato guardò il padre, che subito iniziò ad agitarsi.
- Papà, che cosa mi è successo?

- È complicato…

- Papà! – il ragazzo troncò subito le parole dell’uomo, facendogli chiaramente intendere di evitare i giri di parole.

- Il tuo corpo ha assorbito l’oggetto delle mie ultime ricerche, la cosa che quella donna stava cercando di rubare.

- Il Void? – chiese secco Roy.

- C-come fai a sapere del Void? – chiese l’uomo sorpreso.

- Ho letto alcuni appunti sulla bacheca e ti ho osservato mentre lavoravi. Che cos’è questo Void, papà?

Aiden rimase in silenzio, cercando di evitare per qualche istante lo sguardo del ragazzo. A un tratto alzò lo sguardo, fissando il figlio dritto negli occhi, cercando di ignorare la sua innaturale pupilla triangolare. Roy lo guardò in silenzio, cercando di mascherare l’evidente curiosità che lo assillava.

- È un materiale esogeno, non riconducibile a nessun tipo di materiale presente sulla Terra. Molto probabilmente è precipitato assieme a un meteorite della pioggia del 2046, ho trovato assieme a esso dei campioni minerali identici ai campioni osservati in quell’anno.

- Un… materiale esogeno? Di cosa è fatto?

- Non ne ho idea…

- C-come, non lo hai analizzato?!

- Ci ho provato… ma…

- Ma?!

- Ma questa sostanza non ha massa, pur essendo chiaramente solida e tangibile.

- È impossibile…! – disse Roy sconvolto.

- È esattamente quello che ho pensato quando ho fatto le analisi… pensavo fosse un errore delle mie bilance, ma nemmeno la bilancia quantica del laboratorio principale riesce a rilevare la sua massa.

- S-sai altro su questa c-cosa?

- Sì, ed è altrettanto sorprendente… quanto impossibile…

Roy sentì improvvisamente un nodo in gola.

- Questo Void sembra produrre un’energia perpetua. – continuò Aiden, senza distogliere lo sguardo dal figlio.

- Energia p-perpetua?!

- Esatto, questa sostanza continua a scambiare energia sottoforma di lavoro, radiazioni luminose e calore tutte allo stesso tempo… è qualcosa di totalmente estraneo alle leggi fisiche della realtà… è qualcosa che nemmeno io riesco a comprendere…

Roy ebbe un improvviso attacco di panico, sentendo la descrizione di quella sostanza che ora sapeva essere dentro il suo corpo.

- E q-quella cosa è-è dentro d-di me?! – disse balbettando, toccandosi poi il petto ansiosamente.

- Sì, ed è proprio quella cosa che ti ha tenuto in vita…

- I-in che senso…?! – il ragazzo divenne sempre più spaventato.

- I proiettili ti avevano lacerato una buona parte dell’intestino, una ferita mortale dalla quale ti sei magicamente ripreso, senza cicatrici ne segni di alcun tipo. Saresti dovuto morire… ma in qualche modo i tuoi tessuti interni si sono rigenerati completamente.

- S-sarei d-dovuto morire… - le parole del biondo erano spente e colme di paura. Ansimava, avvertiva il panico pervadere il suo corpo sempre più forte: prima un calore nel petto, poi una paralisi totale delle braccia e infine la vista annebbiata.

- Beruhig dich, Roy! Calmati, Roy!  – Aiden ruppe la barriera di panico che stava imprigionando il ragazzo in sé stesso. Era da tanto che l’uomo non si rivolgeva al figlio parlando in tedesco, aveva cercato in tutti i modi di abituare Roy all’inglese, già dal primo giorno che si erano trasferiti in America. Quando Aiden parlava in tedesco significava che era arrabbiato, ma raramente si era dovuto mai arrabbiare con Roy.

Roy si riprese istantaneamente, sentendosi scivolare la paura fuori dal corpo, per poi cogliere lo sguardo gelido del padre.

- Non ti succederà nulla, Roy. Non posso permetterlo. – disse l’uomo, stringendo il ragazzo a sé.

- R-riuscirai a guarirmi…?

- Farò tutto il possibile, te lo prometto! – Aiden fece un grande respiro, stringendo poi nuovamente il figlio.

- Mi dispiace Roy… non sono stato presente in questi anni… la ricerca mi aveva completamente alienato… - le parole dell’uomo uscivano tremule, le sue mani premevano sul braccio del ragazzo mentre fissava con attenzione la sua iride ambrata e quell’innaturale pupilla triangolare.

- V-vorrei non fosse troppo tardi per potermi comportare da vero padre… - aggiunse, sforzandosi di sorridere.

Roy non rispose e improvvisamente abbracciò l’uomo, che sussultò leggermente per la sorpresa. Quel gesto valse più di diecimila parole. Valse molto per Aiden, sovrastando la paura di aver perso l’amore di suo figlio, e valse molto anche per Roy, che temeva non sarebbe mai stato capace di attirare l’attenzione del padre.
 
- Papà… la ricerca sul Void… la stavi conducendo in segreto vero? – Roy interruppe quel momento di serenità, colto da un’improvvisa insicurezza.

- Sì, in teoria nessuno oltre a me avrebbe dovuto sapere nulla in merito a questa scoperta… ma a quanto pare non è così…

- S-siamo in pericolo?

- Probabilmente sì, ma per adesso siamo in una situazione di stallo. Non so cosa ti sia successo esattamente, ma in teoria per chi stava rubando le mie ricerche, tu sei morto.

- Cosa facciamo adesso? Ne dobbiamo parlare con la mamma?

- No, è meglio se manteniamo la cosa segreta. Farò in modo di essere sorvegliato a distanza, finché non scoprono che il Void è nel tuo corpo, cercheranno me.

- E io cosa dovrei fare allora?

- Comportati in modo normale, mantieni un profilo basso, se percepisci anche solo un minimo pericolo fai in modo di contattarmi, manderò qualcuno a coprirti le spalle.

- Q-qualcuno a coprirmi le spalle?

- Lavoro per una compagnia molto importante, in teoria non permetterebbero mai che mi accadesse qualcosa, né permetterebbero che accadesse qualcosa a te.

- I-in teoria?

- Sono la loro fonte di guadagno maggiore sarebbe un suicidio perdermi, anche se probabilmente è proprio qualcuno del laboratorio che ci ha messo in questo casino…

- Perché dovrebbero volerti morto… - Roy si interruppe un attimo, per poi continuare – Papà, sento l’occhio sinistro pulsare… cos’ho?

Aiden allungò la mano verso il comodino del ragazzo, prendendo il piccolo specchio che giaceva a fianco della foto di famiglia, incorniciata con cura. Porse l’oggetto al figlio, osservando in silenzio la sua reazione.

- C-che c-cosa mi è-è successo all’occhio?!

- Non lo so, Roy. Sicuramente è collegato al Void, ma non ho avuto modo di poterlo analizzare adeguatamente.

Il biondo si toccò l’occhio con la mano tremante, sentiva la palpebra gonfia e un dolore intenso che lo martellava dall’interno.

- Ti fa male? – Chiese il padre, osservando i movimenti del ragazzo.

- Sì… sento come se stesse per esplodere…

- Tienilo chiuso, vado a prenderti un antidolorifico, torno subito.

L’uomo si diresse rapidamente in cucina, aprendo poi uno dei tanti sportelli bianchi con le maniglie cromate dallo stile moderno e ricercato, ne estrasse una scatola azzurra con delle bustine argentate al suo interno. Riversò il contenuto di una delle bustine nel bicchiere che aveva appena riempito d’acqua, tornando poi nella camera del ragazzo. Lì lo vide in piedi davanti allo specchio, a osservarsi il corpo costellato da quelle surreali linee nere. Roy però era rimasto sorpreso per un altro motivo.

- Papà…

- Che succede Roy? Riesci già a stare in piedi?!

- Sì… ma… guarda… - disse il ragazzo girandosi verso il padre, che rimase in silenzio, osservando incredulo il corpo del ragazzo.

- Roy… da quando hai il corpo così scolpito?

- N-non… n-non ho mai avuto il fisico così… - ripose il biondo altrettanto confuso, mentre curioso passava il dito sui suoi addominali sbucati dal nulla, come per magia.

- Il Void deve averti modificato i tessuti, questa è la spiegazione più logica che io possa trovare in questo momento…

- Come ti senti? – chiese poi, cambiando totalmente il discorso.

- A parte il dolore all’occhio mi sento bene, è come… è come se fossi rinato… mi sento energico, non so come spiegare…

- Cerca di non sforzarti, non siamo in grado di capire in che stato ti trovi.

- Va bene…

- Per adesso riposa, dopo vorrei fare un paio di analisi. Parlerò io con la mamma, ci inventeremo qualcosa.

- Un’influenza?

- Sì, un’influenza. – rispose l’uomo, forzando un sorriso.

Aiden uscì dalla camera, mentre il Roy si sdraiò sul letto ancora in preda alla confusione.
“Cosa diamine è successo…?” pensò, prendendo in mano la foto che lo raffigurava assieme al fratello.

- Chissà cosa diresti guardandomi… se solo potessi parlartene… - disse, prima di perdere completamente le energie, all’improvviso. La debole presa delle sue mani fece scivolare la foto sul suo petto, la testa gli sprofondò nel cuscino e sena rendersene conto cadde addormentato.
 
Aiden tornò nella stanza diverse volte, trovando con sorpresa e sollievo il ragazzo addormentato. Ne approfittò per eseguire le sue analisi, cercando di trattare il figlio il più delicatamente possibile.
Si spostò poi nell’enorme salotto, gettandosi sul divano e facendo comparire i grafici delle analisi e le immagini dei campioni di sangue osservati al microscopio sull’esagerato schermo al centro della parete.
Rimase a osservare il suo lavoro per ore, consumando centinaia di fogli fra appunti, bozze e scarabocchi. Voleva arrivare a una conclusione. Doveva arrivare a una conclusione, o almeno voleva accertarsi che suo figlio non fosse in pericolo di vita.

- Rigenerazione dei tessuti… crescita improvvisa dei muscoli… mutazione dell’iride e della sclera… il Void ha reagito come un vero e proprio mutageno, è riuscito a modificare il suo DNA… eppure non sono ancora riuscito a capire da cosa cazzo sia composto. – borbottò, volgendo il suo sguardo verso il nulla.

- L’unico effetto negativo che ha manifestato è stato quel dolore all’occhio… per il resto sembra essere tornato normale… - continuò, lisciandosi il fine strato di barba che gli copriva le guance.

- Devo monitorarlo, ma deve essere in condizioni naturali… forse è il caso che lo mandi a scuola fra un paio di giorni… che scelta ho? – concluse, guardando il cupo crepuscolo che aveva ormai inghiottito quella fredda giornata invernale.

“Si è fatto tardi eh…?” pensò, alzandosi per cercare qualche avanzo nel frigo da consumare, prima di tornare ad analizzare quell’infinità di dati raccolti durante la giornata.
L’uomo rimase alzato fino a notte inoltrata, finché non crollò sul divano dalla stanchezza, avvolto dalla marea di fogli che aveva macchiato di un inchiostro nervoso.
Per i tre giorni successivi Aiden si limitò a osservare il corpo del figlio, annotando ogni singolarità, ogni minima e impercettibile variazione delle condizioni vitali, speculando poi possibili situazioni che tuttavia rimanevano semplici ipotesi.
L’uomo decise infine di mandare il ragazzo a scuola, date le sue condizioni perfettamente nella norma e dalla necessità di osservarlo in un ambiente più movimentato.
 
Quella mattina Roy era teso, sentiva il corpo traboccare di energie ma l’ansia scatenata dagli eventi accaduti non aveva ancora accennato ad andarsene. L’occhio gli doleva ancora, un fastidio lieve ma costante, che lo turbava dall’interno.

- Mettiti questa benda medica. Non devi mostrare l’iride a nessuno, intesi? – si impose Aiden con tono serio.

- Certo.

- Comportati normalmente, avrai alcuni uomini del dipartimento che ti osserveranno da lontano. Se noti qualcosa di sospetto inviami subito un messaggio.

- Sanno quello che è successo?!

- Non tutto. Ho detto loro che qualcuno si è infiltrato nel laboratorio e che sia noi, che le mie ricerche sui nuovi nano-tessuti siamo a rischio. Cerca di nascondere il più possibile il corpo.

- Non preoccuparti, ora vado.

- Fai attenzione, tschüs.
 
Roy uscì di casa, lasciando nuovamente le sue orme sul sottile manto di neve che copriva le strade. Quel giorno era stranamente sereno, solo qualche nuvola solitaria osava tingere di bianco la fredda volta celeste. Un uccello si dilettava nel raccogliere un insetto ormai congelato dal suolo, fischiando una sorta di melodia accompagnata dal suono delle gocce che dai rami degli spogli alberi, si frantumavano in un piccolo specchio d’acqua, a lato del marciapiede.
Camminava veloce, come di consueto, immerso sempre nel mondo che la musica gli proiettava nelle orecchie. Camminava seguito a distanza da due ragazzi, sulla trentina, mimetizzati in borghese per non dare nell’occhio
Una terza presenza osservava il biondo, seduta al volante di una delle tante normalissime macchine parcheggiate ordinatamente in fila retta lungo la strada.

- Non è possibile… quel ragazzino dovrebbe essere morto… - mormorò incredula la figura femminile, mentre osservava minuziosa le movenze del ragazzo in fondo alla strada.

- Viper a rapporto. Signore, ho qualcosa che potrebbe interessarle… - pronunciò, facendo comparire un lieve sorriso sul suo volto.
 
Roy arrivò al Liceo Triumph, mantenendo il suo solito carattere freddo e distaccato nonostante la sfera di curiosità che la benda generava in chi gli volgeva lo sguardo.
Prese posto al suo solito banco, in seconda fila, vicino alla finestra dalla quale, in primavera, era possibile osservare un bellissimo acero giapponese esplodere nei suoi meravigliosi colori.
Un gruppo di ragazzi prese posto accanto a lui. Uno di loro richiamò l’attenzione del biondo.

- Ehi… Roy… vedo che ti sei ripreso dall’influenza… se vuoi dopo ti posso passare gli appunti… – disse gentilmente il ragazzo.

Era Blaze Felter, il rappresentante di classe. Un ragazzo castano, di media statura, con le iridi color nocciola. Blaze era uno di quei compagni che avevano provato a rompere la barriera gelida che separava Roy dal mondo. In molti avevano rinunciato, eppure Blaze non aveva mai perso la speranza. Lui ammirava Roy, ammirava la sua diligenza nello studio e la sua calma nel modo di vivere.
Colto alla sprovvista, il biondo tentennò prima di rispondere.

- Sì… per ora sto meglio… grazie per l’interessamento…- rispose con un briciolo di soggezione.
 
Al banco si avvicinarono altri tre ragazzi, il più alto dei tre posò un piede sulla sedia di Roy, attirando il suo sguardo smeraldino.

- Ehi Frankenstein, il papi ha fatto qualche esperimento su di te? Il bambino viziato voleva diventare un pirata e lo ha accontentato? – si intromise lui, caricando il tono in modo provocatorio.
Roy alzò lo sguardo, posando l’occhio sui bizzarri capelli dell’interlocutore: un taglio alla moicana, tinto di un falso biondo platino.

Chi lo stava provocando era Clint Mills, una delle tre teste calde della classe. Clint non aveva mai sopportato Roy: odiava vederlo eccellere in tutto, sentendosi superato in qualsiasi disciplina, provava invidia nei suoi confronti, detestava il fatto che fosse figlio di una persona famosa e lo associava al classico ragazzino ricco e viziato, a cui non veniva fatto mancare nulla.
Clint d’altronde era cresciuto solamente con la madre, dopo che il padre era fuggito prosciugando il conto della famiglia, svanendo nel nulla e lasciando la moglie e il figlio nella povertà. L’invidia nei confronti del biondo era pura e naturale.
Le iridi azzurre di Clint si scontrarono con quella di Roy.

- Visto che quello stronzo di tuo padre è così ricco, perché non te ne vai in un liceo per i bimbi viziati come te, eh?
 
All’udire di quelle parole, Roy sentì un impulso pervadergli il corpo, una rabbia incontenibile invase la sua mente e con lo stupore di tutti, senza nemmeno rendersene conto, alzò Clint per la maglia e lo sbatté contro il muro con violenza, trattenendolo per il collo.

- Perché non lo ripeti?! – urlò furioso, senza accorgersi che il dolore all’occhio stava divenendo sempre più intenso. Il tono della sua voce non era mai stato colmo di così tanta cattiveria, così come la sua reazione fu totalmente inaspettata.

- ROY, CALMATI! – la voce di Blaze riportò al biondo la lucidità, che subito mollò la presa e lasciò cadere a terra la stessa persona che poco prima aveva arrogantemente insultato suo padre.
Roy si premeva l’occhio, appoggiandosi col fianco al muro. Di colpo sentì il corpo pulsare e il dolore che prima martoriava solamente l’occhio sinistro aveva ora preso il controllo totale.

- Roy, ti senti bene? – chiese preoccupato il castano, vedendo il compagno accasciarsi al muro.

- Devo andare in bagno… dì alla professoressa che non mi sento bene…

- V-vuoi che ti accompagni?

- No. Lasciami stare. – rispose freddo Roy, uscendo barcollante dalla classe.
 
Una volta arrivato in bagno, il biondo si accasciò a un sanitario, non riuscendo a trattenere due getti di vomito. Il dolore diveniva sempre più intenso, di secondo in secondo, la stessa energia che lo aveva pervaso positivamente la stessa mattina, ora stava per farlo esplodere.
Di colpo l’energia divenne incontenibile. Roy cacciò un atroce urlo, provocando una violentissima onda d’urto che fece tremare l’intero edificio, frantumandone i vetri e gettandone gli occupanti nel caos.
La benda era scivolata a terra e una volta finito quell’incubo, non sentendo più alcun dolore, poté osservare l’iride del suo occhio sinistro riflessa in un frammento di vetro: una sfera che brillava incandescente.  Lungo le sue braccia erano ricomparse quelle linee, ora però di un colore arancione intenso.
   
 
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