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Autore: Huffelglee2599    09/03/2022    0 recensioni
Buongiorno a tutti! Eccomi qui con una nuova storia, un racconto che dà il via ad un progetto molto ardito. In realtà era stata la mia prima idea quando ho iniziato a scrivere, ma per fortuna non sono mai passata all'azione, dato che la mia esperienza a livello di scrittura era zero e probabilmente avrei fatto un disastro.
Comunque..il mio intento sarebbe quello di creare sette storielle ambientante nel mondo di Harry Potter, ma con i personaggi di Glee, in particolare la Dannata Trinità, che sarà il fulcro di tutte le storie, e soprattutto Santana, autentica protagonista dei racconti, ma ovviamente, a tempo debito, la necessaria presenza del Brittana.
Ora, veniamo al dunque.
La storia è ambientata 25 anni dopo la caduta del Signore Oscuro e vede come protagoniste Santana, Quinn e Brittany, intente ad affrontare il loro primo anno ad Hogwarts. Tuttavia, il periodo di permanenza all'interno della scuola, già abbastanza arduo da affrontare, soprattutto per Brittany, si rivela ancora più problematico, nel momento in cui qualcosa comincia a muoversi dentro ad una parete..
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Primo giorno (Parte 1)


Il cielo era terso quella mattina e le aule della scuola risplendevano dei caldi raggi del sole, in particolare la classe di incantesimi della Professoressa Emma Pillsbury, la cui elevata ubicazione, offriva alla luce solare la possibilità di penetrare con maggior intensità fra le grandi vetrate che circondavano l’ampia stanza.
Il naturale silenzio, a cui quel luogo era soggetto, venne a mancare, dal momento in cui il rumore di passi e il suono elettrizzato di piccole voci avevano iniziato a prendere forma sulla insidiosa rampa di scale che anticipava la porta di ingresso.
I giovani studenti avanzavano rapidi, senza prestare troppa attenzione al numero di gradini che li separavano dalla soglia di entrata, da un lato, intimoriti dalle conseguenze che avrebbe potuto provocare anche un singolo minuto di ritardo, dall’altro, eccessivamente esaltati per essere in grado di contenere l’euforia generata dalla prima lezione.
La figura di Quinn fu la seconda a superare il varco di accesso, preceduta da una delle sue compagne di stanza, Tina, con la quale si era scambiata diverse opinioni in riferimento al sortilegio che aveva dato origine al particolare soffitto della sera precedente.
Per un momento, lo sguardo di entrambe rimase incollato ad osservare il retro della cattedra, dove spiccava il ritratto di Priscilla Corvonero, realizzato mediante le innumerevoli pagine dei suoi scritti, disposte con minuziosa diligenza in maniera tale da risaltare i caratteri austeri e ligi del suo volto, prima di essere riportate alla realtà dal vociare sempre più frenetico dei loro compagni.
Restituirono la loro attenzione al centro della stanza, catturate dal movimento di un braccio che tentava di attirare il loro interesse: Mike, un ragazzino dai tratti orientali, equiparabili a quelli di Tina, sua amica di infanzia, sostava in piedi, dietro ad un banco, in attesa che la sua compagna di avventure prendesse posto di fianco a lui.
Quinn sorrise, ricambiando il saluto del giovane Corvonero, mentre, insieme a Tina, si avvicinava alla sua postazione.
-“Hey Mike!”- la bambina dai caratteri asiatici ridusse in breve tempo qualsiasi distanza, avvolgendo le sue braccia intorno al corpo mingherlino del ragazzo, così lieto di ricevere quel tipo di attenzioni da non accorgersi del lieve rossore che aveva cominciato ad attecchire sulle sue guance.
Intanto, Quinn, aveva preso posto dietro alla loro scrivania, riponendo sul banco il libro inerente alla lezione che si sarebbe tenuta fra un paio di minuti: il suo sguardo ricadde sulla porta di ingresso, alla ricerca di una chioma bionda che, tuttavia, non aveva ancora varcato la soglia.
Un leggero sospiro abbandonò la bocca di Quinn, mentre il ricordo delle indicazioni che aveva fornito a Brittany quella mattina a colazione, con lo scopo di aiutarla a raggiungere il luogo della sua prima lezione, le ritornava alla mente, inducendola ad interrogarsi sulla correttezza delle sue parole.
Ciò nonostante, la sua memoria non portava con sé alcun errore, spingendo la ragazza a credere che la sua nuova amica si fosse persa.
Scosse il capo, ancora incredula del fatto che Brittany si fosse presentata nella Sala Grande con indosso il pigiama della Carica dei 101. Era per quel motivo che si erano dovute separare, dato che la giovane Tassorosso non poteva presentarsi a lezione con le vesti da notte.
Una lieve risatina si fece largo tra le corde vocali di Quinn, facendole vibrare di divertimento: quella ragazza era davvero particolare, ma in lei, la giovane Corvonero, aveva trovato una buona ascoltatrice, caratteristica rara da riscontrare in una persona, e un passato comune, data la presenza del mondo babbano nella loro infanzia.
Il suo sguardo rimase ad osservare il varco di accesso per qualche altro secondo, prima di allontanarsi e ritornare a concentrare la sua attenzione sui compagni d'innanzi a lei, giusto in tempo per evitare alla sua vista di incrociare la fisionomia di una figura conosciuta.
 
Un lieve strusciare di passi si fece strada tra le pareti dell’androne, mentre il mormorio di sommesse imprecazioni rimaneva confinato tra i suoi denti stretti.
Per l’ennesima volta, la sua lingua tagliente maledisse la mente di quel genio che aveva ritenuto una buona idea posizionare la classe di quella lezione in uno dei punti più elevati del castello, come se non fosse un problema dover percorrere un centinaio di gradini ogni volta.
I piedi di Santana si arrestarono sulla soglia, nel tentativo di concedere al proprio corpo un momento di riposo: dischiuse la bocca, respirando profondamente, intanto che la sua mano sinistra allentava il nodo della sua toga ed i suoi occhi stanchi si spostavano da un lato all’altro della stanza, alla ricerca di un posto dove poter recuperare le forze.   
Si accorse che erano stati lasciati liberi solamente due banchi: uno si trovava nella corsia centrale, esattamente d’innanzi a lei, a due scrivanie di distanza dalla cattedra della professoressa, mentre il secondo sostava in ultima fila, proprio alla sua sinistra.  
Nonostante i muscoli doloranti delle sue gambe le suggerivano che la scelta migliore sarebbe stata sicuramente quella più vicina al suo corpo, Santana, non poteva evitare alla sua mente di interrogarsi sulla persona che avrebbe avuto al suo fianco.
Una smorfia di repulsione prese forma sul suo volto, mentre il suo sguardo si soffermava su una chioma di capelli biondi ed una mantella nera, il cui interno blu non lasciava domande su chi potesse essere il soggetto privo di un compagno. Il brivido di orrore che si fece strada lungo la sua spina dorsale, al pensiero di ritrovarsi, ancora una volta, a pochi centimetri di distanza da una sporca mezzosangue, indusse i suoi occhi a cercare riparo da quella sensazione, spostandosi in direzione della corsia alla sua sinistra.
Le sue sopracciglia si incurvarono, disorientate e perplesse d’innanzi alla stramba capigliatura che faceva da padrona al capo del ragazzino seduto accanto al muro, portando la sua mente a soppesare, per un istante, la possibilità di sottomettersi alla tortura di condividere il proprio spazio con qualcuno che non aveva nemmeno il diritto di trovarsi in quel luogo. Tuttavia, il colore verde scuro della sua divisa non concesse a Santana ulteriore tempo di indecisione.
Così, diresse i suoi passi verso quel banco e senza alcun preambolo vi prese posto, appoggiando il capo sul palmo della sua mano sinistra, in apparente attesa dell’inizio della lezione.
Trascorsero solo una manciata di secondi, prima che il corpo di Santana iniziasse a percepire lo sguardo insistente del suo vicino.
-“Che c’è?”- domandò stizzita, mentre si distaccava dalla sua comoda posizione per rivolgere il suo sguardo al ragazzo seduto accanto a lei, il quale, malgrado la rapidità del suo gesto, non ebbe nemmeno un sussulto, rimanendo immobile a scrutare il viso della ragazza con i suoi occhi marroni.
-“Tu..sei Santana Lopez..giusto?”- il sopracciglio sinistro della mora si inarcò, mentre le sue iridi si spostavano dall’alto verso il basso, in una meticolosa scansione, il cui scopo ultimo, era quello di fornire alla giovane Serpeverde le informazioni necessarie per decretare se il soggetto preso in esame sarebbe stato una perdita di tempo o meno.
Come primo parametro di scelta, suo padre, le aveva indicato la divisa: era fondamentale conoscere le finanze della persona a cui si voleva concedere una conversazione, essere al corrente del ceto sociale di cui faceva parte. Pertanto, l’attenzione di Santana non poté che posarsi sulla divisa del ragazzo, esaminando la qualità della stoffa e i pregi delle rifiniture, in particolare i contorni dello stemma della casata.
Una volta accertata la rinomata origine del tessuto la ragazza diede adito al secondo metro di giudizio a cui suo padre si rifaceva: la purezza del sangue.
Era importante circondarsi di persone con le quali condividere caratteristiche comuni e medesimi principi, in maniera tale da generare comunità solide e fedeli, dove solo un certo tipo di valori trovavano il giusto consolidamento.
Il solo fatto che quel ragazzo fosse a conoscenza del suo nome dava a Santana la possibilità di escludere la sua vicinanza con i babbani, posizionandolo tra un insulso mezzosangue e un individuo di degno rispetto.
Santana era abbastanza combattuta a riguardo, ciò nonostante, decise di tollerare la richiesta del ragazzo: dopotutto apparteneva alla sua casata.  
-“Si..tu saresti?”- il suo sguardo indagatore non si fece da parte, accompagnando il tono di sufficienza e superiorità con cui pose il suo quesito.
-“Noah Puckerman..Puck per gli amici”- sorrise il giovane, offrendo a Santana la sua mano destra. La ragazza rimase ad osservare la sua proposta di stretta per diversi secondi, prima che il ragazzino ritirasse il suo invito, intuendo la diffidenza della sua interlocutrice.
Si schiarì la gola, passando distrattamente le dita tra la folta cresta del suo capo, mentre si rendeva conto che le smancerie non erano la soluzione migliore.
-“Sai..”- proseguì, restituendo il suo sguardo agli occhi scuri di Santana -“..io l’ha penso esattamente come te..come la tua famiglia..”-
Le sopracciglia della ragazzina si sollevarono con piacevole sorpresa, mentre la coraggiosa dichiarazione di Noah dava adito ai battiti del suo cuore, impreparati a ricevere una tale onorificenza: nel mondo magico il cognome della sua dinastia era temuto o disprezzato, di rado le persone coglievano l’occasione per testimoniare la loro vicinanza, nonostante ci fossero ancora diverse famiglie, la cui fedeltà, continuava ad essere rivolta al Signore Oscuro.
-“Anzi..noi..”- il giovane Serpeverde rivolse la sua attenzione al banco davanti al loro, dove due ragazzi, rivestiti della medesima toga, sorridevano beffardi in direzione di Santana.
Un ghigno sadico prese forma sul suo viso, consapevole delle conseguenze che avrebbe portato il loro incontro.
 


Le pareti del castello risuonavano del rapido ticchettio delle sue scarpe, mentre nel suo udito riecheggiava il fragoroso affanno del suo respiro.
Brittany correva a perdifiato lungo i distesi corridoi della scuola, alla disperata ricerca di una scala, la cui particolare forma a chiocciola, le avrebbe fornito la riprova che i suoi passi si stavano dirigendo nella giusta direzione.
Il suo sguardo vagava da una parte all’altra, nel tentativo di riscontrare sul suo cammino tracce delle indicazioni offerte da uinnQ Quinn quella mattina, quando, le aveva fatto notare il suo inconsueto abbigliamento, invitandola così a ritornare nel suo dormitorio, in maniera tale da cambiarsi, per poi raggiungerla nella classe della Professoressa Pillsbury.
Le guance della ragazzina si tinsero di porpora, al ricordo delle occhiate canzonatorie e delle risatine di scherno che avevano accompagnato la sua uscita dalla Sala Grande.  
Chiuse gli occhi, scuotendo leggermente il capo, intenta a liberare la sua mente da una serie di pensieri, la cui forza emotiva, non avrebbe fatto altro che distrarre la sua precaria concentrazione, inducendo i suoi passi a smarrire per la terza volta la corretta via.
Per fortuna, le parole della giovane Corvonero rimanevano chiare nella testa di Brittany, dando alla ragazzina la possibilità di raggiungere le fatidiche gradinate che la avrebbero condotta nei pressi della sua aula.
Trascorsero ancora un paio di minuti, nei quali, le gambe di Brittany non si erano lasciate sopraffare dal dolore dei suoi muscoli neanche per un istante, prima che il religioso silenzio della stanza venisse spezzato dal cigolio della porta.
Una serie di sguardi si puntarono su di lei, incuriositi dalla causa del rumore che era sopraggiunto alle loro spalle. I piedi di Brittany si fissarono al pavimento, intimoriti da quella eccessiva attenzione, la cui insistenza, rendeva inabile il suo corpo, mentre le sue iridi si muovevano frenetiche, alla ricerca di un volto amico.
-“Sei in ritardo”-
Il cuore della ragazza ebbe un sussulto, colto alla sprovvista dalla vicinanza di una voce, la cui provenienza, era rimasta celata fino a quel momento.
La sua attenzione venne catturata dalla figura che sostava alla sua destra, con le braccia incrociate e una espressione impassibile sul volto.
La lieve patina di sudore che ricopriva il corpo della giovane Tassorosso assunse le sembianze di un gelido brivido, portando i suoi muscoli ad irrigidirsi e la sua gola a chiedere un minimo di salivazione.
-“Mi..mi scusi professoressa..mi sono persa”- il mormorio sommesso della sua voce venne accompagnato da un leggero balbettio, risultato del lento avanzamento della donna di fianco a lei, la quale, non accennava a ridurre la compostezza del suo viso, dando alle pulsazioni cardiache di Brittany un altro motivo per accelerare la loro corsa.
Trattenne il fiato, nel momento in cui il perentorio procedere della Pillsbury venne meno, dando alla ragazzina il tempo di una attesa, a cui potevano seguire solo parole di condanna.
-“Non preoccuparti..succede la prima volta..”- le palpebre della studentessa si mossero con rapidità, mentre la sua bocca si schiudeva, totalmente impreparata ad accogliere il tono rassicurante e la dolcezza di uno sguardo che, fino a qualche tempo prima, pareva sul punto di incenerirla -“..ora va pure ad accomodarti”- in un primo istante Brittany rimase immobile, ancora interdetta nei riguardi del repentino cambiamento della sua espressione, in seguito, si fece condurre dalla direzione della sua mano che le indicava il solo posto libero, lasciandosi alle spalle, con un breve accenno del capo, il suo gentile sorriso. 
Mentre si avvicinava alla corsia centrale, diretta al terzo banco, dove ad attendere il suo lieve stato di turbamento vi erano un paio di inquieti, ma al tempo stesso, sollevati occhi verdi, un flebile risolino si fece largo tra le corde vocali del ragazzo seduto davanti a Santana.
Il giovane Serpeverde attese che la Professoressa Pillsbury oltrepassasse la sua cattedra, prima di voltarsi in direzione di Santana, il cui sguardo, non era ancora tornato a concentrarsi sul libro di testo, dato che, come tutti gli altri, aveva concesso la sua attenzione al rumore dietro di sé.
-“Ma l’hai vista oggi quella?”- le domandò il ragazzo, il cui nome, se ben ricordava doveva essere Sebastian Smythe.
La fronte di Santana si contrasse, confusa sulla circostanza a cui il giovane dai capelli castani si stesse riferendo, mentre le sue iridi si spostavano sugli altri due, attirate dalla lieve risatina che la richiesta di Smythe aveva scatenato in loro.
-“Si è presentata a colazione in pigiama”- concluse il bambino paffuto al fianco di Sebastian, dando origine ad una serie di sommesse risate, alle quali, solamente il vigoroso schiarimento di voce della Pillsbury, ebbe la forza di porre un freno.
-“Benedetto Salazar i Tassorosso sono proprio degli idioti”- sussurrò Noah all’orecchio di Santana che, ancora presa dal precedente momento di ilarità, si limitò ad annuire, tamponando con i polpastrelli della mano sinistra le piccole gocce salate che si erano formate agli angoli dei suoi occhi.
Ricordava le parole che suo padre aveva speso per descrivere la superflua presenza di quella casata all’interno della scuola: un branco di inetti, utili quanto un babbano durante una battaglia, dei sempliciotti a cui nessuno avrebbe mai affidato nemmeno uno zellino. E Santana sosteneva pienamente il suo discorso.
-“Hey ragazzi..”- il mormorio di Sebastian fece ricondurre la loro attenzione sul volto del ragazzino, il quale, sorrideva malevolo, tenendo tra i palmi delle mani un origami bianco a forma di uccello -“..guardate..”- il suo soffio travolse il pezzo di carta, facendo fremere il foglio, a cui bastarono solo pochi attimi prima di animarsi, dispiegando le ali e prendendo il volo, proprio in direzione di Brittany.
Santana osservava il piccolo volatile raggiungere senza difficoltà la sua prefissata destinazione, fino a posarsi sul banco della ragazza, il cui disinteresse nei confronti della lezione non si fece attendere: prese il foglietto, armeggiando con le dita, alla ricerca di parole contenute in esso.
Ancora una volta il silenzio della stanza venne bruscamente interrotto, tuttavia, la portata del suono che rappresentava il nuovo disturbo fu decisamente maggiore: la concentrazione degli studenti venne incanalata al centro della classe, dove aveva appena avuto origine un urlo improvviso.
Brittany teneva gli occhi serrati e le mani sollevate, a pochi centimetri di distanza dal suo volto, completamente ricoperto di inchiostro.
Il fragore di risate interruppe il breve momento di quiete che aveva posticipato la presa di coscienza di ciò che aveva causato quel forte grido, inducendo il respiro della giovane Tassorosso ad accelerare e i muscoli del suo corpo a tremare incontrollati.
La Professoressa Pillsbury raggiunse la ragazza, intimando alla sua compagna di banco di condurla presso i bagni del terzo piano, alla sinistra della rampa di scale che avevano dovuto affrontare per giungere alla sua lezione.
Quinn si mise al fianco di Brittany, avvolgendo il braccio sinistro intorno alla sua vita, in modo tale da sostenere i suoi incerti e traballanti passi.
Lo strepitio delle risa si era oramai affievolito, rimpiazzato da un sommesso sogghigno, il cui principio, non poteva che riscontrarsi nelle ultime due cattedre, proprio vicino al muro.
E fu esattamente in quel punto che lo sguardo severo di Quinn decise di soffermarsi prima di uscire.
 


Il rumore di acqua che scrosciava colmava il silenzio circostante, lasciando ai gesti il compito di mettere in evidenza lo stato di irritazione in cui sostava il corpo di Quinn e il senso di disagio che opprimeva l’anima di Brittany.
Le dita della giovane Corvonero tracciavano i contorni del volto di Brittany, indugiando sulle zone più scure, dove il chiarore della sua pelle faticava ad emergere. Il sottile strato di stoffa, con il quale era iniziata la meticolosa procedura di pulizia, si distaccava totalmente dal suo colore originario, oramai impregnato di nero inchiostro.
Nonostante, la concentrazione non abbandonasse lo sguardo di Quinn i suoi pensieri distraevano la mente della ragazza dal suo compito, inducendo i suoi polpastrelli ad accrescere la propria pressione e la velocità dello sfregamento.  
Il suo cervello non riusciva ad accantonare il ricordo delle loro espressioni compiaciute, né il suono dei sogghigni a cui i suoi passi avevano fatto da sottofondo, talmente oppresso dalla forza di quelle immagini e dallo stridore di quel malvagio ghigno da non essere in grado di contenere la sua ira: una smorfia di sofferenza prese forma sul viso di Brittany, portando le dita di Quinn ad allontanarsi dalla sua guancia destra.
-“Scusa”- il mormorio sommesso della sua voce lasciava trasparire il suo senso di colpa, derivato da un incontrollabile soccombere al sentimento della collera.
-“Tranquilla..non è niente”- sorrise Brittany, mantenendo le palpebre abbassate.
Un lieve sospiro si fece strada tra le labbra di Quinn, mentre il suo sguardo si soffermava sulla linea dei suoi occhi, completamente incrostata dal liquido nero, prima che la sua mano destra immergesse il bianco fazzoletto nella calura dell’acqua e riprendesse il suo procedimento di rimozione.
Nel frattempo, Brittany restava immobile, in piedi di fianco al lavandino, con le dita intrecciate nervosamente tra loro ed il labbro inferiore stretto tra i suoi denti. Un malessere attanagliava il suo cuore, una sensazione di sconforto a cui la sua anima non era nuova: la mente della ragazza doveva solo fare un passo indietro di qualche mese per rivivere le derisioni, le prese in giro e gli scherzi.
Per il mondo dei babbani lei era quella strana, una persona da evitare ed isolare, una bambina a cui i figli dei vicini avrebbero potuto dare una spinta senza subire alcuna conseguenza.
Il giorno in cui aveva ricevuto la lettera di ammissione il suo sorriso non aveva mai abbandonato il suo volto e il luccichio dei suoi occhi non aveva mai trovato la fine, ormai certa che la sua vita avesse trovato il giusto senso. Tuttavia, gli avvenimenti di qualche minuto prima erano stati in grado di destabilizzare quella sua convinzione.
Inoltre, il suo continuo distacco dalla realtà, il suo essere costantemente con la testa tra le nuvole, costringeva le persone attorno a lei a dover mettere da parte il proprio tempo per risolvere le sue problematiche.
-“Mi dispiace..non volevo farti perdere la lezione”- si ritrovò a sussurrare, consapevole del fatto che Incantesimi fosse una delle materie preferite di Quinn, alle quali non avrebbe mai mancato, nemmeno se fosse stata sotto tortura.
-“Non preoccuparti..la prima decina di capitoli li avevo già letti”-
Una lieve vibrazione prese il possesso delle corde vocali di Brittany, un leggero fremito a cui il corpo della giovane Tassorosso non ebbe la veemenza di porre un freno, trasformandosi in una vera e propria risata, alla quale, si aggiunse anche Quinn, oramai cosciente delle sue manie.

 

Una volta che il candido viso di Brittany era stato interamente privato dal nero dell’inchiostro le due ragazze si recarono verso la porta di uscita del bagno. Il corridoio era gremito di studenti e le scale pullulavano di volti famigliari, segno che le materie della prima ora erano giunte al termine.
Quinn e Brittany si diressero verso le gradinate, con lo scopo di recuperare i loro effetti, rimasti dentro alla classe della Professoressa Pillsbury, tuttavia, le intenzioni della giovane Corvonero subirono una leggera variazione, nel momento in cui, incrociando la stessa strada dei quattro Serpeverde, la spalla di Santana decise di scontrarsi con quella di Quinn, portando il corpo della ragazzina a ruotare con violenza.
Le sue palpebre si socchiusero, mentre un moto di rabbia cresceva inesorabile dentro la sua anima, arricchito dalla consapevolezza che, oltre a quella chioma di capelli neri, si celava un sorrisetto compiaciuto, dando così adito alla parte più irascibile del suo carattere.
Le sue unghie affondarono nella carne dei suoi palmi, in una soffocante stretta che portava con sé il ricordo di quel liquido, pericolosamente attiguo ai suoi occhi: contrasse la mascella, voltandosi in direzione dei responsabili.  
-“Siete impazziti per caso?!”-   
Il tono elevato della sua voce non passò inosservato, inducendo i passi di Santana a rallentare, fino a fermarsi, in un gesto a cui si accodarono anche i suoi nuovi amici.
Nel frattempo, Brittany, colta alla sprovvista dalla reazione di Quinn, aveva interrotto la sua avanzata, dirigendo lo sguardo verso di lei, nel tentativo di capire il motivo per il quale avesse pronunciato quella frase.
Le mani della giovane Tassorosso si ritrovarono a tremare, mentre i muscoli del suo corpo si irrigidivano, oramai consapevoli delle persone alle quali il grido di Quinn fosse rivolto.
Un paio di occhi scuri incrociarono le verdi iridi della giovane Corvonero, scorgendo in esse quella patina di collera, la cui necessità, alimentava lo sbeffeggio del suo sorriso: le sue braccia si incrociarono d’innanzi al suo petto, intanto che procedeva lentamente nella sua direzione.  
Per un istante, la compostezza della ragazza dai biondi capelli venne a mancare, travolta da un senso di superiorità che sembrava accompagnare ogni passo di Santana, rendendo fredda la superfice della sua pelle e azzerando il suo processo di salivazione. Ciò nonostante, malgrado il timore che attecchiva nella sua anima, i piedi di Quinn rimasero fissi al pavimento, così come il suo sguardo, il cui orientamento, non si distolse dalla glaciale oscurità delle sue iridi.
-“Qualcosa da ridire Fabray?”- il tono incalzante e altezzoso di Santana non fece altro che accentuare la asfissiante morsa in cui sostavano le sue dita e la durezza con la quale i suoi denti si sfregavano tra loro: dovette contare fino a dieci, prima di dare alla sua lingua il permesso di articolare una serie di parole che non fossero strettamente legate a delle ingiurie.
-“Potevate farle seriamente del male”- la voce di Quinn non lasciava trasparire alcuna titubanza, nemmeno ritrovandosi a pochi centimetri di distanza dal volto autoritario della giovane Serpeverde, conscia della portata del rischio in cui la sua amica poteva incorrere.
Il suo sguardo ricadde per un breve momento sulla figura di Brittany, la quale, si limitava a rimanere nascosta dietro la sua schiena, impaurita dalla situazione che si era venuta a creare.
Le labbra di Quinn furono accarezzate da un lieve sospiro, ricolmo di un senso di colpa a cui, tuttavia, non era stata in grado di dare il giusto peso, sopraffatta da una sensazione di ira, alla quale, il suo animo, non era riuscito a porre un freno, mentre la sua attenzione ritornava a focalizzarsi sui ragazzi di fronte a lei.
I quattro Serpeverde si scambiarono un’occhiata confusa, meditando nei riguardi di una attribuzione a cui nessuno di loro sembrava intenzionato ad affiancarsi: le spalle di Santana si sollevarono, in un gesto di finta ignoranza al quale si unirono i suoi compagni.
-“Non ho idea di cosa tu stia parlando”-
Santana scosse il capo, in maniera tale da enfatizzare la sua totale mancanza di consapevolezza, sicura che il risultato della sua azione avrebbe portato la sporca mezzosangue a reagire di impulso, accecata dalla furia del suo irritante comportamento.
Il sorrisetto malevolo della ragazza dalla pelle mulatta non fece altro che intensificarsi, dal momento in cui le sue iridi si posarono sulle bianche nocche di Quinn e sul rossore del suo volto, segni di un cedimento imminente.
Il respiro della giovane Corvonero riempiva il piccolo spazio che la separava dalla smorfia di scherno di Santana, creando uno stato di minacciosa attesa, la cui tensione, venne spezzata da uno stridulo schiarimento di voce.
Riportate alla realtà, le due ragazze, abbandonarono il contatto visivo, declinando il loro interesse a favore della figura che aveva messo a tacere il culmine del loro conflitto. Una donna sostava sul fondo del corridoio, con le mani nascoste negli avanbracci della sua tunica nera e una espressione impassibile sul volto. Nonostante i suoi capelli biondi ricadessero morbidi sulle sue spalle, conferendo una nota di dolcezza al suo aspetto, il rigido chiarore del suo sguardo non poteva ingannare la reale perfidia del suo animo.
-“Non dovreste essere a lezione voi?”-
La domanda risuonava lapidaria, non concedendo la possibilità di una effettiva risposta, né il tempo per poterla pensare: Quinn si limitò ad abbassare il capo, la rabbia ormai scemata, sostituita da un rimprovero nei confronti di sé stessa che, troppo impegnata ad ascoltare il proprio risentimento, non aveva badato allo scorrere inesorabile dei secondi, prima di prendere un respiro profondo e intimare Brittany di seguirla in direzione delle gradinate.
Anche i ragazzi ritornarono sui loro passi, allontanandosi dal centro del corridoio.
Solo Santana rimase immobile, consapevole delle intenzioni della Professoressa: la donna le fece un cenno del capo, invitandola a copiare i suoi movimenti.
Le gambe della giovane Serpeverde avanzavano rapide, nel tentativo di non perdere la visuale della sua schiena, mentre attraversavano la struttura labirintica del castello, fino a giungere in un’area remota dei sotterranei, dove la temperatura increspava di brividi la pelle di Santana, malgrado la pesante stoffa degli indumenti.
Una volta accertatasi della presenza esclusiva di solo due persone la Professoressa estrasse dalla sua manica un foglietto bianco, meticolosamente ripiegato su più lati, in maniera tale da celare il contenuto fino alla sua apertura, consegnandolo, con una lieve nota di incertezza, a Santana.
La ragazzina prese il pezzo di carta fra le sue mani, facendo scorrere i polpastrelli su quel messaggio, prova evidente che il piano di suo padre non era più solo una fantasia.
-“Sai cosa farne?”- il timore che emergeva dal tono di voce della donna fece irritare Santana: la sua preoccupazione era infondata, così come la sua partecipazione al progetto. Per la ragazza si sarebbe potuto anche fare a meno di un infiltrato, data la sua presenza, tuttavia, suo padre, non voleva ledere l’incolumità di sua figlia, soprattutto se il piano fosse stato scoperto: Santana non conosceva le parole che suo padre riceveva, né quelle che inviava, doveva solo fare da tramite.
-“Ma certo Terri”- rispose sicura, infilando il biglietto nella tasca della sua toga.
Malgrado lo sdegno nel sentire la voce di quella ragazzina viziata chiamarla per nome, la donna decise di limitare la sua reazione, concedendo a Santana un breve accenno del capo, prima di allontanarsi.
La giovane Serpeverde era in procinto di seguire i suoi passi, quando, una strana sensazione la fece desistere, bloccando sul nascere le sue intenzioni. Per alcuni istanti rimase immobile, travolta da un sentore di inquietudine, al quale, sembrava sostituirsi un senso di rinnegata potenza, prima di riscuotere il proprio corpo e incamminarsi verso la voliera dei gufi, senza prestare attenzione al leggero movimento della parete dietro di sé.   
   
 
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