Capitolo decimo
Le mie scuse erano mille,
mille
E nel cuore sento spille, spille
Prova a toglierle tu baby, tu baby
Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito arrivando qui da
sola
Restando in piedi con un nodo alla gola
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull'erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby, te baby
(“Chiamami per nome” –
Fedez, Francesca Michielin)
Theon e Ramsay erano placidamente
addormentati, stretti l’uno all’altro, quando, nel cuore della notte, un
servitore entrò a precipizio nella stanza che condividevano. Se si sorprese o
si scandalizzò nel vedere i due giovani a letto insieme non lo diede a vedere,
chiaramente c’era in ballo qualcosa di molto più preoccupante.
“Principe Theon, mio signore, svegliati,
alzati, ti prego, devi venire subito nella Sala del Trono!” esclamò il
servitore, agitatissimo.
Theon si svegliò di soprassalto e rimase
molto turbato vedendo il servo… chissà se era perché intuiva che fosse accaduto
qualcosa di grave o se invece era il senso di colpa per essersi fatto
sorprendere in atteggiamenti
inequivocabili proprio con Ramsay Bolton?
“Cosa succede?” domandò, affrettandosi ad
alzarsi e a rivestirsi.
“C’è un piccolo gruppo di marinai della
flotta di tua sorella Yara, mio signore, è sbarcato con una scialuppa poco fa e
adesso alcuni di loro sono nella Sala del Trono e vogliono parlarti il prima
possibile!”
Theon si sentì gelare il sangue. Sicuramente
era successo qualcosa a Yara, forse… no, non poteva essere, ma forse Euron era
riuscito a intercettare la sua flotta e l’aveva uccisa, forse quei marinai
erano gli unici scampati ad un massacro! Era già completamente vestito e pronto
a seguire il servitore quando anche Ramsay sembrò più o meno tornare al mondo.
Strofinandosi gli occhi e guardandosi attorno con aria da zombie parve rendersi confusamente conto del fatto che Theon non
era più nel letto accanto a lui.
“Theon? Dove vai? Che succede?” mormorò.
Pareva essere appena resuscitato dal sonno eterno, ma bisogna sapere che Ramsay Bolton non era esattamente
mattiniero e che, di solito, riprendeva un minimo di coscienza di sé e del
mondo che lo circondava solo dopo una sostanziosa colazione! Perciò era già
molto che in quelle condizioni e nel cuore della notte riuscisse a pronunciare
una frase di senso compiuto…
Theon si rivolse al servitore.
“Torna nella Sala del Trono e avverti i
marinai che sto arrivando” gli ordinò e poi, quando l’uomo fu ben lontano
(comunque fosse, non aveva intenzione di sbandierare a tutte le Isole di Ferro
il suo rapporto quanto meno insolito
con il giovane Bolton!), si avvicinò a Ramsay che continuava a fissarlo quasi
come se neanche lo riconoscesse. Chiaramente il povero neurone solitario ci
metteva parecchio a ingranare… “Devo andare a parlare con quegli uomini, sono
marinai della flotta di Yara, temo che le sia accaduto qualcosa.”
“Allora io… vengo con te?” domandò Ramsay,
cercando di sollevarsi dal letto senza accorgersi che, in quel modo, avrebbe
finito solo per ribaltarsi. Era ancora meno lucido del solito e ho già detto
tutto!
Theon si sedette accanto a lui e lo baciò
lievemente, accarezzandogli i capelli.
“È meglio di no, tu dormi, parlerò io con
quegli uomini e poi ti spiegherò tutto” gli disse. E certo, Ramsay non capiva la
metà delle cose che gli si dicevano in condizioni normali, figuriamoci quando
era ancora mezzo addormentato nel cuore della notte! Theon voleva poter
ascoltare con calma ciò che era accaduto alla flotta di Yara e non poteva
permettersi di dover badare anche a
Ramsay… “Torno presto, non preoccuparti, rimettiti a dormire.”
Fece per alzarsi, ma Ramsay, ancora con gli
occhi semichiusi, allungò un braccio per cercarlo e lo chiamò di nuovo, quasi
lo avesse perso.
“Theon…?”
Fu qualcosa di così inconsueto e sbalorditivo
vedere Ramsay compiere un gesto che pareva quasi vulnerabile e affettuoso che
Theon si sentì intenerire. Lo strinse a sé e lo baciò di nuovo, stavolta più a
lungo.
“Tornerò presto, Ramsay, tu dormi tranquillo,
hai capito?” gli sussurrò dolcemente.
Probabilmente il giovane Bolton non aveva
capito un bel niente, tuttavia sembrò tranquillizzato dai baci e dalle parole
di Theon e si rimise sotto le coperte, rannicchiandosi per riaddormentarsi,
mentre il compagno lasciava la camera e si dirigeva verso il ponte sospeso per
raggiungere la torre in cui si trovava la Sala del Trono. Sperava con tutto il
cuore che le notizie non fossero quelle terribili che si aspettava, forse c’era
stata una tempesta e i marinai si erano smarriti o forse erano stati attaccati
dalla flotta dei Lannister… Yara non poteva essere morta, no, non era
possibile!
Ramsay, però, non riusciva a riaddormentarsi
e la cosa gli pareva molto strana. Non aveva mai avuto difficoltà a dormire,
anzi, come ho spiegato poco sopra, il problema casomai era alzarsi dal letto la
mattina. È vero che era stato svegliato di soprassalto, ma gli era già accaduto
in passato e poi si era riaddormentato tranquillamente in pochi minuti. Perché
quella notte non ci riusciva?
Si rigirò nel letto a lungo, cercando una
posizione comoda e senza trovarla, poi una piccola lucina si fece strada
nell’oscurità della sua mente: non riusciva a dormire perché Theon non era più
lì con lui! Ormai da mesi si era abituato a dormire con Theon ogni notte, ad
accoccolarsi tra le sue braccia, sentendosi scaldato e protetto dal suo
abbraccio, e adesso quel letto vuoto e freddo lo respingeva.
Beh, perché Theon non torna, allora? Aveva detto che ci
avrebbe messo poco e invece ancora non è qui, pensò tra sé, sbattendosene alla grande del fatto che
Yara potesse essere in pericolo e mettendo pure il broncio perché Theon non era
tornato subito da lui come gli aveva promesso. Sempre più immusonito, continuò
a rigirarsi nel letto ancora per diverso tempo, ripetendo tra sé e sé le frasi
che avrebbe detto a Theon quando fosse tornato per rimproverarlo di averlo
lasciato solo e abbandonato… Ad un certo punto, però, un pensiero venuto da
chissà dove (difficilmente i pensieri giungevano dalle sinapsi cerebrali
atrofizzate di Ramsay…) lo prese alla sprovvista e lo agghiacciò: e se Theon
non fosse tornato proprio per niente? Prima di andarsene, il giovane gli aveva
detto che sarebbe andato a parlare con quei marinai per scoprire se era
accaduto qualcosa di brutto a Yara e… e se fosse venuto a sapere che la sorella
era in pericolo e avesse deciso di partire immediatamente con la sua flotta per
andare a salvarla?
“No, no, non è possibile, Theon non
partirebbe mai senza di me, non potrebbe mai lasciarmi qui da solo, è ridicolo”
si disse per convincersi.
Ma ne era davvero sicuro?
Ormai Ramsay era completamente sveglio e
anche piuttosto agitato. Si rivestì più velocemente che poté e uscì dalla
stanza per raggiungere anche lui la Sala del Trono ma…
Ma per raggiungere la Sala del Trono avrebbe
dovuto attraversare il ponte sospeso, avrebbe dovuto farlo da solo e per di più era una notte piena di vento e flagellata
dalla pioggia (una notte come tante nella località turistica di Pyke), il ponte
era più instabile e pericoloso che mai e Theon non era con lui per condurlo,
per tenerlo stretto e guidarlo in sicurezza…
Con tutto ciò, se voleva raggiungere Theon, doveva trovare il modo di attraversare
quel maledetto ponte! Così, nonostante la paura, iniziò a muovere qualche passo
e si ritrovò sul ponte senza quasi accorgersene. Era terribilmente scivoloso e
la pioggia e il vento lo scuotevano violentemente, tuttavia Ramsay non voleva,
non poteva arrendersi. Si afferrò ad una delle corde e continuò a camminare,
mentre la pioggia lo infradiciava fino alle ossa, poi una ventata più forte lo
fece scivolare e cadere, picchiando le ginocchia sulle assi del ponte. Per un
istante il giovane temette che sarebbe precipitato di sotto (solo la gente di Pyke poteva creare una
trappola mortale del genere per andare da una torre all’altra! pensò tra sé
mentre si vedeva già ridotto in mille brandelli sugli scogli), ma era più
cocciuto del ponte, avrebbe vinto lui! Provò a rialzarsi ma le assi del ponte
erano troppo scivolose e cadde di nuovo; non cedette, anzi strinse ancora più
forte le mani attorno alle corde che reggevano il ponte e proseguì strisciando
sulle assi. Si era sbucciato le ginocchia, strappato i pantaloni, scorticato le
mani ed era bagnato fino alle ossa, eppure andava avanti, ostinato, caparbio,
con la sola forza della disperazione…
Intanto Theon aveva ascoltato attentamente
tutto ciò che gli uomini di Yara potevano riferirgli e li aveva mandati nelle
cucine perché potessero rifocillarsi, ordinando al servitore che era venuto a
svegliarlo di preparare anche dei giacigli per farli riposare almeno un po’
dopo tante traversie. In quel momento era da solo nella Sala del Trono e stava
organizzando mentalmente la missione di salvataggio per Yara quando… quando si
vide piombare nella stanza Ramsay, bagnato fradicio, con i vestiti mezzi
strappati, le ginocchia e le mani sanguinanti, pallidissimo e con gli occhi
sbarrati. Era l’ultima persona che si aspettava di vedere e lì per lì gli prese
anche un mezzo infarto, poi si rese conto di quello che era accaduto e cercò di
chiedere spiegazioni.
“Ramsay, ma cosa…” provò a dire, ma il giovane
lo interruppe.
“Credevo che fossi andato via senza di me,
senza dirmi niente, tu non tornavi, credevo che mi avessi abbandonato!”
esclamò, in tono petulante ma con una voce stranamente rotta dal pianto in
gola.
Theon, allibito, dovette constatare ancora
una volta che, a quanto pareva, in tutti quei mesi Ramsay aveva davvero
imparato a provare qualcosa di simile a dei veri
sentimenti umani e che li provava proprio per lui, Theon Greyjoy, che il
resto del mondo considerava, a seconda dei casi, un traditore, un idiota, un
arrogante, un codardo e chi più ne ha più ne metta. Ramsay, invece, gli stava
dimostrando di tenere veramente a lui, e quando mai era accaduto prima? Chi mai
aveva avuto tanto bisogno di lui, chi mai lo aveva fatto sentire così
importante e desiderato? Era una sensazione tanto bella, anche se a provarla
era Ramsay Bolton… Theon non poté fare altro che prendere il ragazzo tra le
braccia e baciarlo con dolcezza e intensità.
“Non vado da nessuna parte senza di te,
Ramsay, sarei venuto a dirtelo tra poco” lo rassicurò, accarezzandogli i
capelli fradici. “È vero, dobbiamo partire per andare a salvare Yara, che Euron
ha fatto prigioniera, ma io ti porterò con me, voglio che tu combatta al mio
fianco per liberarla.”
Ramsay non sembrava tanto convinto.
“Mi avevi promesso che saremmo stati in pace
a Pyke, che saremmo stati sempre insieme, e adesso vuoi che ci imbarchiamo per
una specie di missione suicida? Magari Yara è già morta, Euron l’ha sgozzata,
oppure la tiene come esca per intrappolare anche te e tu ci caschi come un
cretino? Cosa ti fa pensare che riuscirai a salvarla? Non è che sei poi quel
grande guerriero…” protestò.
Ramsay Bolton aveva sempre quel suo modo soave e gentile di incoraggiare il
prossimo e di farlo sentire all’altezza!
Theon, tuttavia, ormai aveva imparato da
tempo a trattare con lui. A qualcosa erano pur serviti i mesi e gli anni come
suo prigioniero, poi servo personale, poi… insomma, ormai sapeva come gestirlo
e riusciva persino a ignorare le sue battute pungenti e anzi a rivolgergliele
contro. Non era più il ragazzo presuntuoso e stupido che, anni prima, si era
fatto infinocchiare a Grande Inverno…
“Hai ragione, è sicuramente pericoloso
tentare questa missione, ma Yara è mia sorella e io non posso lasciarla morire”
rispose, pacato. “Ed è vero anche che nessuno di noi è un grande guerriero ma,
quando si vuole veramente fare qualcosa per una persona amata, anche l’impossibile
diventa reale. Guarda cosa hai fatto tu: sono mesi che ci troviamo a Pyke e io
non ero mai riuscito a convincerti ad attraversare da solo uno dei ponti
sospesi, eppure questa notte lo hai fatto, senza alcun aiuto e in una delle
tempeste più violente degli ultimi tempi. Lo hai fatto perché temevi che io
potessi partire senza di te, perché non volevi che ti lasciassi da solo… e
riusciremo a fare ancora una volta l’impossibile per liberare Yara!”
Eh, sì, Theon a chiacchiere ci sapeva fare, l’aveva
dovuto imparare per salvarsi la pelle e adesso utilizzava tale capacità ogni
volta che gli tornava comodo. Ramsay sembrò rendersi conto solo in quel momento
del fatto che, in effetti, aveva davvero
attraversato il ponte sospeso da solo e restò senza parole (una cosa più unica
che rara per lui!), si limitò a guardare Theon con occhi sperduti.
Il giovane Greyjoy approfittò dell’insperata
fortuna concessagli dal momentaneo silenzio di Ramsay. Sempre stringendolo a sé
lo condusse di nuovo verso il ponte e intanto gli parlava con dolcezza.
“Adesso torniamo in camera, dobbiamo riposare
un po’ visto che domattina ci imbarcheremo” gli disse. “Sei stato coraggioso,
sai? Sono molto orgoglioso di te!”
Figuriamoci se qualcuno aveva mai detto una
cosa del genere a Ramsay! Quelle parole finirono di sconvolgere la mente del
ragazzo, già allucinata di per sé, e lui non poté fare altro che seguire
docilmente Theon, lasciarsi guidare da lui per tutto il ponte fino alla stanza
da letto. Trasognato e vulnerabile, con il cuore che gli andava a mille e le
gambe che gli si piegavano per l’emozione, Ramsay si lasciò spogliare,
asciugare, curare i graffi e i tagli sulle ginocchia e sulle mani e infine
portare a letto da Theon, donandoglisi completamente. Theon lo baciò a lungo e
lo possedette, eccitato e compiaciuto nel sentirlo totalmente in sua balia,
fragile e arreso come mai prima; si sentiva assurdamente felice anche in quella
situazione folle perché, comunque, Ramsay lo aveva fatto sentire importante,
anzi indispensabile, e si rendeva vagamente conto che anche quel ragazzotto
psicopatico, a quel punto, era importante per lui e non lo avrebbe voluto
perdere per niente al mondo.
La mattina dopo sarebbe iniziata una nuova e
pericolosa avventura ma, se Theon e Ramsay potevano scoprirsi innamorati,
allora davvero tutto era possibile, no?
Fine capitolo decimo