Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: The_Storyteller    11/03/2022    1 recensioni
Anche se è stato nominato Maestro Assassino, la vita di Arno Dorian non è cambiata molto: scoprire i piani dei Templari, eliminare bersagli, cercare informazioni. La solita routine, come le sue visite alla tomba di Élise.
Se non fosse che, una mattina d’inverno, uno strano incontro annuncerà un nuovo capitolo della sua vita.
Madeleine Caradec è una semplice ragazza bretone, un po’ ingenua ma di buon cuore.
Ciò che non sa, tuttavia, è che si trova in un gioco più grande di lei, pedina nell’eterna lotta fra Assassini e Templari. Cosa sarà più forte: una lealtà che dura da anni o i sentimenti nati da un nuovo incontro? Chi è il diavolo e chi l’angelo?
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Arno Dorian, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
TW: menzione di alcolismo
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Quella settimana al Café Théâtre fu particolarmente intensa: i clienti sembravano più numerosi del solito e Madeleine si era divisa tra il lavoro in sartoria e l’aiuto a Babette in cucina. In più Arno sembrava essere sparito insieme ad alcuni dei suoi compari incappucciati.
Verso il tardo pomeriggio, mentre si stava riposando in cucina, Madeleine udì bussare alla porta sul retro. Incuriosita andò ad aprire e si ritrovò davanti un ragazzino dai capelli scuri e l’aria scanzonata.
-Ciao- lo salutò la ragazza, -Posso aiutarti?-
Il ragazzino la osservò un paio di volte: -Non ti ho mai vista prima. Io sono Léon, tu lavori qui? Ho una lettera per Arno- disse senza lasciarle tempo di rispondere. Le consegnò la lettera e se ne andò per una stradina.
Per qualche secondo Madeleine rimase immobile sulla soglia, basita dal comportamento del ragazzino. Osservò la busta tra le sue mani, cercando di capire chi fosse il mittente: era un po’ sporca e stropicciata e l’unico indizio su chi l’avesse scritta era soltanto un’elegante firma composta da due lettere, D.S.
Chiuse la porta e uscì dalla cucina, diretta alla camera di Arno per depositare la lettera nell’apposita cassetta. D’un tratto le venne un’idea: quella era un’ottima occasione per frugare tra le lettere dell’Assassino e scoprire qualcosa di utile per madame Beauchesne. Non era qualcosa di piacevole, ma doveva proseguire nella sua missione.
 
La giovane aprì appena la porta della camera di Arno, guardando circospetta per eventuali presenze. Ma la stanza era totalmente vuota.
Accostò delicatamente la porta e si diresse verso lo scrittoio. Tolse il coperchio alla cassetta e vi inserì la lettera, notando subito che ce ne erano altre tutte raggruppate da un lato.
Prese la prima, rimanendo sorpresa nello scoprire che era piuttosto vecchia, di quasi dieci anni prima e firmata da una certa Élise. Lesse qualche riga e la rimise a posto, per poi prendere la seconda.
Anche questa era firmata da Élise, e così la terza, la quarta, tutte quelle che c’erano. E ogni volta Madeleine leggeva parole d’amore nei confronti di Arno.
L’ultima lettera, infine, era della scorsa estate, e sembrava una lettera d’addio. Non tanto la fine di una storia, ma un ultimo commiato prima di una tragica fine.
Rimessa a posto l’ultima lettera, la giovane si sentì in colpa, quasi svuotata da ogni forza vitale. Aveva rovistato nella corrispondenza privata del suo responsabile, e non una corrispondenza qualsiasi! Era stata testimone degli scambi tra l’Assassino e la sua amata, che chissà a quale tragico destino era andata incontro! Non aveva scoperto nulla, tranne che il cuore dell’amministratore era appartenuto ad un’altra. E che probabilmente apparteneva ancora a questa Élise, nonostante la sua dipartita.
Fu quest’ultimo pensiero a provocare a Madeleine un vago senso di nausea e di disagio, ma si riprese immediatamente quando sentì la porta aprirsi.
 
La giovane riconobbe subito la figura di Arno, eppure sembrava un’altra persona: se normalmente era sempre pulito e ordinato, ora l’Assassino presentava una barba incolta di qualche giorno mentre gli abiti mostravano segni di lotta e tagli. E la scintilla che di solito illuminava i suoi occhi era sparita del tutto.
Madeleine cercò di non far trapelare la sua preoccupazione: -Buonasera, Arno. Sono contenta che tu sia tornato, ti ho appena portato una lettera e...-
Si zittì, notando lo stato di apatia dell’uomo; e solo in quel momento vide che aveva in mano una bottiglia di vino. Ora la preoccupazione divenne ansia.
-Che cos’hai lì?-
Arno non rispose. Si avvicinò allo scrittoio, come se non l’avesse né vista né sentita, e appoggiò la bottiglia al tavolo.
La bretone cercò di attirare di nuovo la sua attenzione, chiamandolo e toccandogli appena il braccio.
L’Assassino sembrò riprendersi dal suo stato catatonico. Alzò lo sguardo verso la ragazza, ma i suoi occhi sembravano vuoti.
-Vorrei restare un po’ solo. Grazie, Madeleine- mormorò appena, come se pronunciare qualche parola gli costasse un’immane fatica.
La giovane capì che non avrebbe ottenuto risposta. Salutò quindi Arno e uscì dalla sua stanza. Appena chiuse la porta appoggiò l’orecchio, nel vano tentativo di capire cosa volesse fare l’uomo, ma udì soltanto un singulto.
Si allontanò scuotendo la testa, sentendo di nuovo la sensazione di ansia pervaderla ovunque.
Non di nuovo. Non anche lui.
 
Madeleine dovette appoggiarsi alla balaustra della scala, sentendosi girare la testa, quando d’un tratto udì delle voci provenire dalla Sala d’addestramento. Si avvicinò con cautela e, a pochi metri dalla porta, tese l’orecchio e ascoltò la conversazione in corso.
-Non pensi che dovremmo fare qualcosa?- disse un uomo.
Udì un sospiro, quindi un altro uomo rispose: -Non credo. Vuole stare da solo, non possiamo certo legarlo a una sedia e aspettare che gli passi.-
-Non sarebbe una cattiva idea- intervenne un terzo uomo dalla voce un po’ più giovane. Riecheggiò un sonoro scappellotto.
-Piantala Philppe, non scherzare su queste cose!-
-Quello che intendo dire è che ormai dovrebbe farsi passare la storia con quella Templare del cazzo! Diglielo anche tu, Laurent- ribatté l’uomo chiamato Philippe.
A Madeleine sembrò di aver sentito già quel nome, e presa dalla curiosità si sporse appena per vedere all’interno della stanza i misteriosi interlocutori: il primo sembrava il più anziano del trio, dimostrando circa cinquant’anni, e aveva una giacca marrone e una barba un po’ incolta; il secondo doveva essere Philippe, essendo il più giovane, e portava una giacca verde; l’ultimo poteva avere quarant’anni e indossava una giacca bianco sporco.
Ad una migliore occhiata, Madeleine riconobbe nei due uomini più maturi quelli che aveva incontrato nella Sala del Club.
Intanto Laurent contestava il suo collega: -Lo so che non ti piaceva, non piaceva a nessuno di noi. E non solo per il fatto che era una Templare. Ma era pur sempre il primo amore di Arno, e senza di lei non sarebbe riuscito a fermare Germain e Robespierre. Portale un minimo di rispetto.-
Philippe bofonchiò qualche parola di protesta, ma non replicò.
-Almeno posso dire che la Delacroix era una stronza?-
-Nessun problema, mon ami. D’altronde lo era.-
Ecco un altro nome che Madeleine ricordava di aver già sentito alle riunioni della sua padrona. Ricordava benissimo madame Delacroix, con quei suoi occhi sporgenti e velenosi e la lingua tagliente sempre pronta a criticare tutto. E il fatto che i tre uomini si rivolgessero a lei al passato le fece intuire che avesse seguito lo stesso destino di monsieur Lefebvre.
Tuttavia si chiese perché l’avessero nominata e in che modo c’entrasse con la donna amata da Arno. E la soluzione, per quanto la cosa la imbarazzasse, era proprio in quella stanza.
Madeleine fece un respiro profondo, quindi si affacciò alla soglia della sala e, timidamente, si rivolse ai tre uomini: -Scusate se vi interrompo, ma forse potete aiutarmi.-
Gli Assassini si voltarono nella sua direzione, e i due più anziani riconobbero la bretone e le fecero segno di entrare.
Laurent prese la parola: -Mi ricordo di te. Sei la ragazza che ci ha avvertito di Lefebvre. Come stai?-
-Bene grazie. Anche il mio braccio si ricorda di quel giorno- scherzò Madeleine.
Le si avvicinò il più anziano del trio, che se ricordava bene si chiamava Gerard: -Scusa se ti ho fatto male. Non potevo certo sapere che intenzioni avevi, ma spero di non avertelo stretto troppo.-
Madeleine accettò le sue scuse, poi intervenne Philippe: -Scusate, cari colleghi. Ma perché non mi avete presentato prima questa incantevole mademoiselle?-
-Oh cielo, che maleducata. Io mi chiamo Madeleine Caradec. Voi chi siete?-
Non fece in tempo a finire la sua domanda che Philippe stava già rispondendo: -Enchanté! Io sono Philippe Duval, questo brontolone alla mia destra è Gerard Moulin e il signore qui a sinistra è Laurent Lozach. E insieme formiamo l’invincibile “Banda delle Baguettes"!-
Quelle ultime tre parole provocarono diverse reazioni tra i presenti: dopo l’iniziale sorpresa Madeleine trattenne a stento una risata, Laurent si sbatté la mano sul volto e Gerard lanciò uno sguardo furioso a Philippe.
-Quante volte ti ho detto di non usare quel nome!? È ridicolo!- sbottò.
Philippe sbuffò: -Solo perché ti manca il senso dell’umorismo! Arno non si è mai lamentato.-
Al sentir nominare quel nome Madeleine colse la palla al balzo ed espose la sua preoccupazione: -Ho parlato prima con Arno. Non l’avevo mai visto così abbattuto, con quel suo sguardo spento... Che cos’è successo?-
I tre Assassini si ammutolirono all’istante, quasi restii a risponderle. Madeleine li rassicurò: -Arno mi ha spiegato che cosa fa. Mi ha accennato ad Assassini e Templari, ma non mi ha detto nient’altro. Manterrò il segreto, ve lo giuro.-
Dopo ancora un attimo di silenzio, Laurent prese la parola: -Avrai notato che questa settimana noi quattro siamo stati parecchio impegnati. Beh, dovevamo fermare una Templare, Ségolène Delacroix, dall’assassinare alcuni membri del Direttorio. È stato un combattimento piuttosto duro, ma infine Arno è riuscito a fermarla. Per sempre.-
La bretone deglutì a fatica. Un altro membro della cerchia di madame Beauchesne era stato ucciso. Poteva essere solo una coincidenza?
Gerard continuò il discorso: -Ma nei suoi ultimi attimi di vita la Delacroix deve aver detto qualcosa che ha molto turbato Arno, perché quando ce ne siamo andati aveva lo sguardo perso nel vuoto e ci ha detto che riguardava una donna di nome Élise.-
-Che, praticamente, era la sua ragazza- si intromise Philippe, -Un lunghissimo tira e molla finito in maniera tragica per lei. E, purtroppo, Arno conosce solo un modo per dimenticare la disperazione.-
Un lungo brivido percorse la schiena di Madeleine: -Il vino?- mormorò preoccupata.
Gerard annuì: -Già in passato ha affogato i dispiaceri nell’alcol. Sai, ha vissuto molte tragedie: l’omicidio del padre quand’era bambino, poi quello dell’uomo che lo aveva adottato. Ha subito altre perdite e disgrazie negli anni, fino alla morte di Élise per mano del loro nemico comune. Queste esperienze lo hanno segnato nel profondo e... temo che si consideri come uno iettatore.-
Di nuovo, nella mente di Madeleine ritornarono tristi ricordi di anni prima. Quell’angoscia che tanto l’aveva fatta soffrire era ritornata di prepotenza.
Scosse la testa e si rivolse ai tre uomini: -Non c’è niente che possiamo fare?-
Fu Laurent a risponderle, dopo un lungo sospiro: -Possiamo solo aspettare, plac’h. E sperare che si fermi a una bottiglia.-
 
*****
Solo un sorso.
Arno posò la bottiglia sulla scrivania ed estrasse le vecchie lettere di Élise. Le pose tutte sul tavolo e cominciò a leggerle una ad una. Rimirò quella calligrafia elegante, sorrise ai ricordi di anni passati, sospirò quando lesse le ultime parole della sua amata.
Solo un sorso.
La testa cominciava a girare, gli occhi si facevano più annebbiati. Era già l’ebbrezza provocata dall’alcol? O le lacrime che faticava a trattenere? Guardò la bottiglia, la lampada non faceva abbastanza luce. Era già a un terzo.
Solo un sorso.
Rivide di nuovo la Delacroix, i suoi occhi spalancati mentre conficcava la lama nella sua gola. Ricordò la loro “chiacchierata” nel limbo che separa gli ultimi secondi di vita dalla morte.
-Ma che bravo, già due su cinque in così poco tempo! Com’è che ci hai messo così tanto con Germain?- gli aveva chiesto beffarda.
-Doveva lasciarti a Versailles a morire ubriaco. Maledetta sciagurata! Ma tu pensi ancora a lei, non è vero? Alla tua cara Élise che dorme sotto terra. Di chi sarà la prossima morte, Arno? Quante persone perderai, nella tua inutile vita?-
-Non sono la prima, né sarò l’ultima. Guardati le spalle, Assassino. Non sai chi ti pugnalerà...-
 
Solo un sorso.
Le lacrime ormai scendevano copiose. Nella nebbia della sua mente Arno vide le ombre di chi aveva perso: suo padre, con gli occhi spalancati sul pavimento di Versailles.
Il signor De la Serre, che si stringeva il collo dopo il colpo traditore.
E poi Mirabeau. Bellec. Sé stesso dopo l’espulsione, un’ombra che vagava da osteria a osteria per dimenticare le proprie disgrazie.
E infine Élise, la sua Élise. Quel suo sguardo d’amore che diventava d’odio per essersi sfuggito di mano Germain. Ancora d’amore e infine d’addio, quando aveva preferito la vendetta alla vita.
Solo un sorso.
Arno scosse la bottiglia, ormai vuota. Si sentiva la testa pesante, si accasciò lentamente sullo scrittoio. Vide a malapena la luce della candela, poi la stanchezza e il dolore ebbero la meglio su di lui.
 
*****
Nonostante l’ora tarda Madeleine non riusciva a dormire. Continuava a pensare alle parole dei tre Assassini e alle crisi di Arno.
Aveva già vissuto qualcosa di simile, anni prima. E aveva sperato di non riviverlo mai più.
Si alzò dal letto e si coprì con uno scialle, uscì dalla stanza e s’incamminò in direzione della cucina. Sperava di trovare un po’ di camomilla avanzata, visto che Babette ne faceva sempre in grosse quantità. Forse avrebbe aiutato a prendere sonno.
Aveva appena svoltato nel corridoio quando incrociò madame Gouze.
La donna la vide e le rivolse un sorriso mesto: -Ciao Madeleine. Anche tu non riesci a dormire?-
La bretone annuì, stringendosi nello scialle per proteggersi dal freddo: -Sono preoccupata per Arno. Siete riuscita a vederlo?- chiese.
La Gouze le fece segno di seguirla, quindi rispose: -Stavo giusto andando a controllare, e credo che potrebbe servirmi una mano.-
Le due donne proseguirono fino a raggiungere la porta della camera di Arno. Charlotte fece segno alla ragazza di lasciarla entrare per prima, per ragioni di sicurezza.
Quando ricevette il via libera Madeleine entrò nella stanza, ma dopo pochi passi si fermò, pietrificata da ciò che si presentava davanti a lei: Arno profondamente addormentato sullo scrittoio, una decina di lettere sparse ovunque e una bottiglia completamente vuota.
Udì Charlotte sospirare, quindi si avvicinò a lei con circospezione. Le rivolse uno sguardo interrogativo, al che la donna rispose con un altro sospiro.
-Speravo che non gli capitasse più- mormorò la Gouze, poi si rivolse alla ragazza: -Aiutami a spostarlo sul letto.-
Le due donne presero ciascuna un braccio dell’Assassino e se lo misero dietro la spalla, quindi lo issarono dalla sedia e lo trascinarono con cautela verso il suo letto. Con un ultimo sforzo lo fecero sdraiare, sbuffando appena per la fatica.
-Forse è meglio se chiedo a qualcuno di tenerlo d’occhio. Non vorrei che stesse male durante la notte- disse madame Gouze.
-Posso restare io- propose subito Madeleine.
La donna rimase sorpresa da quella richiesta, e rimase ancora più sorpresa dallo sguardo preoccupato della ragazza. Preferì non chiederle ragioni, quindi le raccomandò di andare a chiamare qualcuno se le cose fossero peggiorate e lasciò la stanza.
Mentre si dirigeva verso la propria camera madame Gouze si chiedeva se c’era qualche ragione in particolare, o se semplicemente Madeleine provava più di una semplice simpatia nei confronti di Arno.
 
Rimasta sola, la bretone sistemò la legna nel caminetto, prese una sedia e una coperta e si mise a fianco di Arno. Cercare altre informazioni sul suo conto, in quel momento, era fuori questione: la stanchezza della giornata e la preoccupazione per le condizioni dell’Assassino superavano di gran lunga le ragioni della sua padrona. Aveva aspettato quasi quattro mesi senza farsi sentire; qualche giorno in più non avrebbe fatto la differenza.
Tolse le scarpe all’uomo e riuscì a sistemarlo sotto le coperte, quindi si sedette e si avvolse anche lei nella coperta che aveva preso.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma nel suo dormiveglia udì dei lamenti. Si stropicciò gli occhi e vide che Arno si stava agitando nel sonno, biascicando parole incomprensibili e muovendo appena le mani.
-Arno?- mormorò preoccupata. Si alzò e si avvicinò all’uomo nel tentativo di capire cosa gli stesse succedendo.
D’un tratto, l’Assassino aprì appena gli occhi. La osservò per qualche secondo, mentre Madeleine rimaneva immobile e col fiato sospeso.
Infine, Arno mormorò un’unica parola: -Élise?-
Madeleine si tappò la bocca per trattenere un singulto, cercando inutilmente di trattenere le lacrime. Un’altra volta, un’altra maledetta volta.
 
Madeleine correva, l’ansia le rendeva difficile respirare ma doveva correre. L’aveva cercato dappertutto ma sembrava sparito. Sperava solo che non avesse fatto qualcosa di estremo.
Spalancò la porta di casa, il temporale che imperversava rendeva l’ambiente ancora più buio. L’odore di alcol pervadeva ogni spazio.
-Papà?- chiamò ansimante. Non udì nessuna risposta.
Si avvicinò al tavolo da pranzo, dove giacevano tre bottiglie vuote. La puzza di alcol era ancora più forte.
La ragazza salì le scale, sperando che suo padre fosse almeno in camera da letto. E così era, per fortuna, ma Yannick Caradec si trovava in uno stato pietoso, mezzo sdraiato sul letto e con l’ennesima bottiglia di vino in mano.
Madeleine si asciugò le lacrime, tolse la bottiglia dalla mano inerme del padre e cercò di far sdraiare completamente il vecchio pescatore.
Gli sistemò il cuscino e gli mise addosso una coperta; stremata dallo sforzo, si accasciò al suo fianco, bagnando la coperta con le sue lacrime.
Dopo qualche minuto udì dei lamenti: alzò la testa di scatto e vide che suo padre si era svegliato.
-Brona?- biascicò Yannick.
Madeleine scosse la testa: -La mamma è morta, papà. Sono passati due mesi ormai...-
Due mesi in cui la disperazione si era impadronita del bretone, e nonostante l’amore per la figlia il dolore per la perdita di sua moglie era troppo forte. Un dolore che sembrava non esistere più solo grazie all’alcol.
Yannick sospirò, quindi disse alla figlia: -Cantami la sua canzone.-
Madeleine obbedì, e nonostante le lacrime cantò la canzone di sua madre, l’unica che le avesse mai insegnato. Cantò con dolcezza, più e più volte, finché suo padre non si addormentò profondamente.
Una mattina di un mese più tardi, dopo l’ennesima sbronza, Madeleine scrollò appena la spalla del padre per svegliarlo.
Ma Yannick non si svegliò più. E lei rimase sola.
 
La giovane tentò di calmarsi, nonostante il dolore che provava: adesso doveva aiutare Arno.
Con un groppo in gola, decise di dargli corda: -Sì Arno, sono Élise. Non vado via.-
La ragazza soffriva nel mentirgli in un momento così doloroso, ma era l'unico modo per calmarlo. Effettivamente l'Assassino sembrò tranquillizzarsi, ma avvenne un fatto inaspettato: mentre Madeleine si era chinata per sussurrargli la sua risposta, Arno l'aveva cinta con un braccio e, girandosi supino, aveva trascinato la ragazza con sé sul letto.
E ora la bretone si trovava sdraiata al suo fianco, intrappolata fra le braccia dell'amministratore del Café.
“Oh cielo!” fu l'unico pensiero di Madeleine. Provò a chiamare a bassa voce l'Assassino, tentando nello stesso tempo di togliersi il suo braccio di dosso; ma Arno la strinse ancora di più, lamentandosi nel sonno.
Madeleine si immobilizzò all'istante: se c'era una cosa che aveva imparato dalla triste vicenda di suo padre, era di non far mai agitare qualcuno ubriaco.
Sospirò, osservando nella penombra l'espressione sofferente dell'Assassino. Istintivamente gli accarezzò con dolcezza i capelli e cominciò a cantare la canzone di sua madre, la canzone del mare:
 
Idir ann is idir as
Idir thuaidh is idir theas
Idir thiar is idir thoir
Idir am is idir áit

Casann sí dhom
Amhrán na farraige
Suaimhneach nó ciúin
Ag cuardú go damanta
Mo ghrá
 
Idir gaoth is idir tonn
Idir tuilleadh is idir gann

Casann sí dhom
Amhrán na Farraige
Suaimhneach nó ciúin
Ag cuardú go damanta

Idir cósta, idir cléibh
Idir mé is idir mé féin
Tá mé i dtiúin
 
Continuò a cantare, ricominciando ogni volta, finché non vide il volto di Arno rilassarsi, ormai addormentato.
Tentò un’altra volta di alzarsi dal letto, ma l’Assassino manteneva una presa di ferro anche nel sonno.
“Magari tra un paio d’ore si sarà addormentato del tutto, e io potrò andare” pensò. Si sistemò meglio sotto le coperte e chiuse gli occhi, certa che sarebbe rimasta in uno stato di dormiveglia. Ma la stanchezza fu più forte, e Madeleine cadde in un sonno profondo.
 
La mattina seguente, alle prime luci dell'alba, Arno si svegliò con un tremendo mal di testa. Aprì appena le palpebre, ma notò subito qualcosa di strano: non si trovava appoggiato al suo cuscino, bensì a qualcosa di più duro, come un osso. Aprì del tutto gli occhi e scoprì di trovarsi vicino a un petto femminile.
Si sentì percorrere la schiena da lunghi brividi, nonostante il calore delle coperte; vide che era abbracciato alla misteriosa figura, che a sua volta aveva posto la sua mano sul suo avambraccio. Alzò appena la testa e vide che era insieme a Madeleine.
Mantenendo i nervi saldi, nonostante la tensione, Arno si sciolse dall'abbraccio e si allontanò dalla ragazza, spostandosi verso il lato opposto del letto. Si mise seduto, ancora incredulo per quella situazione così assurda. Cosa diamine era successo?
In quel momento anche Madeleine si svegliò: si stropicciò gli occhi, sbadigliò e schiuse le palpebre. E vide Arno che la guardava con incredulità.
Colta di sorpresa la ragazza scattò seduta, ricambiando lo sguardo meravigliato dell'Assassino.
-Posso spiegare- esclamò imbarazzata.
Arno osservò la stanza, alla ricerca di eventuali indizi su cosa potesse essere successo, e vide sulla scrivania la bottiglia che aveva svuotato la sera precedente. Si mise una mano sul volto, pieno di vergogna: -Mi sono ubriacato- ammise amareggiato.
Prima che Madeleine potesse dirgli qualcosa Arno si girò a guardarla con apprensione, quindi le chiese ciò che più lo turbava: -Dimmi che non ti ho fatto del male.-
La ragazza scosse la testa: -No, non mi hai fatto nulla, Arno. Solo mi hai chiamato con il nome di un'altra. Élise.-
L'Assassino rimase di sasso a quella risposta. Di nuovo si mise una mano sul volto nel vano tentativo di nascondere il suo senso di colpa.
Madeleine provò a rassicurarlo: -Va tutto bene, Arno. Non è successo nulla di grave.-
Stavolta fu l'uomo a scuotere la testa: -Tu non capisci. Avrei potuto farti del male, o peggio. E scambiandoti con lei...- si interruppe.
-Non è la prima volta che mi succede- confessò Madeleine.
Arno guardò con stupore la ragazza, che intanto aveva assunto un'espressione triste.
-Che cosa intendi?-
La ragazza sospirò profondamente, quindi spiegò: -Ti avevo accennato alla morte di mia madre, e al fatto che mio padre ne era rimasto molto colpito. Anche lui iniziò a bere per dimenticare il dolore. A volte, quando la luce era più debole, nella sua ubriachezza mi scambiava per mia madre. Io speravo sempre che un giorno avrebbe smesso, che il dolore si sarebbe placato. Ma una mattina... lui non si è più svegliato.-
Un silenzio cupo, carico di dolore, cadde nella stanza.
Arno si ritrovò spaesato, colpito dalla somiglianza con la tragica vicenda del padre di Madeleine. E tremendamente in colpa per averglielo ricordato.
Nonostante il groppo in gola, l'Assassino si rivolse alla ragazza: -Madeleine, mi dispiace di averti fatto soffrire. Io... posso capire se non vuoi più lavorare qui.-
La bretone spalancò gli occhi, sorpresa: -Cosa?! No!-
Stavolta fu Arno a rimanere senza parole. Tentò di ribattere: -Se non ti senti al sicuro... hai tutto il diritto di andare in un posto più...-
-Ma io non voglio andare via!- lo interruppe lei.
-Io non voglio lasciare il Café! Non voglio lasciare madame Gouze, Célestine e le altre! Non voglio... lasciare te...- confessò con voce tremante.
Madeleine aveva parlato d'istinto, presa dall'ansia e dalla paura di dover lasciare quel posto accogliente, pieno di gente a cui si era legata nonostante il vero motivo della sua presenza al Café. E dove stava un uomo dal cuore d'oro e triste.
-Io ci tengo a te, Arno. Non voglio...- stava dicendo Madeleine, ma all'improvviso Arno la strinse a sé, cingendola tra le sue braccia. Braccia forti, abituate a scalare edifici e a brandire le armi più disparate. Eppure la bretone provava soltanto una sensazione di sicurezza, di protezione. Di calore.
Lentamente, Madeleine ricambiò l'abbraccio con l'Assassino. Appoggiò la testa sulla sua spalla e iniziò a cantare sottovoce la ninnananna di sua madre.
Arno chiuse gli occhi, rilassandosi al suono di quelle parole sconosciute ma dolcissime. E giurò a sé stesso che non si sarebbe mai più ubriacato, per il proprio bene e per quello delle persone a cui teneva.
-----------------------------------------------------------------------------------
La canzone che canta Madeleine è "Amhrán Na Farraige" del film "La canzone del mare", un film d'animazione dello studio irlandese Cartoon Saloon che vi consiglio tantissimo.
Vi lascio il link della canzone con testo e traduzione https://www.youtube.com/watch?v=5FkiHtTO-mk
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: The_Storyteller