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Autore: moganoix    12/03/2022    1 recensioni
Felix, Changbin, Chan:
Un minuto semidio, un alchimista perso nelle nuvole, un soldato senza macchia e senza paura (forse).
A causa di un'arcana profezia, al secondo tocca uccidere il primo sotto la supervisione del terzo, ma non tutto andrà per il verso giusto...
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["Affinché nostra Madre Terra fiorisca
Felicità, ogni cent'anni, appassisca."]
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!!Chanlix/Changlix!!
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
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Fu una fortuna per Felix e Changbin che piovesse così tanto da obbligare la maggior parte delle Tarantole magmatiche che dimoravano su quei ripidi pendii a restare nascoste all’interno delle loro tane sotterranee. Certamente la Fonte della Felicità non avrebbe avuto difficoltà a tenerle alla larga dalla sua personale fonte di vita, ovvero l’ignaro novizio che, legato al nervoso stallone che Chan gli aveva lasciato in cambio di Miss Binnie, continuava a lagnarsi di quanto dolore gli procurasse la sua gamba infetta, ma in quel modo avrebbe evitato che Changbin si prendesse un altro bello spavento. Lo aveva sottoposto a fin troppi inseguimenti, gli avrebbe regalato degli ultimi giorni quantomeno dignitosi, per quanto potesse essere dignitoso vederlo febbricitante in groppa ad un cavallo che, pur bello e prestante che fosse, ogni volta cercava di sbalzarlo via mentre combatteva contro il fango e la scivolosa ghiaia dell’angusto sentiero. Era divertente, aveva lo stesso identico carattere del padrone.
Contarono i giorni, sarebbero dovuti arrivare in cima giusto la quindicesima mattina di settembre, in tempo per organizzare e svolgere il rito entro mezzogiorno, tenendo in considerazione che ogni due ore facevano almeno una decina di minuti di pausa per permettere al novizio di sgranchirsi e di lavare la ferita direttamente sotto la pioggia. Felix si complimentò da solo, non avrebbe potuto gestire quel viaggio in modo migliore. Spesso si sorprendeva a fissare il fisico di Changbin, benché in parte maciullato ed infetto, anche sotto lo spesso mantello infradiciato era possibile scorgerne i brevi angoli che ne delineavano la forma compatta. Era veramente basso – lui gli aveva raccontato che era uno degli effetti collaterali dei tanti incantesimi ricostruttivi ai quali si era dovuto sottoporre in seguito ai suoi fallimenti in laboratorio – ma possedeva un viso particolare, affilato, che di certo avrebbe contribuito a fargli sviluppare quell’aura di potenza fisica che le sue ossa magroline, i capelli biondi e le delicate lentiggini gli avevano sempre precluso.
Spesso Changbin si voltava verso di lui e lo scrutava a sua volta, convinto di conoscere quali pensieri d’amore frullassero nella testa dell’altro, per poi rivolgergli un sorriso tanto delicato quanto ignaro. Felix in fondo gli voleva davvero bene, tanto bene quanto ne si vuole ad un animale domestico, ma non lo considerava di certo l’amore della sua vita. Gli piaceva la sua compagnia, giocare con lui era stato divertente, ma ora era tempo di lasciarlo andare. Proprio come un animaletto da compagnia, Changbin avrebbe dato inconsapevolmente la vita per lui, e di conseguenza per tutto il loro popolo. Doveva prendersi cura anche di lui, il novizio in fondo faceva parte di quella società che lo avrebbe idolatrato, ma allo stesso tempo doveva ricordargli il suo compito. Se c’era davvero una cosa in cui Changbin e Felix erano simili, quella era l’aver sempre saputo, in fondo, di essere destinati a grandi cose. Il moro lo aveva confidato al biondo: era l’unico in grado di svolgere certi complicati – utilissimi – incantesimi, avrebbe certamente avuto un futuro importante. Ogni volta che il piccolo dio lo sentiva pronunciare quelle parole sorrideva ed annuiva con entusiasmo, contento che all’altro, inconsciamente, piacesse la prospettiva di vita che aveva scelto per lui: “Sono certo che ce la farai, Binnie…”
 
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“Sono certo che ce la farai, Binnie!”
Glielo ripeté ancora una volta quando il novizio si ritrovò a compiere l’ultimo passo verso il cratere del vulcano, appena un’ora prima di mezzogiorno, e poi un’altra quando, trascinando la gamba malata, mise a soqquadro ognuna delle sue povere bisacce per cercare ogni strumento utile all’incantesimo. Non che in fondo quest’ultimo necessitasse di chissà quale marchingegno, ciò che importava davvero era la preparazione fisica e mentale dell’alchimista che doveva eseguire la dislocazione, ed il piccolo dio sapeva di aver preparato Changbin abbastanza a lungo. Non appena il novizio finì di montare il piccolo altare e di disegnare il cerchio alchemico di cui credeva di avere bisogno, il biondo corse verso di lui per abbracciarlo stretto.
“Bin, ho paura…”
Changbin, ormai assuefatto a quei fatali riti d’amore, lo strinse debolmente a sé e cominciò a cullarlo con la stessa delicatezza con cui alla Casa maneggiava il mercurio: “Ormai siamo qui, ce la faremo insieme, mh? Non è una formula semplice, ma sono certo di potercela fare. Entro due settimane torneremo entrambi alla Capitale. Te lo ricordi che mi avevi promesso una partita a carte quando eravamo alla città dei tre soldati morti? Guarda che io ci conto.”
Felix ridacchiò, sfregò il viso contro la sua spalla e gli prese il volto tra le piccole mani per dargli un bacio sulle labbra. Sfoggiò quindi quel tono di voce che piaceva sempre a tutti, quello dolce ed armonico nonostante la profondità, quello con cui aveva fatto innamorare il moro: “Solo una? Farai bene a tenere in conto anche tutte le rivincite che so già che mi chiederai.”
Aggiunse al fondo una leggera risatina, allungò nuovamente il viso verso di lui e fece sfregare tra loro le punte dei loro nasi. Erano due comportamenti che di solito le persone amavano, doveva assicurarsi che l’amore di Changbin non venisse meno proprio in quell’istante. Gli concesse qualche altro minuto di gentile intimità, sembrava che il fatto di poterlo ancora sfiorare lo rassicurasse, per poi domandargli quasi con melensa tenerezza: “Iniziamo?”
Changbin annuì e, completamente infatuato dalla bellezza del semidio, non perse altro tempo. Ripercorse ancora una volta passo dopo passo tutte le fasi dell’incantesimo – tanto era ammaliato dalla bionda figura accanto a lui che nemmeno era in grado di rendersi conto che le parole che stava per pronunciare nemmeno appartenevano ad un rito alchemico, anzi, tutto il contrario – e ricontrollò l’altare un’ultima volta, per poi permettere a Felix di sedersi a gambe incrociate di fronte ad esso. Il novizio sarebbe rimasto in piedi ed avrebbe imposto le mani sul suo capo mentre pronunciava il lungo testo. L’altarino nel mezzo lo avrebbe aiutato a gestire la dispersione di energia, catalizzandola al suo interno nel caso qualcosa fosse andato storto, in modo da non generare effetti collaterali sull’ambiente attorno a loro. Le prime brevissime frasi scorsero lente e tremolanti lungo la gola del timoroso novizio, le aveva provate e riprovate più volte – erano un miscuglio di Lingua Antica degli elfi e vecchio dialetto del Nord – temeva di sbagliare pronuncia e di mandare a monte, così, l’intero rituale. Anche le sue mani, appoggiate sul docile capo del semidio, tendevano a scivolare a causa della pioggia scrosciante e dell’agitazione, a ritmo con l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. Non poteva ancora credere di aver quasi concluso quel viaggio, di essere finalmente giunto al suo momento di gloria. Per tutto il tragitto era solo comparso come debole figurina accanto a Chan e Felix, che con il loro proverbiale litigio avevano riempito di tensione le ultime settimane. Finalmente si sarebbe reso utile anche lui, non solo prestando fede alla sua vocazione, ma aiutando l’intera Nazione facendole riavere la sua amata Fonte (e conquistandosi il diritto di stare con quest’ultima). Gli provocava un certo brivido di soddisfazione il sapere che lui era l’unico in grado di salvare la persona che amava, si sentiva speciale per lui. Un po’ gongolava sapendo che Chan non avrebbe potuto fare lo stesso per Felix, il suo orrendo spadone non era altro che metafora di morte e distruzione, ciò che lui professava con i suoi riti era il mistero della vita, era ovvio perché il piccolo dio avesse scelto lui tra loro due. Ecco che allora quell’astrusa situazione si trasformava improvvisamente in un momento così intimo che Changbin sperò di non rimuoverlo mai dalla sua memoria, era contento che Chan non fosse con loro, era contento di poter condividere quell’istante di mistica pienezza con il solo che avrebbe mai amato. Si immerse nell’incantesimo, ma non appena cominciò a rilassarsi qualcosa andò immancabilmente storto. Non per colpa sua ovviamente, la postura era impeccabile, la pronuncia perfetta, ma qualcosa di estraneo lo disturbava, un rumore ben distinto che sorpassava stridulo il confortante scroscio della pioggia.
Una voce chiamava insistentemente il suo nome, una voce conosciuta: anch’essa, fino a pochi giorni prima, riempiva le sue giornate.
“Changbin, santo cielo, piantala immediatamente di fare qualsiasi cosa tu stia facendo!”
Changbin volse lo sguardo verso la possente figura di Chan, strizzò gli occhi e pensò con incredulità che non si sarebbe mai aspettato di vederlo tanto presto, tanto infuriato e, soprattutto, in piedi sul dorso di un enorme drago dorato che sembrava desiderare solamente vederli finire tutti arrosto.
 
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Il Cantastorie l’aveva fatta semplice, ‘Vedi quell’esemplare meraviglioso di Drago dorato delle Paludi? È il mio drago, salici sopra, anche se è una delle creature più spaventose e pericolose dell’intera Nazione stai sicuro che è innocuo e andrete d’accordo, anche lui vuole salvare Changbin!’, o almeno era così che Chan aveva interpretato quel provvidenziale ‘Prendi il mio drago’. Inizialmente, come con qualsiasi essere vivente, aveva finito per discuterci insieme, per poi minacciare di prenderlo direttamente a pugni se avesse rifiutato di muoversi. Fu provvidenziale anche la presenza di Miss Binnie, se il vecchio drago aveva infine deciso di ascoltarlo era solo merito suo. La verità era che non voleva abbandonare il suo padrone, così Chan gli propose di legare il Cantastorie sul dorso della Tarantola e di afferrare quest’ultima con le zampe in volo, in modo da non lasciare nessuno indietro, e di appoggiarli poi appena sotto il cratere, quasi al termine della scalata, per fare sì che il vecchio fosse protetto.
Una volta in cima aveva scorto appena in tempo Changbin imporre mani sul capo di Felix e, accorgendosi di non essere arrivato troppo tardi, aveva cominciato a gridare il nome del novizio a squarciagola mentre il drago planava e lo calava in fretta a terra con una rocambolesca discesa. Scattò immediatamente giù dalla groppa dell’animale e, senza esitare, guizzò verso il moro, che lo fissava con occhi sgranati, allucinati, ricolmi di terrore e, allo stesso tempo, vuoti di ogni minuscolo vivido segno di quell’insopportabile personalità che purtroppo il cielo gli aveva affibbiato. Felix lo stava già prosciugando, ma lui non sembrava affatto accorgersene, anzi, nella sua confusa ed incostante, ormai traslucida, presenza, appariva orribilmente felice. Gli venne in mente solo allora che forse nemmeno a Changbin piaceva davvero essere Changbin, forse nemmeno a Changbin sarebbe piaciuto Changbin, se non fosse stato Changbin. Forse anche Changbin, dall’alto della sua ingenua, infantilmente curiosa intelligenza, odiava se stesso a tal punto da cadere come un idiota nella trappola di Felix solo perché poteva garantirgli pace, una stabilità che ora bramava e che fino ad allora non era mai stata, invece, nelle sue corde. Vedere per la prima volta quel viso pallido ed ancora più scarno del solito lo sbigottì, si chiese se, in fondo, lo avesse mai davvero guardato.
“Changbin…”
“Oh, sei qui anche tu…” Changbin non si degnò nemmeno di prestargli attenzione, fece scivolare per un secondo gli occhi stanchi sulla lunga silhouette del drago, per poi tornare a rivolgerli a Felix, che intanto guardava tutta la scena con espressione allibita ed incredula. Il soldato si impose di tenerlo sott’occhio, aveva paura ad avvicinarglisi troppo, temeva che il semidio potesse prendere controllo dei suoi sentimenti come aveva fatto con il novizio.
“Changbin, ti prego, ragiona… Non ti rendi conto che tutto questo…” Chan azzardò comunque un passo verso di lui, doveva raccontargli tutto il più in fretta possibile e sperare che l’altro si fidasse di lui più di quanto si fidasse di Felix “… è sbagliato? Felix ti sta ingannando, Changbin! Vuole vivere a tue spese, non gli importa affatto di te!”
Chan si immaginò al posto di Changbin, se quest’ultimo avesse osato interrompere un momento tanto delicato non lo avrebbe nemmeno lasciato parlare, anzi, si sarebbe infuriato a tal punto da non esitare a sguainare il suo pesante spadone per farlo letteralmente a fettine. Intrappolato tra le viscide spire di un amore anemico, l’ultima cosa di cui si sarebbe preoccupato sarebbe stato uccidere per la fonte di quello stesso sentimento che lo annebbiava, che lo avrebbe portato ad essere l’ombra di se stesso. Forse era stato fortunato ad essere stato rifiutato, non avrebbe voluto pagare le conseguenze di due settimane di affetto fittizio, non in quella maniera tanto atroce. Il Changbin che, suo malgrado, aveva imparato a conoscere sarebbe corso verso di lui e gli avrebbe chiesto di Miss Binnie, per poi schizzare verso il drago e cimentarsi in uno dei suoi gloriosi sproloqui finché qualcuno non lo avesse minacciato di tagliargli la lingua e di gettarla in pasto ai Corvi-balena.
Come previsto, il novizio scosse invece le spalle, ignorandolo con espressione stizzita. Chan era solamente geloso, Felix glielo aveva ripetuto diverse volte in quei giorni, avrebbero semplicemente dovuto dimenticarlo perché aveva fatto molto male ad entrambi.
“Che genere di male?” aveva osato domandargli una sera. Felix era parso infastidito, ma poi gli aveva preso il viso e lo aveva baciato, e lui come al solito si era sentito lo stomaco pieno di lucciole e gli aveva ceduto un’altra parte di sé, la consapevolezza, la dignità, senza nemmeno saperlo.
Il suo stomaco ora era perennemente pieno di lucciole, gli bastava guardare Felix per un momento per avvertire il loro vorticoso svolazzare. Felix lo illuminava dall’interno, aveva da sempre cercato quel bagliore che avrebbe medicato il suo animo nomade ed ora che lo aveva trovato non lo avrebbe lasciato andare per nessun motivo al mondo.
Era convinto di voler portare a termine l’incantesimo, eppure Chan gli dava incredibilmente fastidio, continuava a chiamare il suo nome con una disperazione tale che finì quasi per credere che dovesse dirgli qualcosa di importante. Voltò appena il viso verso di lui, si dispiacque di vederlo tanto ansioso ed agitato, ma si chiese se non potesse aspettare un momento prima di farsi avanti. Era un rito complesso, aveva davvero bisogno di concentrarsi. Felix gli prese le mani e le riportò sul proprio capo con tranquillità, per poi mormorare: “Non preoccuparti, Binnie, andrai benissimo… Guarda solo me, non fare caso a Chan. È solamente geloso di quello che siamo, non te lo ricordi?”
Il novizio annuì piano, accarezzò i suoi capelli, chiuse gli occhi e riprese a recitare le parole del sortilegio, per venire però immediatamente scosso da un ultimo grido di Chan: “Ho parlato con il Cantastorie, Changbin! Gli ho parlato e mi ha detto di salvarti!”
Se c’era un particolare personaggio a cui Changbin poteva dire di ispirarsi, quello era certamente il Cantastorie. Era una figura che lo incuriosiva davvero, tutti lo etichettavano come semplice Vate, ma, a parer suo, il fatto che il suo unico modo di comunicare fosse mediante i sogni lo rendeva un individuo unico nel suo genere, un essere benedetto dal divino, una creatura che avrebbe voluto rispettosamente avvicinare e studiare per esaminare fino in fondo la natura delle sue incredibili facoltà. Nonostante la veneranda età, gli evidenti acciacchi e l’incapacità di emettere qualunque tipo di suono, il mitico personaggio era famoso per prendere attivamente parte alla vita politica della Nazione, presenziando spesso come uditore alle riunioni del Gran Consiglio di palazzo, ma rimanendone distaccato, una volontà sopra le parti da interpellare in caso di reale necessità. Un eremita indomabile, questo Changbin aveva sempre desiderato essere, ma con Felix avrebbe vissuto a corte e sarebbe stato irrimediabilmente legato a lui. Aggrottò improvvisamente le sopracciglia, scosse il capo, si massaggiò delicatamente le tempie. Tutto d’un tratto si sentiva agitato, lo stomaco minacciava di ritorcersi su se stesso mentre sulla schiena goccioloni di pioggia si mischiavano a sudori freddi. Aveva la testa pesante, con grande sforzo fu in grado di voltarla verso il soldato e si accorse di non riuscire a mettere a fuoco la scura sagoma di quest’ultimo. Strizzò gli occhi, completò uno stanco passo verso di lui: “Che cosa succede?”
Chan non si lasciò sfuggire quell’occasione e, battendo i denti per l’ansia, sillabò con visibile urgenza: “Felix ti ha ingannato, ti ha insegnato un incantesimo diverso da quello con cui pensavi di salvarlo! Vuole semplicemente rinascere dentro di te, e non gli importa se tu dovrai morire per fare spazio a lui! È lui che ha sempre architettato tutto in modo da rallentarci, lui che ordinava agli animali di migrare per attaccare in gruppo i soldati in modo che non riuscissero a scovare il nuovo tramite, lui che indirettamente ti procurava quelle ferite e fingeva di curarti per… per farti innamorare di lui… L’unico motivo per cui ha scelto te per accompagnarlo fin qui è perché gli servivi…”
Il novizio fissava Chan con espressione smarrita. Ad ogni parola che il maggiore pronunciava finiva per credere che si fosse inventato tutto di sana pianta solo per convincerlo a portare a termine la missione originale ed uccidere Felix, che intanto lo aveva raggiunto per avvolgerlo da dietro con le sue braccia magre. Avrebbe voluto tornare immediatamente all’incantesimo per porre fine a quella sceneggiata, ma lo sguardo del soldato lo frenava. Si odiavano a vicenda, non gli si sarebbe mai rivolto in quel modo se davvero avesse voluto mentirgli. Raccolse quel misero grumo di forza di volontà che ancora gli rimaneva e staccò il piccolo dio da sé, compiendo un altro passo verso la guardia: “…Il Cantastorie ti ha detto questo?”
“Il Cantastorie mi ha mostrato tutto ciò che io e te abbiamo sempre ignorato, Changbin… La tua Casa, Tillvah… Non esistono più, Felix ha distrutto ogni cosa che potesse impedirgli di fare un colpo di stato. Ha ucciso anche Jeongin… Ha corrotto i Filosofi della Capitale e li guidava a distanza mentre viaggiava con noi, in modo che non potessimo sospettare di lui. In questo momento la città probabilmente è sotto attacco! Non ho tempo di spiegarti tutti i dettagli, ma devi fidarti di me” Chan avanzò ancora verso il novizio, deciso a strapparlo dai vincoli mentali a cui il silenzioso semidio lo aveva costretto.
“Ti prego, Changbin… Per una sola dannatissima volta ascoltami, Felix ti sta manipol-”
“Certo, come no” il novizio pareva aver riacquistato parte del suo vigore, ma era evidente che fosse ancora sotto l’influenza del semidio. Era furioso, Chan stava decisamente esagerando con quella storia, probabilmente lo credeva un idiota. Si voltò vero Felix, rimasto un metro più indietro di lui, e lo raggiunse barcollando, prendendolo poi per le spalle e scuotendolo delicatamente: “Come puoi lasciare che ti insulti in questo modo? Ti ha conosciuto anche lui, tu non potresti mai fare tutto ciò!”
La terra intanto cominciò a tremare, un sordo brontolio si armonizzò al lamentoso ticchettare della pioggia e al rombo dei tuoni, che da poco avevano cominciato ad essere accompagnati da diversi agghiaccianti lampi. Il vulcano, a poco a poco, cominciava a risvegliarsi dal suo lungo sonno e Changbin avvertì dentro di sé lo stesso violento sussulto del suolo quando vide Felix rimanere a capo basso di fronte alle sue domande, senza emettere alcun suono. Il novizio si voltò allo verso Chan e gridò ancora: “Come può aver mosso branchi interi di animali a distanza?! Come può aver ucciso Jeongin o distrutto Tillvah o la mia Casa se è sempre stato con noi?! È forte, ma nessuna Fonte è mai riuscita in un’impresa tale, Chan! Quello che dici non ha alcun senso, te ne rendi conto?”
Ecco, rifletté Chan, Changbin stava iniziando a rendersi conto che tutto ciò che era accaduto durante il loro viaggio non poteva essere solamente il frutto di sfortunate coincidenze. La maniera del tutto scomposta in cui strillava e si agitava denunciava quanto confuso dovesse sentirsi in quell’attimo. Sospirò e lo guardò con calma, in fondo lui aveva reagito allo stesso modo, e Changbin conosceva solo una minima parte di tutto ciò che il Cantastorie gli aveva rivelato.
“Changbin, riflettici bene…” lo riprese “… aveva dei messaggeri, sono sempre stati sotto i nostri occhi.”
Il soldato la vide la consapevolezza balenare e colmare le perle nere del novizio, nuovamente fulgide, profonde tanto quanto il senso di colpa che lo stava letteralmente inondando. Aveva finalmente compreso il trucco, faticava ad ammetterlo a se stesso, si vergognava della propria stupidità, tanto che, nel guardare il piccolo dio dietro di lui, sussultò più di una volta nel singhiozzare lentamente: “Le lucciole…”
Felix sollevò lo sguardo verso di lui, il vulcano gorgheggiò e sprizzò i primi bollenti lapilli, come se volesse sottrarsi con un labile lamento dalla glaciale furia del semidio. Lo avevano scoperto, qualcuno che gli era stato molto caro alla fine aveva fatto la spia, ma non era importante. Inclinò il capo di lato e, come aveva sempre avuto l’abitudine di fare, si passò una mano fra i capelli, che rilucettero di un’audace vibrazione argentea, eterea, perdendo tutto il caldo tono color dei raggi del sole. Sul viso aveva dipinto un ghigno sottile, raggelante, mentre con tutta la naturalezza del mondo commentava la scena con uno sprezzante e sarcastico: “Ops…”
   
 
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