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Autore: 0421_Lacie_Baskerville    13/03/2022    3 recensioni
Bakudeku oneshots
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"Conoscevo Kacchan da tutta la vita.
Era la prima persona a cui avevo voluto bene, il mio compagno di giochi, la prima grande delusione che mi aveva spezzato il cuore. Era il rivale che più di tutti volevo impressionare e raggiungere. Il mio primo grande amore e ora, stava per diventare anche la mia prima volta."
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Fiori di fuoco


Conoscevo Kacchan da tutta la vita.

Non c'era un momento, un giorno o un'ora, in cui c'eravamo incontrati. Nella mia mente, Kacchan c'era sempre stato.

Il suo sorriso sghembo e le manine calde con cui era solito contare le lentiggini sul mio viso, disegnando sentieri di fata sulla pelle chiara che facevano scaturire un lieve solletico e mi strappavano una risatina dalle labbra. Il modo in cui il rosso dei suoi occhi sembrava divampare e danzare come lingue di fuoco nella luce del sole o nelle ombre della sera, assecondando le sue emozioni violente e i suoi tentativi di domarle.

Ogni cosa di lui mi era famigliare e allo stesso tempo, nuova. Qualcosa che avevo imparato molto tempo prima e che era rimasta con me, impigliata in qualche angolino nascosto della mia anima, in attesa che la riscoprissi.

Era come la visita annuale al Mitama Matsuri che facevamo ogni estate e che ancora oggi, riesce ad affascinarmi come la prima volta. Le sue bancarelle affollate che percorrevamo insieme, i balli tradizionali la cui musica riempie l'aria calda mescolandosi alla confusione della folla, la varietà di yukata e kimoni leggeri come fiori colorati nel mezzo delle vie lastricate, le lanterne in carta di riso che splendono ovunque come tanti punti di luce e che nel venir liberati in cielo, sembrano formare un fiume dorato che ci unisce agli dèi.

Kacchan era come i fiori di fuoco del festival di Sumidagawa, sia che alzassi lo sguardo al cielo per guardarli o lo posassi sulle acque che si stendevano al di sotto, era sempre un'immagine nitida e sorprendente che si imprimeva nelle mie iridi.

D'altronde, eravamo sempre stati parte della vita dell'altro fin dall'inizio delle nostre vite.

Eravamo insieme la prima volta che mi avventurai per le strette stradine del nostro quartiere senza la supervisione di mia madre ed erano i miei occhi, più di quelli di qualsiasi altro bambino, ad averlo guardato risalire il curvo tronco di un acero rosso e afferrarne i rami sottili con le piccole mani per poi sedere a cavalcioni sulla sua cima. Unico ed eroico re che ci dominava dall'alto con la sua risata e gli occhi scintillanti di orgoglio, conscio di trovarmi sempre lì pieno d'ammirazione ad osservarlo.

Erano le sue mani ad asciugare le mie lacrime e la sua voce di bambino a rimproverarmi quando cadevo e mi facevo male ed io, ero e forse sono tutt'ora, l'unico ad aver potuto vedere le lacrime di Kacchan, il suo singhiozzare rotto, gli ansiti sommessi che gli spezzavano. L'unico a cui era stato permesso di vedere le sue fragilità, l'insicurezza che celava dietro a quell'aria strafottente e che portò alla rottura dei nostri rapporti.

Conoscevo Kacchan da tutta la vita.

Era la prima persona a cui avevo voluto bene, il mio compagno di giochi, la prima grande delusione che mi aveva spezzato il cuore. Era il rivale che più di tutti volevo impressionare e raggiungere. Il mio primo grande amore e ora, stava per diventare anche la mia prima volta.

La luce che filtrava dalla portafinestra chiusa creava un lago argenteo ai nostri piedi e bordava i contorni della figura muscolosa di Kacchan di un gioco di luci e ombre, facendo sembrare la sua pelle dorata più pallida e il biondo dei suoi capelli oro bianco.

Seduti entrambi sul letto di lui, fra le lenzuola che contenevano una traccia del suo profumo, il suono rapido dei nostri respiri era l'unico rumore all'interno della stanza. Potevo sentire il pulsare sordo dei battiti del cuore risuonare fin dentro le tempie e alimentare quel filo sottile d'ansia che andava a mescolarsi all'eccitazione e al desiderio che si agitavano nel fondo del ventre.

≪ Deku? ≫

La voce di Kacchan, solitamente così aspra, ora suonava come un sussurro rauco che scivolò nel sottile spazio fra i nostri volti. Le labbra mi tremarono sotto lo sguardo di quelle iridi scarlatte che le ombre cercavano inutilmente di dipingere di nero pece. C'era desiderio nel fondo di quegli occhi e un filo d'impazienza tenuta a stento a bada mentre si sporgeva in avanti e socchiudeva la bocca per liberare un sospiro rapido che conteneva una traccia del suo sapore.

≪ Sei sicuro? ≫ mormorò con voce rauca, così piano che le sue parole rischiarono di perdersi al di sotto dei battiti rapidi del mio cuore e rimanere inascoltate. Gli occhi rossi si sollevarono a incrociare il mio sguardo, sotto l'ombra dei riccioli scuri caduti a coprire la fronte candida. ≪ Puoi ancora tirarti indietro, se non vuoi. ≫

In qualche modo, quella piccola premura fece contrarre qualcosa all'interno del mio petto. La mano che stringeva le lenzuola sotto di noi, sciolse la stretta e si sollevò a sfiorargli il viso. In quella luce fioca anche i tratti del suo volto si confondevano, ma li conoscevo, li conoscevo così bene da disegnarli a memoria con la punta delle dita. La linea elegante dello zigomo, la curva ben calibrata della guancia e quella marcata della mandibola. Le avevo studiate centinaia di volte nel corso degli anni, le avevo viste quando ancora le rotondità dell'infanzia le celava e quando finalmente avevano iniziato a prendere forma.

Avrei voluto avere le parole con cui rispondergli, ma la gola mi doleva chiusa in una morsa di emozione crescente. Tutto quello che potei fare fu guardare in quelle iridi scarlatte e sperare che vi leggesse dentro ciò che non ero capace di dire a voce.

Kacchan deglutì, chinando il capo di lato e appoggiando la guancia arrossata contro il palmo della mano. Non si sottrasse quando mi sporsi a sfiorare le sue labbra con le mie e la sua bocca scattò a catturarmi in un bacio che di premuroso non aveva più nulla. Mani gradi e pallide nelle ombre della notte, si sollevarono ad afferrare la t-shirt che indossavo per insinuarsi al di sotto e sfiorare la pelle dei fianchi. La stoffa si increspò ubbidiente, permettendogli di sollevarla ed esporre sempre più pelle, di disegnare i contorni del mio corpo con le sue mani e imprimerne il tocco come un formicolio.

Aveva i palmi caldi, Kacchan, e nel sollevare le braccia per assecondarlo un brivido languido scese lungo lo stomaco fino al ventre, dove esplose in un calore liquido, levandomi il respiro. Mi districai goffamente dalla t-shirt e riccioli scuri caddero sul viso accaldato prima che potessi lasciarla scivolare oltre il bordo del letto. La bocca di Kacchan fu sulla mia in un'istante, labbra umide che si muovevano affamate e lingue che si cercavano per approfondire il contatto, sfiorandosi e avvinghiandosi in una danza priva di melodia.

Il respiro aspro di Kacchan si ruppe in un verso strozzato nel momento in cui affondai le mani nella massa setosa dei suoi capelli e scivolai a cavalcioni su di lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo stringerlo nell'arco delle cosce e sentire il suo sapore scivolare in gola. E in un certo senso, lo era. Uno spettacolo di fuochi d'artificio che avevo già visto centinaia di volte ma che ogni volta appariva nuovo e incantevole, così come il battito rapido del suo cuore contro il palmo. Il calore emanato dal suo corpo e quel brivido di pura eccitazione che lo scosse quando le mie mani afferrarono il retro della sua maglietta e l'aiutarono a sfilarla, mandandola a giacere a terra.

Nella luce argentea che filtrava dalla finestra la sua pelle dorata assumeva una tonalità lattea, le ombre scure si affollavano nei solchi fra i muscoli e negli occhi socchiusi di lui. Le dita mi formicolarono per la voglia di toccarlo, ma tutto quello che riuscì a fare fu liberare un sospiro tremulo.

≪ Kacchan, sei bellissimo. ≫ mormorai quasi senza accorgermene e un improvviso calore sorse a bruciarmi le guance lentigginose nel realizzare di aver pronunciato quelle parole a voce alta e non averle tenute per me. Un sorriso storto curvò le labbra di lui, distendendosi con un tremito d'incertezza. Gli occhi rossi si socchiusero appena, gettando un'ombra più profonda sulle sue guance arrossate.

Se non avessi saputo che era impossibile, avrei potuto credere che anche Kacchan si sentiva un po' spaventato e imbarazzato. Desideroso sì, di toccarci ed esplorarci, di scoprire quanto sono cambiati i nostri corpi da quando eravamo bambini, meno impacciato di me nell'avventurarsi in un mondo sconosciuto di cui sapevo fin troppo poco.

La sua bocca era calda e suadente nello scivolare via dalla mia per scendere a saggiare la pelle tesa della spalla, lasciando intuire la volontà di strappare via quel velo d'imbarazzo a forza di morsi e baci. Le mani che correvano ad accarezzare i muscoli tesi della schiena scendendo sempre più in basso e nutrendo il tremito che stava sorgendo dal fondo del ventre, quella morsa liquida che si agitava dentro e rendeva la pelle sensibile ad ogni suo tocco.

≪ Kacchan. ≫ mormorai con un filo di voce, serrando gli occhi e il respiro che sfuggiva rapido dalle mie labbra si bloccò in gola nel momento in cui la sua lingua ruvida scivolò sul capezzolo turgido, lambendolo con la punta e accanendosi con le labbra e i denti, come un bambino capriccioso. Un tremito più profondo mi scosse, spezzando la voce sulle labbra tremanti. ≪ Ti prego, dì qualcosa. Qualsiasi cosa. ≫

Le mani percorse da spesse cicatrici affondarono nelle spalle tese, le dita che premevano contro i muscoli solidi, mentre le mani di Kacchan stringevano i miei fianchi nello spingermi sul letto. ≪ Non posso. ≫ soffiò, spingendo il suo respiro dentro il mio orecchio e facendo scaturire un brivido più profondo che corse sulla pelle fino a insinuarsi in fondo al ventre. ≪ Direi la cosa sbagliata, Deku. Sai che lo farei. ≫

Il materasso sotto di noi ebbe un piccolo sussulto nell'accogliere il nostro peso congiunto, la schiena nuda aderì al soffice lenzuolo al di sotto e il respiro mi sfuggì rapido dalle labbra per andare a infrangersi contro la bocca di Kacchan. Il suo corpo caldo premeva contro il mio, i suoi fianchi incastrati nella morbida curva delle gambe e le braccia puntate ai lati del viso, così che le dita potessero accarezzare le guance con una dolcezza che non esternava da quando eravamo bambini.

≪ Rovinerei tutto e tu ti arrabbieresti con me. ≫ sussurrò sulle mie labbra e le dita ruvide sfiorarono una lentiggine dopo l'altra sulla pelle fino a disegnare un sentiero di fata che mi strappò un sorriso. ≪ Userei le parole sbagliate. Le peggiori. ≫ esalò, strofinando la punta del naso contro il mio, gli occhi rossi socchiusi a celare il rosso delle iridi. Il suo respiro mi sfiorò le labbra schiuse, rotolando sulla lingua fino in gola. ≪ E tu ti arrabbierai e deciderai di andartene, di scappare via da me. ≫

≪ E tu grideresti, Kacchan ed io, mi sentirei amareggiato e deluso. ≫ continuai sulle sue labbra, fra un bacio e una carezza tremante delle mani sulla sua schiena nuda, percorsa da una leggera pelle d'oca ≪ E ti direi che anche se sei crudele delle volte, sei anche l'unica persona con cui voglio stare. ≫

Nel rosso di quegli occhi spalancati a fissarmi con una muta sorpresa, riconobbi qualcosa di quella fragilità che aveva sempre cercato di celare dietro i modi bruschi e gli atteggiamenti sprezzanti. Il Kacchan dei miei ricordi, il bambino che sprizzava energia e contava le lentiggini sulla mia pelle. Ma anche il Kacchan più adulto, con i suoi silenzi e le sue grida rauche, con il suo sarcasmo sferzante che aveva vissuto distante da me, eppure sempre sotto il mio sguardo.

Nel sollevare la mano e sfiorargli la guancia con le dita rovinate, avvertì il ventre stringersi in una morsa languida. Kacchan calò sul mio viso con un verso strozzato, labbra umide e bocca affamata che catturò la mia in un bacio voglioso che mi rubò il respiro e dato che lui non era sicuro di poter trovare le parole giuste, provai a farlo io.

Parole mute che avevano la consistenza delle mani sulla pelle e delle labbra che si muovevano affamate l'una sull'altra. Del baluginare dei suoi occhi nelle ombre della notte, nel suo viso che la luce dipingeva d'argento. Il frusciare delle lenzuola e dei nostri corpi che si premevano l'uno con l'altro riempì il silenzio della camera da letto, mescolandosi ai nostri respiri affannosi.

Avvolsi le braccia intorno alle sue spalle con un tremito profondo, assecondando il movimento del suo bacino contro il ventre, gettando indietro la testa e inarcandomi a inseguire con tutto il corpo quella bocca voluttuosa che scendeva a saggiare la pelle tesa del torace. Le sue mani calde che scivolavano a spogliarmi di ciò che restava dei vestiti, disegnando con la punta delle dita ogni curva e rilievo, ogni solco, fino ad affondare il viso nel mio ventre, con un sorriso sardonico a curvare le labbra.

Conoscevo Kacchan da tutta la vita, ma quella notte perfino il sapore delle sue labbra mi sembrava nuovo e famigliare allo stesso tempo. Il danzare delle fiamme in una notte d'estate e il bagliore dorato che diffondevano sul viso di Kacchan, facendo divampare il rosso delle sue iridi. Famigliare e nuovo come l'odore dei tanzaku e del bambù che bruciavano sotto i nostri occhi e il ricordo di un desiderio che avevo espresso e guardato bruciare sotto un cielo stellato, pregando gli dèi che lo realizzassero.

Sentì quel fuoco risalire dal fondo del ventre e scuotermi, strapparmi dalle labbra gemiti acuti che andarono a mescolarsi con i suoi grugniti. Mi trovai ad ansimare disteso in quel letto, avvinghiato pelle contro pelle al corpo caldo e forte di Kacchan, divorato dall'interno dal bisogno di sentirlo scivolare dentro di me, riempirmi con la sua presenza e cancellare, finalmente qualsiasi confine esistesse fra di noi.

≪ Ti prego. ≫ sussurrai con un gemito rauco. Nel toccarlo con mani tremanti e incerte, esplorando il suo corpo muscoloso e cercando di scoprire come dargli piacere. Un sorriso sardonico curvò la bocca di Kacchan mettendo in mostra un dente scheggiato durante una rissa e le sue parole rauche non erano dolci e non erano romantiche, ma erano le parole di Kacchan e lo riconoscevo in ognuna di esse. Nel raspare del suo respiro che mi sfiorava la pelle e nella sensazione calda e bagnata del suo corpo che si faceva posto fra le mie gambe tremanti.

Avevo sempre pensato che una cosa per essere bella doveva essere perfetta, elegante e sicura come lo erano i movimenti di Kacchan quando scalò il tronco di quel acero. Scoprì che invece era come guardare i fuochi d'artificio di Sumidagawa e scoprirgli diversi ogni anno, come legare un desiderio ai rami di bambù dell'Albero dei Desideri e non sapere se si sarebbe mai realizzato.

Un salto nel vuoto, non sempre finisce come ci si aspetta ed io, mi innamorai della goffaggine delle nostre mani e dei movimenti troppo bruschi, confusionari e affamati dei nostri corpi, dei nostri baci troppo brevi e di quelli più lenti e profondi. Del fatto che ci conoscevamo da sempre, ma era come se ci scoprissimo per la prima volta quella notte con ogni fruscio delle lenzuola contro la pelle umida e con ogni tocco delle mani di Kacchan che scendevano a spogliarmi di qualsiasi timidezza, per poi farsi sempre più ardite sul mio corpo.

Nelle ombre della notte, sussurrai fra gli ansiti e i gemiti, la voce spezzata e incerta, parole che erano come miele sulla pelle e che parlavano del rosso delle sue iridi che bruciavano come fiamme nella notte, ornate di ombre scure che ne celavano i pensieri. Lasciai che riempissero l'aria e cullassero il calore liquido che si agitava nel fondo del mio ventre, fino a farlo esplodere in bellissimi fiori di fuoco che riempivano i cieli estivi della nostra infanzia e che sapevano di Kacchan quanto il profumo della sua pelle.

 

---- Angolino Lacie ----

Questa storia voleva essere scritta così.

Dico "voleva" perché ogni storia ha la sua voce e il suo ritmo, è come una melodia che esiste da sempre e che puoi solo tentare di fissare su carta. Questa è esplosa nella mia testa mentre facevo tutt'altro, un fiore di fuoco in un impeto di ispirazione come non mi capitava da tempo ed è stata buttata giù in un pomeriggio di pioggia, proprio seguendo questo principio.

Spero comunque vi sia piaciuta e vi abbia trasmesso qualcosa.

Come sempre, baci

Lacie

 

   
 
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