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Autore: sidphil    14/03/2022    1 recensioni
Mickey e Mandy hanno tutto quello che una persona potrebbe desiderare: tanti soldi, una bella villa, Mickey scaffali pieni di libri e una chitarra che ama alla follia, Mandy un migliore amico che le vuole bene, popolarità e orde di ragazzi ai suoi piedi. Tuttavia, entrambi portano il peso di numerosi segreti sulla loro vita e la loro famiglia. Ian, migliore amico di Mandy, è tenuto costantemente all'oscuro per essere protetto, anche se lui stesso deve convivere con amare sofferenze.
Una storia un po' diversa dal solito, dove vedremo una Mandy e un Mickey diversi ma in un certo senso sempre uguali a quelli che conosciamo e un Ian un po' perso che ha bisogno di trovare sè stesso e che ci riuscirà proprio grazie a loro, senza rendersi conto di quanto può offrire in cambio lungo la strada.
Questa storia è una TRADUZIONE, per cui ho ottenuto il permesso dall'autrice originale.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ian non credeva a ciò che vedeva davanti ai suoi occhi. Era rimasto in piedi tutta la notte pensando al test e vedere quella “A” lo aveva scioccato. Passò il dito sull’inchiostro rosso per un momento, chiedendosi se il professore non fosse stanco e avesse quindi sbagliato ad assegnare il voto. La classe si stava svuotando quando qualcuno lo riportò alla realtà. 

- Sono venuta a riprenderti – sbadigliò Mandy accanto a lui, ma quando i suoi occhi si posarono sul suo foglio, quasi le fuoriuscirono dalle orbite. – Non ci posso credere! –

- Già, non dirlo a me – disse Ian, ancora stordito. Prese la borsa e uscì insieme a lei. Suonò l’ultima campanella e Ian si morse il labbro per trattenersi dal continuare a sorridere. 

- Come hai fatto a prendere questo voto? Alla fine hai ceduto e hai copiato, eh? – fece un sorrisetto Mandy e lo colpì in testa con i fogli. Ian li riprese e li ritirò nella borsa. 

- No, ho studiato. Ho fatto i compiti per questa settimana, li ho capiti –

- Ian – sorrise lei. – In questo momento ce l’avrei di marmo se fossi un ragazzo –

- Già – rise Ian e la guardò timidamente. – Ma sono stato aiutato –

Mandy si piantò davanti a lui e si mise una mano sul fianco. – Ah, quindi c’è davvero qualcuno? E magari pure con un cervello? –

- Ehm – tossicchiò Ian e si interruppe quando vide il suddetto qualcuno camminare nella loro direzione. Gli occhi di Mickey erano sfuggenti e tra le mani teneva la tracolla della chitarra che teneva in spalla. 

- Stai da schifo. La prima settimana è stata dura? – gli chiese Mandy; il suo tono sembrava sincero davanti allo sguardo fulminante di Mickey. 

- Non torno stasera quindi non dimenticarti di dare da mangiare al gatto -. Era bizzarro sentire quelle parole pronunciate da una voce così burbera e gli angoli delle labbra di Ian furono sul punto di incurvarsi in un sorriso. Mandy sembrava meno divertita. 

- Dove diavolo vai? Da uno dei tuoi stupidi am… oh scusa, amici di erba? –

- Non sono cazzi tuoi – sputò Mickey e finalmente rivolse un’occhiata veloce ad Ian. Non disse niente e se ne andò. 

- Dove cazzo stai andando, Mick? – gli urlò dietro Mandy, ma Mickey non rispose. 

- Se ne va sempre così di solito? – chiese Ian senza mai spostare lo sguardo dal retro del suo cranio. 

- Odia stare a casa, quindi sì. Penso che lui e papà abbiano litigato di nuovo -. Si girò verso Ian. – Ehi, non posso venire oggi –

- Come mai? Devi dare da mangiare al gatto? – scherzo Ian e lei lo colpì delicatamente con un pugno. 

- Alex vuole venire da me oggi e potrebbe essere la sua giornata fortunata – rispose alzando e abbassando rapidamente le sopracciglia. 

- Va bene, divertiti con il tuo toy boy –

- Senti chi parla – fece un sorrisetto Mandy e si separarono. 

Ian aspettò che sparisse dalla sua vista, fingendo di aspettare l’autobus, ma in realtà continuò a guardare nella direzione opposta. Non appena lei se ne fu andata, si mise a correre e non ci volle molto per raggiungere Mickey che si muoveva a passo svelto. Gli si avvicinò e Mickey si girò di scatto, pronto a reagire con i pugni. – Calma –. Ian indietreggiò con un salto. 

- Ma che caz… - disse Mickey e si guardò intorno. – Ti serve qualcosa? -. I suoi movimenti erano tesi quindi Ian alzò le mani in segno di difesa.

- Volevo solo ringraziarti per a settimana scorsa, tutto qui –

Mickey lo guardò e si girò completamente verso di lui, socchiudendo gli occhi. – Ti ho venduto della coca? –

- Cosa? No, perché do… -. Ian si grattò gli occhi e sorrise. – No, intendevo per i compiti di chimica. Mi hai salvato –

- Di cosa stai parlando? – 

- Di quando ci siamo incontrati l’altra sera e tu ti sei trasformato in Einstein -

Mickey ci pensò su per un momento e poi sembrò ricordarsi. – Ah giusto, la spesa –

Ian corrugò le sopracciglia ma annuì. – Sì okay. Comunque, grazie mille. Ho preso il massimo grazie a te –

- Vuoi una medaglia? -. Mickey fissò Ian per un secondo per poi girarsi. Inizialmente questo colse Ian alla sprovvista ma si riprese subito. 

- Ehi, stavo solo cercando di farti un complimento –

- Hai finito? – chiese Mickey, chiaramente più infastidito che lusingato. 

- Ma che cavolo, perché sei così incazzato? –

- Nel caso non te ne fossi accorto, sto cercando di andare da qualche parte e tu mi stai rallentando –

- Ah sì? Cosa devi fare di così importante da comportarti da stronzo? – 

- Senti – sospirò Mickey, fermandosi per squadrare Ian, per nulla disturbato dalla differenza di altezza. – Se non ti levi dalle palle avremo un problema –

- Ah sì? – replicò in tono di scherno Ian. – Mi sa che ce l’abbiamo già –

- Credi di essere mio amico o cazzate simili solo perché ti scopi mia sorella? Levati dai coglioni –

Perché Ian non lo faceva e basta? Non è che sarebbe riuscito ad ottenere qualcosa. Ripensò alla pila di domande di ammissione per l’università sparpagliate sul suo letto e al luccichio negli occhi di Mickey la sera in cui gli aveva fatto i compiti, una mano che reggeva delicatamente la matita e l’altra che teneva i fogli premuti contro al suo petto. – Non mi scopo Mandy e non lo farò mai. So solo che ho preso il massimo nel compito di chimica, il corso in cui sono stato bocciato l’anno scorso, e non voglio che succeda di nuovo. Per non parlare di fisica, analisi… sono pieno fino al collo con la scuola in questo momento. Pensavo che magari tu potessi farmi vedere qualcosa visto che sembri piuttosto bravo -. 

Quando finì di spiegare, Mickey sembrava un cervo impalato davanti ai fari di un’auto, come se non fosse sicuro se attaccarlo o ignorarlo. – Cosa credi che sia questo, “Stand and Deliver”? –

- Dai – provò a convincerlo Ian. – Cosa devo fare per avere un po’ del tuo tempo? –. Quelle parole uscirono più maliziose del dovuto ma di solito era così che andava. I ragazzi erano facili da persuadere se offriva sé stesso. Mickey lanciò un’occhiata intorno e incrociò di nuovo il suo sguardo. 

- Stai offendo soldi? –

Ian si raggelò. Quelli non li aveva di sicuro. E poi, Mickey non era straricco? Per cosa avrebbe mai potuto averne bisogno? – No – rispose sfacciatamente. – Intendevo… sai… -. SI interruppe e Mickey semplicemente lo fissò, in attesa della grande rivelazione. Persino i ragazzi etero ci arrivavano ma non Mickey a quanto pare. – Sesso…? – buttò fuori alzando di più la voce. L’aria intorno a loro sembrò farsi più densa e quella luce ostile negli occhi di Mickey svanì sul momento, sostituita da qualcosa che Ian non riuscì a decifrare. Ian aspettò una risposta trattenendo il respiro ma Mickey batté solo le palpebre un paio di volte e se ne andò. – Aspetta, Mickey! –

- Toccami e puoi dire addio alla tua mano –

- Scusami, non volevo farti incazzare –

- Che cazzo di problemi hai? – lo guardò storto il moro aumentando la velocità. – Perché cazzo ti è venuto in mente di venire da me per questa stronzata? Anzi, sai una cosa, non rispondere nemmeno e sparisci prima che ti spezzi la schiena –

La sua speranza per l’università si stava affievolendo e Ian aumentò il passo. Okay, aveva esagerato un po’ ma era convinto in qualche modo che seguire Mickey fosse la cosa giusta. Cazzo, doveva pensare in fretta. Era stato così ridicolo menzionare anche solo l’idea, chiaramente Mickey non era dello stesso avviso, ma non aveva nient’altro da offrire. Un lampione si spense e Ian gli si affianco per l’ultima volta. – Ehi, poco fa hai detto che non saresti tornato a casa. Hai bisogno di un posto dove stare? –

- Mi prendi per il culo? –

- E poi non hai soldi dietro, no? –

- L’unica cosa che mi interessa è che tu chiuda quella fottuta bocca perché non sai di cosa stai parlando – rispose Mickey acido e si sistemò la chitarra sulla schiena. 

- La settimana scorsa bazzicavi nel South Side come un barbone. Vuoi davvero dormire di nuovo per strada? – chiese Ian, ma gli si mozzò il fiato quando venne spinto improvvisamente contro a una rete di ferro, faccia a faccia con gli occhi sempre più cupi di Mickey. – So cosa vuol dire – esalò – non avere un posto dove andare. È all’ordine del giorno nel South Side -. Mickey rimase in silenzio e anche se Ian sapeva che avrebbe potuto affrontarlo fisicamente, non lo spinse via. – Cavolo, mio padre è un esperto –

- Non sai un cazzo – lo avvertì Mickey. Il suo respiro era caldo sul suo viso e sapeva vagamente di vaniglia. Ian deglutì.

- Abbastanza da sapere che litighi con tuo papà e che non tornerai a casa stasera -. Quando si ritrovò spinto ancora di più contro alla recinzione, sentì il metallo cominciare a piegarsi sotto al suo peso. 

- Chi cazzo sei per dirmelo? –

- Scusa, l’ho saputo da Mandy –

- Dovrebbe tenere la bocca chiusa – ringhiò Mickey. 

- Dove andrai, eh? – chiese piano Mickey. Non aveva idea di cosa stesse facendo ora. Che cosa gli era preso di offrire un posto a casa sua, al fratello di Mandy oltretutto? Era davvero così disperato solo per un bel voto? 

Mickey fece un sorrisetto, uno sguardo minaccioso. – Ti ammazzo di botte finché non impari a farti gli affari tuoi, Ian –

Le mani di Ian furono scosse da uno spasmo e il suo viso si addolcì per la gioia al suono del proprio nome sulle sue labbra, anche se si trovava in una brutta posizione. – Pensi che io non sia abituato alle minacce di tipi come te? –. Raccolse coraggio, ma quel profumo di vaniglia lo distraeva. – Credevo che non sarebbe stata una cattiva idea se entrambi ci avessimo guadagnato qualcosa –

Mickey lo fissò e indietreggiò. – Cosa cazzo vuoi? Ormai penso che a questo punto mi seguirai ovunque come uno stalker –

Sollevato, Ian si passò le mani sui vestiti e si raddrizzò. – Fammi da tutor e stasera puoi restare da me -. Eccolo lì. Gli era scappato per sbaglio ma per fortuna Mickey non sembrò accorgersene. 

- Pensi che io non sappia dove andare? –

- Se non fosse così, perché dovresti essere ancora qui altrimenti? – ribatté Ian e l’espressione di Mickey crollò. – Solo per stasera. Io ho un test la settimana prossima, tu puoi dormire in un letto caldo e ti preparerò persino la cena. Quest’anno devo davvero passare e da quanto ho visto l’altra sera non mi sembri bravo solo in chimica - . Cazzo, sembrava una pessima battuta di rimorchio. Doveva trovarsi davvero un altro hobby oltre a vendersi ai ragazzi. 

- Piantala di rendere questa situazione così imbarazzante – disse rabbioso Mickey; Ian non era sicuro che si fosse reso conto dei suoi accidentali doppi sensi. 

- Cosa c’è, non vuoi che cucini per te? Se vuoi morire di fame prego, fai pure, ne abbiamo a malapena per noi – disse in tono leggero.

- Fammi strada e basta prima che cambi idea – 

A quelle parole, Ian sorrise più di quanto avrebbe voluto. Mickey si infilò le mani in tasca ed evitò il suo sguardo. – Diamoci una mossa – aggiunse impaziente e Ian obbedì, girandosi per essere sicuro che Mickey fosse dietro di lui. 

Durante il tragitto non parlarono poiché Ian temeva che Mickey se ne sarebbe andato se lo avesse fatto. Avrebbe dovuto dirlo a Mandy? Che cosa avrebbe pensato? Probabilmente in quel momento stava facendo sesso e non voleva disturbarla. Già, non voleva rovinarle l’appuntamento. 

Mickey sembrava ugualmente nervoso, se non di più. Continuava a spostare il peso da una gamba all’altra ogni volta che dovevano fermarsi ad un semaforo e una volta giunti a destinazione non entrò finché non ricevette l’okay. 

- Fiona? Debs? – le chiamò Ian dopo aver richiuso la porta principale. Non ottenne risposta, quindi prese due bibite dal frigo e accompagnò Mickey al piano di sopra. Mickey posò delicatamente la chitarra in un angolo, spingendo da un lato dei vestiti abbandonati per terra con il piede e curiosò in giro. Fu in quel momento che Ian si pentì di non pulire più spesso. Non solo viveva in un quartiere fatiscente ma la sua stanza era persino stretta, disordinata e strapiena come il resto della casa. Mickey sarebbe stato meglio per strada. E non aiutava affatto che continuasse a restare appoggiato al muro, pensando probabilmente che il pavimento e il letto fossero troppo sporchi per posarci sopra i suoi jeans costosi. 

- Scusa – borbottò Ian buttando per terra libri e fogli sparsi per liberare un po’ di spazio sul letto. Ora che Lip era al college il suo letto era diventato praticamente una mensola e Carl lo aveva riempito di oggetti di vario tipo, perlopiù molto pericolosi probabilmente, nascosti sotto al cuscino e tra le lenzuola. 

- Perché cazzo ti stai scusando? –

- Non è proprio quello a cui sei abituato -spiegò Ian imbarazzato; quando il letto fu libero, Mickey non si sedette comunque. 

- Cosa ti ho detto riguardo alle cose di cui non sai un cazzo? – brontolò Mickey. 

- Beh e allora com’è la tua stanza? -. Mickey non rispose e Ian annuì con un sorrisetto. – Come pensavo –. Batté il palmo della mano sul posto vuoto accanto a lui e indicò con un cenno del capo il fondo del letto. – Puoi sederti –

Mickey sembrò esitante quindi, quando Ian ebbe tirato fuori le sue cose, lo guardò con un sopracciglio inarcato. – Non è così sporco, sai, a volte le lavo le lenzuola –

- Non me ne frega niente di quello che fai – lo fulminò con lo sguardo Mickey. Si sedette sul letto, restando vicino al bordo. Sembrava non sapere dove muoversi, quindi lasciò dondolare una gamba e piegò l’altra sulla coperta. Il letto non era molto grande ma Mickey fece in modo di mantenere abbastanza spazio tra di loro, la mano che stringeva l’angolo del letto come se fosse sul punto di cadere giù. 

- Ehi, credevo che mi avresti aiutato – disse in tono interrogativo Ian, ritrovando i problemi che gli avevano dato difficoltà. 

- Ma comunque, cosa ti fa pensare che io sia bravo in questa roba? – chiese in tono acido Mickey, ignorando le sue parole. Era abbastanza ironico che lo chiedesse solo dopo tutto quel tempo e Ian rise mentre passava ad un'altra pagina. Passò i problemi a Mickey per fargli dare un’occhiata. 

- Questi mi hanno creato davvero difficoltà. Ho passato tre ore sul libro per cercare di capirli –

Mickey prese gli esercizi e durante la lettura il suo corpo si rilassò, appoggiando la schiena contro al muro. – Ci hai almeno provato? – chiese, ma non in tono scontroso, bensì curioso. Ian si avvicinò. 

- No, me lo sono tenuto in mano per tre ore. Certo che ci ho provato, Mickey –

Mickey si staccò dal muro quando udì la sua voce così vicina. Ci fu un momento di tensione e Ian indietreggiò. 

- Che c’è? Non riesco a leggerli da là –

- Provaci di più, cazzo –

- Fammi vedere come si fanno e basta –

Mickey sembrava sul punto di fare un commento, ma invece prese la matita accanto al ginocchio di Ian e cominciò a scrivere sul foglio appoggiato al proprio. – Okay, vedi questa parte qui? Devi aggiungere questa formula nel passaggio o non andrai molto lontano. Ci sono vari modi per risolverlo ma con questo vai sul sicuro –

Quando Mickey ebbe finito di spiegare, Ian rimase esterrefatto. – Il ragazzo che ha mollato la scuola per tre anni sa fare tutte queste cose come se fosse niente. È così ingiusto –

- Ehi, sono stato bocciato due volte – disse Mickey con un certo orgoglio. – E ho saltato un anno –

- Sì e sei stato bocciato perché non venivi mai a scuola, ora ricordo –

- Ah sì? – chiese Mickey, già al secondo problema. 

- Beh sì – fece spallucce Ian. – Sono sicuro che ormai ti conoscano tutti a scuola. E poi Mandy parla di te ogni tanto. Non mi aspettavo che fossi così bravo –

- Non si tratta di essere bravi -replicò Mickey come se fosse un concetto ovvio mentre cancellava dei numeri. – Sono solo cose che ho imparato in passato. Mi ricordo cose che ho letto e le applico. Non bisogna essere per forza Newton –

- Beh, io non sono capace – disse Ian alzando gli occhi al cielo, seppure ugualmente impressionato. Osservò in silenzio la mano di Mickey che si muoveva sul foglio, ascoltando Mickey spiegare con calma ogni passo come se stesse parlando più con sé stesso che con lui. – Leggi tanto? – gli chiese con curiosità dopo un paio di minuti, spostandosi appena un po’ di più vicino a lui e rilassandosi quando Mickey non si agitò. 

- Direi di sì –

- Riviste scientifiche? –

- Tutto quello che trovo –

- Oh okay, fico – rispose Ian e spostò gli occhi sul suo viso. Mickey era concentrato ma sembrava annoiato allo stesso tempo e Ian cominciò a chiedersi cosa facesse per tutto il tempo quando non era a scuola. Beh, leggere era già una cosa… 

- Cosa c’è? – chiese Mickey improvvisamente, spostandosi verso il bordo del letto quando Ian si incantò sulla sua faccia. 

- Vorrei essere bravo come te e non dovermi preoccupare di tutta questa roba – sospirò Ian indicando le domande di ammissione all’università sul pavimento. Mickey le guardò per un secondo e continuò a scrivere. 

- Perché cazzo dovresti voler continuare ad andare a scuola dopo che te ne sei finalmente liberato? –

- Non ho intenzione di vivere qui per sempre – rise piatto Ian. – Me ne vado non appena mi sarò diplomato –

- Il college è inutile. Vogliono solo farti indebitare per il resto della tua vita –

- Sì beh, è l’unico modo per trovare un lavoro al giorno d’oggi –

Mickey non disse niente e dopo aver tracciato un punto, posò il foglio. Un porta sbattè al piano di sotto e Mickey saltò per lo spavento, spostando rapidamente lo sguardo tra Ian e la finestra, come se stesse per buttarsi fuori. – Calmati Mickey, probabilmente è solo mia sorella –

Noncurante delle sue parole, Mickey scese dal letto e afferrò il davanzale della finestra. Sembrava una reazione così automatica, come se fosse un’abitudine. Ian si alzò. – Ehi, è tutto okay -. Mickey guardò il vetro e non rispose. – Vado giù a parlare con Fiona, puoi venire se vuoi –. Quando Mickey rimase dov’era, Ian se ne andò e trovò Fiona che girava per la cucina. 

- Ehi, posso preparare la cena? C’è un ospite – lo salutò Ian. 

- Mandy? Certo –

- Non è Mandy – tossicchiò e tornò sulle scale. – È suo fratello –

Fiona sembrò estremamente confusa ma Ian corse al piano di sopra prima che lei potesse rispondere. Chiuse la porta e trovò Mickey sdraiato a pancia in sotto sul letto che scriveva rapidamente sui suoi compiti.  Aveva le labbra lievemente socchiuse e il suo cappotto era sul pavimento in mezzo ai vestiti di Ian; questo dettaglio lo fece accaldare in qualche modo. Un po’ a corto di fiato, disse: - Ehi, devo capirli. Non voglio che me li risolvi tu, fammi solo vedere come si fanno –

- Così facciamo più in fretta. Fattelo andare bene, altrimenti arrangiati – protestò Mickey senza rallentare. 

Ian raccolse le bibite per terra e ne porse una a Mickey, che la prese senza alzare la testa. Era strano avere Mickey lì. In effetti, tutti i suoi amici maschi erano solo delle scopate facili e non tornavano mai con Ian nella sua stanza, quindi avere un amico maschio a cui non interessava farselo succhiare era insolito. 

Mickey ora occupava tutto il letto, quindi Ian si inginocchiò sul pavimento e appoggiò i gomiti sul letto di fianco a lui. C’era una bella atmosfera ora che il sole stava tramontando fuori. I muri erano illuminati da una tenue luce aranciata e Ian sentì le palpebre calargli mano a mano che Mickey rallentava. Abbandonò la bibita da qualche parte per terra e lasciò crollare la testa sulle coperte. 

 
   
 
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