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Autore: gattanera    05/09/2009    0 recensioni
Ho scritto una piccola storia, immaginando le vicende di tre donne diverse, accumunate dal fatto di andare da una dottoressa lo stesso giorno.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAMICE DI DONNA

Misi la monetina da cinquanta centesimi nella piccola fessura, poi premetti “Cioccolato fondente”, il solito rumore di ogni mattina mi fece sorridere,almeno  non mi aveva fregato la moneta. Il bicchierino era bollente, soffiai più volte, ne assaporai un sorso, il cioccolato caldo e nero mi scaldò la pancia velocemente, la lingua bruciava leggermente, ma avevo freddo ed era una cosa piacevole e ne bevvi altri tre sorsi. Un infermiere prese un caffè, era carino ma troppo basso,  gli sorrisi.  Guardai l’orologio, erano le otto e mezzo, ero puntuale, un miracolo, gettai il bicchiere nel cestino della carta, l’infermiere mi guardò e mi sorrise,  poi imitò il mio gesto, attraversai il corridoio, l’ascensore era aperta e vuota, indugiai un attimo se prendere le scale e rimanere magra, o prendere l’ascensore e dar sollievo alle mie maniglie dell’amore, anzi dell’amicizia come diceva mia zia. Optai per le scale, velocemente le salii in modo da scaldarmi, presi le chiavi in borsa e aprii la porta del mio studio, richiusi la porta dietro di me, mi misi il camice e accesi il computer. Nessun messaggio di posta, nessuno mi aveva cercato, sbruffai. Neanche qualche catena o altre cretinate. Presi l’agenda nel cassetto, avevo pochi appuntamenti, sorrisi compiaciuta. Lo studio era sistemato e pulito, dovevo solo aspettare la prima paziente. Il telefonino squillò, non lessi neanche chi era, aprii lo sportellino.

-Pronto? Chi è?- dissi squillante

-Sono la mamma, che fai?-

-Mamma lavoro, che c’è?- il mio tono di voce cambiò radicalmente.

-Così chiedevo che stavi facendo e se volevi venire con me domani al santuario, viene pure tua zia.-

-Aspetta che guardo l’agenda…-

Misi il telefono sul tavolo, allungai le braccia per stiracchiarmele, poi feci due giri con la mia poltrona, mi schioccai le dita, e ripresi il cellulare.

-Mamma, eccomi. Ho controllato bene, ma ho delle visite.-

-Non puoi annullarle?-

-Beh… si ma solo alcune. Ne ho quattro che non posso proprio rimandare, mi dispiace. Se me lo dicevi prima, magari potevo organizzarmi.-

-Hai ragione ma abbiamo deciso ieri pomeriggio, e tu ieri non hai risposto al telefono ieri sera.-

-Era scarico.- mentii

-Ma suonava, amore io sentivo squillare.-

-Era sotto carica. Ho visto le chiamate stamani.-

-Ahhh capito.-

-Mamma scusa, ho delle pazienti in attesa. Ci sentiamo, divertiti con zia.-

-Sì, ti porto qualcosa.-

-Grazie. Ciao mamma.-

Chiusi lo sportellino del telefono, aprii l’agenda nuovamente e lessi:” Parigi h 8:45”

Non conoscevo quel cognome, a parte la città chi aveva quel nome così stupido? Sorrisi. Mi aspettavo una donna over cinquanta raffinata a parigina, invece sentii bussare, entrò una ragazzina di venti anni circa, aveva i capelli corti e neri liscissimi, gli occhi troppo truccati involgarivano leggermente il suo sguardo, era nervosa e si mangiava le unghia. Le gambe magre erano fasciate da dei jeans scuri, aveva le converse ai piedi color verde, erano carine, qualche anno fa ne possedevo un paio nere pure io.

-Ciao, entra pure e chiudi. Io sono la dottoressa Carletti, chiamami pure Paola.-

-Salve...Paola. -

La sua vocina era stridula, era nervosa e tremavano pure le sue corde vocali, ipotizzai che fosse la prima volta che venisse da un ginecologo o forse era incinta.

-Dimmi tutto. Sei molto giovane, quanti anni hai?-

-Venti.-

-Giovanissima, magari avessi la tua età. Come ti chiami?-

-Marta.-

-Bene Marta, come mai sei qui? –

-Io… ho un ritardo.-

Disse “ho un ritardo” velocemente, il suo tono di voce era schizzato di chissà quanti decibel. Divenne rossa nel  viso,  alcune lacrime scesero e si macchiò tutto il viso di trucco, iniziò anche a singhiozzare e a tremare, gli porsi un fazzolettino e gli strinsi la mano, lei continuava a piangere. In certi casi penso che essere ginecologa sia un privilegio, vedere i bambini nascere, accompagnare e rassicurare le donne durante la gravidanza, sorridere insieme a loro vedendo l’ecografie, ma a volte è così difficile stare a contatto col dolore e la sofferenza delle donne, di chi non vuole un figlio ma lo aspetta, o di chi lo vorrebbe ma non lo ha.

  
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