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Autore: liberaurora    16/03/2022    0 recensioni
Ho immaginato come debba essersi sentita Stefania nei giorni immediatamente successivi alla scoperta della verità su sua madre. Così ho pensato a lei, chiusa in una stanza, che prova a sfogare sulla carta ciò che sta provando. Ho ripreso appositamente certe frasi pronunciate nelle varie puntate da questo personaggio per poi elaborarne di altre (che spero non l’abbiano snaturato). So che certi passaggi possono risultare troppo crudeli conoscendo Stefania, ma alla luce di ciò che lei ha detto a Gloria a casa ragazze credo che siano coerenti e dettate dalla rabbia e dalla delusione che sono comprensibilmente scaturite in lei.
E comunque, come non fossero bastate le lacrime che il talento immenso di Grace Ambrose e di Lara Komar ci hanno regalato, confesso di aver pianto pure scrivendo questa oneshot così introspettiva.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Credo di non aver pianto mai così tanto in tutta la mia vita. Ho alle spalle pochissime ore di sonno. Ogni volta che di notte mi sveglio ripenso subito al terremoto che sto vivendo. La mia mente è diventata una grotta dove riecheggiano le parole di Gloria, le bugie di mio padre, i tentativi di quella che credevo fosse la mia famiglia di soffocare ogni mio dubbio. Gli ultimi giorni sono stati così difficili e mi sono sentita in colpa a guardare con sospetto papà e Gloria. Mi sembrava di essere come Orlando perso nel castello di Atlante alla ricerca di Angelica: più la mia ricerca della verità si faceva urgente, più attorno a me tutti si affannavano a mostrarmi le bellezze del palazzo immaginario costituito dalla nuova famiglia che si stava solo apparentemente consolidando. Peccato che nel mio caso a ingannarmi non è stato un mago, ma mio padre. E io non sono un personaggio inventato protagonista di un poema cavalleresco, ma una giovane donna che in pochi attimi ha perso ogni punto di riferimento e non sa se riuscirà a ristabilire ciò che era.*1

Non so nemmeno dove stia trovando la forza per scrivere. Intorno a me c'è un silenzio assordante e se è vero che ancora non me la sento di confidarmi con le mie amiche, è anche vero che se resto ancora qua a rimuginare impazzisco. Forse è per questo che sto provando a ridimensionare la tempesta che ho dentro facendo scorrere la penna su questi fogli. Fin da piccola ho sempre cercato conforto nei libri e nelle riviste, i miei rifugi di carta. È la mia forma di resistenza quando il peso della solitudine si avvinghia al mio cuore come fosse una creatura tentacolare.

Mi sento così stupida: per tutto questo tempo e ancora adesso che ho vent'anni la mia vita è stata frutto di una menzogna. Fino ad oggi Stefania Colombo non è stata altro che un burattino. Un burattino che si è mosso senza sapere di non essere padrone del movimento dei fili che delineavano la sua esistenza. Fa male sapere che chi dice di volermi bene ha avuto il coraggio di decidere per me, di tenermi prigioniera in una vita fatta di assenze. E tutto questo per cosa?! Per proteggermi? Sul serio? Forse altre persone al mio posto sarebbero state addirittura grate per essere state tenute all'oscuro di tutto, ma io no. Io no.

Quella bambina e poi quella ragazza, che si è sempre sentita un po' sbagliata per non essere cresciuta con una mamma e con un papà come gli altri, sa bene che gli anni di solitudine sono persi per sempre. Nessuno mai mi restituirà la voce dolce di una madre che mi legge una storia prima di addormentarmi. Nessuno mai mi restituirà l'impossibilità di condividere con la propria mamma lo stupore per aver perso il primo dentino, la soddisfazione di aver vinto un piccolo concorso di scrittura a scuola, le mille domande sui cambiamenti dell'adolescenza, le emozioni contrastanti vissute il giorno dell'esame di maturità. Non ho mai nemmeno potuto dare un volto a quella fata turchina che a ogni compleanno immaginavo uscire dalla cucina con in mano una torta, magari imperfetta ma cucinata apposta per me.
Che infanzia è quella trascorsa senza poter scambiare sorrisi di allegria con la propria madre mentre si scartano i regali di Natale? Che infanzia è quella vissuta senza poter condividere l'emozione del primo giorno di scuola, sapendo che all'uscita ci sarebbe stata la mamma ad aspettarmi a braccia aperte? Che infanzia è quella passata a essere l'eccezione fra gli altri bambini che vedevo giocare al parco insieme alle loro mamme?

Col tempo ho imparato a fare buon viso a cattivo gioco, ho maturato una forma di resilienza per non cadere nel vortice della tristezza che mi assaliva ogni volta che pensavo al fatto di essere orfana. Mi sono sforzata di sorridere, di cercare il buono in ciò che avevo, di essere grata per essere cresciuta con una zia che, pur avendo modi talvolta troppo severi, ha cercato di regalarmi un po' di serenità. Di certo non ho potuto nemmeno contare su mio padre visto che era sempre via per lavoro e che stava male anche solo sentendo nominare il nome di mia mamma. Pur essendo piccola, ho compreso e accettato il suo dolore, mi sono rassegnata a non poter nemmeno parlare di lei con lui per non farlo soffrire. Mi sono fatta bastare gli aneddoti raccontati dalla zia Ernesta. Di fronte a lei sorridevo ascoltandoli, ma poi la sera poco prima di dormire quei ricordi mi portavano a inondare il cuscino con l'acqua salata che sgorgava dai miei occhi stanchi. Mi sono dovuta accontentare di sapere di somigliare molto a mia mamma. Avrei tanto avuto bisogno del conforto di una sua fotografia, almeno una. Anziché immaginarla, avrei potuto parlare con lei guardando un suo ritratto, illudendomi che potesse davvero ascoltarmi.

Poi è arrivata lei, Gloria Moreau. Il nostro rapporto si è giorno dopo giorno alimentato grazie all'affetto reciproco che si è venuto a creare in modo naturale. Ci siamo (af)fidate e ci siamo prese cura l'una dell'altra, abbiamo condiviso confidenze personali, intime e momenti di soddisfazione professionale, ci siamo scambiate sorrisi sinceri, ci siamo abbracciate... come farebbero una mamma e una figlia. Nemmeno Roberta e Clelia*2 pur essendo molto amiche sono così legate come noi due. Probabilmente in fondo al mio cuore ho sempre un po' considerato Gloria come la mamma che avevo perduto. Sono ancora molto arrabbiata con lei per avermi abbandonata e per essere tornata senza rivelarmi chi fosse, ma non sarei sincera se nascondessi a me stessa che le voglio molto bene e che ho desiderato potesse rimanermi sempre accanto a sostenermi e a confortarmi. Proprio per questo però mi sento ancora più ingannata e delusa da lei.
Certo, dal canto mio mi sento una stupida se penso a tutte le volte in cui le ho parlato della mia sofferenza per essere cresciuta senza una mamma e dell'importanza che ha per me abitare la verità a qualunque costo. E come dimenticare il suo regalo di compleanno l'anno scorso?! La sorpresa e le emozioni legate a quella serata speciale avevano avuto il potere di colmare per qualche ora il vuoto lasciato dalla morte di mia mamma. Quel vuoto si era riempito gustando una torta imperfetta grazie alla mia cara amica Irene, contando sulla complicità di Federico, festeggiando in compagnia di amici e colleghe, e ricevendo doni stupendi.
Col papà come sempre lontano e la zia a Lecco quella era stata una maniera di sopravvivere alla tristezza di quel giorno. Fra poco sarà di nuovo il 26 marzo e forse per la prima volta nella mia vita sento mancarmi il terreno sotto i piedi. Mi sento abitata da una rabbia, da una delusione, da un rancore che non mi appartengono. Il mio cuore è su una zattera alla deriva nella tempesta, figuriamoci se avrò voglia di festeggiare il giorno in cui mia madre mi ha messa al mondo per poi abbandonarmi dopo pochi anni.

Se davvero mi ama tantissimo come dice, perché tenermi all'oscuro della sua identità anche dopo aver ascoltato il racconto delle mie ferite più intime legate alla sua scomparsa?! È tornata ad amarmi in silenzio, dopo quindici anni, incontrandomi ogni singolo giorno, ma almeno lei ha avuto la possibilità di esserci per me sapendo chi sono io e chi è lei. Io credevo di conoscerla, e invece ora mi sembra di non riuscire nemmeno a conoscere me stessa.
Adesso che so che mia madre è viva e che è lei, quella Gloria che ho sempre ammirato, mi sento così confusa... È come se l'impensabile fosse diventato addirittura possibile, reale. Talmente grande è stato il mio desiderio di riavere indietro la mia mamma che adesso che è stato esaudito è come se mi fossi spinta troppo oltre. Ora che quella stella di cui ho provato immensa nostalgia è accanto a me mi sembra che per me non esista più nessun cielo illuminato.*3

Che grande delusione anche mio padre. Un uomo limpido e onesto come lui, di cui poter andare fiera, mi ha mentito sulla cosa più importante della mia vita. Il tempo perso con lui lontano interrotto da sporadiche visite, quello recuperato abitando insieme nella quotidianità... Davvero pur avendo avuto così tante occasioni per dirmi davvero come stavano le cose ha avuto il coraggio di mentire, soprattutto dopo aver saputo che Gloria ed io lavoriamo fianco a fianco? Davvero ha scelto al posto mio, ha preferito non rivelarmi la verità su ciò che mi è sempre mancato e che avrei fatto di tutto per riavere con me? Ha voluto essere responsabile della mia infelicità. Io non ho mai chiesto di essere protetta da nulla. Forse quello che voleva proteggere era il suo quieto vivere. E potrei anche arrivare a capirlo visto quanto ha sofferto. Ma non a costo di mentire guardandomi negli occhi. Non a costo di mentire ancora e ancora a me, la sua unica figlia. Nemmeno quando l'ho interrogato con le lacrime agli occhi sul suo rapporto con Gloria ha avuto il coraggio di parlarmi sinceramente. Proprio io, che lotterei a tutti costi per la verità, ora mi rendo conto di aver sbagliato a porre fiducia in mio padre.

Chissà quante volte tutta la gente che sapeva la verità ha deciso per me, ha studiato un modo per convincermi che non mi stessero nascondendo niente, che non ci fosse nessun segreto. Che diritto avevano di escludermi da qualcosa di così importante che riguarda solo me, solo quella che era la mia famiglia? Mi sento presa in giro da tutti loro e fa male, tanto.
Ho così tante domande nella testa, uno sciame di pensieri*4 che non so se riuscirò mai a disperdere del tutto. Forse il magone che provo da giovedì sera non mi abbandonerà più.

Se solo Federico non fosse così lontano!*5 So che non avrebbe difficoltà a capirmi, lui che ha vissuto una crisi personale e familiare in qualche modo simile alla mia. Quando me la sentirò voglio scrivergli una lettera e raccontargli tutto, anche se mi basterebbe chiamarlo adesso, sentire la sua voce e sapere che anche se è lontano posso contare sulla sua capacità di ascolto.

È la prima volta nella mia vita che mi sento così tanto sola. Per fortuna che c'è Marco, l'unico aspetto positivo che al momento riesco a trovare in tutta questa storia. Ho scoperto in lui una sensibilità che ha sempre nascosto forse anche a se stesso. È stato un complice prezioso fin dall'inizio, fin dai primi sospetti sulla relazione fra Gloria e mio padre. Da quei giorni ha sempre mostrato di tenere a me e alla mia serenità. Gli sono così grata per il modo in cui si sta prendendo cura di me in punta di piedi, ascoltando i miei sfoghi e offrendo un po' di riparo alle mie paure.

E poi ci sono loro, le mie care amiche Irene e Maria. Quando ho chiesto asilo a loro sapevo di poter contare sulla loro affettuosa ospitalità. Mi mancava così tanto vivere in quella casa, con loro! Sono state il mio porto sicuro da quando la zia Ernesta mi ha permesso di restare a Milano. E pure in questo momento così difficile per me sono state accoglienti senza fare troppe domande, senza pretendere che io rivelassi a loro il perché di questa mia sofferenza. Appena parlerò con loro di quello che mi è successo so che mi offriranno un abbraccio e che sapranno regalarmi parole di conforto. Nel frattempo spero che Maria stia un po' meglio. Non meritava di soffrire per una bugia così crudele prima e per la rottura del fidanzamento poi. Irene e io la incoraggeremo a guardare avanti e a vivere più libera dalle pressioni altrui.

Soffro terribilmente all'idea che tutto quello che facevo e pensavo per stare meglio da qualche giorno mi faccia intristire ancora di più: immaginare la mamma prima di addormentarmi, passeggiare al chiaro di luna come faceva lei, sperare di rincontrarla almeno in sogno... Quell'immagine sfocata ora è corporea, viva. Ne conosco il profilo e ne ho memorizzato inconsciamente certi dettagli. Ma non la riconosco, la sento distante come non mai.
Vorrei solo che le cose fossero andate diversamente. Non ho avuto potere su quello che è successo quando ero piccola e sulle bugie che decisamente non mi meritavo, ma su quello che sarà la mia vita d'ora in avanti spero di sì. Spero di poter fare pace innanzitutto con me stessa e con i miei fantasmi, di trovare un nuovo equilibrio che mi faccia sentire viva e che magari mi porti a essere di nuovo la ragazza sorridente e loquace, ma stavolta senza che questo sia dovuto alla necessità di colmare un vuoto.
Forse ha ragione chi dice che bisogna naufragare per trovare qualcosa di vero.*6
 

Note dell’autrice:
*1 riferimento al poema di Ludovico Ariosto, L’Orlando furioso.
*2  mi mancano le Pellegaris e ho voluto in qualche modo omaggiarle ricordandole qui, sperando sia stata una scelta comunque coerente col resto del testo.
*3 per questo periodo ho preso spunto dall’etimologia del verbo desiderare: sentire la mancanza delle stelle. Le stelle sono così irraggiungibili da poter essere paragonate ai desideri: sono così lontani, come le stelle in cielo, da creare in chi desidera una tensione verso di loro senza che possano mai davvero realizzarsi.
*4 sciame di pensieri è una bellissima espressione che ho preso in prestito da Eugenio Montale, in particolare dalla sua bellissima poesia La casa dei doganieri.
*5 Federico torna ché manchi a Stefania e a tuttз noi!
*6 citazione di un verso della bellissima canzone di Antonio Dimartino, Cuoreintero.
   
 
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