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Autore: Flofly    18/03/2022    2 recensioni
Ci sono tanti tipi di padri. E tanti tipi di figli. Serpeverde e Grifondoro. Harry, Sirius, Draco e Lucius e i loro pensieri in una festa babbana. Liberamente ispirata da Father and Son di Cat Stevens.
Coppia Draco/Hermione fine del 5 anno. Parte della serie potentia para vis ma i riferimenti sono molto lievi.
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Lucius Malfoy, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Threesome | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Potentia Par Vis'
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Ambientata a giugno del quinto anno di Draco ed Harry segue idealmente Moth Goth ma i riferimenti alla storia sono talmente piccoli che non infastidiranno la tua lettura. Fammi sapere se la la leggerai dopo Moth Goth e, nel caso in cui tu l'avessi letta prima, se la tua visione di questa one shot è cambiata.
Un paio di cose da sapere: Draco ed Hermione stanno insieme dal quinto anno e per una serie di vicissitudini e questioni personali sia Lucius e Narcissa che il clan di Harry e Ron ne sono a conoscenza. Sirius è un uomo libero, scagionato dopo che alla fine del torneo tre maghi Luciuse Narcissa per salvare Draco hanno tradito Voldemort aiutati dai membri dell'Ordine. (Il calice della Vita)
A dicembre del quinto anno sono stati mandati nel passato per distruggere un Horcrux e li hanno vissuto tre mesi assistendo alla nascita del gruppo dei futuri mangiamorte e all'ascesa di Voldemort. E Tonks è incinta.( Quel che è stato , quel che sarà). Poi in Moth Goth "succedono cose" ma per queste non hanno bisogno di note prima della lettura. Se l'hai letta capirai i riferimenti nel testo. E se ti stai chiedendo che senso abbia il comportamento di Lucius... beh, è il campione della negazione. O forse vuole solo attaccarsi alla speranza di poter fare qualcosa. 
Ovviamente se il rapporto padre e figlio o sentir parlare di figura paterna ti fa soffrire questa storia non fa per te.
Nella parte di Lucius ci sono riferimenti a gravidanze non portate a termine, se per te è un argomento delicato vorrai saltare la parte centrale del pezzo dedicato a lui ( Da quando leggi il nome di Arthur sino a quello di Draco, più o meno)
Detto ciò, buona lettura, spero ti piaccia.

 





It's not time to make a change,
Just relax, take it easy



 
La grande pendola dell’ingresso batté il rintocco. Non sapeva neanche che ora fosse, a dir la verità. La sentì solo con un orecchio, troppo impegnato a mordicchiare la pelle morbida e profumata della Granger. Non aveva ancora deciso che sapore avesse,  ma era certo di non averne mai abbastanza.Di lei, dei suoi occhi, delle sue labbra, del tempo che trascorrevano da soli in quel posto. Amava l’attico di Diagon Alley: la luce che entrava morbida dalla finestra, le finiture chiare, i fiori sempre freschi e i grandi acquerelli alle pareti. Tutto era stato accuratamente studiato per creare un’ambiente rilassante ed elegante, dove poter essere felici.
E lo amava ancora di più adesso rispetto a quando avevano passato li qualche giorno venticinque anni o sei mesi prima, ancora era difficile capire come spiegarlo. In quei giorni quella casa era stata un nido sicuro, l’unico in cui il dolore di quei giorni non poteva raggiungerli. Erano giorni di terrore e di angoscia per tutti, il potere di Voldemort talmente invadente che sembrava appestare la stessa aria al di fuori di quella porta.
Ora invece era un luogo speciale dove starsene in pace, ma senza la paura di trasformarsi in un mostro qualora non protetto dall’elegante involucro di quelle mura. Sempre che i suoi non mandassero un elfo a sorpresa a controllarli. Era già successo e non era stato affatto piacevole. Quei due stavano tramando qualcosa, ne era sicuro: da quando era tornato a casa li aveva sorpresi più volte ad interrompersi mentre lui entrava nella stanza, oppure osservarlo con uno strano sguardo quando pensavano che non se ne accorgesse.
Risalì con le labbra lungo la piega morbida del collo, le mani della Granger che gli stringevano i capelli e lo attiravano a sé, esponendosi ai suoi baci voraci, ricacciando l’idea dei suoi genitori in fondo al cervello. Decisamente in quel momento aveva ben altro cui pensare.
La pelle della ragazza bruciava sotto le sue dita, mentre le dita si intrufolavano sotto la camicetta di lino bianco. Era stato dannatamente difficile concentrarsi quella mattina, quando lo aveva costretto ad un infinito giro al Ghirigoro. Tutto quello che riusciva a vedere era il pizzo delicato del reggiseno che si intravedeva sotto il tessuto leggero, la curva dolce che si alzava e abbassava seguendo il suo respiro, la catenella con la giratempo con cui giocherellava mentre leggeva e dalla quale non riusciva a distogliere lo sguardo.
Era stata una dannatissima prova di autocontrollo. E ora si meritiva una ricompensa per essere stato così bravo.
Finalmente lasciò che le sue mani fossero libere di fare quello che avevano voluto fare tutta la mattinata, mentre dalla gola della Granger usciva quel suono perfetto che sapeva fare  solo lei. Lo mandava così su di giri che per un attimo rimase  a guardarla, le labbra arrossate per i baci e i capelli indomabili che le ricadevano sul viso avvolgendolo e inebriandolo ancora di più.
Stava per sfilarle quello che ormai era davvero un’inutile pezzo di stoffa, quando improvvisamente quella dannata Grifondoro si staccò da lui di scatto rivestendosi.
“Ehi!”- mugugnò con disappunto.
Hermione si chinò a dargli un rapido bacio, il respiro ancora affannoso. “Scusa,scusa scusa. Non mi sono resa conto che fosse così tardi. Devo scappare. E immagino anche tu”- disse così velocemente da non riuscire bene a capire cosa stesse dicendo, le labbra ancora sulle sue.
“Perché?”
La ragazza lo guardò perplesso, sistemandosi infilandosi la blusa dentro i pantaloncini che le arrivavano appena a metà coscia. Ancora aveva problemi con i vestiti babbani, doveva ammetterlo...o meglio ne aveva quando doveva concentrasi.
“Come perché? Oggi è la festa del papà. Ho promesso ai miei che sarei tornata a pranzo. Devo anche passare a ritirare il regalo”- spiego come se stesse parlando ad un bambino piccolo.
“E io perché dovrei sapere qualcosa di una dannata festa babbana? “- Draco scrollò le spalle fissandola  come se fosse impazzita-”Ricordi… cresciuto da maghi che odiano i babbani? Merlino Granger, nella famiglia di mia madre li rinchiudevano nel labirinto del giardino e davano loro la caccia…”
La ragazza lo guardò appena infilandosi le scarpe di tela bianca, quelle che Pansy minacciava di bruciare ogni volta che le vedeva.
“Ehm, veramente poi andiamo alla Tana. Ogni anno organizzano una partita di Quidditch e una grande festa in onore di Arthur. Ci saranno anche Charlie e Bill, pensa. E i miei si divertono da matti, anche se ovviamente non possono volare. Ed Arthur…dovresti vederlo…è così felice”-borbottò mentre riprendeva dal pavimento quello che aveva scoperto chiamarsi giacchetto di jeans.
Draco sbuffò-” Ma i Weasley non contano”
“Tonks lo festeggia” – ribatté lei, infilando i libri che aveva comprato nella borsa di camoscio a tracolla
“Padre natobabbano, futuro marito lupomannaro. Non credo possa considerarsi affidabile.”- elencò, petualnte.

“Harry sta pensando di fare una sorpresa a Sirius”
“Al massimo la giornata internazionale del cane, allora.”- sbuffò, cercando di tirarla nuovamente verso di lui.
Hermione non rispose chinandosi invece a dargli un bacio veloce affondandogli le dita nei capelli chiarissimi e tirandoli appena.
“Guarda che non c’è niente di male a voler festeggiare. Neanche se sei un dannato purosangue Serpeverde affettivamente problematico. Persino quando si  ha un padre come il tuo.”
Prima che potesse rispondere che lui  non era un dannato purosangue Serpverde ma il principe dei purosangue Serpeverde affettivamente problematici e che se avesse provato a dire al suo altrettanto purosangue Serpeverde e affettivamente problematico padre che pensava di festeggiare una festa babbana sarebbe finito al san Mungo, lei aveva già lanciato una manciata di polvere nel camino ed era sparita.
Dannata Grifondoro.



 
All the times that I cried, keeping all the things I knew inside,
It's hard, but it's harder to ignore it
If they were right, I'd agree, but it's them you know not me


 
L’anno precedente erano stati travolti dallo tsunami della morte di Cedric Diggory e dall’inaspettata e stupida burocrazia che si era abbattuta su di loro . E poi erano state le prime settimane in cui avevano vissuto insieme, entrambi frastornati dal fatto di avere finalmente qualcuno con cui condividere le giornate. Quindi tutta quella storia era passata in secondo piano. Però quell’anno, dopo tutto ciò che avevano passato, aveva sentito il bisogno di festeggiare per la prima volta una festa che l’aveva sempre fatto soffrire, perché lui un padre non l’aveva.
Forse era stato il fatto di conoscerlo poco più che ragazzino. Averlo visto scegliere la famiglia che voleva.
Sapeva che suo padre e Sirius erano stati come fratelli, gliel'avevano ripetuto tutti mille volte. Ma vederli dal vivo lo aveva colpito come uno schiaffo. James e Sirius erano più che amici. A volte sembravano davvero gemelli nati in due mondi opposti e che eppure si erano trovati. La felicità dell’uno era la felicità dell’altro.
Per quello era certo che al suo vero padre non sarebbe dispiaciuto quello che aveva in mente.
Ma prima voleva passare anche da lui.
Ecco perché la mattina presto, quando l’aria di quella mattina di giugno era ancora fresca della pioggia della notte, si era recato a Godric’s Hollow. il marmo bianco che riluceva davanti a lui.
L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte. Passò le dita sull’incisione, chiedendosi ancora una volta cosa avessero pensato i suoi genitori quella sera di ottobre, quando ormai avevano capito che la loro ora era arrivata.
Sorrise. A lui. Ecco a chi avevano pensato. Lo sapeva. Lo sapevano tutti.
Era stato l’amore di sua madre a salvare il mondo.
Ma in quell’amore c’era anche il riflesso di quello di suo padre, morto per proteggerli. Lily e James si amavano di un amore coraggioso e profondo. E lui era il custode di quell’amore.
Chissà  quando suo padre si era reso conto che sua madre fosse la donna della sua vita. Se lo poteva immaginare, spavaldo e strafottente che la guardava di sottecchi, Sirius accanto a lui che sbuffava e Remus che gli sorrideva complice.
Tirò fuori la polaroid che teneva nella tasca: James e Lily neanche ventenni,lui con gli occhi chiusi mentre lei gli teneva il mento con una mano stampandogli un bacio sulla guancia, i capelli rossi che brillavano sotto il flash, E sotto la scritta Foto scattata da Sirius.
Probabilmente era stata presa al cottage dei Potter dove passavano l’estate. Sirius aveva detto che ce l’avrebbe portato quell’estate, insieme a Ron. Avrebbero cucinato sul fuoco, pescato, passato le giornate ad oziare in riva al lago. 
Si chiese cosa avesse provato Sirius, abituato a saloni di marmo lucido e quadri ad olio, velluto pesante alle pareti e una rigida etichetta, la prima volta che si era trovato nella ricca ma amorevole dimora dei Potter. E ancora di più la prima volta che aveva sporcato le sue costosissime calzature su misura nel fango dei boschi.
Conoscendolo probabilmente si era divertito un sacco. Forse per la prima volta si era sentito libero. Amato.
Come lui la prima volta che era stato alla Tana, con Arthur e Molly che lo trattavano come un figlio. O nella capanna di Hagrid, dove sapeva di essere sempre il benvenuto, il rumore familiare del russare di Thor sul pavimento che lo calmava anche nei giorni più bui. O ancora quando Remus aveva bussato alla porta di Grimmauld Place e Sirius, ancora ricercato, gli aveva aperto travolgendolo in un abbraccio di cui aveva bisogno tanto quanto lui.
Appoggiò la fotografia sulla tomba,accarezzandola piano.
Aveva quasi sedici anni eppure aveva un bisogno viscerale di un padre. Avrebbe voluto crescere con qualcuno che gli insegnasse a volare sulla scopa, da guardare mentre si faceva la barba con la schiuma sul viso e un pennarello a simulare un rasoio, con cui parlare della sua prima cotta, o anche semplicemente che gli leggesse una favola la sera.
Era stato defraudato di tutto ciò. Strappato via per l’assurda voglia di potere di un uomo.
James si era assicurato che se gli fosse accaduto qualcosa non sarebbe mai stato solo. Che ci sarebbero stati sempre i suoi migliori amici a prendersi cura del suo bambino. Mai avrebbe pensato che avrebbe passato undici anni di solitudine, raccogliendo solo briciole di affetto stantio. Mai avrebbe creduto che il suo piccolo si potesse mai sentire meno che amato. E invece era vissuto in un sottoscala, sentendosi costantemente inadeguato, rifiutato, rigettato.
Capiva perché Silente l’aveva fatto. Aveva voluto proteggerlo. Eppure ,quando una sera era scivolato in punta di piedi al salone principale, le orecchie ben tese, e aveva sentito Remus piangere per non essersi potuto occupare di lui in quegli anni, aveva sentito che il dolore che aveva provato esplodergli nel petto. Le lacrime silenziose e piene di vergogna di Lupin erano le sue. Le parole di Sirius non riuscivano a confortarlo, così come non riuscivano a confortare il suo amico. E neanche osava immaginare cosa avesse provato il suo padrino, chiuso ad Azkaban per un crimine disgustoso che non aveva commesso, consapevole dell’inganno portato avanti da quel viscido traditore. Un pugnale infuocato che gli aveva scavato la carne giorno dopo giorno. Eppure era rimasto lucido. Per la vendetta.
Per ritrovare lui.
Per farsi perdonare.
Per quello era giusto che quel giorno festeggiassero insieme. Perché se James sarebbe stato sempre il suo papà, anche se era fin troppo piccolo per ricordare qualcosa di più di una sensazione di protezione, Sirius era il riflesso di quell’amore. Il suo padrino che era passato per l’inferno per poter essere accanto a lui.
Arrogante, imprevedibile, a volte decisamente folle.
Ma che lo amava di un amore così viscerale che a volte si chiedeva cosa sarebbe successo quando avrebbe avuto una famiglia sua. Gliel’aveva addirittura chiesto, coprendo la sua preoccupazione con una battuta sulle sue conquiste.
Ma Sirius era rimasto serio, gli occhi grigi fissi su di lui, la voce vellutata ed elegante come sempre.
“Sei tu la mia famiglia Harry”.
Aveva detto, semplicemente.
Era per quello che quel giorno aveva bisogno di celebrare il loro legame speciale.
Toccò il regalo che aveva in tasca. Lo  aveva fatto realizzare apposta per lui. Un bracciale rigido con incisa una frase.
“E il cuore che ci rende padri e figli”
Una citazione babbana che aveva letto per caso e che gli era rimasta dentro, Schiller se ricordava bene.  L’aveva colpito perché lui quel cuore l’aveva cercato per tutta la sua infanzia, nei padri che lo avevano accolto e accompagnato lungo il suo viaggio.
Suo padre lo aveva amato al punto da morire per lui.
Arthur Weasley lo aveva accolto come come un altro dei suoi figli, il cuore troppo grande per lasciarlo fuori.
Remus lo amava per quello che era, non il riflesso di James.
Ma Sirius, Sirius lo amava come se fosse carne della sua carne, sangue del suo sangue.
Sorrise tra sé. Era vero quello che si diceva: Black, tutti matti.
Ma lui si era preso il migliore
Posò una mano sulla lapide, guardando ancora una volta le lettere incise
“Auguri papà. Ovunque tu sia”- mormorò appena.- “E grazie”.
Forse fu il frutto della sua immaginazione, o l’ennesima prova dell’amore di suo padre, ma gli sembrò di sentire la sua risata nel vento dolce di inizio estate.




 
I was once like you are now, and I know that it's not easy,
To be calm when you've found something going on
But take your time, think a lot,
Why, think of everything you've got
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not



Odiava i babbani. E ancora di più odiava le loro stupide feste. La prima volte che aveva sentito parlare di quella stupida festa del papà era a Diagon Alley. E lui non andava mai di domenica a Diagon Alley, quindi la cosa era doppiamente snervante.
E ovviamente c’entrava quello stupido babbanofilo sfornapezzenti di Arthur Weasley. Se lo ricordava bene quel momento maledetto. Un’orda di piccoli odiosi mostriciattoli dai capelli rossi che sciamavano per il Ghirigoro, toccando tutto con le loro sudice manine e borbottando cose senza senso circa il regalo che dovevano compare al loro papà. Ne aveva contati tre, tutti maschi. E poi era apparsa la loro sciatta madre, visibilmente incinta.
E lui invece era li per comprare un libro per tirare su Narcissa, che erano giorni che non si alzava dal letto, devastata dal dolore e dall’assurdo rimorso di aver fatto qualcosa di sbagliato. Non sapeva perché ma questa volta era convinto che fosse una femmina.
E lui non poteva neanche mostrare il proprio dolore:non era socialmente accettabile. E ancora più importante se Narcissa crollava lui doveva essere lì per sostenerla, l’aveva giurato ancora prima di sposarla. E si era rimangiato tante volte la parola in vita sua, ma mai se riguardava la donna che amava.
Quindi si alzava ogni mattina, faceva la doccia, si radeva, indossava il completo impeccabilmente stirato che trovava nel guardaroba. Scendeva in sala da pranzo, beveva il suo caffè e faceva una colazione leggera. Leggeva il giornale,guardava l’agenda del giorno e gli appunti che aveva preso quello precedente. Approvava il menu della settimana, rispondeva alla posta privata. Poi si recava al Ministero. Saluti, strette di mano. Incontri, cenni del capo. Accordi da stipulare, proposte, cifre, promesse, convenevoli. 
Parole, parole e ancora parole. Era sempre stato bravo con quelle. Poteva convincere pressoché chiunque. Beh, anche i soldi avevano sempre fatto la loro parte,a  dire la verità.
Restava fino a tardi. A volte gli incontri diventavano cene, e quando poteva tornare a casa la luna era già alta nel cielo. Si faceva la doccia e si sdraiava accanto a Narcissa, stringendola  a sé. La maggior parte delle volte non si era neanche mossa da quando era uscito quella mattina.
Era uscito dal negozio boccheggiando in cerca d’aria. Neanche si era accorto del libro che ancora stringeva in mano. Lo lasciò cadere incurante di dove finisse, non voleva avere niente di quella giornata. Perché sapeva già che quel chiacchiericcio insensato l’avrebbe perseguitato.
Poi era nato Draco. Un miracolo quando ormai non ci sperava neanche più. Però ogni anno sembrava che tutti attorno a lui intorno alla terza settimana di giugno non parlassero di altro. Al Ministero, per le strade. al ristorante. Una volta era uscito il discorso persino in un incontro governativo. Era diventata una maledizione. O forse solo lui era particolarmente sensibile all’argomento.
Ovviamente nessuno dei suoi conoscenti la festeggiava. E conoscendoli non c’era assolutamente niente da festeggiare. Li conosceva da una vita e sapeva perfettamente essere padri orrendi. Persino più di lui. Lui almeno ci provava.
Ovviamente Narcissa l’aveva scoperto, solo Merlino sapeva come. Non era sembrata particolarmente sorpresa ma l’aveva preso in giro dicendo che di certo non voleva ritrovarsi ad avere ogni anno orrendi regali artigianali fatti a mano da un bambino non particolarmente dotato per l’arte. E soprattutto che se ricordava bene lui aveva sempre detto di odiarli, i sanguesporco. 
Poi era passata a rinfacciargli, non senza ragione, che se proprio voleva passare del tempo speciale con suo figlio poteva farlo in qualsiasi momento. E ancora meglio, poteva evitare di dirgli che avrebbe chiamato mentre era fuori per qualche incontro all’estero quando poi non riusciva a farlo. Ecco, quelli erano i momenti in cui si chiedeva cosa gli dicesse il cervello per averlo fatto innamorare perdutamente d'una Black dalla lingua affilata. Come se lui non avesse voglia di vedere suo figlio e lei tramite camino. Solo che a volte lavoravano fino a tardi, mangiavano e bevevano troppo e se ne dimenticava.
Poi erano passati gli anni e lui era riuscito a rovinare tutto. E come gli aveva ripetuto più volte Narcissa ora era non alla sua seconda ma almeno alla quarta occasione e non poteva permettersi di buttare tutto all’aria. 
Non sapeva bene come fosse possibile ma ora il suo bambino aveva compiuti sedici anni e come tutti i ragazzi della sua età era preso da altro, di certo non dai sentimentalismi di suo padre. E tutti sapevano bene cosa fosse l’altro in questione.
Ammettere ad alta voce che invidiava degli stupidi padri babbani  l’avrebbe imbarazzato a morte, oltre al fatto che suo figlio l’avrebbe fatto internare. Inoltre, se si fossero mezzo gli avvocati poi sarebbe saltata fuori quell’altra cosa che gli teneva nascosta dal suo compleanno. E non era il caso, ancora non avevano deciso come comportarsi. Senza contare che in quel momento, tutto ciò che davvero desiderava, era poter passare del tempo con suo figlio, potersi imprimere nella mente e nell’anima quei giorni, nel terrore che non ce ne sarebbero stati altri.
Era così preso dai suoi pensieri che non si accorse che qualcuno stava bussando alla porta.
Il suono però si ripeté. Toc.Toc.Toc.
Poi la testa di suo figlio fece capolino nella cornice scura.
“Hai da fare?”- aveva chiesto senza neanche entrare. Aveva da fare? Si, doveva rivedere degli accordi per l’incontro della settimana. Invece chiuse di scatto la pergamena che aveva davanti da almeno un’ora senza averla degnata di uno sguardo.
“No, affatto. Perché?”- aveva chiesto senza smettere di guardare suo figlio ancora immobile sulla soglia.
Draco scrollò le spalle: “Ti andrebbe di andare a fare una cosa? Io e te, intendo, senza la mamma”
Probabilmente doveva essere caduto di nuovo dalla scopa battendo la testa. O forse era qualche effetto collaterale di quell’altra cosa. Ma in quel momento non era il caso di questionare. Si permise di sorridere alzandosi.
Non sarebbe mai stato un padre perfetto, ma per fortuna suo figlio sembrava non preoccuparsene troppo. E per il momento andava bene così



 
Nonostante fosse ormai estate l’aria dell’oceano era fredda e pungente. Draco rabbrividì appena guardando di sottecchi suo padre mentre la caramella nella sua bocca assumeva il sapore di caramello salato, il suo gusto preferito.
Lucius guardava il mare, il sacchetto di dolci che aveva preso per portare a casa ancora tra le mani. La signora della pasticceria era stata così contenta di vederli insieme, continuava a parlare con suo padre con una familiarità che davvero non aveva immaginato fosse possibile. Sembrava sapere tutto di lui. Addirittura sapeva che si era fidanzato. E lo sguardo che si erano scambiati... Roba dell’altro mondo.
Se non avesse scelto lui il posto avrebbe pensato di essere finito in un pessimo scherzo dei gemelli Weasley.
“Te lo ricordi allora?”- la voce di suo padre aveva rotto il silenzio, una nota indefinibile nelle parole.
Draco aveva annuito senza rispondere.
Poi suo padre si era girato a guardarlo. A lungo. Ecco, ora gli diceva che voleva portarlo all’ospedale psichiatrico, non c’erano dubbi. Doveva mandare un gufo a Ted per farsi venire a tirare fuori?
“Draco, cosa vuoi fare da grande?”- aveva chiesto invece, scrutandolo, con una strana espressione.
Aveva tirato su le spalle in silenzio. Non ci aveva mai pensato. Il suo orizzonte non era mai andato oltre un giorno alla volta. E poi non pensava davvero che avrebbe potuto scegliere. Nessuno dei suoi amici aveva mai potuto. Tranne Pansy. Ma ovviamente il suo metodo era stato un filo  radicale
“Che importanza ha?”-aveva risposto con voce piatta.
“Che vuol dire che importanza ha? Davvero non hai mai pensato al tuo futuro?”
“A parte ereditare dici?”
Lucius aveva sogghignato,scuotendo la testa divertito: “A parte quello. Vuoi passare le tue giornate a vagare per le stanze del Maniero senza uno scopo?”
A dir la verità lui non voleva proprio viverci al Maniero, ma questo era un argomento per un altro momento. Tipo dopo che suo padre fosse morto o andato via di testa.
Se quello era il gioco a cui voleva giocare, però, lui non si sarebbe tirato indietro
“Quindi se ti dicessi che voglio diventare un cercatore professionista per te andrebbe bene?”- chiese sollevando un sopracciglio ad indicare che non ci avrebbe mai creduto.
“Draco, sei mio figlio e io sono fiero di te. Ma onestamente non sei così bravo. Quante volte Potter ti ha preso il boccino sotto il naso?”- rispose invece suo padre con un ghigno.
Dannato padre Serpeverde
“Custode delle Chiavi e dei Luoghi ad Hogwarts al posto del gigante barbuto. Vivrei in quella catapecchia ai margini della foresta, ne saresti contento?”- ritentò.
“Visto il tuo tocco gentile con gli animali ,forse non mi pare il caso. Finiresti senza un occhio e qualche arto,come minimo. Senza pensare che già ti lamenti delle lenzuola della scuola…”- ribatté suo padre continuando a sogghignare
“Interprete. Parlo quattro lingue correttamente. Potrei farlo diventare un lavoro”. Questa era quasi una proposta seria. In effetti, almeno avrebbero avuto senso tutte quelle ore da bambino passate ad imparare lingue astruse, bulgaro compreso, che finora erano servite solo a farsi minacciare di essere spedito a Durmstrang.
Lucius non si scompose: “Buona idea. Però, parte del lavoro consiste nell’ascoltare. Cosa che non ti è mai riuscita particolarmente bene, converrai con me su questo.”
Draco sbuffò. Ma non poteva avere un padre normale che si limitava ad incoraggiarlo? 
“C’è un motivo dietro questa domanda o è solo una scusa per insultarmi?”- rimbeccò acido.
Suo padre sospirò, rassegnato guardando un punto lontano, quasi stesse cercando le parole. Poi finalmente parlò.
“Draco, sei intelligente e ricco. Puoi essere qualunque cosa tu voglia. Io e tua madre ti sosterremo qualunque sia la tua scelta, ma devi impegnarti. E non puoi impegnarti se continui a dire cose solo perchè pensi mi facciano arrabbiare.”
Si era morso il labbro inferiore, infastidito. Poi, lo aveva ammesso per la prima volta ad alta voce.
“Medimago. Ci sono le pozioni. Ci sono gli incantesimi. E visto che ci riesce Andromeda non c’è bisogno di essere eccessivamente gentili”- borbottò distogliendo lo sguardo.
Sentì suo padre ridere. Ma non rideva di lui. Sembrava genuinamente soddisfatto.
“Avanti, dimmelo. Dimmi, perché un ‘idea stupida”
“Mi sembra un’ottima idea, a dire il vero”
Draco sorrise. In fondo quella strana giornata stava dimostrandosi più piacevole del previsto.
“E… Draco..:”- disse piano suo padre sfiorandogli appena il braccio
“Si”
“Grazie”
Draco sbatté gli occhi. Suo padre non usava quella parola molto spesso. Soprattutto con sincerità.
Forse era davvero il caso di chiedere ad Andromeda di passare a dargli una controllata.
 




You're still young, that's your fault
There's so much you have to know
Find a girl, settle down
If you want you can marry
Look at me, I am old, but I'm happy



La partita era stata piuttosto intensa ma si era divertito da matti. E ora, seduto ad uno dei tavoli che avevano messo fuori la Tana, si stava godendo lo spettacolo rassicurante dei Weasley e dei loro ospiti che mangiavano, bevevano e ballavano, seguendo la musica di un giradischi babbano appositamente stregato.
Ginny era impegnata da qualche parte con Hermione, ma quando l’avrebbe rivista le avrebbe chiesto di ballare. E non importava se i gemelli l’avrebbero preso in giro. Voleva solo stringerla e lasciarsi cullare da quella musica.
“Gli è piaciuto molto sai? Mi ha fatto vedere quel bracciale almeno tre volte. E sta pensando di tatuarsi quelle parole sul polso"-la voce calma e rassicurante di Remus accanto a lui sembrava cullarlo a ritmo della musica
Sorrise, il cuore che si riempiva di gioia ripensando a come erano brillati gli occhi grigi di Sirius quando gli aveva dato il suo regalo.
“Il prossimo anno avremo il piccolo Edward con cui festeggiare. Manca poco al parto vero? “- chiese passandogli una burrobirra.- “A proposito, ha scelto Tonks il nome, vero?”
Remus rise “ Sì, ma io sono totalmente d’accordo. E’ un bel nome. Classico, elegante. E Ted è un uomo eccezionale che ha un rapporto splendido con una figlia altrettanto splendida. Spero di riuscire ad essere altrettanto fortunato, un giorno”
Harry lanciò uno sguardo a Nymphadora che ormai prossima al parto, ballava lentamente con suo padre, ridacchiando di chissà che cosa. E Ted, la mano di Tonks chiusa nella sua e poggiata sul petto sorrideva come se fosse l’uomo più felice della terra.
“Sarete dei genitori eccezionali”- gli disse semplicemente. E lo credeva sul serio.
Nessuno meritava di essere più felice di lui e Tonks.
Nonostante tutti i pettegolezzi. Nonostante la differenza di età.
Sapeva che Remus si sentiva troppo strano, troppo vecchio, troppo povero per lei. Troppo danneggiato. Ma lei, degna figlia di sua madre, era caparbia e innamorata e non gli aveva dato tregua fino a quando lui non si era arreso ai suoi sentimenti.
Gli ricordava tantissimo Ginny in questo.
“Spero di non rovinare tutto, almeno. Ma so per certo che questo bambino sarà amato enormemente. E mi basta.”
Era vero. Il piccolo Edward ancora prima  di nascere aveva una famiglia allargata  che lo aspettava con trepidazione. E pronta a fare a pezzi chiunque l’avesse fatto soffrire.
Remus gli mise un braccio attorno alla spalla :”Sai Harry, quando sei nato noi eravamo molto giovani. E avevamo questo modo di scherzare,una nostra frase in codice, ogni volta che ci occupavamo di te. Mi raccomando, Grifondoro”.
Harry rise di cuore. Se li immaginava neanche ventenni in fuga e in guerra ad occuparsi di un neonato. Era un miracolo che fosse rimasto tutto intero. O più probabilmente era proprio grazie a loro.
“Sai, ora invece non mi importa. Non importa che mio figlio sia di Tassorosso come la madre o un Grifondoro come me..”- continuò Remus perso nei suoi pensieri
“Non Serpeverde, però”-  Sgranò gli occhi Harry. Tutto ma non Serpeverde l’aveva sempre detto.
“Non tutti i Serpeverde sono cattivi, Harry, pensavo l’avessi capito. E non guardarmi così, ti prego. Pensa a Draco e Pansy”- Remus continuò ignorando  il brontolio del ragazzo accanto a lui, evidentemente in disaccordo- “O ad Andromeda. O a Piton”
“Piton?”- Harry non poté fare a meno di chiederlo
Remus annuì, senza dare ulteriori spiegazioni. Non avrebbe tradito il segreto del professore di Pozioni. Ma lui sapeva quello che aveva fatto per Harry, quello che aveva fatto per amore di Lily. Nonostante tutto.
“Harry, senti volevo chiederti una cosa. So che sei giovane e questo sarà solo un impegno tra noi. E potrai dire di no, se non te la senti”- continuò il mago abbassando improvvisamente il tono di voce, le parole che rallentavano appena, come se stesse valutando attentamente quali usare.
Harry si fece serio :”Qualunque cosa per te, Remus lo sai”
L’uomo sorrise. “Vorrei che tu fossi il padrino di mio figlio”
Harry, il bambino sopravvissuto, la speranza dei maghi, colui che non aveva paura nemmeno di Voldemort, sentì per un attimo mozzargli il respiro.
Poi il cuore gli si aprì di gioia.
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”- rispose ridendo e battendo la burrobirra contro quella di Remus, ancora intatta.
Remus rise stringendolo a sé.
“Harry?”
“Si, Remus?”
“Grazie”
E che fosse stato dannato se quel bambino che doveva ancora nascere fosse finito a Serpeverde




 
Per i papà sempre presenti come Arthur.
Per quelli per cui non conta il sangue come Sirius.
Per quelli che attendono di conoscere i loro figli come Remus.
Per chi protegge nonostante il dolore  come Severus.
Per chi continua a provarci, nonostante sappia di aver sbagliato tutto come Lucius.
E per tutti quelli che vegliano dall’alto come James.
 
 
   
 
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