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Autore: FluffyHobbit    18/03/2022    1 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]Sequel di "Tu non innamorarti di un uomo che non sono io"
Dal testo:
"Non vedo l'ora che arrivi stasera, 'o sai?"
[...]
"Ma se siamo svegli da tipo cinque minuti…"
[...]
"Sì, ma oggi è una giornata speciale e stasera lo sarà ancora di più."
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'ora dell'incontro giunse con la lentezza delle ore attese e questa volta Manuel non protestò quando Zucca si mise a perquisirlo. Come l'altra volta gli sequestrò il cellulare e lo trascinò con ben poca gentilezza nell'ufficio di Sbarra. Manuel si chiese se il vecchio si fosse mosso da lì dall'ultima volta che si erano visti.

"Ragazzi’, me devi scusa' se oggi vado de fretta, ma c'ho un sacco da fa'. M'hai portato i soldi?"

Domandò subito e Manuel senza perdere tempo -anzi, era contento di non dover dilungarsi in chiacchiere inutili- prese nello zaino la busta in cui aveva messo i contanti, poggiandola sulla scrivania.

"So' settemila, ho pensato che te dovessi da' un po' de interessi per quanto t'ho fatto aspetta'..."

E poi lui i soldi di Sbarra non li voleva, non più. Aveva capito che gli antichi romani nel pensare ‘pecunia non olet’ si erano sbagliati di grosso, c'erano soldi che puzzavano eccome e lui non voleva averci niente a che fare, non più.

Sbarra fece una risatina e contò rapidamente le banconote nella busta, poi prese mille euro e li porse a al ragazzo.

"Tiè, questi so pe te. Sei stato bravo, te li meriti."

Manuel scosse il capo, poi si sforzò di accennare un sorrisetto di circostanza.

"No, te ringrazio, ma non me li merito. Magari la prossima volta…"

"No, insisto io. Pigliateli, magari ce porti fuori a cena er pischello tuo, eh?"

Replicò con un ghigno beffardo e Manuel si gelò sul posto. Le sue paure erano fondate, Sbarra sapeva tutto. Deglutì, sforzandosi di mantenere la calma, e nascose le mani in tasca per non far vedere che avevano cominciato a tremare.

"Pischello? Ma di che parli, Sbarra? Io mica so' frocio…"

Cercò di mostrarsi sicuro di sé, usò perfino quella parola orribile che aveva sputato in faccia a Simone troppe volte -e non avrebbe mai smesso di sentirsi una merda per questo, non importava quanto lui gli dicesse di averlo perdonato- nel tentativo di allontanare l'idea da Sbarra, ma evidentemente non ci riuscì perché il vecchio si mise a ridere e così anche Zucca.

"Ah no, non sei frocio, te? Siediti, che te faccio vede' 'na cosa."

Manuel si morse un labbro, nervosamente, e si mise a sedere. Subito si ritrovò le mani di Zucca strette sulle sue spalle per tenerlo fermo. Pochi istanti dopo Sbarra gli mostrò una foto e Manuel non ebbe bisogno neanche di osservarla da vicino per riconoscerla, lui e Simone l'avevano scattata appena una settimana dopo essersi messi insieme: erano stesi a letto, entrambi si erano svegliati da poco e Manuel aveva i capelli più arruffati del solito. Simone aveva riso tantissimo, li aveva definiti 'un nido di rondini' e aveva insistito tanto per immortalare il buffo momento. Manuel aveva protestato un po', ma solo per gioco, in realtà sarebbe andato anche a scuola con quell'assurda pettinatura, pur di rendere allegro Simone. Ciò che rendeva inequivocabile la foto, anche per chi non sapeva nulla di loro, erano le labbra di Simone poggiate sulla guancia di Manuel in un morbido bacio e il volto di Manuel illuminato di conseguenza.

"Questo pischello qua, mo te sei rinfrescato la memoria? Simone, giusto?"

Manuel chiuse gli occhi per un istante e annuì. Non aveva senso continuare a mentire.

"Lo so che l'hai rapito tu, la Vespa che mi hai fatto vedere era la sua."

Sbarra accennò un sorrisetto beffardo.

"Bravo, sei proprio intelligente allora. E dimme, hai capito pure il motivo per cui so' stato costretto a mandare Zucca a prende 'sto ragazzetto?"

Manuel annuì di nuovo e fece un respiro profondo prima di rispondere. Era chiaro che Sbarra avesse affidato a Zucca un compito del genere, del resto era il suo uomo di fiducia, ma si sentì comunque morire dentro di fronte a quella certezza, perché Zucca non era uno che usava le maniere gentili per fare qualcosa.

"Sì, sì, l'ho capito, l'hai fatto perché non ti ho venduto subito quelle pillole e m'hai voluto puni'. Ti giuro che nun se ripeterà più."

Parlava in fretta, agitato, non riusciva a tenere a freno la sua preoccupazione, pur sapendo di star sbagliando. Claudio aveva ragione, se solo vedere una foto di lui e Simone gli aveva fatto perdere il controllo, cosa sarebbe successo se l'avesse visto di persona? Il problema era che lui, a Claudio e alle sue indicazioni, non riusciva nemmeno a pensarci, in quel momento.

"E adesso immagino che me chiederai de lasciar andare il tuo fidanzatino, non è così?"

Sbarra era estremamente compiaciuto dalla situazione, era bastato davvero poco a far crollare quella finta spavalderia che il ragazzetto di fronte a lui si ostinava a mostrare. Manuel si sentiva soffocare.

"Sì, però te voglio proporre uno scambio, come negli affari che te piacciono tanto. Lascia andare Simone e prenditi me, sono io quello che t'ha fatto incazza'.  Me puoi far menare da Zucca, je puoi di' de spezzarme un braccio, tutto quello che ti pare, ma prenditela con me. Simone non c'entra in questa storia."

Manuel pensò che quella, più che una proposta, fosse una vera e propria supplica. Una supplica fatta al Diavolo in persona, che in quanto tale gli rise in faccia.

"Che cuor de leone, e innamorato pure! Tra poco me fai mette a piagne, guarda…"

Scosse il capo.

"Il problema sai qual è? È che io t'ho già fatto menare una volta e tu la lezione non l'hai imparata. Non so' un professore, ma questo nuovo metodo ha funzionato molto di più, adesso me sembri davvero convinto. Me spiace, ma me vedo costretto a trattenere l'amichetto tuo ancora per un po'..."

Manuel non ci vide più, fece per alzarsi preso dalla voglia di strozzare quel vecchio infame con le sue stesse mani, ma Zucca lo teneva fermo, piantato sulla sedia, non importava quanto lui si agitasse.

"Non lo puoi fare!"

Esclamò, terrorizzato e arrabbiato, anche se in realtà Sbarra poteva benissimo.

"Mh, altrimenti che fai, chiami la polizia? Mettiamo le cose in chiaro, appena sento odore de sbirri, io al tuo amichetto faccio fare una brutta fine, intesi?"

Il ragazzo si placò immediatamente, ogni fibra del suo corpo aveva perso forza di fronte a quella minaccia, nonostante il suo cuore pompasse sangue all'impazzata. Ogni via d'uscita gli sembrò lontanissima, irraggiungibile.

"Ecco, così già va meglio. E ringrazia che sono un romanticone, adesso te la faccio io una proposta. Mi senti?"

"Sì, ti sento…"

Rispose lui con voce fioca. Sapeva già di non avere alternative e che avrebbe dovuto accettare a prescindere.

"Ce stanno un po' de persone che, come te, se sentono de potermi prendere in giro. Me devono dei soldi e nun vojono paga'. Tu va' da loro, convincili, e io, se me gira bene, te faccio incontrare Simone. So sicuro che anche lui muore dalla voglia de rivederti."

Le ultime parole di Sbarra si arrampicarono come brividi lungo la sua schiena, Manuel sapeva che non erano casuali, non lo erano mai. Cosa cazzo sta facendo passare a Simone?, pensò.

"Va bene, sì, lo faccio. Dammi gli indirizzi e ci vado…"

"Vedi che ho ragione e che questo metodo funziona? Faremo tante belle cose, io e te…"

Così dicendo prese a scrivere su un pezzetto di carta, ma venne interrotto quasi subito da una telefonata, al termine della quale si alzò.

"Zucca, andiamo, ce sta quella cosa da fare. Manuel, tu m'aspetti qui, vero? Cinque minuti e torno, così ti do la lista. Mi raccomando, nun tocca’ niente."

Entrambi si allontanarono, lasciando Manuel da solo con la donna di Sbarra a tenerlo d'occhio. Di certo lei non era Zucca, ma Manuel era così spaventato al pensiero di fare un passo falso, che l'idea di poter sfruttare il momento per salvare Simone venne accantonata immediatamente. Anche volendo, poi, lo sfascio era pieno degli uomini di Sbarra, sarebbero stati fermati ancor prima di poter raggiungere il cancello.

"Te sei Manuel, giusto?"

Domandò la donna, che fino a quel momento era stata a sistemarsi le unghie. Il ragazzo quasi trasalì a sentirne la voce, gli aveva sempre dato l'impressione di essere una bambolina e basta, era come se adesso gli avesse parlato una Barbie.

"Sì, sono Manuel. Che vuoi?"

La donna accennò un sorrisetto.

"Voglio farti un favore. Alzati."

Si avvicinò alla scrivania di Sbarra, aprì un cassetto e vi prese un piccolo mazzo di chiavi. Manuel la osservava accigliato, non capiva cosa volesse fare. Aveva una speranza, però.

"Oh, ma te vuoi move? Guarda che Sbarra non starà via pe’ molto. Vie' con me."

E Manuel finalmente si alzò, seguendola nella stanza accanto all'ufficio -dove lei si fermò a prendere una bottiglietta d'acqua- e poi ancora fino ad un'altra porta. Manuel sapeva cosa, o meglio chi, ci fosse dall'altra parte, ma non aveva intenzione di aggiungere l'ingenuità agli errori di quel giorno. Fermò quindi la donna prima che potesse aprirla.

"Guarda che qua dentro ce sta Simone, eh."

"E questo l'avevo capito, ma non capisco perché tu me lo voglia fa' vede'. Non hai sentito l'uomo tuo? Se ne parla la prossima volta…"

Cercò di dissimulare il rammarico nella sua voce, ma non fu sicuro di riuscirci bene. La voglia di abbracciare Simone era troppo forte, non era facile nasconderla.

La donna alzò gli occhi al cielo.

"Sì che l'ho sentito, perciò ti ho portato qui. Ti ho detto che voglio farti un favore, non ti sta bene?"

"E no che non mi sta bene, perché i favori poi si devono ricambiare e io non so cosa tu voglia da me."

Replicò, con una punta di sarcasmo. La gente come Sbarra non faceva mai niente per niente, ormai l'aveva imparato.

"Senti, Manuel, Sbarra non starà via a lungo, se ci tieni a vede' Simone devi deciderlo adesso. Se vuoi un consiglio, lasciami aprire ‘sta porta."

Si fissarono negli occhi per qualche istante e Manuel vi lesse, inaspettatamente, una determinazione sincera. Sembrava ci tenesse davvero a fargli incontrare Simone e forse, se davvero era così, evidentemente sapeva qualcosa più di lui. Le lasciò la mano, in modo che potesse girare la chiave.

"Me dispiace, te posso dà solo cinque minuti. E fallo bere un po', ma piano piano perché altrimenti se sente male."

Così dicendo gli porse la bottiglia e aprì la porta subito dopo. Manuel si ritrovò davanti ad una stanza buia, ma non appena la donna di Sbarra accese la luce, sentì il proprio cuore saltargli in gola.

Davanti a lui, all'altro capo di quello che capì essere uno stanzino, c'era Simone seduto a terra, con il capo reclinato leggermente in avanti. Sembrava addormentato, tuttavia una persona che dorme solitamente si sveglia quando all'improvviso viene accesa una luce, mentre Simone non reagì in alcun modo. Non era addormentato, era svenuto.

"Simo! Oh, Simo!"

Esclamò, precipitandosi accanto a lui. Si mise in ginocchio per essere alla sua altezza e gli sollevò il viso prendendolo delicatamente tra le mani.

La prima cosa che notò fu il grosso ematoma all'altezza dello zigomo sinistro, gli copriva quasi tutta la guancia, per cui preferì dargli qualche colpetto sul lato destro, per evitare di fargli male.

La seconda, furono le manette che lo tenevano legato al tubo dietro di lui, perché provò a spostarlo un po' e non ci riuscì.

"Simo, cazzo, svegliati! Nun me fa scherzi…"

La voce gli tremava per la paura e sentiva gli occhi già pieni di lacrime quando finalmente Simone riaprì i suoi. Manuel gli sorrise a trentadue denti e Simone, dopo qualche istante di confusione passato a sbattere le palpebre per il fastidio causato dalla luce, lo ricambiò. Doveva essere un altro di quei momenti bellissimi in cui Manuel gli faceva visita tra il sonno e la veglia, sì. Questa volta, però, si accorse che le mani di Manuel, morbidissime sulle sue guance, erano molto più calde.

"Ciao, Simo'."

Riuscì appena a sussurrare, troppe erano le parole che gli affollavano la testa e poco il tempo per dirle tutte. Una cosa, però, era più importante delle altre.

"Te lo giuro, ti porterò fuori di qui. Ti riporterò a casa, fosse anche l'ultima cosa che faccio. Me dispiace, me dispiace da morire…"

Simone si lasciò cullare da quella promessa rassicurante, anche se era soltanto frutto della sua fantasia, e da quelle carezze delicate che Manuel aveva preso a fargli con il pollice sulla guancia sana. Erano più belle del solito e gli mancavano tanto.

"Vorrei che tu fossi davvero qui, lo sai?"

Mormorò con un filo di voce e Manuel si accigliò, preoccupato. Che Simone non stesse nelle migliori delle condizioni lo aveva messo in conto, ma la situazione adesso gli sembrava molto più critica.

"Che vuoi dire, Simo'? Guarda che io sto qua per davvero, eh."

Gli sorrise incoraggiante, passandogli la mano libera tra i capelli. Erano sudatissimi, in quella stanza faceva un caldo infernale, ma non se ne curò minimamente.

Simone scosse il capo in maniera quasi impercettibile.

"Lo dici sempre, ma poi scompari. Non fa niente, però, va bene così."

No, per Manuel non andava un cazzo bene se Simone aveva le allucinazioni. In lui, il desiderio di spaccare la testa a Sbarra era solo di poco inferiore a quello di prendersi cura di Simone.

"No, no, guarda, stavolta non è così. Adesso ti dimostro che sono vero."

Disse dolcemente, interrompendo le carezze soltanto per prendere la bottiglia che aveva lasciato a terra e aprirla. Portò una mano dietro la testa di Simone, con delicatezza, mentre con l'altra gli avvicinò l'acqua.

"Bevi un po', mh? L'acqua è reale, senti? E lo sono anch'io."

Mentre Simone beveva, lasciò vagare i suoi occhi su di lui: indossava la tuta che usava per gli allenamenti di rugby, la stessa tuta che Manuel più di una volta si era preso il tempo di sfilare, sporca di terra e chiazzata di sudore in alcune parti - in quello sgabuzzino si moriva di caldo- ma fu una particolare macchia ad attirare la sua attenzione.

Serrò la mascella, sentendo la rabbia montargli dentro quando realizzò che quello stronzo di Sbarra non lo lasciava nemmeno andare in bagno e Simone era costretto a pisciarsi addosso.

Spostando lo sguardo ancora più giù, vide che le sue gambe erano piene di lividi ed era certo che ne avrebbe trovati altri, se avesse sollevato la maglietta. Sbarra gliel'avrebbe pagata.

"Adesso mi credi?"

Domandò sorridendogli, spostando momentaneamente la bottiglia dalle labbra di Simone. Preferì mettere la rabbia da parte per quel momento, che doveva essere soltanto loro.

Simone gli sorrise di rimando, il primo vero sorriso in quei giorni bui, con le lacrime agli occhi.
"Sei...sei davvero qui!"

Balbettò, felicissimo. Si spinse verso di lui, potendo soltanto poggiare la fronte contro la sua, ma se avesse avuto le mani libere e se non fosse stato sporco dalla testa ai piedi lo avrebbe stretto a sé. La paura, il dolore, la sete e la fame scomparvero tutti quasi per magia a quel contatto. Se c'era Manuel, lui stava bene, sempre.

"Sì, sì Simo'. Paperotto tuo è qui."

Sussurrò Manuel senza smettere di sorridere e Simone ridacchiò.

"Pensavo ti facesse schifo questo soprannome."

"E pensavi male! Mi fa schifo tanto quanto mi fa schifo abbracciarti, cioè per niente."

Simone abbassò lo sguardo, pieno di vergogna. Era tutto sudato e sporco, sicuramente Manuel la pensava diversamente in quel momento.

"Non ti biasimerei, se adesso ti facesse schifo abbracciarmi…"

Manuel scosse il capo, incredulo. Sollevò il capo di Simone portandogli una mano sotto al mento, in modo da poterlo guardare di nuovo negli occhi. Come poteva anche solo pensare una cosa del genere?

"Simo', non fare il perfettone. T'abbraccerei anche se fossi ricoperto di spazzatura, non lo faccio soltanto per paura de farte male."

Il viso dell'altro ragazzo si illuminò di un bel sorriso, un sorriso che sciolse il cuore di Manuel.

"I tuoi abbracci non potrebbero mai farmi male."

Sussurrò e Manuel, allora, si sporse ad abbracciarlo dopo avergli chiesto il permesso con lo sguardo. Era vero, Simone era sporco e sudato, ma Manuel non avrebbe rinunciato a stringerlo a sé per niente al mondo. Erano uniti in un modo che nulla poteva separare.

Simone, per la prima volta dopo giorni, rilassò ogni muscolo del suo corpo, cuore compreso. Era tutto tornato al suo posto, anche se c'era ancora tutto da risolvere.

"Ascoltami, non sei tu che ti devi vergognare, capito? È quello stronzo di Sbarra che deve vergognarse de respirare ancora."

Sussurrò Manuel al suo orecchio, senza separarsi da lui. Simone annuì piano, anche lui ben poco intenzionato a rompere quel contatto. Restarono stretti ancora per un po', con Manuel che accarezzava la schiena di Simone per quanto gli era possibile, quando furono interrotti dalla donna di Sbarra.

"Ragazzi’, me dispiace, ma il tempo è scaduto. Sbarra sta tornando, spicciate."

Manuel sciolse a malincuore l'abbraccio e anche l'espressione di Simone si fece più triste. Gli diede un bacio a fior di labbra e per un attimo sentì il sapore del ferro.

"Torno presto, te lo prometto. E ti riporterò a casa."

"Ti aspetto."

Rispose l'altro e i due si scambiarono un dolce sorriso, pieno di futuro.

Manuel poi si sbrigò a tornare nell'altra stanza e Simone rimase di nuovo solo, al buio. Poggiò la testa contro al muro e chiuse gli occhi, lasciando che il suo corpo si beasse della sensazione lasciata da quello di Manuel e che la sua mente lo cullasse con un bel ricordo.

"Ah, ecco dov’era finita la mia maglietta!"

Esclamò Simone, voltandosi per sventolare la sua maglia a righe rosse e blu in direzione dell'altro ragazzo.

La stanza di Manuel era qualcosa di molto simile ad un campo di battaglia: i suoi vestiti erano sparsi un po' ovunque, per non parlare dei libri, dei dischi e di tante altre cianfrusaglie che Manuel nemmeno ricordava di possedere. In ogni spazio libero c'era almeno uno scatolone, pronto per essere riempito. Lui e Anita erano in procinto di trasferirsi a Villa Balestra e Simone si era offerto ben volentieri di aiutare il suo ragazzo nei preparativi.

Manuel, che era di spalle, si voltò e mise su un'espressione che ricordava quella di un bambino beccato con le mani nella marmellata.

"Ah, sì, quella. Scusami, è che poi sei partito pe Glasgow, ce so stati quei casini e me so' dimenticato di restituirtela."

Disse con nonchalance, tornando a concentrarsi sui dischi che aveva appoggiato sulla scrivania per non incrociare lo sguardo di Simone. Era la maglietta che Simone gli aveva prestato quando lo aveva soccorso dal pestaggio di Zucca ed effettivamente Manuel si era dimenticato, almeno in un promo momento, di riportargliela.

Simone, comunque, non era intenzionato a dargliela vinta così facilmente: posò la maglietta sul letto e si avvicinò di soppiatto alle spalle del suo ragazzo, lasciandogli un bacio sul collo prima di poggiare il mento sulla sua spalla. Manuel sorrise istintivamente.

"Pensavo non ti piacesse il mio modo di vestire. Sbaglio o hai detto che è strano?"

Disse per punzecchiarlo, intuendo che ci fosse qualcosa sotto. La sua intuizione fu confermata dal leggero rossore che colorò le guance di Manuel. A Simone vennero in mente gli angioletti dipinti che spesso si vedono negli affreschi delle chiese o nei quadri. Quello che stava stringendo tra le braccia era un angioletto un po' inusuale, sicuramente troppo cresciuto, ma era il suo preferito.

Qualcuno non avrebbe esitato ad etichettarlo come angelo caduto, ma per Simone era il più santo, il più sacro. Manuel era un Lucifero a cui era stata data una seconda possibilità e che era tornato a diffondere la sua luce ovunque andasse. Era bastato semplicemente dargli più amore per farlo tornare a splendere.

"E infatti mica me la so’  rimessa! È troppo da perfettone, io mica me vesto così!"

Ribatté l'altro, sforzandosi di suonare convincente. Simone fece una risatina dolce.

"Mi fa piacere sapere che una piccola parte di me sia rimasta qui con te anche mentre eravamo lontani."

Sussurrò, riferendosi non solo alla distanza fisica, ma soprattutto a quella emotiva, quella che aveva fatto più male.

"Se vuoi te la lascio per ricordo, comunque."

Aggiunse più scherzoso e Manuel scoppiò a ridere. Si voltò nel suo abbraccio e portò le proprie mani sui fianchi di Simone per stringerlo a sé. No, aveva molto di meglio di una maglietta, adesso.

"E che me ne faccio di un ricordo, se adesso ci sei tu, ci siamo noi?"

Mormorò, avvicinandosi poi per baciarlo a fior di labbra e subito quel bacio venne approfondito.

In entrambi si stava facendo strada l'idea di lasciar perdere gli scatoloni per un po', ma non avevano fatto i conti con Anita, che per fortuna bussò prima di entrare. Era a conoscenza della loro relazione ed era esattamente questo il motivo per cui aveva imparato a bussare ogni volta che i due erano in stanza da soli.

Manuel sbuffò, separandosi controvoglia da Simone.

"Che c'è, ma'? Entra!"

La donna entrò in camera con un bel sorriso stampato in volto e una scatola colorata in mano. Manuel fece una smorfia quando la vide.

"Guarda che ho trovato, Manuel! Pensavo le avessimo perse quando ci siamo trasferiti qui…"

Disse lei, allegra. In realtà quella scatola non era andata perduta, era stato Manuel a nasconderla accuratamente quando aveva iniziato a portare Chicca a casa le prime volte.

"Eh, magari le avessimo perse, ma'."

Borbottò lui e la madre gli scoccò un'occhiataccia.

"Ma che scorbutico! Vuoi vedere che a Simone invece fa piacere vederle?"

Simone si avvicinò incuriosito, ma Manuel si parò tra lui e la madre.

"No, non esiste! E poi non gli interessa, vero Simo'?"

Simone guardò divertito il suo ragazzo, doveva esserci qualcosa di veramente imbarazzante per lui in quella scatola a giudicare dal rossore del suo volto.

"Non so nemmeno di cosa state parlando, come faccio a sapere se mi interessa?"

Replicò furbetto e prima che Manuel potesse rispondergli, lo fece Anita.

"Sta facendo tutte queste storie per le sue foto da piccolo! Ti rendi conto?"

Simone scoppiò a ridere, mentre l'altro incrociò le braccia, sulla difensiva. Si aspettava un po' di collaborazione dal suo fidanzato!

"Faccio storie perché tu le fai vede’ a tutti! Lo vuoi capire che adesso sono cresciuto?"

Anita si avvicinò a fare una carezza su quel viso imbronciato. Difficile credere che suo figlio avesse diciassette anni, quando si comportava così.

"Ed è proprio perché sei cresciuto che questi sono ricordi belli e preziosi. Sono contenta di aver ritrovato questa scatola, sai?"

Manuel sbuffò, anche se la sua espressione si ammorbidì un po' sotto le carezze della madre.

"Se Simone mi lascia per colpa di queste foto, me la paghi."

Fu Simone, adesso, ad avvicinarsi per fargli una carezza. Più precisamente, per scompigliargli i capelli. Ma cosa andava a pensare quella testa riccioluta?

"Dopo tutta la fatica che ho fatto per mettermi con te, secondo te ti lascio per delle foto? Come se poi ci fosse qualcosa di male, dai."


"Ecco, bravo Simone, diglielo anche tu! Poi sono così carine, guarda…"

Si mise a sedere sul letto, facendo segno a Simone di sedersi accanto a lei e subito il ragazzo si accomodò. Manuel si sentiva rincuorato dalle sue parole, ma avrebbe voluto comunque sprofondare al centro della Terra.

Gli parve trascorsa un'eternità quando finalmente finirono di passare in rassegna le foto del primo bagnetto, della prima volta al mare, dei vari compleanni e perfino quelle della Prima Comunione, ma doveva ammettere a se stesso che vedere Simone illuminarsi ad ogni singola foto gli aveva riempito il cuore di gioia.

"Oh, finita 'sta passeggiata sul viale dei ricordi? No perché noi qui avremmo un trasloco da preparare, nel caso in cui ve lo foste dimenticato!"

Simone sollevò gli occhi al cielo, scuotendo divertito il capo, mentre Anita andò via lamentandosi dell'acidità di suo figlio. Il ragazzo si alzò per riprendere la preparazione degli scatoloni, ma prima si accorse che una foto era caduta a terra e si chinò a raccoglierla. La girò e ciò che vide gli illuminò il viso in un'espressione di pura tenerezza: ovviamente era una foto di Manuel, che stando alla data scritta a penna sul retro aveva sei anni, vestito da Paperino in occasione del Carnevale di quell'anno. Sorrideva felice, con qualche dentino mancante, nel suo costume da papero completo di blusa, cappello e ovviamente zampe palmate e coda piumata!

"Ma che carino che eri!

Esclamò, facendogliela vedere. Manuel assunse un'altra sfumatura di rosso.

"Ma che carino e carino, ero ridicolo! Guarda qua, co ste zampe giganti che c'inciampavo sempre e sto cappello più grande della mia testa! Al confronto, mo sono uno spettacolo!"

E Simone annuì, ma solo per l'ultima parte del suo discorso. Gli diede un bacio a fior di labbra, per farlo calmare.

"È vero che sei uno spettacolo, ma non che eri ridicolo. Con questi boccoli, poi, sembravi un angioletto."

Manuel fece una risatina.

"Eh, deve esse successo quarcosa nel frattempo."

Sospirò, pensando a quanto fosse innamorato di Simone per fare ciò che stava per fare. Con Chicca, ad esempio, non l'avrebbe mai fatto.

"Senti, sta foto piace più a te che a me, se vuoi te la puoi tenere... altrimenti la riporti a mi' madre, come vuoi."

Simone sorrise a trentadue denti, felicissimo. Poteva sembrare una piccola cosa ad occhi esterni, ma per lui era grandissima.

"Grazie, mi farebbe tanto piacere. La custodirò con cura."

Promise e così dicendo la infilò nel portafogli, in modo da tenerla sempre con sé. Manuel si sentì più protetto, con quel semplice gesto.

"Mo però dobbiamo davvero riprendere a lavorare, questi scatoloni non si riempiranno da soli!"

Simone annuì con decisione.

"Come dici tu...Paperotto."

Azzardò, rivolgendogli uno sguardo curioso, per vedere la sua reazione: Manuel si lamentò, ovviamente, ma Simone avrebbe potuto giurare di averlo visto sorridere appena un istante prima.
   
 
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