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Autore: _etriet_    23/03/2022    1 recensioni
La vita è fatta di morali, di discorsi silenziosi che si imparano e si fanno man mano che si vive, un po' a gesti, un po' a parole, e poi un po' con tutti e due.
Come una scalinata fatta in silenzio, in cui i gradini appena fatti si cancellano autodistruggendosi dopo pochi secondi, e non rimane nient'altro se non la scelta di continuare, o rischiare di perdere l'equilibrio fermandosi.
Perché ad ogni passo avanti corrisponde uno sbilanciamento, fisico, morale e psicologico.
Veronica Lisi è sempre stata di idee chiare, ha sempre basato la propria vita su principi fondamentali, come quello che il passato non si cancella, si descrive, che il presente non va guardato, va vissuto, e che il futuro non deve essere sognato, ma costruito; mette tutta se stessa per portare avanti le cose al meglio.
La sua quotidianità, tuttavia, viene sconvolta nel giro di nemmeno un mese, e pur di vedere sua madre felice, cambia tutte le carte in tavola, prende, fa le valige e parte verso qualcosa a lei sconosciuto.
→→→→→→→→ LETTURA A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO: CLICHÉ TRATTATI IN MODO ORIGINALE, AMORE PERENNE PER TUTTI I PERSONAGGI E AGGIORNAMENTI LENTI ←←←←←←←←
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I raggi del sole avevano cominciato ad entrare prepotentemente dalle finestre del soggiorno, ampie vetrate che facevano anche da porte per andare nel giardino, oltrepassando il vetro e le tende, per posarsi leggeri, leggiadri, sugli occhi di Veronica, che, dormiente, per proteggersi aveva schiacciato di più il volto contro il cuscino, estremamente morbido. Inconsciamente ci aveva strusciato il naso, beandosi dell'odore di pulito e della sensazione di fresco che avvertiva contro la guancia, e poi, pian piano, più passava il tempo, occupato nella sua mente da immagini colme di piante in fiore, più il suo corpo si svegliava. L'udito la rendeva partecipe del suono del suo stesso respiro, che sembrava calmo, tranquillo, l'olfatto del profumo di amaretto, che prevaleva tra quelli che ricordava dalla sera prima, il sapore che si sentiva in bocca era un misto di nutella e pane e il tatto le faceva capire che aveva una coperta addosso, questa le si posava leggera sulle spalle e sembrava diventare nettamente più pesante sulla sua vita.

All'improvviso, quando un altro raggio le aveva colpito gli occhi, li aveva finalmente aperti, cominciando a vedere tutto ciò che la circondava. Non era in camera, lo aveva capito quando, davanti a lei, aveva notato le scale che portavano al piano superiore, poi, girando il volto e battendo le palpebre rapidamente, perché ancora non riusciva a mettere tutto a fuoco al primo colpo, aveva confermato la sua teoria di essere in salotto, e in quel momento, il vero problema, oltre all'orario, perché erano già le otto e mezza e loro dovevano entrare a scuola alle dieci, era uno dei due fratelli. Si era girata lentamente, perché si sentiva inevitabilmente fuori posto, imbarazzata come mai nella sua vita, ed aveva constatato, partendo dall'analizzare prima i capelli e poi la fronte rilassata, le sopracciglia non corrucciate, il naso che ogni tanto si arricciava, le labbra dischiuse e l'insieme del volto di Leonardo, che quando dormiva il ragazzo assomigliava di più a suo fratello. Francesco tuttavia aveva un volto simile a quello di Angela, mentre Leonardo tendeva ad avere dei tratti leggermente diversi, probabilmente lui aveva preso dal padre ma Veronica non aveva ancora visto delle foto dell'uomo, quindi non aveva prove concrete per quella sua ipotesi. A dirla tutta Leonardo avrebbe potuto tranquillamente assomigliare ad uno dei suoi nonni o dei suoi zii, ma non avendo nessuna prova aveva semplicemente scacciato i pensieri, concentrandosi nuovamente su di lui. Veronica si era appoggiata al petto del ragazzo, sul quale era distesa per la mancanza di spazio, col mento sul dorso delle proprie mani e lo guardava dal basso della sua posizione, Leonardo aveva sempre un'espressione poco rilassata o un ghigno ironico in volto, che deformava le sue espressioni, e poterlo osservare in quel momento di estranea calma era un privilegio che non poteva sottrarsi. Aveva inevitabilmente sorriso mentre sentiva la cassa toracica del ragazzo abbassarsi e rialzarsi ad un ritmo regolare contro la sua. Non ci aveva messo molto a capire, seguendo la direzione che prendevano le sue braccia, che il peso sulla sua vita non era nient'altro che la sua mano, totalmente aperta sulla sua schiena; aveva smesso di sorridere poco dopo, quando il braccio di lui si era sfilato dalla sua vita; Veronica aveva chiuso di istinto gli occhi ed aveva reso il respiro più profondo, pensante, per simulare di star ancora dormendo, lo aveva sentito sussultare mentre si spostava leggermente, tirandosi su con la schiena, poi, molto chiaramente, aveva sentito una leggera bestemmia, segno che si era accorto della sua presenza. Lui l'aveva scossa, abbastanza prepotentemente da farle aprire gli occhi subito, fulminandolo con lo sguardo

«Buongiorno principessa -l'aveva apostrofata con tono ironico, mentre ricambiava il suo sguardo e l'espressione sul suo viso si corrucciava, diventando quasi infastidita- se non le dispiace vorrei alzarmi.» Lei si era alzata tirandosi dietro anche la coperta, che aveva usato per coprirsi le spalle.

«Sai perché abbiamo dormito così?» lei aveva fatto un gesto con la mano per indicare il divano sul quale lui era ancora seduto, non aveva aspettato una sua risposta e gli aveva voltato le spalle, cominciando ad incamminarsi per andare in cucina aveva acceso la macchinetta del caffè con tutta calma, lui l'aveva raggiunta prendendo due tazze dalla lavastoviglie.

«Avrei qualche idea in proposito, ma nulla che possa confermare, ho la sensazione di saperne quanto te -poi, mentre lei apriva il frigo per prendere il latte, lo aveva visto lanciare un'occhiata alla macchinetta- ne fai uno anche a me?»

«Non sai fartelo da solo?» aveva messo la capsula nella macchinetta e versato del latte freddo nella tazza per compensare il bollore della bevanda.

«Ma generalmente le ragazze non sono più gentili da appena sveglie?»

«Secondo me tu non conosci delle ragazze ma delle aliene.» Leonardo aveva ridacchiato e lei, dopo aver bevuto il caffè, senza zucchero perché aveva bisogno di svegliarsi, aveva lasciato la tazza nel lavello e cominciato a salire le scale per andare in camera sua e cominciare a prepararsi, aveva anche incrociato Angela, ma sua zia non le aveva fatto troppe domande, a parte chiederle cosa diavolo ci facesse già sveglia a quell'ora, lei aveva buttato sul ridere una battuta sull'agitazione da primo giorno di scuola e sua zia aveva semplicemente annuito sorridendo e dicendole di stare tranquilla, poi le aveva dato un bacio sulla guancia e Veronica era salita in camera sua. Aveva lanciato poco elegantemente la coperta bianca sul letto ancora fatto, ed aveva preso un asciugamano per andare a farsi una doccia veloce, sotto l'acqua tutta l'agitazione che effettivamente aveva si era sciolta, come del burro nel microonde e il suo pensiero quando finalmente era tornata rilassata era passato subito a Lucrezia. Si era inevitabilmente chiesta come stesse andato il suo primo giorno, se avesse già cominciato o meno, poi, con un imprecazione, si era ricordata che nella sua vecchia scuola il primo giorno era per i primini e il secondo per tutte le altre classi; un modo come un altro per far ambientare meglio i ragazzini, ma era da apprezzare perché anche lei, quando tre anni prima si era trovata di fronte al cancello della sua scuola, era rimasta inizialmente intimidita, e probabilmente quell'emozione si sarebbe ulteriormente amplificata se ci fossero stati anche i ragazzi degli altri anni. Ma quella volta la sua migliore amica le aveva appoggiato una mano sulla spalla, lanciandole uno sguardo di complicità, perché aveva paura anche lei, ma come al solito si erano appoggiate l'una sull'altra, congiungendo insieme uno stato di coraggio, e si erano incamminare sorridenti, felici di procedere insieme verso una nuova parte della loro vita, come era sempre stato, come quel giorno avevano sperato sarebbe sempre stato. Ma in quel momento quella certezza era andata a farsi benedire, non aveva né Lu né i suoi sguardi di incoraggiamento, solo Leonardo, che come minimo avrebbe fatto qualche battuta per alimentare la sua ansia. Quando il getto dell'acqua era diventato più caldo, tanto da farla allontanare, aveva smesso di pensare a quelle cose e si era avvolta il corpo con l'asciugamano che aveva preso da camera sua e, uscita dalla doccia, si era tamponata i capelli con un altro trovato lì in bagno. Non ci aveva messo molto a prepararsi, aveva già deciso i vestiti da indossare più di una settimana prima insieme ad Adele, una delle sue migliori amiche; era una ragazza sempre gentile ed aveva un discreto gusto in fatto di combinazioni e abbinamenti, aveva chiesto a lei quasi in automatico, sapendo di andare sul sicuro e di essere in buone mani. Col senno di poi guardandosi allo specchio, dopo essersi infilata le converse nere, aveva notato che stava molto bene con quei vestiti, si sentiva bella e si trasmetteva sicurezza.

Lo aveva sempre saputo che sentirsi bene con se stessi era la prima arma per mostrare determinazione, perché per essere sicuri di se stessi agli occhi delle altre persone era fondamentale, se non obbligatorio, avere almeno un poco di autostima sopra la media, e nonostante non fosse una persona particolarmente egocentrica, Veronica spesso lasciava andare quel lato di sé, conscia del fatto che un poco di elogi non le avrebbero fatto alcun male, non era solita lasciarsi andare a stati di sconforto rispetto a se stessa, anzi, trovava quasi inutile perdersi in questioni del genere, perché per quanto riconoscesse che fosse giusto avere umiltà per lei non era per niente appropriato sminuirsi come se nulla fosse. Riteneva che avere delle qualità, che fossero fisiche, caratteriali, manuali o intellettuali, dovesse essere solo motivo di orgoglio, non un sciocco tentativo per credere di non farcela, perché quante volte nel corso dei suoi sedici anni aveva affrontato momenti difficili? Tantissime, ma questo non le dava una scusante per fare finta di nulla e oscurare un camino che avrebbe potuto portarla a fare cose ben più importanti, più soddisfacenti; in più, aveva piena coscienza del fatto che ogni anno che passava faceva avvicinare problemi sempre più grandi, sempre più importanti, e sminuirsi, lasciarsi andare, non faceva che peggiorare una situazione che si sarebbe potuta dimostrare complicata oltre ogni aspettativa. Ovviamente quelle erano le sue opinioni, facilmente contrastabili, strettamente personali, tutte cose derivanti dal come era cresciuta.

Si era lanciata un'ultima occhiata allo specchio ed aveva alzato i jeans, che si erano leggermente abbassati sui fianchi , ed aveva sistemato la maglia, aveva deciso di vestirsi nel modo più sobrio possibile, per non dare troppo nell'occhio da subito, l'unico particolare forse erano i pantaloni, ma niente di esagerato, dei semplici wide jeans che le arrivavano sopra la caviglia; erano i suoi jeans preferiti tra tutti quelli che aveva, ed aveva deciso di metterli perché si sentiva veramente bene con quelli addosso, niente in confronto a quando si metteva degli skinny, con quelli si sentiva bloccata. Si era truccata, aveva preso lo zaino, grigio e tremendamente anonimo, decisamente classico, ma ci era legata da un sentimento effettivo, e da quando lo aveva si era sempre imposta di usarlo, in più si trovava bene, quindi non le interessava più di tanto alla fine, ci aveva messo dentro l'astuccio e due quaderni, nel caso avessero avuto più professori durante il corso delle tre ore di scuola, poi, dopo aver sistemato i trucchi nella pochette ed aver preso il telefono, aveva spento la luce della camera ed era uscita. Si sentiva bene, inspiegabilmente serena per una volta, scesa in salotto aveva appoggiato lo zaino sul divano e si era seduta sul bracciolo, tirando fuori il telefono dalla tasca anteriore dei pantaloni, aveva risposto ai messaggi di Lu, quelli che la sera prima non aveva letto, e poi le aveva mandato il buongiorno, con tanto di foto, sapeva che non le avrebbe mai risposto prima delle undici, perché durante le vacanze la sua migliore amica aveva la tendenza ad andare a dormire tardissimo e si svegliarsi di conseguenza ad orari ridicoli, una volta si era vista arrivare un video di lei ancora a letto quando erano ormai le tredici del pomeriggio, non che Veronica fosse da meno, perché lo faceva anche lei, ma non dormiva mai troppo, massimo per le undici era già in cucina a svuotare la moka per farsi un caffè. Aveva scritto sul gruppo con tutte le sue migliori amiche e fortunatamente sia Alice, una sua ex compagna di classe con cui sia lei che Lu avevano legato subito, sia Adele erano sveglie, "e per fortuna" si era detta, perché erano già le nove e un quarto, avevano parlato per circa cinque minuti, prima che Francesco scendesse le scale di corsa con lo zaino in spalla, seguito a ruota da Leonardo, che tuttavia appariva esternamente molto più calmo e rilassato di Francesco

«Francie, cazzo, datti una calmata.» Lo aveva sentito dire così, ma Francesco non gli aveva risposto e invece si era diretto verso di lei

«Buongiorno, dormito bene?» Veronica aveva sgranato leggermente gli occhi confusa, ma poi gli aveva sorriso

«Buongiorno anche a te.» Il maggiore dei due fratelli aveva cercato un attimo nella tasca dei pantaloni, e poi aveva tirato fuori un biglietto dell'autobus leggermente piegato

«Mamma non può accompagnarci perché l'hanno chiamata all'ospedale, quindi ci tocca prendere l'autobus. -Veronica aveva preso il biglietto, notando come fosse sui toni del verde e del bianco, poi, girandolo, la scritta MOM* appariva quasi gigantesca- Al momento ho solo questo, per tornare a casa passeremo un attimo in tabaccheria a prenderne un altro, tanto ce n'è uno vicino a dove mangiamo, -non le aveva nemmeno lasciato il tempo di rispondere che aveva subito ripreso a parlare- e a proposito, tra poco passa l'autobus quindi ci conviene uscire, tu hai tutto?»

«Sì sì.» Veronica aveva annuito ed aveva rimesso il telefono della tasca dei pantaloni, poi aveva preso lo zaino ed aveva seguito Francesco fuori di casa, lasciando uno sguardo a Leonardo ed avvicinandosi un poco a lui

«È sempre così agitato?» il ragazzo aveva sorriso annuendo

«Da sempre, ogni tanto mi sembra mia madre.» Veronica aveva guardato Francesco girare le chiavi nella toppa della porta e mettere l'allarme, un po' troppo trafelato

«In effetti.» Si erano sorrisi, ma poi lei aveva concentrato ancora la sua attenzione su Francesco, che era già uscito dal cancelletto e li stava invitando a sbrigarsi.

Avevano aspettato l'autobus per una decina di minuti e quando era arrivato Francesco li aveva costretti a passare il biglietto, Veronica aveva percepito perfettamente lo sbuffare di Leonardo, forse infastidito dalla troppa agitazione del fratello, poi, qualcos'altro aveva attirato la loro attenzione, e quel qualcos'altro non erano altro che due ragazze: una bionda, con le lentiggini sul naso e sulle guance, due grandi occhi castani e una mano alzata, l'altra aveva i capelli neri, anche se su gran parte della lunghezza erano argentati, doveva esserseli fatti di recente perché il colore era ancora carico; Francesco si era avvicinato alla bionda, stampandole un bacio a stampo, e si era seduto di fianco a lei, circondandole le spalle con un braccio

«Quella è Cecilia, la fidanzata di Francesco.» Veronica aveva annuito, mentre cominciava a camminare verso i ragazzi

«L'altra è la tua?» Leonardo aveva riso mentre la spronava ad avanzare spingendola con una mano sulla schiena

«No, anzi, non mi sta neanche particolarmente simpatica, ma è la migliore amica di quei due -con un movimento del viso aveva indicato Francesco e Cecilia, che stavano guardando qualcosa sul telefono di quest'ultima- accetto la sua presenza e basta, comunque siediti tu.»

«Sicuro?»

«Sì.»

Veronica aveva sorriso alle due ragazze un po' timidamente, poi si era seduta affianco alla ragazza dai capelli colorati, che si era girata verso di lei con un sorriso a trentadue denti

«Ei, tu sei Veronica, giusto?» lei si era sentita andare a fuoco, ma poi aveva annuito.

«Sì.»

«Vedi Ce, te l'aveva detto, comunque io sono Giada, sono in classe con te e Leo»

«Oh! -si era subito pentita di quella risposta, la faceva sembrare stupida- Fantastico.»

«Se vuoi possiamo sederci vicine, così ti do anche qualche informazione e alcuni consigli!» La ragazza aveva inclinato di poco la testa, facendole intravedere gli orecchini, prima coperti dai capelli, Veronica si era girata istintivamente verso Leonardo, che aveva alzato una delle due mani, mentre con l'altra si teneva per non cadere

«Fai ciò che vuoi.» Veronica aveva sospirato, ma quando si era voltata aveva trovato lo sguardo confuso e scandalizzato di Giada

«Oddio, non credevo che...»

«No... no, hai frainteso! -Veronica aveva interrotto la ragazza ed aveva riso, Giada l'aveva guardata ancora più confusa- Per me va benissimo... e grazie!» Giada le aveva sorriso, prendendole una mano

«Ma di che! Tranquilla, a me fa solo che piacere -poi aveva tirato su una delle due cuffiette- ti va?» Veronica aveva annuito ed aveva preso la cuffietta, poi avevano cominciato a parlare un po' di tutto

«Come mai ti sei trasferita? -Veronica aveva girato il volto verso la ragazza bionda, Cecilia, aveva una voce leggermente acuta, al contrario di Giada, che aveva un tono più profondo, più dolce- Mi pare che Francesco abbia detto che vieni da Bergamo no?»

«Sì, è vero. -con la coda dell'occhio aveva visto Giada inclinare leggermente la testa, e Cecilia aveva alzato le spalle- Mi sono trasferita per il lavoro di mia madre»

«E perché proprio qui? Non hai qualche parente?»

«Mia nonna.» Veronica si era interrotta, non volendo sbandierare ai quattro venti i suoi problemi personali.

«E perché non sei da lei? Insomma, è una parente di sangue, aveva più motivi lei di prenderti con se, o sbaglio?»

«Cecilia.» Francesco si era intromesso e la sua ragazza lo aveva fulminato

«Cosa c'è? Sono solo domande.» Cecilia le aveva sorriso sprezzante e Veronica l'aveva ricambiato.

«Angela è la mia tutrice legale, al momento, e mia nonna non è autosufficiente, sono qui per questo, ma credimi, se ci fosse stata un altra possibilità l'avrei colta al volo.» Cecilia le aveva lanciato un'ultima occhiata, prima di concentrarsi su qualcos'altro e Veronica aveva sospirato. Quella conversazione era stata ridicola, come se a parlare non ci fosse stata una ragazza di diciotto anni ma una bambina di cinque che credeva le stessero rubando il suo giocattolo preferito; per due mesi la causa del suo affidamento era stata affidata ad un giudice, che solo dopo un periodo parso infinito e soprattutto, all'ultimo minuto, aveva dato il verdetto, Veronica poteva stare da Angela per il periodo in cui la madre sarebbe stata all'estero ma quella doveva garantire un mantenimento economico a sua figlia per i mesi di allontanamento; sia Veronica sia Angela aveva dovuto passare da un psicologo, e fare un minimo di sedute per confermare che emotivamente e psicologicamente fossero entrambe nello stato giusto per compiere quel passo, era stato un mese di torture l'ultimo, e quando finalmente Veronica aveva saputo che era tutto ok, che si poteva fare, si era sentita estremamente più leggera, come se tutti i pesi che aveva accumulato si fossero dissolti come lo zucchero nel caffè. Ed era stata felice, perché andava da una persona fidata, senza dover allontanarsi troppo da casa sua, perché nonostante la prima volta le ore che aveva passato sul treno le fossero sembrate interminabili, aveva la consapevolezza che, pur di rivedere chi le era caro, le avrebbe tranquillamente fatte di nuovo e di nuovo ancora.

Veronica era stata riscossa da Giada, che le aveva posato una mano sulla spalla

«Dobbiamo scendere. -poi la ragazza si era voltata verso Leonardo- Schiacci lo stop per favore?»

«Che rottura.» Veronica si era tolta la cuffietta e l'aveva passata nuovamente a Giada, che le aveva messe dentro alla tasca dello zaino, poi lei si era alzata e tenendosi era stata la prima a scendere, andando vicina a Leonardo

«Non è così antipatica come dicevi tu.» non lo aveva detto a voce troppo alta e Leonardo aveva girato il viso verso di lei, sorridendo sarcastico

«Sarà perché tra donne vi capite.» Veronica non aveva risposto, anzi, aveva guardato l'orologio, quasi strozzandosi vedendo che mancavano meno di quindici minuti.

«A che piano eri gli anni scorsi?» Veronica si era voltata verso Giada, che tamburellava con le unghie sul palo a cui si stava tenendo.

«Secondo e Terzo, perché?»

«Generalmente ci mettono al terzo, era solo per sapere se eri abituata.»

«Si dai, nel caso la trovavamo svenuta lungo le scale.» Veronica lo aveva guardato fulminandolo con lo sguardo, mentre Giada aveva fatto una smorfia infastidita

«Lascialo perdere, è uno stronzo.»

«Non sono io ad essere stronzo siete voi che non capite l'ironia e il sarcasmo, cosa che vi rende noiose oltre l'immaginabile.» Veronica lo aveva guardato, e le sopracciglia le si erano alzate quasi di scatto, ma aveva lasciato perdere, concentrandosi sul paesaggio fuori dai finestrini, poi l'autobus aveva accostato, ed aveva seguito Leonardo passo per passo, mentre Giada le stava affianco. L'entrata della scuola era gremita di studenti, non aveva un cancello, perché si trovava in centro e l'entrata dava direttamente su una strada principale, la ragazza al suo fianco si era allontanata per salutare altra gente, e Leonardo, che era rimasto fermo per pochi minuti, aveva cominciato ad avanzare. Guardava la sua schiena e le spalle muoversi, mentre teneva le mani nelle tasche dei jeans, aveva una camminata sicura; lei aveva distolto lo sguardo, per osservarsi un poco intorno, le scale erano sia a destra sia a sinistra, e al centro dell'area principale si trovava la segreteria, era estremamente diversa dalla sua scuola, ovviamente, e non sapere nemmeno dove mettere i piedi la faceva sentire estremamente insicura di tutto ciò che la circondava, aveva riportato lo sguardo avanti, notando come Leonardo ormai fosse ben più avanti di lei, non aveva nessuna intenzione di chiedergli aiuto, quindi quando aveva visto Giada poco più in là si era avvicinata a lei, la ragazza l'aveva vista ed aveva cominciato a agitare la mano per salutarla.

«Veronica! Tutto ok?»

«Circa, stavo seguendo Leonardo ma l'ho perso.»

«Io stavo proprio per salire -poi si era voltata- loro sono delle nostre compagne di classe comunque » quelle le avevano sorriso e poi avevano cominciato a salire le scale. Quando erano arrivate davanti alla porta Giada era entrata abbastanza velocemente, trascinandola per un braccio fino a dei banchi in terza fila, Veronica si era seduta vicino alla finestra, posto che la ragazza le aveva lasciato perché odiava le correnti d'aria.

Durante la prima ora di lezione con l'insegnante di storia, che da quello che aveva capito era un altro rispetto all'anno scorso, non era successo niente di che; era un uomo abbastanza magro, non sembrava avere meno di cinquant'anni, indossava un completo beige e aveva un particolare tipo di occhiali che si potevano dividere a metà perché erano uniti da una calamità, era abbastanza simpatico, ma aveva anche la tendenza a non rispondere in maniera lineare, quando qualcuno faceva una domanda accavallava le gambe e divideva gli occhiali, lasciando che il cordino attaccato alle stanghette facesse in modo che le due parti non cadessero a terra, e dopo sembrava perdersi, passava da un argomento all'altro, si alzata, gesticolava, faceva una battuta e circa una ogni sei non faceva mai ridere, e chi rideva lo faceva per finta, perché nemmeno quel simpaticone di Leonardo rideva a quelle battute, alcune volte finiva col parlare di latino, materia che nemmeno rientrava nel loro programma di studi, <>, esordiva così quando se lo ricordava, ferito quasi nel profondo li guardava uno ad uno, squadrandoli, e poi si risedeva,

«Questo di cognome fa 'rompi coglioni'.» aveva commentato ad un certo punto Giada mentre il professore faceva un discorso sulle civiltà antiche, e lei aveva trattenuto una risata, nascondendo la bocca dietro alla mano sinistra. Poi era passato il turno di quella di matematica, era particolarmente giovane, spigliata, indossava un tailleur bordeaux anche se la gonna in realtà era bianca, e da quello che le aveva detto la sua compagna di banco, era anche brava sia ad intrattenere la classe sia a spiegare. Avevano avuto una conversazione di parecchi minuti sul programma scolastico che aveva svolto l'anno precedente nella sua vecchia scuola, alla fine la professoressa le aveva rivelato che era circa al loro stesso punto e che doveva recuperare solo una minima parte di geometria, ma che non c'era nessun problema perché avrebbe fatto un ripasso generale della durata di una o due settimane, e che quindi sicuramente sarebbe riuscita a capire avendo tutte le basi. Veronica si era sorpresa, perché nella sua precendente scuola i professori non erano così cortesi, e nemmeno così giovani, quindi era rimasta un attimo allibita ma alla fine aveva sorriso e la professoressa Boschi aveva richiamato la classe, cominciando a parlare del programma che avrebbero svolto durante l'anno, la lezione era continuata così, tra le battute di Giada, le presentazioni, le chiacchiere con le compagne quando era suonata la campanella della ricreazione, il giro veloce della scuola a braccetto con due compagne di classe, Anna, una ragazza abbastanza alta, con fisico slanciato e il sorriso cordiale e Giorgia, che invece aveva un fisico più minuto ma pieno di energia, camminava sempre davanti a loro, parlando in continuazione e presentandole persone a destra e a manca, l'ultima ora, che era stata tenuta con l'insegnante di italiano, un uomo non troppo giovane, Veronica presumeva che non avesse più di quarant'anni, dai modi calmi e concisi, poi, il suono della campanella aveva concluso quel suo primo giorno di scuola.

*Sarebbe "Mobilità di Marca" ed ovviamente è il servizio di autobus a Treviso

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