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Autore: Jeremymarsh    24/03/2022    4 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ritrovarsi


 

I giorni che seguirono la confessione furono più tranquilli di quel che Thorn e Ofelia avrebbero mai immaginato. La loro routine continuò come se nulla fosse, tranquilla e confortevole; portavano avanti i loro compiti sia in maniera individuale che insieme, gravitavano l’uno attorno all’altra, consci di ogni loro bisogno e si appropriavano dei propri spazi laddove ce ne fosse bisogno. In breve, avevano trovato l’essenza stessa del convivere, dell’essere una coppia, così come non avevano mai avuto l’opportunità di fare quando erano stati ancora sposini novelli.
 Era una consapevolezza rinfrescante, avrebbe detto Ofelia, perché la faceva sentire in pace con se stessa e, soprattutto, le diceva che entrambi avevano finalmente trovato il loro posto che non era qualcosa di fisico, no, piuttosto l’essere accanto alla persona amata e trovare la propria libertà accanto a essa senza toglierle nulla.

Che fossero giorni tranquilli, comunque, non voleva dire che la zia Roseline non aveva trovato il modo di inserirsi con le sue frequenti e puntuali chiamate – divenute ancora più frequenti da che le era stato detto che Thorn era vivo e vegeto. Dall’entusiasmo che dimostrava, Ofelia avrebbe detto che fosse lei sua zia e che avesse ritrovato il figlio da tempo perduto. Per certi versi, era strano osservare questo straboccante affetto, ma per altri, Ofelia capiva benissimo che era dovuto non soltanto al ritorno del marito – del quale Roseline era sinceramente contenta –, ma anche al fatto che fosse altrettanto contenta per lei. La sua madrina aveva decisamente compreso il motivo dietro il suo miglioramento, così come la ragione per la quale avevano deciso di nascondere la cosa per tutto quel tempo; avrebbe addirittura detto che approvava la loro scelta, perché era ciò che aveva permesso a entrambi di superare i loro traumi senza dover considerare gli altri. Per essere lei in primis una parente asfissiante, Ofelia dovette riconoscere che la zia Roseline era alquanto percettiva certe volte.

Sta di fatto che questo suo essere positiva e comprensiva nei confronti dei due sposi fu anche il motivo per cui Berenilde riuscì ad uscire la sua preziosa bolla, smettendo di fare l’offesa e riuscendo finalmente ad avere una conversazione umana con il nipote. Ofelia era convinta che la sua madrina aveva dovuto lavorare parecchio per convincerla, ma ce l’aveva fatta e il giorno in cui Thorn spese ben 57 minuti a telefono con la lei, fu anche il giorno in cui ogni rancore fu lasciato da parte. Anche se entrambe le signore continuavano a ricordare loro che prima o poi sarebbero dovuti tornare – come se avessero davvero potuto dimenticarlo.

Quando l’uomo posò infine la cornetta, Ofelia non chiese i dettagli di ciò che si erano detti – anche se Thorn sarebbe stato perfettamente in grado di sciorinarli in perfetto ordine – le bastò l’espressione sul suo volto. A chiunque altro sarebbe sembrata neutra e anche un po’ fredda, ma gli altri non erano lei e soprattutto non conoscevano e amavano Thorn come lei: Ofelia aveva visto la scintilla nei suoi occhi di ghiaccio e gli angoli della bocca leggermente incurvati, aveva osservato il modo in cui il suo corpo era meno rigido e contato sulle dita di una mano le poche volte in cui il marito aveva avuto bisogno di controllare l’orologio da taschino per rilasciare un po’ di nervosismo. Erano piccoli dettagli che per lei significavano tanto, ma soprattutto le dicevano che zia e nipote avevano avuto il momento di cui entrambi avevano bisogno da tempo.

Quella sera, a letto, prima di spegnere la luce e chiudere gli occhi per la notte, Thorn le aveva confessato che la voce di Berenilde si era incrinata in più punti, anche se entrambi avevano fatto finta di nulla. Invece, aveva un significato il cui valore non poteva essere attribuito a parole. L’animista ricordò di aver pensato, prima di lasciarsi andare definitivamente a Morfeo, che il giorno in cui sarebbero finalmente tornati al Polo, anche il rapporto tra Thorn e Berenilde si sarebbe finalmente sanato in ogni sua piccola giuntura.
 

***

 

Quel pomeriggio tardi, la giovane animista stava aspettando il ritorno del marito e, come spesso capitava quando si ritrovava da sola nel piccolo appartamento, si trovò a riflettere su stessa e su ciò che era cambiato in quegli ultimi dodici mesi.

Ricordava benissimo quella persona rotta che era stata, quella che non riusciva a capire nemmeno chi fosse e che si riusciva a definire solo attraverso un aggettivo che la rimandava a un’arca in cui era nata ma dalla quale da tempo era scappata. In breve, una persona svuotata e senza più una coordinata. A ripensarci ora quelle tante paure che l’avevano sommersa ancora la spaventavano – come non potevano? D’altronde, i traumi da lei sperimentati non erano da sottovalutare – eppure lei, quel giorno, era lì, di nuovo in piedi, come mai avrebbe creduto fosse di nuovo possibile.

Mentre si guardava allo specchio, il suo sguardo si soffermò su ogni piccolo e grande dettaglio, il modo in cui le spalle erano dritte, la scintilla nei suoi occhi che prima mancava, la presenza dei suoi nuovi guanti che erano ormai diventati una costante e parte di sé; persino il colore meno pallido della sua pelle e la lucentezza dei riccioli le diceva che stava meglio. Non aveva bisogno di una parola in più di Thorn al mattino – per quanto dolce e affettuosa – per sapere che era bella e stava meglio: Ofelia ora lo vedeva, lo sentiva dentro di sé.

Poteva non essere più una lettrice, ma non si sentiva incompleta. Era forte, fiera di ciò che aveva raggiunto; era amata e si amava. E soprattutto, per quanto consapevole del fatto che solo la presenza di Thorn l’avesse aiutata a guarire, Ofelia sapeva che il suo essere non era definito solo dalla parola moglie.

Era la sposa di Thorn, ma non solo. Era lei a scegliere e aveva scelto di non sentirsi più in difetto, inferiore o spezzata; di utilizzare ciò che le era capitato come monito della donna forte che era diventata nonostante tutto; di non definirsi più sulla base dell’arca in cui era nata o di un potere familiare. E tutto ciò che le donava una carica non indifferente, la faceva sentire rinvigorita e, soprattutto, si piaceva.

Lo specchio le rimandò indietro uno sguardo carico di determinazione quando infine allungò il braccio, pronta a sfiorare la superficie riflettente e affrontare la sua ultima paura – una delle più grandi. Tuttavia, prima che potesse farlo, un movimento dietro di lei catturò la sua attenzione. Spostando lo sguardo dal proprio riflesso, incrociò gli occhi con quelli del marito che stava ora entrando nella stanza.

Non si scambiarono parole di benvenuto, invece, Ofelia continuò a osservarlo mentre Thorn si dirigeva a grandi falcate verso di lei per fermarsi soltanto quando ormai i loro corpi si toccavano e la schiena di lei era schiacciata contro il petto di lui. Sentì, anziché vedere, le braccia del marito cingerle la vita e chiuse gli occhi colta da un brivido che non aveva nulla a che vedere con la temperatura nella stanza; li strinse per evitare di lasciarsi andare a suoni che l’avrebbero imbarazzata. Quando finalmente li riaprì e incrociò quelli di Thorn, questi possedevano uno fuoco che prima non avevano avuto, una passione che era quasi certa di aver dimenticato, un desiderio che minacciò di toglierle il fatto.

Senza interrompere il contatto visivo, l’uomo le spostò i capelli e, delicatamente, le poggiò le labbra sulla pelle nuda del collo. A Ofelia sembrò che quel contatto la infiammasse dentro e, questa volta, non fu capace di trattenere un gemito di piacere. Però, dal modo in cui Thorn si era irrigidito, capì subito che il suono era stato mal interpretato, non che potesse davvero biasimarlo visto tutto quello che avrebbero dovuto re-imparare l’uno dell’altra per quel che riguardava quella sfera del proprio rapporto. Non voleva però che il momento venisse ulteriormente rovinato, e sapeva che le parole avrebbero fatto proprio quello. Quindi, rimandandogli attraverso lo specchio uno sguardo altrettanto carico di desiderio, Ofelia gli sfiorò la mano che era ancora stretta attorno alla sua vita, pregandolo di non fermarsi.

Lui non la deluse, comprendendo anche la sua seconda richiesta, quella di parlare attraverso i gesti e non le parole. Ma, per evitare che l’istinto prendesse il sopravvento sulla ragione, eliminò la possibilità prendendole il mento tra due dita e coprendole le labbra con le sue. In quelle ultime settimane, Thorn aveva scoperto che baciarla gli era mancato più di quanto avesse mai creduto, di esserne ormai assuefatto e di non riuscire più a smettere di contare i minuti che mancavano dal momento in cui avrebbe potuto baciarla di nuovo, ancora e ancora.

Ofelia si rigirò nel suo abbraccio e, schiudendo la bocca, premette ancora più saldamente il suo corpo contro quel del marito, infilò le dita nei suoi capelli chiari. Poi rabbrividì quando percepì la lingua di lui lambirle il labbro inferiore e unirsi alla sua; accolse il suo fiato caldo e gemette nel sentire il sapore che ormai conosceva fin troppo bene.

Le parole non erano necessarie, non lo erano mai state in quel frangente: i loro corpi erano sempre stati in sintonia, anche prima di mostrarsi nudi, anche dopo tutto il tempo in cui erano stati separati. Quindi, quando arrivò il momento di riacquistare familiarità tra di loro tutto avvenne in modo naturale.

Fu semplice spogliarsi dei vestiti e lasciarli cadere a terra, accumularli ai propri piedi mentre le labbra ancora non volevano separarsi e la mani percorrevano frenetiche lembi di pelle per troppo tempo rimasti nascosti. Fu logico per Thorn rimuovere i guanti di lei e per Ofelia carezzare e baciare tutte le cinquantasei cicatrici di lui – cinquantasei più tutte le nuove che baciò una volta in più. Le labbra della moglie gli bruciarono la pelle, ma Thorn accolse quel calore come un uomo assetato nel deserto, lo desiderava, gli fece stringere gli occhi, inarcare la schiena e ansimare.

Fu naturale trasformare quella spontaneità che li aveva contraddistinti in quelle ultime settimane in passione che era mancata ad entrambi, sciogliersi in quegli abbracci e incastrare i propri corpi. Ma le parole non sarebbero mai bastate ad esprimere il sollievo che entrambi provarono nel momento in cui ogni pezzo di loro tornò a combaciare e, finalmente, si unirono.

Avevano trascorso gli ultimi anni separati e persi, affrontato paure sepolte sotto cumuli di insicurezze e, soprattutto, il vuoto aveva ancora una volta preso residenza nella loro anime. Ora, dopo averle nuovamente fuse, abbracciato ogni piccolo pregio e difetto che li rendeva quelli che erano, erano finalmente completi in tutto e per tutto. Ofelia e Thorn si erano ritrovati e, questa volta, erano certi che nulla e nessuno avrebbe più potuto dividerli.


 

***


 

Ofelia si svegliò nuda qualche ora dopo. Qualsiasi cosa avesse pensato nell’aprire gli occhi scomparve nel momento in cui sentì delle labbra premere saldamente sulla sua nuca, lasciarle una scia di baci nell’incavo tra collo e spalle, sulle scapole. Un lungo e pallido braccio le cinse i fianchi e la spinse contro un altro corpo altrettanto nudo e a quel punto non le fu nemmeno difficile percepire quanto il marito ancora la desiderasse – e neanche adesso poteva biasimarlo né mentire dicendosi che non provavo lo stesso. Non poté impedire comunque al rosso di imporporarle le guance cogliendo la foga con la quale Thorn la stava ora baciando o ripensando al modo in cui si erano amati non molto prima, maldestri e, al tempo stesso, audaci ed esperti, come se le loro mani e le loro bocche ricordassero a memoria i luoghi che avrebbero dovuto marchiare per suscitare gemiti e brividi.

Sospirò di piacere nel momento in cui lui le graffiò leggermente – e volontariamente – la pelle con i denti, prima di leccare e baciare quello stesso punto. Poi le fece segno di girarsi su un fianco e, faccia a faccia, le prese a coppa il viso e si riappropriò delle sua labbra perché era passato già troppo tempo dall’ultima volta in cui le aveva fatte sue e Thorn sapeva essere un uomo molto ingordo quando si trattava della moglie.

Qualche secondo dopo, entrò di nuovo in lei e ricominciarono ad amarsi con rinnovato trasporto. Qualsiasi cosa andava detta avrebbe aspettato ancora un po’.


 

***


 

Il sole trapelava già attraverso le tende la seconda volta in cui Ofelia sollevò le palpebre. Il braccio del marito era saldo attorno alle sue spalle e lei aveva una guancia premuta sul suo petto nudo. Alzando lo sguardo, notò che Thorn era già sveglio e la stava guardando – anche se i suoi occhi ora erano privi di quella passione che avevano più volte consumato nel corso della notte.

Qualsiasi traccia di imbarazzo o di riserva era già sparita quando lo baciò, dopo aver mormorato un veloce buongiorno a un centimetro dalle sue labbra. Separatosi, Thorn esalò un grosso respiro e Ofelia osservò il suo petto alzarsi e abbassarsi, le sue spalle rilassate, le rughe del volto più distese. Tutto il suo essere trasudava serenità e contentezza e lei non poté fare a meno di sorridere.

In quella stanza, tra lenzuola sgualcite, crogiolati dal calore che i loro corpi abbracciati offrivano, i loro respiri furono ancora per un po’ gli unici a spezzare il silenzio.

Se Ofelia solo il pomeriggio precedente era rimasta incredula nell’osservare il proprio riflesso, era sicura che quella mattina avrebbe trovato qualche altra sorpresa. Il sorriso non voleva saperne di lasciarle le labbra e le dita del marito che continuavano a scorrerle sulle braccia le regalavano l’ennesimo brivido mentre rifletteva su quanta strada avessero fatto e quanta di quella strada le era sembrava tortuosa e impraticabile solo qualche mese prima.

Le sue riflessioni furono interrotte dall’improvviso vociare del suo stomaco che si fece sentire prepotentemente. Con orrore la donna si rese conto che troppo presi a saziare un altro tipo di appetito, nessuno dei due aveva mangiato e che, dunque, un pasto era più che necessario.

Imbarazzata oltremodo, Ofelia osò alzare ancora lo sguardo verso il marito. Seppure ancora immobile, egli aveva una nuova e birichina scintilla negli occhi che, insieme agli angoli della bocca incurvati in su, le diceva esattamente quanto Thorn stesse ridendo internamente. Avrebbe voluto arrabbiarsi – o per lo meno far finta di arrabbiarsi visto il modo in cui lui non si stava per nulla contenendo –, ma era una visione così rara che sarebbe stata una stupida a non bearsene.

“È un buon giorno,” le disse infine prima di lasciarla andare e sedersi a bordo letto. Quando le porse poi le lenti che la sera prima le aveva sfilato per baciarle anche le palpebre, la moglie vide con più chiarezza quel suo sorriso divertito, ma anche tutta la contentezza che il suo essere trasudava.

Quell’immagine le provocò un moto di gioia mentre il calore andava annidandosi nella pancia, distogliendo ancora di più i muscoli. “È un buon giorno,” ripeté lei, raggiungendolo da quel lato. Quando si alzò in piedi, superava a stento il marito in statura, nonostante quest’ultimo fosse ancora seduto. Ciò nonostante, provò soddisfazione nell’essere, per una volta, quella a doversi chinare per rubargli un bacio. Thorn la incontrò a metà strada, bramoso di assaggiarla, affamato, ma Ofelia cambiò idea all’ultimo e premette invece la bocca sulla sua guancia un po’ ispida a causa della corta barba che stava ricrescendo.

Fu lei a ridere allora, osservando l’espressione scioccata del marito che qualcun altro avrebbe definito più come un broncio. Tuttavia, non gliela diede vinta, invece, dopo essersi rimessa velocemente i guanti, gli afferrò la mano sinistra e lo trascinò dietro di sé, continuando a lanciargli occhiate divertite. “Vieni, lascia che soddisfi un altro tuo tipo di appetito per il momento,” gli disse solo prima di dirigersi verso la cucina con l’uomo al seguito. E Thorn non se lo fece ripetere. Aveva l’impressione che il resto della giornata sarebbe stata anche più soddisfacente di questo inizio – nonostante l’ultimo bacio che gli era stato negato.



 


N/A: Salve a tutti, chi non muore si rivede!
Causa malattia e altri impegni sono scomparsa per questo mesetto, ma spero che gli avvenimenti di questo capitolo mi abbiano in parte scusata per l’assenza.
I dialoghi qui sono praticamente non esistenti, ma per una giusta casa: talvolta le parole rovinano i momenti – come anche ribadito nel testo stesso – e ci sono cose che sono meglio descritte che dette/dialogate.

Ho riflettuto a lungo, da quando ho cominciato la stesura di questa storia il luglio scorso, su come avrei voluto che questo momento fosse e l’idea è sempre stata quella di considerarlo come punto di arrivo nel processo di guarigione di Thorn e Ofelia. Il problema per me risiedeva più nel fatto che le scene intime nella saga non solo si contano sulle dita di una mano, ma non sono più lunghe di un paio di righe e, da fanwriter, avevo paura di non rendere giustizia ai nostri due protagonisti avendo poco su cui basarmi.
Detto ciò, ammetto che sono abbastanza soddisfatta di ciò che è uscito e spero sia lo stesso per voi. Quello che avete letto è la mia personale interpretazione di come sarebbero andate le cose basata sull’analisi dei due personaggi, quindi se non siete d’accordo ci sta; le prospettive – entro certi limiti – cambiano per ognuno di noi.

Non per ultimo, in questo capitolo è stato messo il focus anche sull’individualità di Ofelia, la sua crescita personale, come nello scorso mi ero soffermata invece su quella di Thorn. Ma se avete letto bene capirete che non è finita con lei.

Concludo dicendo che la storia non è ancora finita, anche se Thorn e Ofelia sono finalmente in un punto positivo e sereno della loro vita, ma non prevedo di superare i venti capitoli. Il capitolo 15 – sempre perché voglio farmi perdonare per l’assenza – arriverà tra sette giorni, quindi spero di leggervi sia nei commenti a questo che al prossimo.

Un abbraccio 💖.

   
 
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