Serie TV > Il paradiso delle signore
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Autore: 10giuly    27/03/2022    1 recensioni
Questa oneshot ha come protagonisti Marco di Sant'Erasmo e Stefania Colombo. Ho provato a immaginare un po' come potrebbe proseguire la loro storia, sulla base di alcuni episodi già andati in onda.
Spero possa piacervi!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stava seduta sul letto, con il cuscino tra le mani e la mente che non riusciva a smettere di pensare. Gloria. Finalmente Stefania aveva scoperto le vere motivazioni che avevano costretto sua madre ad abbandonarla, a farla crescere come fosse un'orfana: era con le spalle al muro, e non aveva potuto scegliere. Quello di Gloria era stato un atto di coraggio, di amore. Era passato quasi un mese da quella confessione, da quelle lacrime. Tutte le
certezze di Stefania erano crollate in pochi secondi. Lei, che difendeva in modo così cieco la verità, aveva scoperto il castello di bugie e illusioni in cui l'avevano fatta vivere nel modo peggiore possibile, sempre se si possa parlare di un modo migliore e di uno peggiore. Ma, soprattutto, di colpo aveva dovuto fare i conti con il fatto che, improvvisamente, non poteva fidarsi più di nessuno. Di nessuno tranne Marco. Lui era l'unico che conosceva la storia fin dall'inizio, l'unico che aveva provato a essere sincero, anche se non ci aveva capito niente. Era stato grazie al suo aiuto se, finalmente, venerdì Stefania era riuscita nuovamente a stringere in un abbraccio la sua mamma.
Il loro incontro nei camerini del paradiso era stato silenzioso, ma quel contatto era stato così rumoroso, i loro cuori sembravano in preda a una esagerata tachicardia, ma non aveva alcuna importanza. Contava soltanto l'amore che provavano una per l'altra, la forza del perdono e il bisogno di ritrovarsi.

Era trascorso così il fine settimana della giovane giornalista del paradiso market. Era felice, perchè aveva l’occasione di iniziare a colmare quel vuoto che l’aveva accompagnata per quasi tutta la sua vita.
Eppure, qualcosa nel cuore di Stefania non funzionava, era un ingranaggio a mancare. E lei lo sapeva, lo aveva capito, ma se ammetterlo a se stessa era difficile, pensare di esternarlo era impossibile. Se era stata in grado di comprendere, perdonare e ritrovare la sua mamma, il merito andava anche e, soprattutto, a Marco. Sì, proprio a quel ragazzo su cui aveva espresso un giudizio tanto affrettato quanto sbagliato. Senza di lui forse non si troverebbe
nemmeno lì, nella stanza della casa di Irene e Maria.
Ed era proprio a lui che Stefania non riusciva a smettere di pensare in quel tiepido lunedì di Aprile, mentre ancora indossava la vestaglia, quella che lui stesso le aveva regalato.
Si era innamorata di lui, di quel Marco che sapeva sempre come farla sorridere, che sapeva leggerle l'anima meglio di chiunque, di quel giornalista con cui adorava battibeccare, confrontarsi, dibattere, scherzare, di quel mentore che aveva mantenuto la promessa di proteggerla sempre, di quell’amico speciale che le aveva rimboccato le coperte mentre lei affogava il dolore nel cuscino, di quel Marco con cui aveva quasi scambiato un bacio sotto le stelle. Un bacio che sarebbe stato un errore tremendo, anche se bellissimo. Ma Stefania non lo poteva permettere, non poteva fare del male a Gemma. Non voleva. Perché anche se la giovane amazzone le aveva nascosto un segreto così importante, Stefania sentiva che in qualche modo anche lei fosse una vittima. E poi era la sua sorellastra acquisita, alla quale ha imparato a volere bene, apprezzare e proteggere. Un gesto del genere avrebbe
significato spezzarle il cuore e creare una crepa irreparabile. E poi, quel bacio che Marco e Gemma si scambiarono in villa le aveva fatto capire che la confusione e il turbinio di emozioni di quei giorni, forse, erano a senso unico, perché Marco era chiaramente innamorato di Gemma. Per questo Stefania scelse di fare un passo indietro: salutò villa Guarnieri e tornò a casa delle ragazze, ma soprattutto, fece un passo indietro con Marco, allontanandosi dal suo mentore.
Eppure, nonostante tutto, non riusciva di smettere di pensare a quegli occhi verdi che avevano cercato i suoi con tanta insistenza nell'ultimo periodo, che l’avevano aiutata a rivedere la realtà da un punto di vista diverso.

Irene era la sua coinquilina, la sua migliore amica, la sua sorella per scelta, la conosceva troppo bene e non aveva impiegato molto a rendersi conto che qualcosa non andava.
"Quello sguardo non mi piace per niente, Stefania." Osservò Irene, sedendosi accanto a lei sul letto.
"Quale sguardo?"
"Quello che continui a mostrare da 3 giorni, quello che ti avevo visto solo mentre eri assorta nel crogiolarti per Federico. Che c'è? È tornato senza dire una parola?"
"Che c'entra Federico? Lui non lo vedo e non lo sento da tanto, è a San Francisco e non credo abbia alcuna intenzione di rientrare a Milano."
"E allora si tratta di un altro ragazzo, qualcuno per cui chiaramente hai perso la testa."
"Guarda che io non sto pensando a nessun ragazzo, ero assorta nell'articolo da consegnare a Landi."
"Sì, e io sono una suora. Dai, lo conosco? Lo sai che io mantengo il segreto, te lo giuro."
Stefania la guardò, sapeva che poteva fidarsi della sua amica, così come sapeva che dire quel nome avrebbe significato rendere più reale quel sentimento. Ne era terrorizzata, ma stava diventando un peso troppo grande da tenersi dentro, sentiva di doversi aprire con
un'amica, che non l'avrebbe giudicata.
"Non lo dici a nessuno. Nemmeno sotto tortura. Chiaro?"
"Sarò una tomba. E comunque so chi è anche se non me lo dici."
"Si tratta di Marco." Gli occhi di Stefania continuavano a puntare sulle sue gambe.
"Marco di Sant'Erasmo! Io lo sapevo."
"Lo avevi già capito?"
Irene annuì. "Sì, ma vuota il sacco." Irene era genuinamente curiosa, ma era una persona buona e, soprattutto, era disposta a tutto per aiutare Stefania, non poteva sopportare di vederla infelice.
"Credo che il tutto si possa riassumere dicendo che provo qualcosa per lui. Ma lui sta con Gemma e sono stata io stessa a farmi da parte perché non voglio ferirla, non voglio essere la causa del suo dolore. Io sto bene, Marco è giusto che si dedichi alla sua vita."
"Stefania, tu sei completamente matta! Ti condanni all'infelicità solo per Gemma? Che poi ancora mi chiedo come possano stare insieme. Lui ultimamente la evita e anche quando sono insieme al paradiso sembra che non veda l'ora di svignarsela. Non l’hai notato?"
Udire quelle parole sorprese Stefania, che sollevò il capo, con aria stranita. Non era da Marco, soprattutto non con Gemma.
"Davvero? Davvero è così la situazione? Lui mi aveva promesso che si sarebbe preso cura di lei e si sarebbe dedicato alla loro relazione. E comunque no, non mi sono accorta di niente, anche perchè ogni volta che lo vedo entrare dalla porta mi vado a nascondere per non dover incrociare il suo sguardo."
"Aspetta, ma tra di voi è successo qualcosa?"
Ecco. Un'altra di quelle domande a cui non voleva rispondere. Si era sentita un'egoista a sperare in quel bacio, in quel sentimento.
"No. Non è accaduto niente."
"Ma?" A Irene non poteva nascondere niente.
"Ma mi sarebbe piaciuto."
"E allora perché non parli con Marco? Non puoi annientarti così."
"Perché sono io in difetto, sono io la terza incomoda. Ora ti prego, andiamo al lavoro. Sarà una lunga giornata per entrambe, soprattutto per me in redazione."
"Si, certo. Andiamo e nel mentre mi racconti per filo e per segno cosa è successo con il tuo mentore."
Stefania non aveva potuto esimersi dal raccontare alla sua amica alcuni dettagli dell'accaduto a Villa Guarnieri, in particolare quella nottata sotto le stelle e quella strana allusione di Marco al fatto che lui fosse molto bravo a mettersi nei guai. "Lo sai che con te sono onesta. Come l'anno scorso era chiaro che Federico non ti pensasse come speravi, qui mi pare evidente che a Marco non sei indifferente per niente."
“Se anche fosse, lui ha fatto la sua scelta.”
“Tu gli hai caldamente consigliato di prendere quella strada, è diverso.”
“Non lo è, non cambia il finale, Irene.”

….

Al paradiso la giornata stava trascorrendo in maniera relativamente tranquilla, a parte la signora Temporini, che come sempre aveva fatto tirare fuori a Dora praticamente tutto il negozio, per poi comprare solo un foulard. Stefania era riuscita anche a ritagliarsi qualche istante, prima della pausa pranzo, per sistemare gli appunti sull'articolo sul divorzio: Landi le aveva chiesto di passare in ufficio per parlarne. Lei era elettrizzata al pensiero che
avrebbero affrontato quella tematica così delicata, così importante, un traguardo storico che non poteva essere trascurato.
Mentre saliva le scale sperava di non incrociare lo sguardo di Marco, non lo avrebbe retto.
Bussò alla porta della redazione, ma non rispose nessuno. Timidamente aprì la porta, ma non scorse alcun volto. Così decise di entrare e sedersi, in attesa di essere raggiunta dai suoi colleghi che non tardarono. Arrivarono insieme, e per lei fu un sollievo non dover condividere istanti sola col suo mentore.
"Signorina Colombo, vede che abbiamo fatto progressi? Qualche settimana fa non volevo cavalcare l'onda dell'argomento, ma mi sbagliavo."
"Signor Landi, non se ne pentirà. Questo tema è delicato e va affrontato su più fronti, però sono sicura che sia il momento giusto."
La consapevolezza e sicurezza che aveva acquisito ormai era evidente per tutti, tanto che Roberto le rivolse un sorriso fiero.
"Pensavo che Marco potrebbe darle una mano raccontando un po' il punto di vista maschile. Che ne dite? Dopotutto, squadra che vince non si cambia, no?"
"Io trovo sia un'ottima idea, Roberto."
Marco le rivolse un'occhiata delle sue, quel misto tra uno sguardo protettivo, lo sguardo di qualcuno che non vede l'ora e di qualcuno che ha paura. Paura. Esattamente quella che provava la giovane giornalista in quel momento, però sapeva di dover imparare a separare la vita privata da quella professionale.
"Va bene, signor Landi." Stefania deglutì e accennò un sorriso di circostanza, leggermente forzato. Sperava che Landi non non se ne fosse accorto.
"Allora mettetevi subito al lavoro. Io devo andare a parlare con Vittorio dell'inserzione per la prossima campagna, vi lascio."
Nemmeno il tempo di sospirare che già se n'era andato, lasciando che il silenzio avvolgesse la stanza. Stefania guardava il suo taccuino, mentre Marco fissava il vuoto, come alla ricerca di qualcosa da dire. Era strano quell'imbarazzo, non avevano mai avuto difficoltà nel comunicare, eppure qualcosa era cambiato.
"Senti, Stefania, se vuoi possiamo vederci per scrivere l'articolo o, se preferisci…"
"No, Marco, forse è meglio se lo scriviamo ognuno per conto suo." Stefania era risoluta, ferma nella sua decisione e questo costrinse il giovane rampollo a fare un cenno di rassegnazione col capo.
"D'accordo, se pensi sia la scelta più saggia."
"Mi concentro meglio se sono sola coi miei pensieri."
Stefania non sapeva mentire, e Marco lo aveva capito all'istante, rubandole uno sguardo. Ma le aveva fatto una promessa e non voleva disattenderla. Anche la giovane Colombo, però, sapeva che non poteva ingannarlo. Fuggire era la strada più semplice per lei.
"Io devo aiutare Sofia in galleria, potresti dirlo tu a Landi?"
"Sì, certo."
Stefania lasciò la stanza rapidamente mentre Marco la seguì con lo sguardo fino a che la porta non si chiuse. Sorrise, perché nonostante fossero lontani, anche quei pochi istanti quasi rubati con la sua pupilla lo facevano stare bene, perché con lei non servivano maschere e la cosa, sebbene lo spaventasse, lo faceva sentire libero.

….

Marco trascorse il pomeriggio in redazione, aveva persino scritto qualche riga dell'articolo, ma nel suo cervello rimbombava solo la voce di Stefania, continuava a vederla, a immaginarla con quell’aria un po’ perplessa dopo una delle sue battute. Quando sorrideva era bellissima e sapere che fosse proprio lui a essere in grado di trovare la strada per farle comparire quella curva sul volto lo riappacificava col mondo.
"Marco, ma mi stai ascoltando?"
"Scusa, Roberto, ero un attimo assorto nei miei pensieri. Sai, voglio scrivere un articolo incisivo."
"Sei bravo a mentire, ma non serve con me, lo sai."
Marco abbassò lo sguardo e si lasciò andare a un sorriso isterico. Roberto era un buon amico e probabilmente aveva capito da tempo che tra lui e Stefania ci fosse qualcosa che andava oltre all'amicizia e al rapporto professionale, ma se gli avesse detto quello che lo stava tormentando in quel preciso istante lo avrebbe preso per pazzo.
"Vuoi dirmi che hai o devo chiamare un dentista perché te lo cavi fuori con le tenaglie?"
"Ti è mai capitato di trovarti a un bivio e non sapere quale strada prendere?"
"Beh, sì. E tu non sai cosa fare perché sei fidanzato con Gemma ma forse non ne sei così innamorato? E al tempo stesso hai combinato qualche guaio con Stefania visto che non riuscite nemmeno a guardarvi negli occhi?"
Marco alzò gli occhi e si rese conto che Roberto aveva già capito tutto, era un acuto osservatore e un uomo intelligente. Sapeva anche che, nonostante l'istinto di spettegolare, sarebbe stato un buon confidente e senz'altro un buon consigliere.
"Senti, Roberto, so che dovremmo parlare dell'articolo, ma se non ne parlo con qualcuno impazzisco. Però giurami che niente uscirà da queste mura."
"Lo sai che puoi contare su di me. Avanti, parla."
"Ultimamente, come saprai, Stefania ha avuto diversi problemi familiari e le sono stato vicino, l'ho ospitata qualche giorno in villa e ci siamo avvicinati molto."
"Molto, quanto?" Domandò con sguardo sornione.
"Non quanto pensi tu."
"Però?"
"Però Stefania ha fatto un passo indietro e mi ha fatto promettere, tra le altre cose, di dedicarmi alla mia relazione con Gemma."
"E quali altre cose ti avrebbe fatto promettere?"
"Di essere sempre onesto con lei, di non deluderla."
"E tu ti senti a un bivio perché sai che non puoi più mantenere tutte queste promesse?"
"Esatto."
"Sei innamorato di Gemma?"
Marco si sistemò sulla sedia, alla ricerca della posizione più comoda, prima di iniziare a rispondere. Sarebbe stato un lungo pomeriggio.
"Le voglio bene, non vorrei farla soffrire, non vorrei causarle del dolore, ma non la amo. Stare con lei è sempre stato semplice, perché non ho mai tolto quell'armatura di maschere che porto ogni giorno." Fu in quell'istante che si rese conto proprio che il problema tra loro era quello: una relazione superficialmente perfetta che non è mai andata oltre all’illusione della perfezione, lasciando solo intravedere delle crepe che nessuno ha osato studiare.
"Immagino, da quello che mi dici, che quell'armatura tu l'abbia lasciata cadere con Stefania e ora fatichi a rimetterla."
"Sì. Cioè no. È stata Stefania a capire cosa ci fosse sotto, nonostante io facessi il massimo per nascondermi. Ho lasciato cadere tutte le mie difese solo quando ho capito che non sarebbero servite a niente. Non sono innamorato di Gemma, ma non voglio spezzarle il cuore. E non voglio rompere quella promessa che ho fatto a Stefania."
Marco iniziava a sentirsi più leggero, condividere quelle paure lo stavano aiutando a chiarire quale percorso dovesse intraprendere: la strada più difficile sarebbe potuta essere quella che portava alla felicità, ma sarebbe stato pronto ad affrontare quella salita?
"Ma così facendo ti condanni a essere infelice, e in più spezzi anche la promessa che hai fatto a Stefania di essere onesto."
"Cosa faresti al mio posto?"
"Chiudi gli occhi."
"Come?"
"Fidati di me, Marco. Chiudi gli occhi."
Marco fece ciò che gli disse l'amico. Aveva paura di quello che stava per accadere? Sì, ma ormai non poteva e non voleva tirarsi indietro, pur consapevole che di lì a poco sarebbero uscite emozioni che finora non aveva osato liberare.
"Tu e Stefania vi siete allontanati un po'. Dimmi, cosa ti manca?"
Ecco, quella domanda. Ci sarebbero così tante cose da dire che non basterebbe un libro. "Tutto. Mi mancano le sue confidenze, il suo modo di osservare il mondo, mi manca non poterla far sorridere, mi mancano i nostri confronti, i nostri scontri, fisici e verbali, il nostro stuzzicarci a vicenda, il suo volto così limpido, mi manca rubarle qualche sguardo quando non se ne accorge, mi manca vederla sistemarsi i capelli ogni volta che si sente fuori posto o è nervosa. Mi manca poter essere la versione migliore di Marco, quella più autentica, senza filtri, senza maschere. Mi manca tutto. Mi manca quello che sono, che siamo, quando siamo insieme."
Era un fiume in piena, non si era mai reso conto di quanto Stefania fosse diventata il centro del suo mondo, di quanto la sua presenza fosse diventata essenziale.
"Non credo di averti mai visto così da quando ti conosco. Sei diverso, in senso positivo ovviamente. E credo anche che tu ti sia risposto da solo sul da farsi."
"E se la deludessi perché non ho mantenuto quella promessa?"
"Penso che la deluderesti di più se tu non fossi onesto con lei e con te stesso."
"Grazie, Roberto. Lo so che non te lo dico spesso, ma sono contento di avere un buon amico come te. Ti devo un favore."
"Vai, vai, non fare sviolinate, tanto non sono io a darti un aumento, né giorni di ferie, per quello dovresti parlare con Vittorio. Però se vuoi offrirmi una cena, non mi offendo, eh."

….

Marco scese le scale in tutta fretta. La giornata al paradiso era praticamente conclusa, ma sapeva che avrebbe potuto incontrare Gemma che stava terminando di sistemare. Si sentiva in colpa, come sporco. Eppure sapeva che fosse la scelta giusta.
"Eccoti, cercavo proprio te." Il giornalista provò ad accennare un sorriso, che fosse il più spontaneo possibile.
"A quest'ora non credo tu possa trovare molte altre persone qui."
"Ti posso riaccompagnare a casa? C'è una cosa di cui vorrei parlarti."
"Va bene. Mi cambio e ci vediamo fuori."
Gemma aveva un'aria strana. Sembrava che avesse capito che qualcosa non andava. Era una ragazza intelligente e probabilmente Marco aveva perso quella capacità di nascondere qualcosa. E lui lo sapeva, lo sapeva benissimo che era una conseguenza del vulcano Stefania. Aveva lasciato cadere tutte le maschere, rimettersele era diventato difficile, come se non fossero più adatte al suo corpo.
"Non sei in macchina?" Domandò Gemma, guardandosi incontro, ma non riuscendo a scorgere la Triumph verde del giovane rampollo.
"Non ti accontenti di un umile accompagnatore a piedi?"
"Certo, mi basti tu, lo sai." Quelle parole erano uscite dalla bocca della giovane cavallerizza con un po' di malinconia, quasi come se avesse già assistito, almeno parzialmente, a quel film.
"Senti, Gemma. Devo parlarti."
"Lo avevo intuito."
"Io non posso mentire ancora, non voglio."
"Mentire su cosa?"
"Su di noi. Su di me. Non lo meriti."
"Temo di non riuscire a seguirti, Marco."
"Gemma, io, credimi, non vorrei ferirti, ma ingannarti sarebbe peggio."
"Marco, mi vuoi dire che succede?" Gemma era visibilmente preoccupata, non riusciva a capire dove sarebbe andato quel discorso. Ne aveva paura.
"Io non ti amo, Gemma. Vorrei potertelo dire in un modo meno doloroso, vorrei poterti dire che le cose potranno cambiare in futuro, vorrei poterti…"
"Cos'ho di sbagliato?"
"Non hai niente di sbagliato. Semplicemente non sono la persona giusta a renderti felice, non meriti di stare con qualcuno che non ricambia il tuo amore. Tu meriti di meglio, Gemma. Sei una persona speciale e…"
"Evidentemente non così tanto." Asserì lei, delusa e amareggiata.
"Credi per me sia semplice parlarti? So che ti sto dando un dolore."
"No, Marco, tu mi stai spezzando il cuore. È diverso."
"Preferivi che facessi finta di niente e continuassi a illuderti?"
"A volte si mente per proteggere chi vogliamo bene." Fino a poco tempo fa anche Marco era convinto di ciò, ma era prima di conoscere Stefania, prima di comprendere quanto per lei fosse importante perseguire l'onestà a qualsiasi costo.
"Se vuoi bene a qualcuno, la verità è sempre la via giusta da percorrere."
"Dio, Marco, mi sembra di sentire parlare Stefania. Aspetta, tu mi stai lasciando per lei, non è vero?"
"Io ti sto lasciando perché non ti amo. Questo conta."
"Ma, se non avessi conosciuto lei forse…"
"Con i se e con i ma non si va da nessuna parte, Gemma. Lo so che adesso mi odierai, ma preferisco essere odiato, che vivere in un mare di bugie, di maschere. Forse un giorno capirai che non era mia intenzione ferirti."
"Se non avevi intenzioni serie, perché sei addirittura venuto a cena per conoscere la mia famiglia, eh? O era davvero solo per accontentare Stefania, perché a lei non sai dire di no?"
"Non volevo deluderti, e poi credevo mi servisse solo un po' di tempo." Non stava mentendo. Gemma era stata la prima persona che aveva suscitato in lui un interesse meno superficiale e, in effetti, provava per lei affetto. Essendo la prima volta, Marco credeva che servisse solo del tempo perché quel sentimento diventasse più profondo, ma era perché non si era mai innamorato davvero. Non aveva ancora assaporato l'autenticità e la forza di un sentimento vero.
"Tempo che, a quanto pare, non è servito a niente."
"Mi sono illuso che fosse solo questione di tempo. Ora ho capito che non è così."
"Senti, Marco, sono stufa di sentire le tue stupide scuse. La verità è che lo sospettavo già da un po', ma non mi importava, mi bastava che scegliessi me."
"Come poteva bastarti?"
"Perché ero disposta a tutto per te."
"Anche a una vita di facciata?"
"Per il momento sì. Ora però basta, basta scuse. Lasciami sola, è meglio. Hai già fatto abbastanza danni, non credi?"
"D'accordo."
Gemma voltò rapidamente le spalle a Marco, prima di lasciarsi andare alle lacrime.
"Se puoi, perdonami."
Lo sapeva, lo aveva capito, ma solo in quel momento era diventato reale. E si sentiva sbagliata, inferiore, relegata a essere infelice. Sapeva anche che Marco aveva ragione, vivere in un mare di illusioni non avrebbe portato a nulla, se non ad allungare il brodo. Ma lei si era innamorata davvero, non era solo una questione di status. In quel momento il dolore che sentiva nel petto la stava distruggendo. Era un dolore pulsante, che continuava ad aumentare, il battito accelerava e le lacrime le rigavano il volto. Ma non poteva tornare a casa in quelle condizioni, non aveva voglia di spiegare. Così camminò, fino a parco Sempione, dove si sedette su una panchina.

….

La conversazione con Gemma non era stata facile e ormai era tardi. Se si fosse presentato a casa delle ragazze a quell'ora lo avrebbero preso per matto. Così tornò a casa, ma prima di chiudere gli occhi per cercare di dormire, Marco chiamò a casa Amato, chiese di parlare con la signorina Cipriani, senza però essere annunciato. Salvo, che aveva risposto al telefono, andò a chiamare Irene, incuriosita da quel chiamante misterioso.
"Pronto?"
"Buonasera, signorina. Sono Marco di Sant'Erasmo." Non aveva mai conversato con Irene, ma sapeva che lei e Stefania fossero molto amiche, era la persona giusta in quel momento. L’unica che poteva aiutarlo.
"Buonasera, se vuole parlare con Stefania posso andare a chiamarla."
"No, in verità vorrei parlare con lei. Avrei bisogno di un favore, anzi due."
"Certo, mi dica."
"Intanto avrei bisogno che Stefania non sapesse che lei ha parlato con me."
"Nessun problema."
"E poi avrei bisogno un aiutino. Devo parlare con Stefania, ma in redazione ci sono troppe orecchie."
"Mi sta chiedendo se può venire da noi, magari quando io e la signorina Puglisi non siamo in casa?"
"Beh, sì. Sia chiaro che ovviamente sarei in debito con entrambe."
"Signor Sant'Erasmo, non si preoccupi. Se è per vedere Stefania felice, non ha nessun debito con noi. Può venire domattina presto. Si assicuri di bussare, io o la signorina Puglisi la faremo entrare e ce ne andremo, così quando Stefania si sveglierà sarete soli."
"È sicura che non vi creo un disturbo?"
"Affatto. Per Stefania questo e altro."
"Allora a domani, signorina. E grazie."
"A domani."
Marco aveva apprezzato molto la discrezione della signorina Cipriani. Non aveva fatto domande. Meglio così. Sapeva che stava correndo un rischio, ma per Stefania ne valeva la pena. Era la sua unica possibilità, anche perchè andando al paradiso al lavoro sarebbero bastati pochi secondi per apprendere la novità. E se già così rischiava di essere una debacle, in quel secondo caso sarebbe stata una catastrofe.
Marco si sentiva come un bambino alla vigilia di Natale, quando non riesce a prendere sonno dall'agitazione di scoprire i regali. Provava quel misto di agitazione e paura che si traducevano in un'iniezione di adrenalina potente che non gli lasciava scampo. Così andò in foresteria, prese il suo carillon dal cassetto e si mise a letto e crollò in un sonno profondo, aiutato dal dolce e malinconico suono di quel ricordo così importante per lui. Si svegliò che
era ancora notte fonda. Prese la macchina e iniziò a vagare per la città, fino a che non si avvicinò l'ora di raggiungere la casa di Stefania. Si fermò a comprare dei croissant, un paio per le ragazze e un paio per sé e Stefania.
Le coinquiline di Stefania furono perfettamente puntuali e silenziose, lasciarono entrare il giovane giornalista, accettarono il suo piccolo sacchetto per la colazione e si dileguarono. Irene sperava con tutto il cuore che la sua sorellina non avrebbe fatto altre sciocchezze, ma non ne aveva la certezza, ma aveva visto lo sguardo di Marco e si sentì leggermente più tranquilla. Marco entrò in casa, si sedette sulla sedia e attese, mentre continuava a ripetersi in testa il discorso da fare. Lo sapeva che sarebbe andato a farsi benedire non appena Stefania fosse comparsa nel piccolo soggiorno, ma doveva provarci lo stesso.
Notò che la porta della stanza della sua pupilla era socchiusa, così si avvicinò e, avendo cura di non fare rumore, la aprì leggermente, quanto bastava per scorgere la ragazza con la testa nel cuscino persa nel mondo dei sogni. Restò a guardarla con un sorriso da ebete stampato in faccia per un tempo indefinito. Quando avvertì un piccolo movimento da parte di Stefania, richiuse la porta e tornò a
sedersi. Pochi minuti dopo avvertì dei rumori provenire dalla sua stanza: era giunto il momento.
Sospirò.
"Irene, com'è che sei già sveglia stama… Marco! Che ci fai qui?" Si sistemò la vestaglia e mise i capelli dietro le orecchie. Era bellissima, pensò Marco.
"Buongiorno, Stefania, non volevo spaventarti. Scusa."
"Che ci fai qui a quest'ora?"
"Mi hanno fatto entrare le tue amiche. Ti ho portato un croissant."
"Sei venuto qui a quest'ora per portarmi un croissant?"
Il suo tono ironico le era mancato come l'aria.
"Dovevo parlarti." Ammise.
"E non potevi aspettare che ci vedessimo in redazione?"
"No. Poi al paradiso ci sono sempre troppe orecchie e troppe lingue."
"Marco, di che si tratta?"
"Siediti."
"Mi devo preoccupare?"
"No, Stefania. Sono venuto per scusarmi."
"E di cosa?" Sgranò i suoi occhi, perplessa.
"Ricordi cosa mi hai fatto promettere nelle ultime settimane?"
"Che ti saresti preso cura di Gemma e ti saresti dedicato alla vostra relazione."
"Non solo. Mi hai chiesto di essere onesto e di non deluderti."
"Che cosa è successo, Marco?"
"Sono arrivato a un punto in cui mantenerle tutte non era più possibile. Ho dovuto fare una
scelta."
"Marco, che cosa è successo?"
"Ho lasciato Gemma. Non la amo. Dovevo essere onesto con lei, ma anche e soprattutto con me stesso. Non potevo più fingere che fosse tutto rose e fiori."
"Come stai?"
Era l'ultima domanda che si sarebbe aspettato. Si sarebbe aspettato rabbia, delusione, indifferenza. Invece quel vulcano lo aveva stupito ancora: aveva già capito che per lui non era stato semplice, perché anche se non era la prima volta che lasciava una fanciulla, questo era il primo caso in cui c'era dell'affetto sincero.
"Sono dispiaciuto, perché sono consapevole di averle fatto del male, ma illuderla ancora sarebbe stato peggio. Sai, quando togli una maschera e capisci di essere libero senza, poi è difficile tornare a indossarla, non è più comoda."
"La verità è dura, eh?" Domandò, accennando un sorriso.
Lo aveva detto, di nuovo. Come dopo che aveva ammesso di essere preoccupato per lei per la prima volta. Ora il suo sguardo era diverso: era spaventato, ma curioso al tempo stesso. Stava cercando di capire dagli occhi del ragazzo se ci fosse un'altra verità, un altro nodo da sciogliere. Il fatto è che i nodi Marco li aveva già sciolti, si trattava solo di trovare il coraggio di esprimere quella tempesta che aveva dentro.
"In realtà, Stefania, non sono stato onesto con te anche su un'altra cosa."
"Avevi detto a Umberto che ero in foresteria così che potesse spingermi ad andare via?"
La giovane idealista che stava di fronte al finto cinico di buona famiglia aveva avanzato un'ipotesi che sapeva essere improbabile, ma in quel momento la stavano attraversando così tanti pensieri che ormai non sapeva più a cosa dare ascolto.
"Ma che dici, Stefania? Sei matta! Non avrei mai fatto una cosa del genere."
"E allora cos'è successo?"
Marco la guardò dritto negli occhi. Sospirò, ma le parole si fermarono in gola. La paura lo stava bloccando, ma non voleva farlo trasparire dal suo sguardo, lei lo avrebbe capito. Così si alzò e si girò, per nascondere il volto.
"Niente di importante. Forse avevi ragione, Stefania. Potevo aspettare di parlarti in redazione. Ora è meglio che vada, ti ho già fatto perdere fin troppo tempo."
Stava già impugnando la maniglia, ma la voce di Stefania lo fermò.
"Marco."
"Mmh."
"Dimmi che è successo. Ti prego! Lo sai che tanto lo scoprirei lo stesso, dopo tutto è il nostro lavoro."
Marco lasciò andare quella maniglia e, senza voltarsi, sussurrò impercettibilmente un "ti amo". La sua voce era così sommessa che Stefania non riuscì a capire. Così si avvicinò a lui e, senza sfiorarlo, ma soltanto facendogli sentire la sua presenza, gli chiese di ripetere quanto aveva detto.
Il giornalista si voltò, cercando quei grandi occhi neri curiosi che lo avevano stregato. Prese tutto il coraggio che aveva in corpo e sospirò.
"Mi sono innamorato di te."
Stefania rimase interdetta, pietrificata. Il battito improvvisamente accelerò e sentì mancare la terra sotto i propri piedi. Era reale? O stava sognando? Non riuscì a dire nulla, ma stava lì, in piedi, con le braccia lungo il busto e gli occhi fissi su di lui. Forse era la prima volta che lo stava guardando per così tanto tempo. Quel silenzio che appena pochi giorni prima era così imbarazzante, in quel momento era diventato così denso. Era rumoroso, poteva sentire i pensieri mischiati ai battiti che rimbalzavano tra quelle mura come schegge impazzite. Era tutto così dannatamente
perfetto.
"Vedi, lo sapevo, non sarei dovuto venire qui."
Stefania non disse nulla, ma lo prese per il polso.
"Allora? Ti prego, dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa."
Non disse ancora nulla. Lo stava di nuovo sfidando, come non faceva da un po'. E si divertiva a guardarlo pendere dalle sue labbra, a cercare un appiglio o una via di fuga.
"Stefania. Non ti far pregare, dai."
"Un ti amo anche io basta?" Domandò, guardandolo negli occhi con un’intensità ancora maggiore.
Il volto di Marco si distese improvvisamente, sciogliendosi in uno smagliante sorriso. Fissava Stefania che emanava una luce diversa. In quel momento il soggiorno di casa ragazze era scomparso, esistevano solo loro e i loro occhi, incastonati gli uni negli altri. Finalmente Marco aveva smesso di avere paura e fece quanto prima non osava. Le accarezzò il volto e la baciò. Non si era mai sentito così libero, così felice. Il cuore stava letteralmente uscendo dal suo petto, ma non aveva nessuna importanza, perchè finalmente aveva accanto la persona
giusta, quella metà che lo completava.
E Stefania si sentiva stordita, non aveva mai provato un’emozione del genere. Le farfalle nello stomaco, le mani che tremavano.
"Sai, Marco, sei davvero un bravo mentore."
"Perché lo dici ora?"
"Perché hai detto che avresti sempre difeso la tua pupilla, anche da se stessa. E se non lo
avessi fatto non saremmo qui, ora."
Entrambi sorrisero.
Ora il mondo poteva anche fermarsi. Bastavano loro due e il loro amore. Sicuramente la strada sarebbe stata in salita, perché avrebbero avuto molte persone contro, a partire da Gemma e dalla Contessa. Ma Marco e Stefania, insieme, si sentivano invincibili, stretti in un abbraccio che esprimeva tutta la loro forza e la loro determinazione.
   
 
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