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Autore: Amaranthine    29/03/2022    0 recensioni
Dopo le vicende della battaglia di Hogwarts, Draco e Hermione tornano a scuola per portare a termine l'ultimo anno.
La guerra ha reso Hermione ancora più forte e risoluta di prima, ma Draco è in lotta con se stesso e deve gestire una vera e propria "crisi dei valori" interiore.
[Questa è la raccolta dei flashback Dramione contenuti nella mia storia Finite Incantatem, ma possono benissimo essere letti da soli]
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Gennaio 1999

La vistosa piuma di pavone che Hermione aveva ricevuto in dono da Harry per Natale, spezzava con un tocco di colore le tonalità di beige e marroncino che caratterizzavano la maggior parte dei suoi libri e pergamene; soprattutto, contribuiva a ricordarle che anche lei, ogni tanto, poteva concedersi il lusso di essere frivola. Dopo averla incastrata tra le dita, la Gryffindor la faceva oscillare con frenesia.

Malgrado le grandi aspettative, le vacanze invernali non si erano rivelate per nulla rilassanti ed erano finite anche peggio. La colpa non poteva che essere stata di Ron e dei suoi dannatissimi nervi. Quasi ogni singolo giorno alla Tana era stato un susseguirsi di grida e pianti provenienti da entrambe le parti. Era stato imbarazzante soprattutto nei confronti dei signori Weasley, poiché Hermione si era trovata costretta a ricambiare la loro affettuosa ospitalità accusando il figlio più giovane di essere stupido quanto un calzino bucato.

Anche se non avevano mai smesso di litigare, finchè era stata ospite in casa sua aveva continuato a definirlo "il suo ragazzo"; ma da quando aveva rimesso piede a Hogwarts - dopo un'ultima notte trascorsa nello stesso letto senza nemmeno sfiorarsi - si sentiva come se tra di loro fosse finita. Credeva che da quel rapporto avesse già spremuto ogni goccia di felicità possibile e che non fosse rimasto nient'altro da prendere.

Era così turbata a causa di Ron, che Hermione per la prima volta ebbe difficoltà a concentrarsi nello studio. Le lezioni erano diventate difficili. Il suo cervello, una volta infallibile, era distratto e non più in grado di assimilare nozioni. Non che il lento mormorio del professor Rüf le fosse di qualche aiuto. Lo sentiva raccontare qualcosa a proposito di Grindelwald, ma le uniche parole che riusciva ad afferrare erano il nome di Silente ripetuto più volte. La sua pergamena, solitamente stracolma di appunti, era intonsa.

Hermione avrebbe voluto volare da Ron e picchiarlo ovunque si trovasse, anche nel bel mezzo del Ministero, al reparto reclute del Quartier Generale degli Auror. Se avesse ottenuto dei M.A.G.O. insufficienti a causa sua, non glielo avrebbe mai perdonato.

Dopo il primo quarto d'ora di tentativi fallimentari, la Gryffindor rinunciò a seguire la lezione di Storia della Magia. In fondo, sapeva già tutto sulla Prima Guerra Magica - forse anche meglio dello stesso professor Rüf - e prendere appunti era per lei soltanto una questione di formalità.

Si distrasse puntando il rassicurante quanto raro sprazzo di cielo blu che si affacciava dalla finestra più vicina. Poggiò il mento al palmo della mano e si piegò leggermente a destra, per poter meglio ammirare il panorama.

Non riuscì a rilassarsi a lungo. Davanti alla finestra era seduto Draco Malfoy, e lui era una di quelle persone che era impossibile non notare. I primi bottoni della camicia dello Slytherin erano sganciati e la cravatta verde-argento era allentata, lasciando esposta una porzione di pelle diafana. Stravaccato sulla sedia, le lunghe gambe erano stirate in avanti.

Si stava annoiando come tutti gli altri, ma Hermione non mancò di notare come almeno lui fosse riuscito a mettere insieme qualche appunto. Le emozioni negative non dovevano essere niente di speciale per uno come Malfoy. Essendo, queste, parte integrante della sua normalità, doveva aver imparato a conviverci.

I pensieri su Ron scivolarono via. Si sistemò comoda sul tavolo per poter meglio osservare lo Slytherin, che aveva gli occhi fissi sulla propria pergamena, dove di tanto in tanto tornava a registrare poche parole.

I suoi occhi chiari brillavano della luce del sole che li colpiva per via trasversale, sgradevoli, ma soltanto perché infossati e rimpiccioliti dalla tensione alle tempie. Pur sembrando ostile e rabbioso, Draco non manifestava mai nessuna di queste emozioni, se non la costante apatia che lo accompagnava ovunque andasse.

Hermione realizzò solo allora che quel ragazzo inquieto e senza futuro l'aveva baciata. Quando era accaduto era sembrata la fine del mondo, eppure la Gryffindor aveva fatto in fretta a dimenticarsene una volta rimesso piede alla Tana e riabbracciati Ron, Harry e i Weasley. Ritornava a pensarci soltanto in quel momento, e non senza turbamenti.

Non avrebbe immaginato neanche nei suoi peggiori incubi che un giorno funesto avrebbe baciato Draco Malfoy. Quello Slytherin insopportabile non era solo colpevole di averle fatto violenza, ma anche delle conseguenze, che non potevano più essere cancellate.

Malfoy non era più soltanto un nemico o un completo estraneo: adesso Hermione conosceva le sue labbra perfide, sapeva quanto fossero morbide e quanto potessero muoversi bene per baciare una ragazza. Aveva assaggiato la sua lingua Purosangue, lo aveva sentito trattenere il respiro per lei. Aveva toccato i suoi pettorali, duri come rocce. Il tutto era durato pochi secondi ed era stato orribile, ma non di meno era successo.

Quello stesso ragazzo che l'aveva odiata per anni e poi assalita se ne stava seduto lì, a un banco di distanza da lei, ignorandola così come ignorava chiunque altro, fingendo che nessuno attorno a lui esistesse, forse neanche se stesso.

Credeva che non l'avrebbe notata, invece Hermione si sentì sorpresa e imbarazzata quando Malfoy si voltò leggermente verso di lei e la fulminò col suo sguardo indecifrabile. Si era accorto di come lei si fosse persa a fissarlo e sembrava volerla interrogare sul perché.

La Gryffindor tornò a guardare in avanti con uno scatto. Mossa la nuova piuma sulla pergamena, si affrettò a segnare le parole che sentì pronunciare al professor Rüf: ultima possibilità di redenzione.

Alla fine della lezione, Hermione scivolò fuori dall'aula di Storia della Magia seguendo il flusso regolare degli studenti che, come di consueto, sbadigliavano e si stiracchiavano.

Mentre il resto della classe si disperdeva in corridoio, Hermione si fermò a controllare il calendario delle lezioni che portava sempre con sè. Con l'inizio del nuovo semestre, gli orari erano cambiati e lei era ormai così distratta da averli dimenticati. Si accertò di avere libere le successive due ore. Intanto, una figura molesta era entrata nel suo campo visivo e si era avvicinata al suo spazio vitale.

Anche senza sollevare lo sguardo, la Gryffindor sapeva chi fosse. Le sue forme erano inconfondibili, inoltre non conosceva altri ragazzi che potessero avvicinarsi a lei così di soppiatto. Con un sospiro, rimise il calendario in borsa ed esclamò:

"Cosa c'è, Malfoy? Mi sono persa di nuovo il tuo gufo?"

Non amava essere sgarbata, ma con Malfoy non riusciva a frenarsi. La sua vicinanza la disturbava, e le gambe le suggerivano di girare i tacchi e andare via.

"Hai perso questa." Le rispose la voce scontrosa di Draco, mostrandole la sua piuma di pavone. La teneva per la punta, il naso arricciato. "Non sapevo che avessi dei gusti così pacchiani."

Hermione riflettè di averla lasciata sul banco quando aveva raccolto il libro di testo. Era l'ennesima prova che stesse perdendo la testa.

"Oh... Allora grazie. L'avrei sicuramente dimenticata se non fosse stato per te." Rispose la giovane Strega, scegliendo di ignorare il sarcasmo. Prese la piuma e la ripose in borsa con delicatezza. "A cosa devo tanta gentilezza, Malfoy?"

Hermione vide i suoi occhi opachi divenire glaciali. Erano così espressivi malgrado la loro freddezza, che le parve di leggervi la risposta: il Boccino di cioccolato. Lei glielo aveva offerto, lui l'aveva accettato senza ringraziare. Era tornato a saldare il suo debito.

"Ora siamo pari." Le disse, accigliato.

Fece per andare via, ma Hermione non aveva ancora finito con lui. In effetti, non aveva nemmeno iniziato e aveva una gran voglia di litigare.

"Oh, neanche per sogno." Esclamò, alzando la voce nel corridoio ormai vuoto. "Non saremo mai pari. Non c'è niente che tu possa fare per farmi dimenticare che sei un arrogante viziato e spocchioso."

"Non voglio che lo dimentichi." Ribatté lui, prontamente. "Pensa di me quello che vuoi, odiami, non mi importa."

"Ne sono sicura! È molto più facile fare la vittima che darti da fare per migliorare te stesso! L'hai dimostrato anche con Astoria, l'hai lasciata andare perché..."

Tirare in ballo l'amica di Malfoy non era stata la migliore delle idee. Poteva andar bene se la sua intenzione fosse stata quella di ferirlo, ma lei doveva assicurarsi che l'anno scolastico dello Slytherin procedesse senza intoppi. Essere la causa dei suoi crolli emotivi rischiava di diventare una pecca troppo grande da inserire nel suo curriculum di tutrice.

"Che cosa ne sai tu di Astoria?" Ringhiò il ragazzo. La rabbia gli aveva dilaniato il volto. Forse temeva che le due ragazze si fossero parlate ancora una volta alle sue spalle, ma in realtà Hermione non aveva più avuto alcun contatto con lei.

"Vi ho osservati, ma mi sarei accorta che siete ai ferri corti anche se avessi prestato meno attenzione. Non vi parlate più, quando le passi accanto nei corridoi fai finta che non esista. Lei però sta soffrendo, se ne accorgerebbe anche un cieco, e tu... Tu stai rinunciando all'unica persona che ti abbia mai amato!"

"E per quale motivo sarebbe affar tuo?" Ribatté Draco, la cui voce si era piegata a un'emozione che non era riuscito a soffocare. "Ho fatto quello che dovevo. L'ho lasciata libera."

A Hermione era già parso una volta di scorgere in lui qualcosa di buono. In quel caso non era finita bene - Malfoy aveva fatto del suo peggio per farle cambiare idea - ma ora che la sensazione era ritornata, veniva fuori che non era stata un abbaglio. Lo vedeva triste, sofferente, come conseguenza del fatto che, per la prima volta in vita sua, stesse provando a fare la cosa giusta.

"Stai scoprendo l'altruismo, ma lo applichi male." Gli spiegò Hermione, addolcendosi. "Ho già cercato di spiegartelo. Non deve andare per forza così, non devi continuare a punirti. Anche se ci sono persone che non ti perdoneranno mai per quello che hai fatto, cadere in depressione non è la reazione giusta ai tuoi problemi."

Prima di dirlo ad alta voce, Hermione non lo sapeva. Ora però non aveva dubbi: la depressione era esattamente ciò che vedeva in Malfoy. Poteva persino giurare di averlo osservato spegnersi sempre di più, giorno per giorno, fin dai primi di settembre. Se non fosse intervenuta subito, avrebbe forse assistito al suo tracollo entro la fine dell'anno scolastico.

Draco rimase imperturbabile. Soltanto le sopracciglie bianchissime si distesero, non potendo fare a meno di assumere le forme della tristezza.

"Ti interessa veramente?"

Hermione sobbalzò. Le interessava davvero di lui? La risposta era no. Non poteva dimenticare il nemico che era stato per lei, per i suoi amici e per molte altre persone. Si curava di Malfoy soltanto perché lo doveva alla McGranitt e a sua madre. Sentiva, però, nei suoi confronti, una sorta di curiosità che i più maliziosi avrebbero potuto definire attrazione.

C'era in lui una tale dualità di intenti e di passioni che riusciva a stuzzicare l'interesse di Hermione per gli enigmi. La vita di Malfoy era proprio un enigma. Si domandava cosa ne sarebbe stato di lui, che genere di adulto sarebbe diventato, e se il contributo che lei poteva dare a tutto questo poteva fare la differenza.

"Ho detto che ti avrei aiutato, quindi sì, mi interessa."

"Sei solo un'ipocrita." Replicò subito Malfoy. "Puoi anche negarlo, ma tu ami sentirti migliore degli altri."

"Oh, smettila! Ma se anche fosse, guardati un attimo allo specchio e rifletti. A cosa sono serviti tutti quegli anni passati a denigrarmi, se poi alla prima occasione mi hai ba..."

Non riuscì a terminare la frase. Poteva davvero definire "bacio" quel momento di violenza che c'era stato tra di loro? Non era forse meglio lasciare che entrambi dimenticassero quella pessima esperienza?

"Lasciami stare, Granger." Tagliò corto lui. La voce era bassa e minacciosa, ma esprimeva anche la stanchezza riflessa nel suo sguardo teso. "Sono troppo incasinato per te. Non puoi aiutarmi. Nessuno può farlo."

Hermione avrebbe potuto smentirlo, dimostrargli che il suo dolore poteva essere alleviato, se solo si fosse preso la briga di affrontarlo. Si rendeva conto, però, che quei discorsi non avrebbero fatto alcuna presa su di lui. Malfoy aveva deciso di soffrire. Voleva punirsi. Nulla l'avrebbe distolto da quell'intenzione. Lei poteva solo provare a fargliene prendere coscienza.

"È perché non vuoi essere aiutato che mi hai consegnato la piuma?" Gli domandò, retorica. "Potevi lasciarla levitare verso di me, che è esattamente ciò che ho fatto io col Boccino. Non eri costretto a parlarmi. Se l'hai fatto, è perché almeno inconsciamente sai di avere bisogno di me."

"Se ne sei così convinta, allora, fallo. Prova a cambiarmi." Draco annaspava, stringendo la mascella. "Sorprendimi, Granger. Tenta l'impossibile."

"Lo farò." Disse lei sottovoce, quando Draco si fu allontanato a grandi passi, abbastanza da non poterla sentire.

Quella sera cena, Ginny iniziò a sciorinare una serie di coloriti improperi a proposito del fratello. Era successo che Ron le avesse scritto nel pomeriggio per chiederle di mettere una buona parola su di lui a Hermione. Ora che la Strega più brillante della sua età veniva a scoprire che il suo cosiddetto fidanzato non aveva scritto direttamente a lei, ma a un'intermediaria alla maniera di un vigliacco, si infuriò talmente tanto che ancora una volta si dimenticò di Malfoy.

Le due amiche continuarono a discutere di Ron anche durante il giro di ronda serale. Al rientro in dormitorio, Ginny era ormai così esausta che crollò a letto; Hermione si sistemò invece nella tranquillità della Sala Comune vuota, concedendosi un ultimo ripasso prima di andare letto, un rito che di solito bastava a calmarla.

Fu in quel momento che si ricordò: Malfoy. Lo aveva perso di vista per tutto il giorno. Poteva andare peggio soltanto se nel frattempo gli fosse capitato qualcosa di grave, il che non era da escludere: il suo atteggiamento era preoccupante.

Era stato proprio in previsione di situazioni difficili che, durante le vacanze, nei pochi momenti liberi tra un litigio con Ron e l'altro, aveva chiesto a Harry di avere in prestito la Mappa del Malandrino. Il suo caro amico non aveva perso l'entusiasmo di fronte alla possibilità di infrangere un po' le regole, pur essendo ormai indirizzato alla carriera di Auror, per cui le aveva dato la Mappa senza nemmeno chiederle per cosa le servisse, ma solo ricordandole di farne buon uso.

Chiusa tra i tendaggi del suo letto a baldacchino, Hermione accese il Lumos e aprì la Mappa pronunciando la formula: giuro solennemente di non avere buone intenzioni.

Sulla pergamena ingiallita ricomparve gradualmente dell'inchiostro nero a tratteggiare i confini del castello. Numerosi puntini, affiancati da altrettanti nomi e cognomi, sostavano in corrispondenza delle quattro Sale Comuni. In giro per Hogwarts a quell'ora della notte c'erano soltanto Gazza e la sua gatta, un paio di insegnanti riuniti in Sala Professori e Draco Malfoy.

Hermione avvicinò gli occhi alla pergamena: si trovava in cima alla Torre di Astronomia. Cosa stava facendo lassù? L'aveva già fatto altre volte? Non le piaceva. C'era qualcosa nella cupa indolenza di Malfoy che non lasciava presagire nulla di buono.

Proprio mentre Hermione si decideva ad andare a controllare di persona, il puntino col nome del ragazzo si mosse. Il suo nome sulla Mappa proseguì spedito fino ai Sotterranei e poi dentro la Sala Comune di Slytherin. Qualunque cosa fosse successa, il pericolo era rientrato, ma Hermione era ben lontana dal sentirsi tranquilla.

Rivide Malfoy il giorno dopo, a lezione di Erbologia. Apatico come sempre, per potare il suo Artiglio del Diavolo si era appartato su di uno dei tavolini più sbilenchi delle serre, da dove però aveva il piacere di dare le spalle ai compagni. La sua mano era ferma, e per questo riusciva a lavorare sul suo esemplare meglio di molti altri che, essendo più nervosi, scuotevano la pianta così tanto da indurla a muovere i rami, che di conseguenza cercavano di stringersi attorno alle loro dita.

In breve tempo, attorno a Hermione si creò una confusione di rami imbizzarriti, foglie sparse e gridolini di spavento. Le piante di alcune delle sue compagne, Ginny compresa, si erano fatte talmente irrequiete da impedirle di lavorare alla sua.

"Ferme, ferme! Che state combinando, qui?" Brontolò la tozza professoressa Sprite. "State disturbando la signorina Granger! Spostati cara, cercati un altro posto mentre io rimedio a questo pasticcio..."

Hermione non poteva sperare in un'occasione migliore. Sollevò con delicatezza il proprio vaso e lo portò allo stesso tavolo in cui stava lavorando Malfoy. Lo fece sembrare una casualità, e per questo finse di non avere avuto abbastanza forze per trasportare la pianta più lontano. La recita non ingannò l'antico rivale, che la guardò in cagnesco non appena lei fu di ritorno con la tenaglia in mano e un sorriso soddisfatto.

"Spero che il tuo concetto di fare l'impossibile non significhi infastidirmi a lezione." Sussurrò seccato verso di lei.

"Sto solo potando il mio Tranello del Diavolo, Malfoy. Non siamo costretti a fare conversazione solo perché occupiamo lo stesso tavolo." Rassicurato da quella risposta, lo Slytherin continuò il suo lavoro in silenzio, pur sempre diffidente. "Ad ogni modo, non siamo nemmeno costretti a ignorarci." Riprese lei, con somma irritazione di Draco. "Hai passato delle buone vacanze?"

Lui la fissò contrariato per un po', prima di rispondere sarcastico:

"Davvero ottime. Non sono mai tornato a casa, sono rimasto qui da solo."

Hermione perse la voglia di sorridere. Non aveva dimenticato che i Malfoy fossero ancora a rischio ritorsione da parte di alcuni dei Mangiamorte fuggitivi. La situazione non poteva certo fare bene al loro rampollo, il quale a sua volta stava già facendo i conti con se stesso e le conseguenze della guerra.

"Te l'hanno suggerito gli Auror?"

"L'ho deciso io." Ribattè lui con fermezza, senza accenno ad altre spiegazioni.

"Consolati, Malfoy." Asserì Hermione, dopo un momento di silenzio. Alle loro spalle, la professoressa Sprite stava girando per i tavoli. "Non è stato un Natale divertente per molte persone. I Weasley sono ancora in lutto per Fred... come se non bastasse, hanno dovuto sopportare i continui litigi tra me e Ron. Delle scene patetiche di cui mi vergogno da morire."

Cadde il silenzio. Hermione non sapeva perché si fosse confidata con lui. Le era parsa la cosa giusta da fare per consolarlo e attirare la sua fiducia, ma allo Slytherin, chiaramente, non interessava nulla della sua vita privata.

"Perché hai litigato con Weasley?" Le domandò a sorpresa.

"Niente di grave, in realtà. Il problema è che Ron non dà il massimo quando è sotto stress. Tu lo sai già, dato che al sesto anno gli hai scritto quell'insopportabile canzoncina sperando di esasperarlo! Diventerà un Auror e l'addestramento non è esattamente una passeggiata, per cui..."

"Scarica su di te i suoi fallimenti? Merlino, Granger, non lo farei nemmeno io con la mia ragazza."

Malfoy, col suo passato, non era degno di parlar male di Ron, tuttavia Hermione si accorse di non avere voglia di rimproverarlo, perché aveva detto il vero. Il suo fidanzato non avrebbe dovuto stremarla in quel modo con le sue insicurezze.

"Non lo fa con cattiveria." Sentì il bisogno di specificare. "Lo conosco bene. Ha soltanto paura di non essere alla mia altezza e che prima o poi mi stancherò di lui. Non dico che abbia senso, ma..."

"Ha ragione."

Hermione lo fissò, interdetta. Malfoy era concentrato a tagliare un altro ramo della sua pianta, indifferente alle sue stesse parole.

"Diresti qualsiasi cosa, pur di offendere i miei amici." Obiettò lei, non sapendo con certezza cosa pensare.

"Weasley non era il tuo ragazzo?"

"Rimane prima di tutto un mio amico."

"Non è comunque alla tua altezza. Ma a discolpa del suo stato di Purosangue, c'è che nessuno potrebbe mai esserlo."

La professoressa Sprite irruppe al loro tavolo per controllare il lavoro di Malfoy. La sua pianta era stata così ben potata che l'insegnante non ebbe altra scelta che complimentarsi con lui. La lezione terminò e, nel trambusto generale, Hermione perse di nuovo di vista il reticente Purosangue. Draco era stato il più rapido della classe a rimettere tutto in ordine e ad andare via, come se piuttosto stesse scappando da lei e dalla verità che si era appena lasciato sfuggire.

In un modo tutto suo, Draco Malfoy le aveva fatto un complimento. Lui, un Purosangue, si era posto da solo al di sotto di lei e a causa di questa umiliazione era scappato. Di colpo, mentre si toglieva i guanti e il grembiule sporco e fingeva di ascoltare Ginny che si lamentava del suo Tranello del Diavolo imbizzarrito, Hermione si pentì di non avere avuto i riflessi abbastanza pronti da pronunciare almeno un semplice grazie.

Quella notte, dopo essersi accucciata sotto le coperte del suo baldacchino, la Gryffindor si mise in cerca del nome di Malfoy sulla Mappa del Malandrino. Proprio come temeva, lo trovò sulla Torre di Astronomia. Ciò significava che il compagno era riuscito a passarle sotto al naso anche durante l'ultima ronda.

La Torre doveva avere un significato particolare per lui, se pur di andarci sfidava il freddo, i Prefetti e i professori. Volendo scoprire quale fosse, Hermione continuò a spiarlo per le sere successive, cercando di ottenere un quadro preciso dei tempi e delle modalità dei suoi spostamenti. Si accorse così che Malfoy sfidava la sorte quasi tutte le notti tra le ventidue e mezzanotte, in quel lasso di tempo in cui le ronde terminavano e Gazza batteva i corridoi dell'ala opposta.

Durante il giorno, Malfoy era sempre tetro e taciturno, impegnato soprattutto a evitare la Granger e i suoi palesi tentativi di riprendere il discorso che avevano lasciato in sospeso. Per quanto lo Slytherin la irritasse, Hermione non poteva che sentirsi benevolente nei confronti di qualcuno che aveva schiacciato il proprio orgoglio per riconoscere il suo valore. Decise così di aiutarlo e la notte, durante le ronde, prese ad accertarsi che il percorso tra i Sotterranei e la Torre di Astronomia rimanesse sgombro.

Una sera, poco prima di addormentarsi - dopo essersi accertata, spiando sulla Mappa, che Malfoy fosse rientrato al suo dormitorio - iniziò a ripensare al loro bacio. Non sembrava più così tremendo. A volte le capitava di sognare Ron, ma quella notte i capelli del suo fidanzato si tinsero di un biondo chiarissimo; scambiò con lui un bacio violento, del tutto simile a quello avuto con Malfoy, e in preda al panico si risvegliò.

Lo stesso sogno si ripetè per alcune notti, e ciò costrinse Hermione a cercare una spiegazione logica. In cuor suo era contenta che un idiota come Malfoy fosse riuscito ad apprezzarla, ma il comportamento dello Slytherin era stato così inaspettato da averla confusa. Pensò che la sua mente si stesse sfogando immaginando di baciarlo, perchè lei non aveva ancora elaborato l'accaduto.

Ron ritornò bruscamente al centro dei pensieri di Hermione un sabato quando, dopo tanti giorni di silenzio, ricevette una sua lettera con la posta del mattino.

Era lunghissima: tre fogli di pergamena segnati da una scrittura frettolosa, in cui Ron alternava frasi di rammarico ad altre velate accuse di stampo passivo-aggressivo. Hermione si innervosì talmente tanto che non riuscì a leggerla per intero. Giunta alla seconda pagina, ne fece poltiglia e la lasciò annegare nella zuppa.

Si alzò e andò via dicendo a Ginny di non avere più fame. Uscendo dalla Sala Grande si accorse che la curiosità dell'amica aveva avuto la meglio: la vide ripescare la pergamena fradicia dal piatto, così da riunire i pezzi e scoprire in quale altro modo innovativo quell'idiota di suo fratello avesse deciso di rovinarsi la vita.

Quando, più tardi, le due ragazze si rividero per andare a Hogsmeade, Hermione scoprì cosa contenevano quelle ultime righe che lei aveva annegato nei fiocchi d'avena con tanta veemenza.

"Ha detto che lo troverai a Hogsmeade, alla Testa di Porco, esattamente tra cinque minuti." Spiegava Ginny indifferente, mentre superavano il cartello che annunciava l'ingresso al piccolo villaggio.

"Un posticino di classe, degno del suo nuovo umore." Commentò lei, ripensando furiosa a tutte le accuse infondate che le aveva rivolto nelle lettere. "Pensi che dovrei andare?"

Ginny scrollò le spalle.

"Se non volessi incontrarlo, ti capirei. Puoi stare con me e Harry. Ci sarà anche lui, ma noi andremo ai Tre Manici di Scopa."

Hermione sospirò amaramente. Non poteva fare da terzo incomodo a Harry e Ginny. Non era giusto - anche loro stavano insieme da poco - e non ne aveva voglia. Doveva solo farsi coraggio e incontrare Ron. Poteva essere l'occasione giusta per risolvere i loro problemi una volta per tutte.

Tuttavia, dopo un accorato quanto breve faccia a faccia - che aveva dato di che ridere a qualche vecchio mago annoiato - l'aspirante Auror si era Smaterializzato al Ministero e la Caposcuola di Hogwarts era fuggita all'aria aperta tra la neve, senza che i loro problemi di coppia avessero fatto dei passi avanti. Hermione cercò rifugio dietro al tronco di un albero, che era distante dalla strada e si affacciava sulla Stamberga Strillante, e si sedette ai suoi piedi.

Aveva voglia di piangere. Odiava litigare con Ron, ma lui non le dava altra scelta. Non poteva permettergli di insultarla in quel modo, lasciandosi addirittura accusare di essere una bacchettona incapace di accettare le scuse, pur sapendo che era invece Ron quello che si teneva sulla difensiva, giustificando i propri sbagli con la scusante del "mi hai costretto tu".

"Sembra che ti occorra un Boccino di cioccolato."

Malfoy era apparso accanto a lei come per magia. Letteralmente. Non c'erano impronte sulla neve. Hermione non riuscì a spiegarsi quel lampo di gioia che l'aveva attraversata nell'istante stesso in cui aveva riconosciuto la sua voce. Dapprima, non si accorse nemmeno che lui le stesse offrendo qualcosa: aveva in mano un pacchetto, identico a quello che lei gli aveva regalato per Natale dopo averlo visto litigare con Astoria.

Hermione lo afferrò, sfiorando le dita del ragazzo coperte dai guanti di lana verde. La frase all'interno del Boccino recitava:

Datemi una leva e solleverò il mondo.

Incrociò lo sguardo triste di Malfoy, intento a studiare la sua reazione, e per la prima volta pensò di lui che fosse veramente bello. Lo era sempre stato, certo, e Hermione non aveva mancato di notarlo neanche nei momenti in cui lo aveva detestato di più; tuttavia, la sua bellezza era un dono che non si era guadagnato e che non lo definiva. Ciò che lo rendeva desiderabile era la sua luce interiore, che era debole e traballante, ma c'era. Hermione l'aveva vista quando lui aveva parlato di Astoria, quando si era lasciato sfuggire di non sentirsi alla sua altezza, e ora col dono del Boccino.

Qualcosa scattò in lei, e stavolta seppe di essere attratta da lui. Ponderò su quell'incredibile sensazione, trovandola strana e inaspettata, sbagliata nei confronti di Ron, ma in fondo non così tremenda come avrebbe immaginato. Non era cotta di Malfoy. Era solo incuriosita. Aveva conosciuto sempre e solo un Draco malvagio, e ora si chiedeva chi altro ci fosse in lui.

"Grazie, Malfoy." Lo ringraziò, sinceramente colpita. "Non sai quanto ne avevo bisogno."

Draco si mise a sedere poco distante da lei, davanti ad alcuni cespugli, e rispose:

"Invece credo di saperlo. Diciamo pure che lo sa tutta la scuola. Le vostre urla si saranno sentite fino al Castello."

Hermione si coprì il viso con le mani, accucciando il Boccino in grembo.

"Oh no. È così imbarazzante!"

"A me non dispiace di non essere più il solo a provare imbarazzo in questa scuola." Commentò lui, con la sua apatia pungente.

Hermione voleva chiedergli se era questo il motivo per cui ogni notte correva a isolarsi alla Torre di Astronomia, ma non parlò. Era già sorprendente - e prezioso - il fatto stesso che le avesse rivolto la parola per primo e che addirittura le avesse portato un regalo.

"Spero che un giorno si sistemerà tutto." Gli disse. "Per me, per te, per tutto quanto. Dobbiamo solo crederci, Malfoy. Insistere, fino a quando non otterremo ciò che vogliamo veramente."

"Tu cosa vuoi?" Le domandò prontamente. Sembrava interessargli davvero. "A parte diventare Ministro della Magia, intendo, perché quello mi sembra evidente."

Hermione non capiva se fosse serio o meno, ma sorrise lo stesso perché aveva indovinato. Iniziava a piacerle davvero.

"Voglio rendermi utile." Rispose. "E fare la pace con Ron. Tu invece? Sai già cosa vuoi?"

Malfoy si bloccò. Si abbracciava le gambe aperte, i piedi affondati nella neve. Fissava davanti a sé. Hermione notò che il suo sguardo solitamente spento si era dipinto di un caldo bagliore per la durata di un istante. Lo spostò su di lei, ma lo distolse subito.

"Forse." Fu l'unica parola che pronunciò.

Nascosti tra gli alberi e i cespugli, Draco e Hermione rimasero seduti vicini, in silenzio, per molto tempo. Godevano del brusio delle foglie mosse dal vento e del suono delle chiacchiere felici che arrivavano dalla strada. Tutt'intorno, c'era una pace che raramente avevano sperimentato in vita loro. Un Purosangue e una Mudblood si erano isolati nella neve, facendosi compagnia, eppure andava tutto bene.

 

 

   
 
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