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Autore: k_Gio_    30/03/2022    2 recensioni
''Davanti a lui c'era una ragazzina dalla pelle scura e vestita di sete viola, campanelli alle caviglie e macchie dipinte sulle spalle. Poteva avere la sua età se non qualche anno di meno. Era indubbiamente bella ma qualcosa nello stomaco si contorse all'idea che suo fratello gli avesse voluto regalare un'esperienza del genere''
Lo dico fin da subito. E' una What if grande quanto una casa quindi i personaggi potrebbero risultare OOC. Tra l'altro chi è morto nel canon qui non lo è molto.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Jordie Rietveld, Jordie Rietveld, Kaz Brekker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sapeva di essere nella sua stanza, aveva riconosciuto il breve tragitto, ciò che non capiva era il perché lo avessero bendato, non avrebbe manifestato ostilità se gli avessero chiesto di togliersi di mezzo per quella serata.
In quel giorno l'ultima cosa che aveva avuto voglia di fare era di stare a divertirsi con i membri della banda, il suo compleanno gli ricordava solo la fine della sua vita passata, quella prima di Ketterdam, quella in cui suo padre era ancora vivo e con lui e Jordie andavano a trovare la mamma al cimitero.
Jordie glielo aveva detto di smetterla di ripensare a ciò che erano stati e di godersi quello che erano diventati: personaggi influenti nel Barile. Beh, Jordie era quello che si poteva definire un personaggio influente tra le bande, Kaz pensava che prima o poi avrebbe fatto una brutta fine. Lui era solo il fratellino del boss che voleva stare alla larga il più possibile dal giro. Cosa abbastanza impossibile visto che vivevano sotto lo stesso tetto e lavorava per lui con i libri contabili e qualche lavoretto poco lecito ogni tanto. Ma le cose sarebbero cambiate, si era iscritto all'università della città, non voleva finire linciato sulla strada da qualche banda nemica o vivere nella paura costante che per una vendetta nei confronti del fratello ci rimettesse lui le penne. Jordie se la sarebbe dovuta cavare da solo, avrebbe trovato un altro per gestire i conti del club e di tutti gli altri affari. Si sarebbe ripreso la vita che suo fratello gli aveva promesso quando erano arrivati a Ketterdam, sarebbe andato a scuola e avrebbe cambiato le carte in tavola. Niente pestaggi occasionali o conti da regolare, avrebbe deciso lui cosa fare. 
Di conseguenza quella giornata l'aveva passata camminando per la città e cercando di starsene lontano da suo fratello e i suoi affari. 
Quindi ancora non era riuscito a capire perché lo stessero accompagnando nella sua stanza in quel modo.
«Allora Kaz, hai detto che non ti piace festeggiare ma Jordan ha pensato comunque di farti una sorpresa. Ora è impegnato ma dopo forse sale per vedere se hai apprezzato il regalo». Bollinger ridacchió mentre lo spingeva attraverso la porta.
«Il capo non ha mai sborsato un kruge per noi, quello che ha speso per te oggi... E te ne vuoi pure andare a studiare, sei proprio un idiota». Disse Pim non riuscendo a capire le scelte di quel ragazzo, e forse lo invidiava un po' per il fatto che Kaz fosse in procinto di cambiare la sua vita mentre lui doveva rimanere lì e lavorare sodo per mettersi da parte un bel gruzzolo.
Kaz alzò gli occhi al cielo nonostante la benda, annoiato da quella conversazione che ormai ascoltava quotidianamente da quando aveva comunicato quella notizia. Non sapeva cosa aspettarsi da suo fratello, ancora non lo aveva visto quel giorno, e pensava che sarebbe andato a dormire senza vedere la sua faccia. Sperava che questa sorpresa si rivelasse rapida e indolore, voleva mettersi a letto e leggere senza interruzioni, concludere quella giornata e non pensarci fino all'anno prossimo. 
«Bene, tanti auguri ragazzino e divertiti». E Bollinger gli assestò una poderosa pacca sulla spalla dopo aver tolto la benda dagli occhi di Kaz. 
Davanti a lui c'era una ragazzina dalla pelle scura e vestita di sete viola, campanelli alle caviglie e macchie dipinte sulle spalle. Poteva avere la sua età se non qualche anno di meno. Era indubbiamente bella ma qualcosa nello stomaco si contorse all'idea che suo fratello gli avesse voluto regalare un'esperienza del genere, gli aveva detto più volte quanto detestasse le visite che faceva periodicamente al Serraglio per affari.
«È arrivata al Serraglio qualche mese fa, potrebbe fare un po' di storie ma credo tu possa riuscire a cavartela ragazzino». 
E dopo una risata che a Kaz provocó un senso di nausea i due membri della banda si chiusero la porta alle spalle e tornarono al piano di sotto dal resto degli Scarti. 
Il volto di Kaz fu attraversato da emozioni che erano sempre più presenti da quando suo fratello era diventato un capobanda. Non era più il fratello con cui era cresciuto nella fattoria, quello con cui era sbarcato a Ketterdam in cerca di fortuna ma con ancora quel legame che non li avrebbe divisi. Ora gli aveva regalato una notte con una ragazza che molto probabilmente non aveva nemmeno deciso di mettersi in quella situazione. 
Quello che a detta di tutti era un viso bello e al contempo intelligente fu mascherato da un cipiglio di disgusto e frustrazione. Ma la ragazza non c'entrava nulla e non voleva che pensasse che ce l'avesse con lei. Rilasció le mani che aveva stretto in due pugni e sospirò rassegnato. 
Tornò a guardare la ragazza che aveva di fronte e da cui non aveva ancora sentito emettere un suono.
Gli occhi scuri che lo guardavano dal basso, da sotto le ciglia tradivano paura e inquietudine. Ferma e in attesa.  
«Vuoi del cioccolato?» Esordì alla fine Kaz rompendo il silenzio. La ragazza alzò confusa la testa, non capendo se stesse scherzando o se le stesse chiedendo qualcos'altro, stava ancora imparando il kerch ma c'erano modi dire che ancora non capiva. 
Non ricevendo risposta le fece segno con la testa di seguirlo verso il tavolino e le due sedie che aveva  sistemato accanto alla finestra, non sentendola dietro di sé si voltò ma lei era proprio ad un palmo dal suo naso. 
«Ghezen, sei davvero silenziosa». Si mise seduto e scartó quello che era rimasto di una barretta di cioccolato che aveva comprato quella mattina come unico sfizio della giornata. 
Anche la ragazza si mise seduta, rimanendo rigida, sul bordo della sedia in attesa di qualsiasi cosa il ragazzo di fronte a lei le avrebbe richiesto. O per cercare di scappare se avesse trovato il coraggio di riprovarci un'altra volta. 
«Tieni», le allungó un pezzo di dolce, «come ti chiami?» 
Lei guardò quella piccola prelibatezza che aveva mangiato solo una volta a casa sua, insieme alla sua famiglia. Quella da cui sperava di tornare un giorno. 
Ignoró il cioccolato e tornò a pensare alla domanda. 
«Puoi chiamarmi come preferisci». 
«Per favore», e la guardò negli occhi, «vorrei conoscere il tuo nome. Non ti chiederò nient'altro, non so cosa abbia fatto pensare a mio fratello che volessi una cosa del genere». 
Si ritrovò a dire più a sé stesso che a lei.  L'ultima cosa che voleva era approfittare di qualcuno che era stato sfortunato, e sapendo che la ragazza era finita al Serraglio con Tante Heleen sapeva fin troppo bene come funzionavano le cose in quella gabbia dorata. 
La ragazza era combattuta, Kaz lo vedeva sul suo volto, non faticava di certo a capirne il motivo, non osava nemmeno pensare in quali clienti potesse essersi imbattuta. 
«Inej», soffió, fu quasi un sussurro. «Inej Ghafa». 
«Inej Ghafa» , ripeté lui per imprimerselo nella memoria. 
Sentire pronunciare il suo nome dopo tutti quei mesi le fece venire gli occhi lucidi. 
«Bene Inej, io sono Kaz, come immagino tu sappia già. Puoi mangiarlo, non è avvelenato». E dicendolo affondò i suoi denti nel suo quadratino, accennando un piccolo sorriso di incoraggiamento. 
E Inej allora si permise di rilassarsi un minimo, afferrò con mani tremanti il cioccolato e se lo portó alle labbra. I ricordi tornarono prepotenti e per un attimo fu inghiottita da una malinconia che la travolse. 
Si asciugò in fretta le lacrime che le erano affiorate agli angoli degli occhi, ricordava ancora cosa era successo l'ultima volta che aveva pianto di fronte ad un cliente. Non voleva ripetere l'esperienza. 
«Da dove vieni?»
«Ravka»
«Sei Suli?» 
«Sì, la mia famiglia si esibisce in spettacoli circensi a Ravka e altre città». Parlare della sua famiglia le venne spontaneo e la portò a sorridere inconsapevolmente, fu facile parlare a quel ragazzo appena incontrato della sua vita, se ne sarebbe pentita probabilmente. Alcune delle ragazze le avevano sconsigliato anche solo di pensare alla sua vita passata, poteva essere doloroso e pericoloso al tempo stesso. Ma erano sei mesi che non parlava con qualcuno come stava succedendo ora con quel ragazzo e sentirsi di nuovo se stessa anche se per poco la fece sentire di nuovo viva. 
E Kaz la ascoltava e le faceva domande, interessato sul serio alla sua vita. Era la prima volta che incontrava una Suli e la conoscenza lo affascinava. Un pregio che aveva fatto desistere suo fratello dal mandarlo a scuola e tenerselo vicino per lavoro. 
Sembrava più rilassata ora che avevano rotto il ghiaccio e quindi Kaz sfoderó il suo asso nella manica. 
Prese il suo mazzo di carte e si destreggió con i numeri di magia che aveva imparato. Vedeva i suoi occhi seguire le carte, la bocca che rimaneva socchiusa in un'espressione di stupore per poi sbocciare in un sorriso divertito mentre cercava di capire dove fosse il trucco. 
«Fallo un'altra volta!» Ed era tornata la quattordicenne che era, in quel momento non era una prostituta, era una ragazzina a cui piaceva divertirsi, a cui piaceva stupirsi ed essere stupita. Kaz la guardava di sottecchi e si divertiva nel vederla attenta alle sue mosse, il suo sesto senso gli diceva che quella ragazza avrebbe scoperto tutti i suoi segreti se avesse voluto. 
Era una bella serata, tutto sommato forse uscire non sarebbe stata una cattiva idea. 
«Quindi tu e la tua famiglia siete degli acrobati... » Guardò verso la finestra e ascoltò il brusio al di sotto. Avrebbe rimandato la lettura del libro. 
«Sai scendere da lì?» chiese in tono di sfida.
«Certo», rispose quasi offesa raddrizzando la spina dorsale, camminava sul filo da quando era bambina, l'altezza non l'aveva mai spaventa. 
Kaz indicò l'apertura accanto a loro «Vuoi fare una passeggiata?»
La prese in contropiede, cosa avrebbe dovuto rispondere. Fino a quel momento nessuno le aveva mai chiesto cosa volesse fare lei. Cercò negli occhi di Kaz se quella domanda fosse un test per metterla alla prova…e quale fosse nel caso la risposta giusta. Accettare significava  illudersi, e le avrebbe fatto male dopo. Nonostante non si volesse fidare completamente di Kaz , pensarsi libera la fece annuire. Forse i santi le volevano dire qualcosa, forse quell'incontro era per ricordarle chi fosse, che era ancora lei.
«Ti trovo qualcosa da farti mettere, torno subito» . Si diresse verso la porta e sparì. 
Inej guardò di nuovo fuori non sapendo cosa fare, forse era l'occasione che i santi le stavano offrendo, tamburelló le dita sul davanzale della finestra. Ma qualcosa le diceva che non doveva, forse la paura forse altro. Tra l’altro era stata proprio per la reputazione di Jordan Brekker che il pavone aveva acconsentito a mandarla alla Stecca. Le aveva fatto capire che se avesse provato a scappare o non si fosse comportata come ci si aspettava l’avrebbe lasciata nelle mani della banda di Brekker finché non avesse implorato di tornare da lei.
Sentì la porta richiudersi e la chiave girare nella toppa. Strinse forte gli occhi, ecco che la realtà tornava prepotente a dirle che si era sabgliata sul ragazzo, che era come tutti gli altri. Sarebbe dovuta saltare di sotto. 
«Ho trovato questi, dovrebbero essere della tua taglia… più o meno». Inej era abbastanza minuta e nei suoi cassetti c'era solo qualche indumento di quando era più piccolo. «Tutto bene Inej?».
Gli occhi cerchiati di kohl puntarono prima i suoi occhi e poi caddero sui vestiti che le stava porgendo. Annuì di nuovo, un nodo in gola che le impedì di parlare. 
«Il bagno è di là, ti aspetto qui». 
 
Una volta pronti entrambi si arrampicarono lungo i tetti. Kaz si era voltato più di una volta per vedere se aveva bisogno di una mano ma in confronto era lui quello che sembrava dover essere aiutato. Inej era agile, leggera nonostante i vestiti più grandi di almeno una taglia. Gli stava vicino e lo seguiva senza fare domande. 
Scesero in un vicolo poco illuminato e Inej si arrotoló la treccia che si era fatta poco prima in una crocchia bassa. Sperava di non essere riconosciuta. In fin dei conti non era una fuga la sua, era con il suo il cliente, solo in modo diverso, ma non voleva incontrare nessuno di quegli uomini che l'avevano usata. 
«Waffle?» E si infilarono nella folla. 
Camminavano l'uno a fianco all'altra, abbastanza vicini per non perdersi tra la folla di turisti. Kaz le indicava quella vetrina o quell'altra cianfrusaglia dall'aria bizzarra su un banchetto mentre lei cercava di star dietro a quel tripudio di colori e suoni che affollavano lo Stave. Inej si ritrovò a ridere più di una volta quella sera, guardava con occhi curiosi tutto quello che entrava nel suo campo visivo.
Mentre si erano fermati davanti ad un banchetto che vendeva fiori qualcuno le venne addosso, due mani sulle sue spalle la fecero immobilizzare all'istante. 
Stava imparando a dissociarsi dal suo corpo per riuscire a sopravvivere a quella sua nuova vita. A volte ci riusciva altre meno. Strinse forte le palpebre sperando che tutto finisse presto, che anche quell'uomo si prendesse una parte di lei e poi la lasciasse sola. Così da tornare a quella strana serata, e ad essere una ragazza di quattordici anni libera di camminare in una nuova città senza paura in compagnia di un ragazzo che la faceva ridere senza chiederle nulla in cambio. 
«Inej, Inej mi senti? Andiamo, spostiamoci». Si sentì trascinare delicatamente per un gomito, e tornò a quel momento. Si voltò verso Kaz che le lanciava sguardi preoccupati, le sopracciglia in un cipiglio teso. 
Si ritrovarono a percorrere vie interne per poi sbucare sulla banchina del porto. 
«Stai bene Inej? Era solo un idiota che ha bevuto troppo ed è inciampato. Ci sediamo?». 
C'erano delle panchine lungo la banchina, alcune erano già occupate. Si sedettero a quella più isolata. 
«Ne vuoi un po'?» 
Kaz le stava porgendo una bottiglia di kvas di cui non si era accorta. 
«Da dove esce?» 
«Un altro trucco di magia»
«Lo hai rubato?!»
Kaz scrolló le spalle, un mezzo sogghigno sulle labbra. In fin dei conti era pur sempre il fratello di Jordan Brekker. 
«Allora?» offrì di nuovo lui.
Inej gli prese la bottiglia e ne bevve un generoso sorso. Non aveva mai bevuto quando era con la sua famiglia ma quando era arrivata al Serraglio erano tante le cose che aveva dovuto iniziare a fare e bere era l'ultima cosa che la faceva sentire in colpa in quel momento. 
A Kaz d'altro canto non piaceva rubare, Jordie faceva abbastanza per entrambi, ma era lavoro anche quello e non si era mai sottratto. 
Il porto era tranquillo, il brusio della folla arrivava in un'eco debole alle loro orecchie, le onde che s'infrangevano  nel buio riportarono la pace nelle loro menti. 
Solo dopo che la bottiglia fu  bevuta per buoni  tre quarti Inej si voltò a guardare Kaz, ne osservò il profilo, i lineamenti. Lui si girò quando si sentì osservato «Cosa?»
«Perché non mi hai voluta stasera? Perché portarmi fuori e non direttamente al Serraglio se non ti andavo bene? Potevi… potevi avere qualcun'altra». 
Kaz la osservò finché poi non distolse lo sguardo guardando l'oscurità davanti a loro. Sospirò. 
Inej non perse di vista come le sue gote si fossero tinte di un tenue rosa, per il kvas forse. Kaz si passò una mano tra i capelli scuri e abbozzò un sorriso imbarazzato. 
Inej si portò le ginocchia al petto, i pantaloni neri che Kaz le aveva prestato insieme alla camicia e alla giacca scura, per le scarpe si era tenuta quelle con cui era arrivata visto che non aveva trovato scarpe della sua taglia,  la proteggevano dalla brezza che vicino al porto si faceva molto più intensa, si strinse negli abiti e attese che parlasse, voleva sapere perché quella serata che si era immaginata in tutt'altro modo fosse finita con loro due su una panchina come due amici che si dividevano una bottiglia di kvas. 
«Vorrei innamorarmi Inej, vorrei che fosse speciale… magari neanche lo sarà, non lo so», rise pensando al fatto che stava dicendo a voce alta quelle cose, e che le stava dicendo ad una ragazza che lavorava per il pavone, nel covo in cui andava per ricevere informazioni compromettenti sui clienti. «Però, sì, ecco, avere qualcuno con cui ridere e parlare, conoscersi e poi sì», e arrossì un po' di più. «Fare anche altro. Alla fine credo di essere rimasto un semplice ragazzo di campagna che sogna di incontrare qualcuno di speciale». Fece rotolare la bottiglia tra le mani per non alzare la testa e tornare da lei. «Quindi, spero che ora non andrai in giro per il Barile a deridere il fratello del temibile Jordan Brekker, e a dire quanto sia sciocco», rise imbarazzato cercando di sdrammatizzare e riportare l'atmosfera più leggera. 
Gli occhi di Inej ora erano gonfi di lacrime, e stava faticando a trattenersi. 
«Non sei sciocco Kaz. Non lo sei per niente». 
E Kaz capì cosa significassero le sue parole alle orecchie di lei. A tutto ciò che a lei era stato rubato. A ciò che a lui era ancora possibile e che a lei invece era stato sottratto.
«Io non, scusa» 
«Sei un bravo ragazzo Kaz, nonostante quello che si dice in giro su di te. Pregherò affinché i Santi ti aiutino a trovare quello che cerchi». 
«Non pensavo fossi credente dopo… dopo questo». 
«Noi non vediamo il quadro generale Kaz. Sono convinta che siano stati loro a farci incontrare oggi e li ringrazio perché stasera mi sono sentita di nuovo la ragazza che hanno cresciuto i miei genitori. Sono stata felice dopo mesi in cui non osavo neanche più pensarla questa parola». 
«Non ho fatto molto Inej», disse mestamente lui. «Qualche trucco di magia non risolve le cose». 
«No, ma hai reso di nuovo felice una persona. Tutto ciò che non viene donato viene perduto, e tu oggi avresti potuto rimandarmi indietro non degnandomi nemmeno di uno sguardo, saresti potuto essere come tutti gli altri. E invece hai deciso di passare la sera del tuo compleanno con una sconosciuta, una prostituta, e senza saperlo hai fatto un regalo a me». 
Quelle parole scavarono nel petto e nello stomaco di Kaz una voragine, si sentì impotente e debole di fronte a quello che non poteva cambiare. E quella sensazione non gli piaceva per niente. Il suo cervello iniziò a lavorare. 
«Dai qua», e gli prese la bottiglia dalle mani.
Kaz si alzò, mentre Inej lo guardava dalla panchina, «Che fai?» 
«Se domani ti svegliassi e fossi libera quale sarebbe la prima cosa che faresti?» 
Inej alzò un sopracciglio a quella domanda inaspettata, ma stette al gioco. 
«Cercherei un modo per tornare a Ravka e ritrovare i miei genitori». Disse sicura, e bevve di nuovo. 
«Quindi cercheresti un lavoro per pagarti il viaggio». 
«Immagino di sì». 
Kaz tirò fuori l'orologio. 
«Cos'è quella faccia?» 
«Che faccia? »
«Quella che stai facendo ora». 
«É la mia faccia», rispose Kaz senza guardarla, gli occhi ancora puntati sulle lancette ma la mente persa in qualche ragionamento. 
«Andiamo, torniamo alla Stecca». 
 
Il ritorno fu un po' più lungo, finire quella bottiglia e avere nello stomaco solo una porzione di waffle non era stata una decisione intelligente. 
Kaz entrò per primo, urtando il tavolino una volta sceso dal davanzale. Inej dietro di lui rise e Kaz si ritrovò ad andarle dietro. 
Scesa anche lei dal davanzale e prima che i suoi riflessi annebbiati dall'alcool lo notassero andò a sbattere contro la schiena di Kaz. 
«Che c'è?» 
«Aspetta». 
Pochi secondi dopo qualcuno bussò alla porta. Inej strinse la giacca di Kaz tra le mani, come se lui potesse o avesse voluto proteggerla se qualcuno fosse venuto a prenderla prima del previsto. 
«Ehi Kaz ci sei ? Siete troppo silenziosi, i ragazzi si aspettavano più rumore». Jordan Brekker sghignazzó da dietro la porta. 
«Tutto bene Jordie». Inej notó come la voce graffiante di Kaz si era inasprita ancora di più. Le aveva detto che dopo il loro arrivo in città si erano ammalati e che solo per un'inaspettata fortuna si erano salvati entrambi, portandosi dietro qualche segno della malattia. La voce rauca era uno di quelli ma fino a quel momento non l’aveva percepita come sgradevole.
«Con la ragazza tutto bene? Ti è piaciuta?» 
«Sì» disse lapidario.
Se Kaz si fosse rivolto a lei con quel tono probabilmente si sarebbe messa paura. 
«D'accordo non è il momento delle chiacchiere, ho capito, ci vediamo domattina fratellino. Divertiti». 
I passi si allontanarono dalla porta e nella stanza buia tornò a respirarsi un'aria più serena. 
«Sai giocare a carte?» Kaz la guardò da sopra la spalla ma Inej vide un sorriso sulle sue labbra e nonostante tutto tornó a sorridere anche lei. 
 
Inej imparava in fretta, con il kerch se la stava cavando bene ma con le carte continuava a non capire certe dinamiche. 
«Secondo me stai barando Brekker, anche se non so se ho capito davvero bene le regole a questo punto». Sorrise esasperata e posando le carte sul tavolo, si portò le mani al viso stropicciandosi gli occhi, il kvas stava facendo effetto ma non voleva addormentarsi. Una parte di lei non voleva che quella notte finisse.
«Supposizioni senza fondamento, cara Inej». 
Entrambi arrossirono, «Io devo finire di controllare alcuni conti, tu intanto puoi dormire se vuoi». E le fece segno con la mano verso il letto nella stanza adiacente. 
Lei guardò il materasso, si sarebbe potuta anche mettere a dormire per terra ma Kaz era pur sempre un cliente e nonostante la serata che avevano passato non poteva fingere di non essere una puttana. 
Forse quando l'avrebbe raggiunta nel letto sarebbe successo l'inevitabile, magari era stata tutta una pantomima per poi spezzarla dopo ma avrebbe conservato l'illusione finché avesse potuto. 
«'Notte Kaz, e buon compleanno». 
 
Quando aprì gli occhi i primi raggi del nuovo giorno filtravano dalla finestra arrivandole dritte in faccia. Ruotó sul lato mettendosi spalle alla finestra e si ritrovó faccia a faccia con un Kaz ancora addormentato. Durante la notte la sua treccia si era disfatta e i suoi capelli erano ovunque, anche sotto la testa di lui. 
Si controlló, alla fine si era messa sotto le coperte tenendosi gli indumenti prestati, e tutto era ancora al suo posto, il kvas non era drogato cosa che le era passata per la mente. Kaz invece era rimasto sopra le lenzuola e si era messo una coperta addosso, definendo ancora una volta i confini tra loro, per ribadirle che da lei non avrebbe preso nulla. 
Si prese il tempo di osservarlo ed era davvero un bel ragazzo nonostante alcune cicatrici sul volto. Le altre ragazze le avevano detto che era stata fortunata, era giovane e di bell'aspetto, niente a che vedere con la maggior parte dei clienti del bordello. Se Kaz Brekker fosse diventato un suo cliente abituale le casse del Serraglio avrebbero guadagnato e il suo contratto ne avrebbe giovato. Anche se dubitava su quest’ultimo punto.
Ma guardandolo ora si rese conto che non sarebbe accaduto nulla del genere. Tante l'avrebbe picchiata per non essere stata all'altezza, per esserselo fatta sfuggire. 
Il suo cuore si ritrovò ad essere geloso. Una parte di lei provava invidia per la ragazza di cui si sarebbe innamorato. Per un breve e fugace momento pensó che sarebbe stato bello baciarlo. Ricacció indietro quel pensiero. 
«A cosa stai pensando?» Le chiese non aprendo ancora gli occhi. 
«Riflettevo su cosa dire a Tante Heleen quando mi chiederà cosa abbiamo fatto stanotte. Se sono riuscita a farti desiderare di tornare da me» 
Kaz sorrise e l'accenno di una risata rimbombò nel suo petto, «Puoi dirle quello che vuoi Inej». Aprì gli occhi incatenandoli a quelli di lei. Inej percepì un non detto in quello sguardo, qualcosa di più ma forse erano solo i postumi dell'alcool. Ma il suo nome detto da quelle labbra le scaldavano il petto facendola sorridere involontariamente, nonostante probabilmente le stesse nascondendo qualcosa. 
«Ho i tuoi capelli in bocca?» 
«Sì, sono un po' ovunque». E senza pensarci allungó una mano e gli sfioró le labbra raccogliendo le ciocche nere. Kaz non distolse lo sguardo dai suoi occhi, si alzò leggermente per permetterle di prenderli tutti e poi  si risistemó sul cuscino. 
Stesi una di fronte all'altro si godettero quel momento di pace, quella bolla in cui nulla era davvero come sembrava. Kaz si permise di portarle una ciocca dietro all'orecchio, attento ad allontanarsi se non si fosse sentita a suo agio. Gli occhi di Inej lo incendiavano dentro, si sentiva irrequieto e in pace al tempo stesso. 
«Inej… »
Un bussare concitato li riportò alla realtà facendolo sobbalzare. 
«Kaz! La festa è finita bisogna riportarla dal pavone!» 
«Puoi tornare a trovarla quando vuoi! Sbrigati che oggi ci servi». 
Le voci degli altri ragazzi si persero tra le risate mentre scendevano le scale facendo versi e battute. 
Inej si chiuse in bagno e tornò ad indossare le sue finte sete. 
Kaz l'accompagnó fino al Serraglio, nella carrozza riservó uno sguardo impassibile all'uomo che aveva avuto il compito di andare a recuperare la Lince di Tante Heleen. Non ci furono parole o conversazioni, Inej guardava fuori dal finestrino e Kaz aveva l'aria di uno che avrebbe ucciso se gli si fosse rivolta parola. 
«Lasciaci un momento». Parlò Kaz prima che l'uomo spingesse Inej fuori dalla portiera. Quello grugnì per tutta risposta ma scese aspettando che la ragazza lo raggiungesse.
«I tuoi segreti sono al sicuro con me Kaz, non le dirò nulla». 
«Non mi interessa Inej, non è di questo che volevo parlarti. Tornerò e» 
«No. Non voglio che torni Kaz. Per favore. È stata la più bella serata da quando sono arrivata qui. Ma so già che appena tornerò lì dentro farà male aver assaporato la libertà. Se quello che mi hai detto ieri è vero non tornare qui. Metterò anche te nelle mie preghiere Kaz. Studia e fai quello che ti rende felice. Grazie e abbi cura di te». 
Si sporse quel tanto per stringergli la mano e lasciargli un tenero bacio sulla guancia. 
«Addio Kaz». 
Scese con la sua innata grazia e sparì nell'edificio. 
 
Accadde che il giorno dopo a quell'insolita serata Inej venne convocata nell'ufficio del pavone. Ad attenderla non c'era la punizione che aveva temuto fino a quel momento ma un quindicenne tirato a lucido e nel suo abito migliore. 
Il cuore di Kaz Brekker prese a battere come mai era accaduto fino ad allora. 
Inej Ghafa non aveva capito molto all'inizio, poiché l'attenzione era riservata al giovane a cui aveva chiesto di non tornare più ma che in fondo aveva  sperato di rivedere prima o poi.
Quando rimasero soli e finalmente lui parlò, solo allora la ragazza Suli intese cosa stava avvenendo nella sua vita. E ne ebbe paura e sollievo insieme. 
Il giovane Brekker aveva comprato il suo contratto e le offriva un lavoro.
La sua vita sarebbe stata solo sua da quel momento in poi, e così le decisioni che avrebbe preso. 
Kaz non le aveva specificato che tipo di lavoro fosse quello a lei proposto ma dato quel che fino a quel momento aveva svolto il suo entusiasmo si affievolì.
Il ragazzo intuendo che la giovane avesse inteso in altro modo divenne rosso per l'imbarazzo e si premuró giurandole che il suo corpo non sarebbe stato toccato da altre mani a lei indesiderate. 
Sebbene fosse tutto molto surreale Inej era una Suli molto credente e forse erano stati i suoi santi a metterle Kaz Brekker sul suo cammino, o lei su quello di lui. Ma era anche una ragazza a cui non piaceva sentirsi in debito e quello che le stava offrendo Kaz ne comportava uno grande. 
Kaz le disse che non doveva vederlo come un regalo ma come un’offerta di lavoro a tutti gli effetti. Aveva visto come la ragazza era silenziosa quando si muoveva, al suo talento nel saltare dai tetti e arrampicarsi sui muri. Le si richiedevano quelle abilità e nient’altro. 
Il ragazzo di campagna le disse senza mezzi termini che una volta usciti da quell'edificio avrebbe distrutto quei fogli, sarebbe stata libera anche da lui se queste fossero state le sue volontà. Non aveva debiti da saldare con lui. Aveva voluto ridarle la libertà e questo senza un secondo fine. Suo fratello gli aveva dato, non senza fargli sapere che stava compiendo un'azione dannatamente stupida e che non ne avrebbe tratto nulla di buono se non la perdita dei suoi soldi, quello che i suoi risparmi non riuscivano a coprire e questo significava dover lavorare per lui ancora per un po'. Ma non se ne era pentito. Alla fine Jordie si era lasciato convincere perché da come ne parlava suo fratello, quella ragazza avrebbe svolto un buon lavoro per la banda. Ciò non toglieva che non si fidasse, pensando che appena comprato il contratto questa sarebbe scappata sulla prima imbarcazione senza lasciare tracce. 
Le disse che ciò che le si richiedeva era che carpisse le informazioni della città, dei suoi abitanti e poi li riferisse a lui, neanche a suo fratello. Non voleva che Jordie potesse pretendere qualcosa da lei quindi aveva preferito avere lui stesso un debito con lui.
Le avrebbe insegnato a difendersi per la sua incolumità in quanto in termini di criminalità Ketterdam non era da sottovalutare, e lei di questo era più che consapevole.
Non le avrebbe rivelato che molto probabilmente aveva iniziato a nutrire dei sentimenti per lei, non voleva che si pensasse in obbligo con lui in altro modo. Ma se lei avesse deciso di non avere più niente a che fare con lui una volta usciti di lì ci sarebbe rimasto senza dubbio molto male, ma avrebbe accettato la sua scelta. 
«Non è un trucco questo Kaz, vero?» 
«No, assolutamente no». 
«Dovrò solo recuperare informazioni». 
«Esatto». 
«E lavoreremo insieme?» 
«Direi di sì, al momento siamo entrambi senza un kruge».
Inej si permise di liberare un sospiro, un sorriso le distese il volto. Gli prese le mani tra le sue, e fu una sua scelta, nessuna finzione o gesto imposto da qualcuno. 
«Va bene». Disse allora. 
«Va bene?» 
Lei annuì sicura, stringendogli le mani. 
«Che ne dici di uscire di qui allora? Ti vanno dei waffle?» 
«Hai detto che non abbiamo nemmeno un kruge.» 
«Li ruberemo. »
E sapeva che era sbagliato, che i suoi santi non avrebbero approvato, ma si sentiva così felice in quel momento che rise. 
E sentendondola ridere di nuovo il ragazzo di campagna seppe con assoluta certezza di essersi innamorato di Inej Ghafa. 



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Se siete arrivati fin qui nonostante le premesse vi stringo la mano o vi do il gomito, come preferite.
Era da un bel po' che non scrivevo e sinceramente non pensavo che il mio cervello partorisse una roba del genere ma non ho fatto domande e ho scritto.
Ordunque, ho cercato di mantenere più o meno le caratteristiche di base, diciamo che ci ho provato. Se ci sono riuscita o meno non lo so, perché più rileggo e più non mi capacito che ho scritto più di cinquemila parole di questa cosa....aaaaa l'aria di montagna :')
Ci è scappato pure qualche scarabocchio che non so se si veda, spero di sì. 
E niente, Jordie è divenato un cattivone e Kaz è un ragazzo di che si vuole innamorare, potete biasimarlo? io non credo.
Probabilmente questa storia è più per me che per voi, volevo un qualcosa che finisse bene nonostante partisse male. C'è troppa cattiveria in giro e niente, la mia testa voleva qualcosa di non tragico.
Ovviamente questi Kaz e Inej alla fine lavoreranno insieme, si innamoreranno e andranno a Ravka a cercare i genitori di Inej. Poi da lì la vita è tutta in salita, troveranno qualcosa da fare volto a fare del bene. O magari no, chi può dirlo. 
Grazie ancora per l'attenzione e se vi va ci leggiamo nei commenti, altrimenti grazie anche solo per aver letto :*
Alla prossima.
Gio
  
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