Serie TV > Wynonna Earp
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Autore: aurora giacomini    01/04/2022    1 recensioni
Nel buio qualcosa si muove, si nutre di oscurità e paura. Si nutre di colpe e rimpianti.
E' arrabbiata. Non ha pace.
-
La pubblicazione riprenderà quest'autunno/inverno; questo è il piano :)
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Nicole Haught, Nuovo personaggio, Waverly Earp, Wynonna Earp
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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18



 


 

Waverly vide lo spettro entrare in rotta di collisione con Nicole. Pensò avrebbe attraversato il corpo della donna dai capelli rossi, ma quello sparì, semplicemente. Vide Nicole piegare la schiena all'indietro in una posizione del tutto innaturale che sfidava la forza di gravità. La testa poteva quasi sfiorare il pavimento.

Tutto sembrò bloccarsi. Persino il tempo. Tutto era immobile. Nella piccola cucina c'erano solo i respiri ansimanti di Waverly e Wynonna, le quali non fecero nulla, se non fissare il corpo brutalmente piegato.

Come fa a non essersi spezzata la spina dorsale? Waverly non era riuscita a fermare quel pensiero e neppure l'orrore che le aveva provocato. Un terrore e un orrore che non avevano nulla a che fare, comunque, con quello che provò quando Nicole raddrizzò la schiena.

Un'ira nera e raggelante aveva distorto la tristezza di quegli occhi nocciola. Era uno sguardo folle e dannato, non c'era altro modo per descriverlo.

“Lasciami in pace!”, urlò Wynonna, che aveva perfettamente compreso quello che stava accadendo. “Che cazzo vuoi da me?!”, sbraitò preda del terrore.

Nicole, meglio dire, lo spettro avanzò di un passo. Era stato un movimento scoordinato e lento.

Forse Nicole sta cercando di fermarlo... Mio Dio... quella cosa è dentro Nicole! Okay, non ho paura! Non ho paura! Io non sono paura. Andrà tutto bene. Nicole saprà cosa fare.

“Wynonna... è meglio che tu esca dalla casa...”

Sì, sto mantenendo la calma. E' questo che devo fare, mantenere i nervi saldi!

“Tipo ora, Wy-” S'interruppe, perché vide il corpo di Nicole scattare in avanti a folle velocità. Vide le lunghe dita chiudersi attorno alla gola di Wynonna.

Il cervello di Waverly si spense: quello che vedeva non aveva alcun senso.

Wynonna si dimenava come una furia, colpiva Nicole con pugni e calci che non sortivano alcun effetto. Il suo respiro era un rantolo e la sua faccia stava diventando viola. I movimenti si facevano man mano più deboli. Stava morendo.

Sta uccidendo mia sorella...

Con un urlo si lanciò contro Nicole. Le prese a pugni la schiena.

“Lasciala andare! Lasciala andare!”

Fu totalmente ignorata.

“Merda, merda, merda!” Afferrò la teglia con ancora mezzo polpettone dentro. Non poteva esitare oltre. Colpì il braccio che stringeva la gola di Wynonna con tutta la forza che aveva. Vide il gomito di Nicole piegarsi nella direzione sbagliata e sentì un suono che le raggelò il sangue. Ma Wynonna era libera.

Nicole lasciò cadere il braccio, storto e sanguinante, lungo il corpo. Alzò l'altro, il sinistro. Stava per abbattere un pugno sulla testa di Wynonna, che era a terra, che cercava di respirare.

Waverly la spinse via.

Nicole finì contro il lavandino, colpendolo con le costole. Rimase piegata di lato per qualche secondo, i secondi che Waverly impiegò a trascinare Wynonna il più lontano possibile.

Erano quasi alla porta d'ingresso quando il corpo di Nicole attraversò la soglia della cucina. Dal naso e dal labbro spaccato colavano rivoli di sangue. Wynonna l'aveva colpita molto forte; e lei, Waverly, le aveva spaccato un braccio, come minimo.

“Mi dispiace tanto... mi dispiace tanto!”, urlò. Era riuscita ad aprire la porta, ora doveva solo spingere Wynonna fuori. Ci riuscì. Caddero entrambe sul portico ghiacciato.

Wynonna gattonò e tossì, scendendo i gradini. Waverly si rimise in piedi.

Nicole era ferma sulla soglia, proprio davanti a lei. Non la guardava: la sua attenzione, il suo odio erano tutti per Wynonna.

“Questa donna non ti ha fatto niente... Lascia andare Nicole, ti prego...” supplicò. “Lasciala andare...”

Quegli occhi rimasero piantati su Wynonna, che gattonava e strisciava nel cortile. C'erano un odio, una sofferenza e una follia senza eguali, in quegli occhi. Eppure, guardandoli, Waverly lì trovò umani, spaventosamente umani. Non erano gli occhi di Nicole, ma non erano neppure quelli di un mostro. Somigliavano allo sguardo che aveva Wynonna quando provava terrore, sì, era lo stesso sguardo.

“Sei arrabbiato, lo capisco, sai? Probabilmente hai anche paura, ma Nicole non ha nessuna colpa... Ridamela, ti prego. La devo portare in ospedale, lo capisci? Così la uccidi... non ucciderla... ti prego...” Afferrò il volto di lei con entrambe le mani: “Tu non vuoi uccidere questa donna, vero? Forse non sei malvagio. Ti sto supplicando! Ridammi Nicole! Ti prego!”

Lo spettro abbassò finalmente lo sguardo su di lei.

Waverly rivide gli occhi di Nicole. Poi il suo corpo collassò. Le ginocchia della donna colpirono il pavimento con un tonfo sordo, ma Waverly riuscì ad afferrarla prima che potesse cadere completamente e colpire il suolo. Strinse forte il busto di Nicole e lasciò andare il fiato trattenuto.

“Grazie... grazie per non avermi abbandonata...” rantolò Nicole prima di abbandonarsi completamente contro Waverly.


 

<)o(>



 

“Signora...” mormorò il medico, massaggiandosi la sella del naso, “lei e sua sorella vi siete presentate qui con una donna che è stata palesemente aggredita. Picchiata a sangue, è giusto dire. Sostenete di essere le cugine, ma non sapete dirmi neppure il cognome di quella donna. E non sapete neppure darmi una spiegazione per quello che è successo. Questa storia non sta in piedi. Ci penserà la polizia.”

“Chiama chi cazzo ti pare!”, urlò Wynonna. “Chiama l'esercito, il Presidente degli Stati Uniti, il cazzo che ti pare! Voglio solo sapere come sta!”

“Wynonna...” sussurrò Waverly, al suo fianco.

“Signora, siamo in un ospedale. Se vuole urlare, vada a farlo fuori o alla stazione di polizia.”

“E' mia cugina, cazzo!”, ringhiò, cercando di mantenere un tono basso. “Lei non può nascondermi le sue condizioni.”

“Le ripeto, signora Earp, che quella donna non aveva alcun documento con sé e voi non siete in grado di darmi un nome e un cognome che io possa verificare. Io non posso sapere con chi e di chi sto parlando.”

“Fottiti!” Wynonna si girò, puntando ad una delle sedie del corridoio in cui lei e Waverly avevano trascorso gli ultimi eterni venti minuti.

“Non si allontani”, l'avvisò il medico, “la polizia sarà qui presto e dovrà farle qualche domanda.”

In risposta, Wynonna gli mostrò il dito medio.

“Mi scusi...” mormorò Waverly, fermando il medico prima che se ne andasse, “capisco che la situazione non è chiara e tutto. Lo capisco. Mi può solo dire se è viva... la prego...”

Lui sospirò sonoramente, poi annuì.

“Grazie, grazie di cuore.”


 

“Sporgerò denuncia...!”, soffiò Wynonna quando Waverly si mise accanto a lei, su una delle sedie. “Non possono impedirmelo!”

“E' colpa mia...”

Wynonna si voltò a guardarla: “Che?”

“E' colpa mia se... Avrei dovuto convincerti ad uscire o... non lo so... Sono stata egoista: volevo solo togliermi quel peso dal cuore... non ho pensato alle conseguenze... Tu stavi per morire e Nicole... non ho idea di cosa succederà a Nicole. Le ho rotto un braccio... le ho fatto del male e...”

“Waverly, ascoltami. Tutti facciamo degli errori, va bene? Non sono arrabbiata con te, non ti incolpo di nulla. E Nicole starà bene, te lo prometto.” Sospirò. “Ho mandato a 'fanculo tutto quello che ho imparato in questi giorni... avrei dovuto controllarmi. Se fossi stata capace di controllarmi, nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto. Mi hai presa alla sprovvista...”

“Se non sei arrabbiata con me, perché non mi hai ancora guardata in faccia...?” chiese, studiando il profilo di Wynonna. “Non mi guardi da prima...”

“Ho bisogno di tempo. Puoi darmelo?”

“Certo...”

“Felice Natale a noi...” brontolò Wynonna guardando lo sceriffo avanzare verso di loro, lungo il corridoio. “Non dire nulla, mi hai capita? Dobbiamo prima parlare con Nicole.”


 

Erano state separate all'arrivo in centrale. Waverly in una stanza con un agente, Wynonna nell'ufficio dello sceriffo. Lì cercava di convincerlo di non aver fatto nulla.

“Da quanti anni mi conosci, Ted?”

“Voglio solo che tu mi dica cosa è successo, va bene? Non è impossibile. Perché l'hai picchiata? E' entrata in casa tua?”

“Non l'ho picchiata...”

“Allora come ti sei ferita le mani? Perché c'è il suo sangue, sui tuoi vestiti?”

Wynonna appoggiò la fronte sulla scrivania. “Non stavo picchiando lei.”

“Chi stavi picchiando, allora?”

“Non mi crederesti mai.”

“Proviamo.”

Sollevò la testa e lo guardò negli occhi: “Facevamo i castelli di fango, noi due. Te lo ricordi? Tutti i pomeriggi per quanti anni? Tutte le elementari?”

“Wynonna, sulla tua gola ci sono segni di strangolamento. Ha cercato di ucciderti? Se stiamo parlando di legittima difesa, non hai nulla di cui preoccuparti. La legge ti tutela.”

“Non stavo picchiando lei”, ribadì. “E, per l'ultima volta, non posso dirti cosa stavo picchiando, perché se no tu prendi quel telefono e chiami qualcuno per farmi portare in una clinica psichiatrica. Non ti dirò proprio nulla. Aspetterò che sia Nicole a dirti come sono andate le cose. Le avete già parlato?”

“Le domande le faccio io.”

“Okay!” Alzò le mani. “Dov'è il poliziotto buono? Voglio parlare con lui.”

“Chi è quella donna? Che relazione c'è fra te e lei? Perché era in casa tua?”

“E' mia cugina.”

“Sappiamo entrambi che non è vero.” Sbuffò fuori l'aria. “Perché non provi a collaborare? Provaci solo per un momento, okay?”

“Facciamo un accordo, sì? Tu mi dici come sta Nicole, io provo a spiegarti cosa è successo. Va bene?”

“Basta stronzate!”, urlò sbattendo i pugni sul tavolo. “Ti metto in cella, se non ti decidi a parlare!”

“Non sei credibile, non mi fai paura. Vedo ancora il piccolo Ted farsi pipì nei pantaloni ogni volta che-”

“Basta!” Si alzò e si avvicinò alla porta. “Forse qualche ora in gabbia ti farà bene.”

“Sono d'accordo.”


 

<)o(>


 

“Ti porto una tazza di caffè?”, chiese l'agente indicando una sedia a Waverly. Erano in una delle salette usate per interrogare i delinquenti.

“No, grazie.” Si mise seduta appoggiando le mani al tavolino di alluminio, al centro della stanza. Si era aspettava delle manette, ma non ero successo. Non era con lei che ce l'avevano: pensavano fosse stata Wynonna.

“Dell'acqua?”

“Sto bene, davvero.”

“Okay.” Si mise seduto dall'altro capo del tavolo e appoggiò un registratore: “Va bene?”

Lei si limitò ad annuire.

“Okay.” Lui schiacciò il tasto play. “Agente Miller. Undici e quarantacinque del mattino. Venticinque dicembre.” Guardò Waverly: “Puoi dire il tuo nome, per favore?”

“Waverly Earp...”

“Okay. Cominciamo. Puoi dirmi cosa è successo?”

“Posso solo dirle che Wynonna non ha fatto niente di male... Non è come pensate. Le cose sono... complicate.”

“Prova a spiegarmele.”

“Voglio solo sapere se Nicole sta bene.”

“Non siamo qui per questo.”

“Allora non ho nulla da dire.”



 

<)o(>



 

L'agente accompagnò Waverly nella cella dove Wynonna era seduta, poi richiuse la porta.

“Quando avrete voglia di parlare, chiamate.”

“Cosa gli hai detto?”, chiese Wynonna, spostando le gambe così che Waverly potesse sedersi.

“Solo che non hai fatto niente...”

“Nient'altro?”

“No...”

“Bene. Non possiamo dire loro la verità. Ci metterebbero in manicomio.”

“Spero che Nicole stia bene...”

“Anche io.”

“Le ho... Il suo braccio ha fatto un rumore... Non sapevo come altro fare... ti stava uccidendo...”

“Nicole starà bene.”

Cercò lo sguardo di Wynonna.

“E tu? Tu starai bene?”

Non lo trovò.

“Sì. Sì, starò bene anche io.”

“Mi dispiace per-”

“Non ora, ti prego.”

“Scusa...”



 


 

15 ore più tardi...



 

“Voi due. Fuori.”

Waverly e Wynonna si svegliarono. Si erano addormentate schiena contro schiena.

“Che c'è ora?”, chiese Wynonna, osservando la poliziotta che stava aprendo le sbarre.

“Hanno pagato la cauzione.”

“Chi?”

“Fermatevi all'ingresso, dovete firmare. E tu”, era rivolta a Wynonna, “non lasciare la città.”

“Chi ha pagato?” Si mise in piedi e si avvicinò alla porta aperta. “Me lo dici o no?”

“All'ingresso.” La donna non aggiunse altro, se ne andò semplicemente.

Wynonna le mostrò il medio.

“Forse è stata Katie...” ipotizzò Waverly. Non le veniva in mente nessun altro.

“Ora lo scopriamo.” Wynonna uscì. Non voleva passare un altro secondo là dentro.



 

Waverly si fermò a qualche metro dalla reception. Si paralizzò, è più giusto dire.

Nicole era lì, appoggiata ad una stampella. Leggermente piegata in avanti, sofferente. L'occhio chiuso, tanto era gonfio. Il labbro spaccato. Il braccio destro ingessato e appeso alla spalla. Era ridotta davvero male.

E' colpa mia...

Nicole si voltò e la vide. Le sorrise.

Non sorridermi. Non farlo... ti prego.

Wynonna, che era rimasta qualche metro indietro perché stava cercando telefonare all'ospedale, si accorse di Nicole.

“Mio Dio! Che diavolo ci fai qui?!”

Le corse incontro.

“Oh no, no, no, no, no, no!”, supplicò Nicole quando capì le intenzioni della donna.

Troppo tardi.

“Le costole...” ansimò piegandosi quasi completamente su Wynonna, “le costole... le costole...”

“Lo so, lo so! Ora ti lascio! Ora ti lascio! Solo un momento, voglio assicurarmi che tu non sia un fantasma...”

“Sono abbastanza certa che i fantasmi non abbiano le costole...”

Alzò gli occhi su Waverly, ancora ferma in mezzo al corridoio. Le sorrise di nuovo.

Non farlo.

“Come diavolo...? Come? Perché sei qui? Non sapevamo neppure se fossi viva!”, esclamò Wynonna, liberando finalmente il corpo dolorante della donna. “Cosa diavolo ci fai qui? Come... come...? Capito?”

“Dopo...” sospirò Nicole, “dopo. Ho davvero bisogno di stendermi e di riposare un po'.”

“Non possiamo tornare a casa...”

“Non andremo là. Ti spiegò dopo, ora penso che tu abbia qualche scartoffia da compilare.”

“Sei stata tu a pagarci la cauzione?”

“Non potevo lasciarvi qui. Ti spiego tutto dopo, promesso.” Alzò di nuovo lo sguardo su Waverly: “Mi aiuti? C'è un taxi, qui fuori.”

Il tuo braccio, le tue costole... è tutta colpa mia.


 

“Non mi vuoi proprio parlare, eh?” Lei e Waverly erano sedute sui sedili posteriori della macchina, il tassista era sceso a fumarsi una sigaretta e Wynonna era ancora dentro. “Solitamente apprezzo il silenzio, ma ora mi risulta opprimente.”

Non ho neppure il coraggio di guardarti in faccia...

“Lo rispetto. Farò silenzio anche io.”

“Mi dispiace... so che non è abbastanza, ma mi dispiace davvero tanto...”

“Ehi...” Nicole allungò il braccio sano e poggiò la mano sul ginocchio di Waverly. “Hai salvato la vita di Wynonna e anche la mia. Mi spieghi perché ti stai scusando?”

“Ti ho spezzato un braccio, Nicole. Probabilmente ti ho anche fratturato delle costole...”

“Hai fatto solo quello che dovevi. Ehi, ti ricordi quella sera, nel parcheggiò dell'Happy Break? Mi dicesti che... Ah sì, ora ricordo con precisione! Mi dicesti che avevi fatto arti marziali-” Rise e quello le causò un tremendo dolore. “No-non devo ridere, maledizione...!” Ma rise, piano, ma rise. “Ouch... Ora so per certo che se anche avessi provato a rapirti, sarebbe finita molto male per me! Ah... le mie povere costole...”

“Nulla di tutto questo sarebbe successo se...” Il pianto le frantumò le parole in bocca.

“Waverly, non possiamo cancellare il passato, okay? Non possiamo farlo, ma ricorda che solo alla morte non c'è rimedio, tutto il resto si può aggiustare.”

Si voltò a guardarla e urlò: “Smettila! Non puoi fare così! Non puoi comportarti come se non fosse successo niente!”

“Cosa dovrei fare?” Il tono di Nicole rimase morbido e calmo. “Vuoi che mi arrabbi con te?”

“Sarebbe un inizio, sì...”

“Non ne ho voglia. Non ne ho voglia e non ne vedo il senso.”

“Perché non puoi comportarti come una persona normale, per una volta? Urla! Arrabbiati! Colpiscimi! Dimmi che è colpa mia! So che è colpa mia! Non avrei mai dovuto andare da Wynonna e... Diavolo! Ho sbagliato tutto!”

“Quando penso a come sia meglio reagire, vedo diverse stradine che si diramano in direzioni diverse. Su ognuno di quei sentieri c'è una scritta, una scelta. Le percorro tutte mentalmente, vedo dove portano, poi scelgo. Ho scelto la strada in cui non faccio assolutamente nulla per farti sentire peggio di come già ti senti. E' la mia scelta, puoi rispettarla?”

“A volte penso che tu non sia reale...”

“A volte lo penso anche io.” Aspettò che Waverly la guardasse: “Poi mi guardi, esattamente come stai facendo ora, e so di esistere. Mi vedi, ed io esisto. Sono reale.”

Waverly si lasciò sfuggire una risatina esasperata; poi appoggiò la tempia al finestrino e si isolò nei suoi oscuri pensieri.

Nicole fece un cenno al tassista, che si era voltato verso di loro, attirato dalle urla di Waverly. Alzò il pollice per fargli sapere che era tutto okay.

“Ti dico solo un'ultima cosa, Waverly, poi giuro che rispetterò il tuo silenzio e il tuo dolore: questa mattina hai fatto una scelta. Ora so. Ora so tutto quello che volevo sapere. Tutto accade per una ragione.” Comparvero le due fossette: “Comunque credo che tu abbia l'ascendente in Pesci o in Cancro.”

“Cancro...”

“Lo sapevo!”

  
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