Il
ventiduenne Anibal Cortes è seduto al bancone del minimarket
di famiglia.
Annoiato, gioca con una penna che ha tra le dita, con lo sguardo perso
nel
vuoto.
Il
ragazzo sa da ben una settimana della fuga della sua fidanzata dal
Mariposas, e
non è ancora riuscito, per causa di forza maggiore, ad
incontrarla.
Le
ha promesso di scappare insieme, ed è ciò che ha
intenzione di fare, in un modo
o in un altro, anche se questo significa andare contro chi lo ha messo
al
mondo.
“Hai
finito di compilare l’inventario? Dobbiamo
consegnarlo!” – lo richiama sua
madre, lasciando cadere a terra, rumorosamente, degli scatoloni colmi
di
prodotti alimentari.
“Ehm…sì,
ecco qui” – risponde il giovane, annoiato. Da
quando i genitori hanno scoperto
della sua relazione con Silene Olivera, alias Tokyo, sono super attenti
ad ogni
sua mossa; sospettano sempre quando diventa apatico o troppo silenzioso.
Iperprotettivi,
contrari alla storia d’amore tra una spogliarellista e il
loro adorato
unigenito, i signori Cortes sono intervenuti il prima possibile,
arrivando
perfino ad accordarsi con Martin Berrotti per evitare gli incontri
segreti tra
i due amanti.
“Posso
uscire adesso? O mi volete legare alla sedia?” –
aggiunge il cosiddetto Rio,
brontolando.
La
donna gli lancia un’occhiataccia –
“Ricordati quanto ci siamo detti tempo fa,
mi raccomando” – riferendosi al rispetto delle
regole.
“Uffa,
mamma, cazzo!”
“Anibal” – lo rimprovera lei, alzando la
voce, contraria a termini poco
educati.
“Scusami,
è che sono stanco! Sono tre settimane che mi tenete sotto
stretto controllo,
neanche fossi un delinquente”
“Però
ti sei lasciato influenzare da una donnaccia”
E
di fronte ad un appellativo inaccettabile, il ragazzo si alza dalla
postazione,
battendo un pugno sul tavolo –
“Non…permetterti…mai
più… di chiamarla così,
chiaro?” – il tono di sfida, lo sguardo irascibile,
spiazzano l’adulta che non
riconosce più il suo adorato bambino, quello che la riempiva
di baci e abbracci
e la venerava come fosse una dea.
Non
replica, ma trova immediatamente spalleggiamento nel marito, unitosi
alla
conversazione proprio allora.
“Ehi,
ti sembra la maniera di rivolgerti a tua madre? Chiedi subito
scusa”
Rio,
stavolta, esita. E rincara la dose – “Io
dò rispetto a chi ne dà a me”
“Quella
poco di buono ti ha portato su una pessima strada. Ti abbiamo messo in
guardia
da lei” – aggiunge ancora il padre.
Verde
di rabbia, il ventiduenne dà loro le spalle e si avvia
all’uscita.
“Se
metti piede fuori da questa casa…” –
classica frase, che Anibal attendeva da
tempo ormai, e che il genitore pronuncia senza ragionare.
“Non
dire cose di cui puoi pentirti, caro” - gli sussurra la
consorte, prendendogli
la mano.
“Io
non tollero comportamenti del genere, specialmente se vengono dal
sangue del
nostro sangue, Elvira!” – puntualizza, tornando poi
a parlare al giovane.
Puntandogli il dito, ripete – “Se metti piede fuori
da questa casa, non potrai
più tornare…capito? Mai più!”
“Paco,
ti supplico, non…” – la donna
è cosciente che il danno ormai è fatto e prega il
coniuge di fermarsi il prima possibile.
Anibal,
infatti, come previsto dalla mamma, accenna un sorriso compiaciuto, e
senza
pronunciare parola, tira a sé la porta d’ingresso
del negozio, e lascia la sua
famiglia nel dispiacere e nello sconforto.
“Ecco,
visto? Te l’avevo detto? Gli hai offerto la
possibilità di svincolarsi, su un
piatto d’argento” – Elvira rimprovera il
marito, poi cerca di raggiungere suo
figlio e di farlo ragionare ma è troppo tardi.
Rio,
a passo veloce, ignora i suoi richiami, e, sotto un cielo minaccioso,
coperto
da nuvoloni neri che promettono temporali, corre via.
Adesso
sì che può considerarsi libero.
Resistere
tutto questo tempo alle pressioni familiari è stato
autolesionismo, e udire
come definiscono la sua Tokyo è stata la goccia che ha fatto
traboccare il
vaso.
Silene
non si tocca.
Silene
è la sua vita.
Silene
merita rispetto.
E
i Cortes si sono dimostrati incapaci di riconoscere la
felicità del loro unico
figlio, preferendo vivere chiusi nel loro falso mondo, fatto di
apparenza,
fatto di pregiudizi verso l’altro, un mondo a cui Rio non
appartiene e che
giorno dopo giorno sentiva sempre più stretto.
Con
un cellulare quasi scarico, preso in segreto dal cassetto del bancone,
di
proprietà del capofamiglia, il ragazzo compone il numero
della sua compagna.
Uno
squillo
Due
Tre
E
al quarto, una voce femminile gli fa tremare il cuore.
“Rio,
amore mio! Finalmente! Che fine hai fatto? È una settimana
che non ti fai vivo,
mi hai fatto morire d’ansia!”
“Mi
dispiace, mi vida. Ma sto bene e preparati… sto arrivando,
presto sarò da te” –
le comunica, trattenendo le lacrime.
La
felicità sembra bussare finalmente alla loro porta. La
coppia, il cui amore è
da sempre stato ostacolato dalla famiglia di lui, può
considerarsi libera.
Ricevuta
la bellissima notizia, Tokyo comincia ad aggirarsi tra le mura della
villa
volteggiando, con un sorriso a 36 denti stampato sul viso.
Le
due Farfalle hanno temuto per ben 7 giorni di possibili minacce o
catture da
parte dei loro superiori. E sapere addirittura tramite Santiago e il
Commissariato che il locale ha chiuso i battenti, le ha, in parte,
tranquillizzate. Sanno di cosa sono capaci Palermo e la sua ciurma,
proprio per
tale ragione, non abbassano mai la guardia.
Però…in
compenso, stanno imparando a vivere il bello della normalità.
“Che
ti prende?” – le domanda Nairobi, curiosa, intenta
a dedicarsi alla pedicure.
“Amica
mia” – esclama l’altra, euforica e
radiosa come non mai – “Rio è riuscito a
fuggire dalla casa dei suoi genitori!”
“Sul
serio? Ma è fantastico!”
“Già!
Adesso potremmo andare via da questa città e viverci senza
paure o controlli” –
afferma, sognante, riflettendo poi su un piccolo particolare
– “E tu cosa hai
deciso di fare? Verrai via con noi come avevano stabilito mesi
fa?”
Agata,
che, da principio, prima di incontrare il suo Bogotà, aveva
optato per la fuga
assieme alla coppietta, vede andare in fumo ogni certezza.
“Non
so più cosa fare, a dire il vero!” –
precisa la gitana, trovandosi ad un bivio
senza uscita.
“Per
via di Santiago?” – chiede Tokyo, ipotizzando si
tratti della presenza dell’ispettore
a frenare Nairobi dal fare le valigie quanto prima. Così
aggiunge –
“Beh…potrebbe venire con noi, no?”
“Toky,
lui ha il suo lavoro qui. Non ho intenzione di metterlo di fronte a un
aut aut”
“Però
tu qui sei in pericolo, Nairo e lui ne è consapevole. Se ti
ama sul serio, non
avrà dubbi”
Il
ragionamento, a tratti egoistico di Silene, incupisce Nairobi che,
confessa, -
“Non voglio perderlo, ma… no…non posso
andarmene…”
“Proprio
perché non vuoi perderlo, mettilo di fronte al fatto
compiuto! Vedrai che sarà
la prova del nove, hermana, perché capirai cosa nutre
davvero per te! Anche se
io sono stracerta del suo amore”
Agata
è dubbiosa in merito - “Come puoi esserne sicura?
In fondo, chi deciderebbe, su
due piedi, di partire in vista di una meta sconosciuta, perdendo lavoro
e
stabilità? Io no, e tu nemmeno. Perché mai lui
dovrebbe?”
Di
fronte alla estrema resistenza di Nairobi, la Olivera non insiste,
lasciandole
il tempo per fare ordine tra le sue priorità di vita.
“Allora,
amica mia, pensaci bene. Perché se vuoi rimanere, devi
essere cosciente di cosa
potrebbe accaderti”
“Lo
so bene, cosa credi? Mi costa caro. La vecchia Nairobi non avrebbe
esitato. Ero
io, tempo fa, a sognare la fuga e ad orchestrarla assieme a te,
ricordi? Però
adesso…” – fa una pausa, respira
profondamente e prosegue – “… adesso non
so
più cosa è bene per me…!”
“Dai
la priorità a te stessa, amica mia! Capito?”
Agata
annuisce, tornando a dedicarsi allo smalto rosso sulle unghie, mentre
Tokyo
torna a volteggiare di felicità in tutta casa, lieta di
poter finalmente
riabbracciare il suo amato Rio.
Alla
gitana invece restano solo tanti dubbi e l’amaro in bocca.
Vorrebbe
restare con Santiago, e viversi il loro amore, ma lontano da
lì. Sa di non
poterlo costringere a fuggire insieme dalla sua routine…e
soprattutto, il
Mariposas le ha ben detto di ricordare che Axel potrebbe non esserle
mai restituito
se sgarra di un solo passo.
E
la sua fuga, non cosciente, ma orchestrata da Tokyo e Manila, la pone
in
allerta.
Andarsene
significherebbe lasciare il bambino a loro, e lei non può
permetterlo.
È
questo che la trattiene dal seguire il cuore e anche dal porre
l’ispettore di
fronte alla scelta di vita futura.
Non
sa se parlarne con Bogotà potrebbe essere la cosa migliore,
e così, si chiude
nella sua apatia.
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Anibal
Cortes al corrente dell’indirizzo dove si nascondono le
Mariposas, si appresta
a raggiungerle con i mezzi pubblici.
Da
quando ha avuto a che fare con la gente del Night Club avverte una
strana
sensazione, ovvero quella di sentirsi spiato.
Scruta
le persone sull’autobus, sospettando di ciascuna di loro. Che
tra quella gente,
decisamente presa dai propri affari, si nasconda il nemico?! Un timore
che il
ventiduenne vince facilmente, appena giunto alla sua fermata.
Nessuno
lo segue, nessuno ha osservato le sue mosse, nessuno appare un tipo
losco da
cui tutelarsi.
Sceso
dalla corriera, è chiamato ad affrontare la pioggia a
dirotto.
“Cazzo,
una fortuna dietro l’altra…adesso anche il
temporale!” – brontola, aprendo un
piccolo ombrello, cedutogli dall’autista.
Velocizza
il passo, sfidando l’acqua che cade violenta, percorre il
tratto di strada
indicatogli da Tokyo durante la loro telefonata.
Eppure,
la paranoia di ipotetici pericoli da ogni dove, lo costringe a correre
il più
veloce possibile.
Non
è mai stato un codardo, un fifone che al minimo rumore si
nasconde sotto la
gonnella di mamma; piuttosto, ha dimostrato coraggio da vendere perfino
quando,
mesi prima, Martin Berrotti si presentò al Minimarket per
minacciarlo di stare
lontano da Silene.
Impossibile
dimenticare con quale prepotenza ed arroganza il proprietario del
Mariposas
giunse lì, erigendosi a boss assoluto a cui tutti devono
rispetto.
Anibal
gli ha tenuto testa fino a quando ha potuto…fino a quando
tale Palermo l’ha
ricattato dicendogli di poter recare male a Tokyo in qualunque momento.
Adesso,
l’ansia maggiore che lo domina è proprio questa:
se Berrotti riuscisse a
trovare le due ragazze, cosa potrebbe mai accadere? Al solo pensiero
gli si
accappona la pelle.
Ormai
è prossimo alla meta, e la tensione inizia a scemare.
“Fiu”
– esclama, quando anche la pioggia sembra cessare.
Una
villa, immensa, è a pochi passi da lui.
“Mi
vida, eccomi, sto arrivando” – commenta tra se e
se, ad alta voce.
Avanza,
sempre di più, quando un rumore lo trattiene... si tratta
della frenata di una
gip e delle luci dei fanali che lo accecano.
“Cazzo”
– esclama, certo di trovarsi davvero nei casini.
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“E’
ora di cena, possibile che di Bogotà neanche
l’ombra?” – si chiede Agata,
preoccupata, camminando avanti e indietro nel salone principale.
“Forse
l’hanno bloccato al Commissariato più del
dovuto” – ipotizza Silene, rubando
del pane da tavola, affamata – “A proposito,
chissà se gli hanno dato notizie
sul Mariposas. Questa chiusura per ben una settimana, mi sorprende! Che
Palermo
abbia finalmente deciso di darsi al burraco?” –
compiaciuta del brutto finale
del locale, Tokyo mette in bocca il cibo, ridendo di gusto –
“Direi di
brindare, amica mia”
Ma
Nairobi è poco convinta che le cose siano finite
così facilmente. E i lividi
che porta sul corpo sono soltanto una minima prova di cosa la mente che
serpeggia al Night Club sia capace di fare.
“Non
abbassiamo la guardia”
“Certo
che no, io è questione di giorni e sarò lontana
da qui. Mi preoccupi tu, invece…”
“Dai,
Toky, per favore, non apriamo di nuovo questo discorso”
L’altra
alza le mani in segno di resa; non intende agitare l’amica
più di quanto non lo
sia già.
Il
rumore del chiavistello, all’ingresso, le fa sobbalzare.
È
Nairobi a correre verso la porta, mentre l’amica, dietro di
lei, continua a
mordicchiare la crosta del suo pane.
L’ispettore,
intento a liberarsi degli scarponi, viene accolto dalle braccia della
zingara
-“Bogotà, finalmente! Mi hai fatto stare in
pensiero”
“Ehm…tranquilla,
sono qui” – la rassicura, stringendola a
sé, con un bacio sulla fronte. Da
quando Agata ha cominciato a fidarsi di Santiago, avverte la sua
presenza come
una necessità. Non riesce più a staccarsi.
E
pensare, addirittura, di lasciare Madrid assieme a Rio e Tokyo, diventa
un’idea
decisamente impossibile per il suo stato emotivo.
La
lotta tra mente e cuore continua dentro di lei, incessantemente!
Tale
ricerca di sicurezza, un lato del carattere della gitana, da sempre ben
celato,
finalmente viene tirato fuori.
Complice
l’amore che nutre per Lopez, oppure i tanti timori sorti in
seguito alla brutta
vicenda del Mariposas.
“E
pensare che ti mostravi come una pantera!” –
scherza lui, spostandole una
ciocca dal viso.
“Anche
le pantere a volte sentono il bisogno di essere coccolate”
– spiega lei,
avvinghiandosi al suo petto.
“Se
ogni volta che torno, a fine turno, mi accogli così,
farò tardi sempre” - il
quarantaduenne gradisce l’accoglienza riservatagli dopo una
pesante
giornataccia di lavoro, e gode di quel momento.
“Non
provarci nemmeno” – quel commento, a tratti
minaccioso e a tratti giocoso, crea
ilarità.
“Su,
dai datevi questo bacio e andiamo a cenare, ho una fame da
lupi” – sdrammatizza
Tokyo, facendogli la linguaccia - “Beati voi che stanotte
farete le ore
piccole, a me tocca dormire da sola fin quando il mio amore non
arriverà”
“Chi?
Cortes?” – chiede Santiago, cingendo la vita di
Nairobi e appoggiando il mento
sulla sua spalla.
“Rio…si
chiama così, capito?” – precisa la
Olivera.
“Ah,
beh… se si tratta di questo
“Rio”…ti consiglio di aggiungere un
posto alla
nostra tavolata”
“Che?” – esclama Silene, confusa.
L’ispettore,
allora, molla la sua compagna, si volta verso l’uscio e fa
cenno a qualcuno di
avanzare.
“Ciao…”
– timidamente, fa il suo ingresso proprio lui, Anibal.
“Rio!”
– esclama Agata, sconvolta, portandosi una mano sulla bocca.
“Mi
vida” – grida Tokyo, non trattenendo la gioia.
“Che
fai? Non mi saluti?” – le dice, aprendo le braccia
in attesa di accoglierla a
sé e respirare quel profumo che tanto gli è
mancato.
E
Silene lo accontenta subito, compiacendo anche il suo stesso cuore.
Gli
salta addosso, aggrappandosi con le gambe alla sua cinta e, sotto gli
occhi
commossi di Nairobi e dell’ispettore, i due amanti si
ritrovano in un bacio
lungo, profondo, atteso, e decisamente passionale.
“Dove
l’hai incontrato?” – sussurra Agata al
compagno.
“Era
qui davanti. L’ho interrogato per bene, da bravo ispettore,
mi sono accorto
della sua sincerità ed eccolo qui” –
spiega Lopez.
La
gitana gli sorride, fiera, dandogli un tenero bacio sulla guancia.
“Come
potrei andarmene e lasciarti qui” – pensa Nairobi,
riflettendo sul discorso
affrontato con l’amica.
“Ehm,
dovremmo andare a cena o si fredda tutto” –
interviene poi Santiago,
dispiaciuto di interrompere la scena emozionante.
“Certo”
– afferma, radiosa, Silene – “Hai
ragione” - mano nella mano con il suo
ritrovato Rio si può finalmente brindare alla ritrovata
libertà.
“A
proposito…” – aggiunge ancora
l’ispettore – “…sentiti come
fossi a casa tua”
“Grazie,
grazie di cuore”
“Bentornato
tra noi” – lo abbraccia Agata, vedendo ricomporsi,
man mano, i pezzi della sua
vita.
Manca
il tassello fondamentale, però. Quel tassello per cui, chi
comanda il Night
Club, la tiene sotto scacco.
Axel.
La
sua consolazione è sentire la vicinanza di
Bogotà, il solo che potrebbe colmare
quel senso di vuoto e garantirle la serenità che merita da
sempre.
“La
cena è stata ottima” – si complimenta
l’ispettore, sdraiato sul letto che
osserva estasiato Agata, in piedi di fronte allo specchio.
La
gitana è alle prese con una crema corpo che spalma,
delicatamente, sulle
braccia e sul decolté.
Da
quanto tempo non si prendeva cura della propria persona in maniera
così
minuziosa!
Nonostante
il benessere del momento, la zingara ha la testa altrove.
Non
si accorge neppure che l’uomo si è alzato dal
letto ed è esattamente alle sue
spalle.
Le
braccia di lui si adagiano, con dolcezza, sui suoi fianchi, e
può sentire la
barba dell’uomo pungerle sul collo. Il respiro caldo di
Santiago, le mani che
viaggiano lungo tutto il suo corpo, arrivando ad abbassarle la spallina
della
vestaglia da notte, sono il chiaro segnale di un desiderio che divampa.
Nairobi
cerca di non pensare a nulla, cedendo a quei gesti, lasciandosi andare,
e per
la prima volta, non prendendo controllo della situazione.
“Tutto
bene? Ti vedo strana” – precisa
l’ispettore, quando, entrambi sotto le
lenzuola, dopo i teneri ed eccitanti preliminari, sono prossimi al
momento
intimo.
Agata
si chiude nel silenzio; non trova le parole giuste per esprimersi,
mentre di
sottofondo il rumore proveniente dalla camera di Tokyo fa intendere che
anche
l’altra coppia gode del ritrovato amore.
“Ho
sbagliato in qualcosa? Ti prego, dimmelo se è
così. Non voglio farti sentire a
disagio”
“No,
no” – finalmente apre bocca per rasserenarlo, lo
bacia sulle labbra e aggiunge
– “Non sei tu”
“E
allora cosa succede?”
“Non
sei mai stato tu! Sono io il problema”
L’espressione
disorientata del quarantaduenne esorta Agata a spiegarsi meglio -
“La vecchia
Nairobi si sarebbe sfogata in altri modi, come sta facendo adesso Tokyo
con
Rio!”
“Già…
lo so” – le sorride timidamente lui. Ma la sua voce
rassicurante, continua – “Amore
mio, se ti spaventa qualcosa o qualcuno, devi parlarmene, ci
penserò io”
“Sei
così dolce e premuroso” – è
così felice di avere accanto una persona tanto
speciale che non esita a dirglielo, accarezzandolo e osservandolo come
fosse il
suo tesoro più grande.
“Sai,
prima di conoscerti, io avevo altri piani…”
“In
che senso?”
Tirandosi
su, sollevando il cuscino per potersi distendere meglio, la zingara
rivela - “Immaginavamo
il giorno in cui, fuori dal Mariposas, saremmo potute scappare
via”
“E
lo avete fatto, siete scappate via. Siete state super
coraggiose!”
Agata scuote il capo – “Non intendo questo. Dico
… andarcene da Madrid…per
sempre!”
“Beh,
ma perché non c’ero io…adesso che siete
qui, io vi proteggerò, non c’è bisogno
di lasciare la città”
Gli
occhi lucidi della gitana lasciano emergere altro… e
l’ispettore coglie il
nocciolo della questione - “Nairo, cosa stai cercando di
dirmi?” – sente la
terra tremargli sotto i piedi quando gli appare dinnanzi la solita
scena: una
donna che dice di amarlo e che poi va via – “Mi
stai mollando?”
“No,
ascolta, Bogotà. Con il ritorno di Rio, Silene mi ha
ricordata della partenza
che avevamo organizzato insieme, e…”
“Te
ne vuoi andare con loro?”
“Non
lo so!” – spiega, amareggiata.
Saperla
dubbiosa sulla scelta di sparire dalla sua vita, delude Lopez che, non
controllandosi, commenta - “Sei come le
altre…anche tu”
“Ma
cosa stai dicendo?”
“Come
tutte quelle che mi parlavano di amore e sentimenti e che alla prima
occasione,
mi hanno lasciato!”
“Non
è affatto così! Sai bene quanto io sia in
pericolo rimanendo a pochi passi da
quelli lì…la faccenda è seria! Non
è la stessa cosa delle tue ex”
“Ci
sono io, cazzo, Nairobi. Io! Possibile che non riesci a capirlo?
Nessuno ti
torcerà un solo capello!”
Ma
Agata non replica. Lo osserva riconoscendo nei suoi occhi un dolore
penetrante
che combacia esattamente con il suo.
“Io
ancora non ho preso la mia decisione!”
“Beh,
sai che ti dico? Fa’ come vuoi!” – si
alza dal letto, rivestendosi, nervosamente.
Il
tutto sotto lo sguardo della gitana che, cambiando umore, gli risponde
- “Prima
hai voluto sapere cosa mi turbava, e adesso che lo sai ti stai
infuriando! Lo
vedi che facevo meglio a tenermi tutto dentro?”
“No,
no! Troppo facile dare la colpa a me ora. Io sarei il responsabile
perché ti ho
vista star giù e volevo aiutarti? Non funziona
così, Agata”
Si
allontana, dirigendosi alla porta.
“Ora
dove vai?” – chiede la donna, dispiaciuta di averlo
ferito, ma al contempo
frustrata nel doversi sentire sempre e comunque la sola colpevole.
“Voglio
stare da solo. Buonanotte” – con il cuore in pezzi
e la sensazione di aver
sbagliato donna, per l’ennesima volta, Lopez lascia la
camera, sbattendo con
forza l’uscio e si chiude nella propria.
Coricatosi,
solo con se stesso, sfoga in un lungo pianto la sua delusione.