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Autore: Feisty Pants    01/04/2022    1 recensioni
In una scuola americana, lontana dalla Spagna e dalla storia dei Dalì, i figli degli ex rapinatori vivono la propria adolescenza con spensieratezza, gioia ed energia, senza sapere di avere, come genitori, i ladri più geniali della storia. La vita trascorre normalmente per i Dalì, ormai intenti a lavorare e a seguire una routine che li entusiasma, ma la tranquillità non durerà per sempre: presto la verità verrà a galla, portando con sé rischi e pericoli.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Rio, Tokyo
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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CAPITOLO 20


I ragazzi si risvegliano da uno strano intorpidimento, provano a mettere a fuoco la zona circostante ma tutto appare ancora offuscato.

“Dove siamo?” biascica Cecilia provando a mettersi in piedi, per poi accorgersi di avere le mani legate a causa delle manette.

“Ragazzi, che cazzo succede?” domanda Dimitri strattonando i polsi nel tentativo di liberarsi.

Nessuno di loro ricordava che cosa fosse successo. Molto semplicemente si erano salutati con Ramon per poi entrare nel museo. Da quel momento ogni ricordo è buio e confuso.

Nieves cerca di guardarsi attorno, constatando di essere in una stanza buia e umida. La ragazza, con un martellante mal di testa, fatica a mettersi in piedi per poi accorgersi di un particolare nei loro corpi.

Tutti i ragazzi, infatti, indossavano delle tute rosse che non avevano scelto personalmente.

“Cosa sta succedendo?!” si chiede ancora Cecilia intimorita, correndo alla porta per poi trovarla chiusa.

Nieves, nonostante l’emicrania, spreme le proprie meningi per cercare di pensare al passato ma nulla pale rivelarsi alla sua memoria.

La sua mente riesce a rivivere solo il momento di saluto a Ramon, invitato a prendere la colazione in città ed è proprio il pensiero di Ramon a sconvolgerla. La ragazza si guarda freneticamente attorno, muovendo gli occhi a una velocità tale da farsi girare il capo. Il cuore le si appesantisce nel confermare la mancanza di chi temeva.

“Dov’è Ramon?!” riesce a urlare la giovane, facendo scendere il panico nell’ambiente e ammutolire gli altri due presenti che non trovano risposta.

Ramon si trovava nella sala operativa dei due boss e, proprio come i compagni, vive il medesimo brutto risveglio.

“Ti sei svegliato eh?” lo beffeggia un uomo incappucciato, chinandosi su di lui e tirandogli immediatamente il ciuffo.

Ramon, afferrato dai capelli con tale foga e cattiveria, strizza gli occhi per il dolore sentendo intorpidito e addormentato ancora tutto il resto del corpo.

“Che cosa vuoi? Chi sei?!” domanda Ramon con un filo di voce, provando a scovare qualche tratto distintivo dell’uomo dalla maschera nera.

“Siamo solo i veri cervelli dell’operazione. Ora tu sei la nostra carta vincente!” sogghigna il cattivo sfregandosi le mani, dando il benvenuto a Leroy che entra silenziosamente nella stanza.

“Siete della polizia?” chiede con serietà Ramon, lottando per rimanere lucido mentre, con estrema difficoltà, prova a liberarsi le mani dalle manette che lo tengono inchiodato alla sedia.

“La polizia lavora per noi. Siamo vecchie conoscenze dei tuoi e non vediamo l’ora di poterli rivedere!” risponde ancora l’uomo identificabile.

“E che cosa volete da me? Dove sono i miei amici?” li minaccia Ramon con coraggio, continuando a strattonarsi per mostrare la propria spavalderia.

“I tuoi amici stanno bene… per ora… noi vogliamo solo farvi soffrire un po’, così voi piccole canaglie imparerete a non seguire la strada malfamata dei vostri genitori!” sussurra a denti stretti la figura incappucciata, tirando ancora un po’ l’amato ciuffo moro di Ramon.

“Noi non tradiremo mai i nostri genitori! In più stanno arrivando, vi troveranno e per voi sarà la fine!” si difende Ramon, credendo nell’intervento miracoloso dei familiari.

Il capo scoppia a ridere in una fredda risata, sperando di ricevere il supporto di Leroy che, però, appare cupo e rabbuiato.

“Caro ragazzo, noi desideriamo proprio questo! Vogliamo usarti per benino per capire come valutare i soldi che i tuoi genitori hanno creato inutilmente e poi vi ammazzeremo tutti… così i vostri amati genitori capiranno quali sono i veri tesori della vita!” ridacchia sicuro il capo, convinto e orgoglioso delle proprie parole. Ramon non sapeva perché ma quel signore dalla maschera nera gli dava l’impressione di essere pazzo, o comunque estremamente adirato.

“E cosa ci guadagnereste voi uccidendoci? Vi sporchereste le mani inutilmente!” spiega Ramon razionalmente, provando a dialogare da vero adulto con qualcuno che appariva molto più infantile di lui.

“Ci guadagniamo la vita vera, la fama e la rivincita!” digrigna i denti il capo, per poi consegnare una siringa a Leroy e invitarlo ad agire.

Leroy, però, non sembra intenzionato a procedere. Il genio informatico era rimasto in un angolo della stanza a braccia conserte, con il volto pallido e un’espressione triste in volto.

“Col cazzo che lo faccio! Non erano questi gli accordi!” si ribella Leroy, spingendo il braccio del capo e rifiutando di prendere la siringa.

“Tu qui fai quel cazzo che ti dico io, o potrai dire addio ai tuoi soldi, alla tua casa e alla tua cara ragazza…so anche che è incinta sai?!” lo ricatta il capo, riuscendo a toccare le corde di un uomo che non pare convinto delle proprie azioni. Rassegnato da quelle minacce, Leroy afferra il dispositivo e si avvicina a Ramon, provando a tenerlo fermo.

Ramon, infatti, inizia a dimenarsi spaventato, continuando a chiedere che liquido ci fosse all’interno.

“Non rendere le cose più difficili ti prego…” lo ammonisce Leroy, per poi approfittare della lontananza del capo per sussurrare dolcemente:

“Ti prometto che non vi farò accadere nulla di male!”

Le parole di Leroy frullano vertiginosamente nella mente di Ramon che, confuso, non capisce l’identità dell’adulto che si trova di fronte. Ramon prova a memorizzare e a leggere le espressioni del rapitore quando la testa comincia a girare e si ritrova di nuovo catapultato nel mondo dei sogni.

Intanto dai Dalì…

Tutti i Dalì si erano ritrovati a casa di Tokyo e Rio per organizzarsi sul da farsi. Ad aiutare era presente anche Andres, profondamente preoccupato per la sorte dei migliori amici.

“Leya ci ha raccontato tutto” esordisce Rio, spiegando le dinamiche della vicenda approfittando della momentanea assenza della ragazzina, impegnata nella visione di un film con il coetaneo Noah.

“Noah le ha regalato questo computer che afferma di aver trovato a scuola, incustodito e negli oggetti di seconda mano che si potevano portare a casa. Noah lo ha regalato a Leya che, per sentirsi grande, si è iscritta a un social network grazie al quale ha cominciato a scriversi con questo Leroy” prosegue Rio, cercando di contenere l’ansia.

“Leroy si era presentato come un ragazzo di 14 anni e i due si erano ripromessi di incontrarsi. Al momento dell’incontro, però, Leroy ha minacciato Leya inviandole dei documenti riguardanti le nostre vere identità. La cosa più grave sta accadendo ai nostri figli” si ferma un attimo Rio, deglutendo e riprendendo fiato.

“Leya mi ha confidato di aver parlato con Nieves del computer e di averle permesso di controllarlo. Nieves sapeva già di noi e non voleva che la sorella finisse nei guai. Ho analizzato il computer e questo Leroy, attraverso delle applicazioni e delle immagini inviate a Leya, è riuscita a prendere possesso del computer e del cellulare di Nieves. Da quel momento Nieves è sempre stata seguita” conclude Rio, abbassando lo sguardo e strofinandosi le mani nervosamente.

“Io vorrei solo capire, che cazzo vi sia saltato in mente! Avete sabotato una macchinetta, le videocamere, cercato informazioni su di noi e organizzato questo viaggio andando nella tana del lupo! Perché?!” inizia a sbraitare Raquel, riferendosi al figlio che, già alquanto scosso, trema a causa delle urla materne.

“Raquel basta! Andres ha capito di aver sbagliato e noi non siamo stati un buon esempio per loro…” la interrompe Sergio con fare serioso, dispiaciuto per il malessere del figlio ed empatico nei confronti della sua confusione.

“Chiariremo il tutto dopo. Ora bisogna risolvere il problema. Era chiaro che ci stessero cercando da tempo” continua il prof, aggiustandosi gli occhiali con il consueto tic.

“Sì, ma chi cerca noi? Polizia?” chiede Helsinki dubbioso.

“No… la polizia ha chiuso la causa nei nostri confronti ormai parecchi anni fa. Nessuno si ricorda di noi se non a livello storico potremmo dire. Lo stato non permetterebbe mai alla polizia di compiere reati di stalking, rapimento di minori e diffusione di dati sensibili” risponde Raquel, ricordando delle proprie mansioni da ispettrice.

“Esatto, ma è pur sempre vero che dietro a tutto questo qualcuno della polizia c’è… ovviamente una parte corrotta di essa, che del protocollo se ne infischia. Dietro a tutto questo c’è qualcuno che ci conosce, che ha fascicoli e dati sul nostro conto e che prova un odio tale da volerci incarcerare tutti” aggiunge il prof con ulteriori delucidazioni.

“Tamayo e compagnia bella?” domanda Denver accorso in soccorso.

“Potrebbe essere. Non potremo mai sapere chi ci sta dietro, ma l’unica cosa da fare è muoverci e andare a prendere i ragazzi” afferma Sergio, pronto a mostrare il piano.

“Ho deciso di riunire la banda e farmi aiutare da quante più persone possibile: dai nostri alleati serbi e molte altre persone ancora. Loro usano la carta della polizia corrotta? Bene, la useremo anche noi!” spiega Sergio, con il dito a pinza e una mano nella tasca dei pantaloni, tornando ai vecchi tempi.

“Andres, Leya e Noah resteranno qui con Daniel e Monica: dobbiamo proteggere i ragazzi e voi siete gli unici in grado di farlo!” riferisce il prof, rivolgendo uno sguardo ai colleghi.

“Noi andremo nel luogo ma non entreremo mai nel museo. Loro si aspetteranno che piombiamo lì con il desiderio di riprenderci i figli ma in realtà chiederemo a poliziotti e agenti sotto copertura di entrare e recepire quante più informazioni possibili. Anibal, tu mi aiuterai con la tecnologia. Utilizzeremo il computer di Leya e sono sicura che loro non siano bravi quanto te in informatica” comunica il professore, frenato da una ribelle Nairobi che balza in piedi collerica.

“Ci stai dicendo che noi ce ne staremo fuori a guardare? Che non agiremo? Che lasceremo ai tuoi cagnolini la responsabilità di salvare la vita dei nostri figli?” si arrabbia lei guardando torva il professore.

“Agata, non possiamo rischiare di entrare lì! Potrebbero ricattarci il doppio! Loro vogliono solo ucciderci o sbatterci in prigione! Se entriamo facciamo solo il loro gioco!” prova a farla ragionare il prof, congiungendo le mani e rivolgendole lo sguardo.

“E allora?! Possono anche spararmi un colpo in testa, torturarmi, imprigionarmi, ma i nostri figli non li devono sfiorare! Siamo stati noi a sbagliare e a non avvertirli sul nostro passato, io non permetterò loro di pagare le conseguenze delle nostre azioni!” lo rimprovera Nairobi, con la solita determinazione.

“Cosa vorresti fare eh?! Entrare lì dentro e morire come martire?!” alza la voce Sergio, non capendo il suo punto di vista.

“Se è necessario sì! Sì perché io ho già perso un bambino una volta e non posso perderne altri due!” risponde a tono Nairobi, per poi mostrare la voce spezzata da un irrefrenabile desiderio di piangere.

“Ce la faremo amore, vedrai!” la accarezza delicatamente Bogotà, accortosi del suo dolore e condividendolo a pieno.

“Anche io voglio entrare e combattere! Proveremo il tuo piano professore, ma se ci sarà bisogno di aprire il fuoco, io per Dimitri e i ragazzi sono disposto a far saltare la testa a tutti!” si inserisce anche Palermo, stranamente concorde con il pensiero della collega.

“Siete veramente disposti ad entrare lì, rischiare le peggio torture, la morte e la pazzia di questi uomini?” chiede Sergio, comprendendo finalmente il loro punto di vista.

“Se lo fanno i nostri figli… possiamo farlo anche noi” si intromette Tokyo apparentemente calma, desiderosa di correre in quel falso museo e riprendersi la sua Nieves.
  
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