Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Dorabella27    02/04/2022    18 recensioni
Come sa bene chi mi conosce, non ho mai digerito l'episodio 15 dell'anime: mi sembra insensato, soprattutto per quel che riguarda la storia della finta gravidanza di Maria Antonietta (a dir poco impossibile: i parti reali erano pubblici, proprio per evitare rischi di sostituzione del neonato o altri infingimenti); nel finale dell'episodio, poi, la colpa che viene fatta ricadere su Oscar è sommamente odiosa, e sarebbe talmente grave da rendere pressoché incredibile il fatto che nell'episodio successivo nessuno dia segno di ricordare alcunché. Ho immaginato allora uno switch - possibile? probabile? quanto meno, plausibile, si spera - a partire dal rientro di Oscar a Corte. Il racconto si trasformerà in corso d'opera, e da quasi - feuilleton prenderà le movenze di storia di taglio introspettivo e intimista. Questa volta procederò dando la parola, via via, ai singoli personaggi, che si alterneranno come voci narranti, con capitoli brevi e, spero, ravvicinati. Sperando che apprezzerete questo mio ennesimo esperimento .... buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Charlotte Di Polignac, Contessa di Polignac, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XI – O giorni, o mesi, che andate sempre via....
 
BIBLIOTECA DI PALAZZO JARJAYES
Nel buio della biblioteca, il lieve bagliore di un doppiere crea un cerchio di luce su pagine fittamente scritte:
"4 settembre 1768.
Oggi Oscar mi ha fatto una domanda cui non ho potuto rispondere...."
Ricordava anche lei quella giornata. Aveva da poco sentito parlare del matrimonio combinato fra il Delfino Luigi e l'Arciduchessa austriaca Antonia Maria, o Marie Antoinette, come la chiamavano già i bene informati in Francia. E suo padre le aveva anticipato che, se il generale Bouillet avesse interceduto, come si immaginava che facesse, forse lei stessa Oscar François, avrebbe avuto l'onore , come capitano delle guardie Reali, di essere incaricata della difesa e protezione della futura Delfina. Il suo futuro, quello per cui era stata allevata, educata, allenata, quel traguardo verso il quale tendevano da quasi tre lustri gli sforzi assidui del Generale, stava marciando a grandi falcate verso di lei. Ma non riusciva a rallegrarsene. Non del tutto.
In quei giorni André era spesso a confabulare con Jacques, lo stalliere.
Quel mattino, mentre sellavano i cavalli per prepararsi alla loro cavalcata quotidiana, Oscar, senza incrociare il suo sguardo, gli aveva chiesto: "André, posso farti una domanda?"
"Certo: dimmi, pure Oscar".
"Sei mai stato con una donna?"
"In che senso?"
"Andiamo, André! Nel solo senso possibile dell'espressione !", aveva sbuffato lei, spazientita.
"Ma, ma... Oscar, ma che ti viene in mente...?"
"Ho capito" Si era morsa impercettibilmente il labbro.. "Se ti imbarazza, o se non vuoi rispondere, non fa niente".
"Perché me lo chiedi?"
"Curiosità". Mentre lo diceva, era montata a cavallo. Sedeva impettita e rigida, guardando davanti a sè. "Sappi che non voglio metterti in imbarazzo, André. Volevo solo chiederti: com'è? Che cosa si sente ?"
"E perché lo vieni a chiedere proprio a me?":
"Te l’ho detto : curiosità". Non muoveva un muscolo : stringeva le briglie, lo sguardo fisso, ostinato (o il suo era solo imbarazzo?). Adesso, più che mai, era la contessina Jarjayes, anzi, Mademoiselle le Comte, (o il suo era solo l’imbarazzo di una ragazza troppo sola ?) splendido ibrido di sole e d'azzurro, bellezza di fiore esotico in un’anima d’acciaio,incarnazione della spocchia e dell’arroganza dei nobili, di tutto lo smisurato orgoglio di un padre a capo della famiglia più fedele e più vicina alla Corona  (o il suo era solo l’imbarazzo di una ragazza troppo sola, travolta da una situazione e da una responsabilità troppo grandi per lei ?)
 "Ti ripeto che non intendo metterti in imbarazzo, André. La mia è solo una domanda. Allora, dimmi: com'è?".
"E io ti ripeto: perché lo chiedi a me?"
"Mi pare evidente: non ho molti altri interlocutori, e non potrò farmene una idea per mia diretta esperienza. Ma se dovrò comandare un reggimento, è bene che mi faccia qualche idea precisa di quali siano i gusti tipicamente maschili, non trovi ? Vedo però che sei diventato improvvisamente molto pudico. O molto reticente ... In ogni caso, non fa nulla". Aveva pronunciato quelle parole con tono antipatico, quasi con rabbia trattenuta, e senza degnarlo di un’occhiata, con lo sguardo abbassato sulle sue mani mentre si infilava i guanti bianchi di pelle di capretto, e poi aveva dato di sprone con tutta la decisione di cui era capace: "Ah! Ah! Forza César, forza! Raggiungimi, se riesci, André!".
Per tutto il pomeriggio si erano comportati come se quella imbarazzante parentesi non fosse mai accaduta. Era stata una bella giornata di fine estate, tersa, serena, con una leggera brezza a spazzare il cielo; una giornata passata a cavalcare, saltare le siepi, riposare, ansanti e accaldati, sotto l'ombra di un vasto platano. Ma per la prima volta la loro sosta al lago non si era conclusa con il consueto bagno. Né ce ne sarebbero più stati, in seguito.
Ritornando a casa, Oscar aveva affidato César ad André, invece di seguirlo come al solito nelle scuderie, e si era dileguata senza salutarlo, riferendosi al bisticcio con un laconico : «André, voglio tu sappia che non ce l’ho con te per ... oggi pomeriggio. E comunque, preferisco dimenticare ».
Però, quella notte, André aveva, evidentemente, rubato parecchie ore al sonno per riempire pagine su pagine del diario. Pagine piene di dolore e di struggimento, che ora Oscar leggeva con il fiato sospeso, così concentrata da dimenticare il timore di essere scoperta.
Oscar, perché quelle parole? Perché mi hai fatto quella domanda? Vuoi davvero sapere quali siano i « gusti tipicamente maschilli » ? Io non lo so, non te lo so dire. Io ti saprei dire soltanto che cosa ha da sempre catturato i miei sguardi ed emozionato me : tu, i tuoi capelli, la tua figura esile ed elegante, la tua voce squillante e decisa, ma che a volte si fa dolce e carezzevole,quando osservi un bambino o un uccellino caduto dal nido, le fossette che baciavo da bambino, il tuo sguardo limpido, la fierezza con cui assolvi a un compito forse troppo gravoso per te....
 Oscar, quanto mi fa male avere dei segreti con te, a dispetto di quanto ci diciamo di voler fare. Spero solo che tu preferisca dimenticarla davvero, quella domanda. Perché mi sentirei bruciare l’anima, se solo tu indovinassi, se solo tu sapessi.
Oscar si sentiva quelle parole marchiate a fuoco nell’anima. La morfificazione saliva come un’onda. Aveva giudicato così superficialmente ! Ricordava perfettamente quella domanda, e il rossore di André, i suoi occhi piantati a terra quel pomeriggio. E ne aveva dedotto che André non avesse voluto raccontarle nulla di quello che aveva fatto la notte prima quando era uscito con Jacques: un altro solco profondo che li stava dividendo.
Invece, scoprire quei pensieri, così delicati, quelle premure così profonde, sapere che quegli occhi l’avevano sempre seguita, indagata, scrutata e capita così a fondo, la esaltava, ma anche la mortificava. E lei ? Lei dove era stata ? Come aveva potuto liquidarlo così ?
In quelle pagine, trovava il nitido, limpido racconto dei fatti, scritto da André mentre lei....che faceva ? Leggeva il suo Virgilio, o il suo Cesare, oppure giocava a scacchi con il Generale, o prendeva lezioni di violino?
 E di tutta quella tempesta di sentimenti, lei non aveva mai saputo nulla! Nulla!
Persa nei suoi sogni di gloria. Sogni inculcati nella sua testa sin dai primi anni.
Persa sognando una uniforme rossa. Persa. Smarrita. Ma con André a tenerle mano.
Girò pagina con un sospiro. Si interruppe per un attimo, alzando il capo allarmata : aveva sentito un fruscio. Forse Rosalie aveva avuto uno dei suoi incubi e adesso, come faceva sovente, stava attraversando il corridoio per venire nella sua stanza a farsi consolare ? E in quel caso, che cosa avrebbe pensato vedendo il suo letto vuoto ?
Ma no, nessuno. Forse era stato solo il vento da una finestra aperta. Chinò la testa, avvicinando la lanterna cieca alle pagine, e continuò la lettura del diario di André. In quelle pagine, fissato per sempre su carta, il ricordo di uno dei giorni forse più penosi del periodo che aveva preceduto il suo incarico nella Guardia Reale.
Ed ecco come André, nel suo diario, ricordava quella giornata.
Era successo il 26 agosto 1768, il giorno del suo quattordicesimo compleanno : come grande concessione era stato ammesso alla tavola  padronale, la nonna gli aveva preparato una torta, la sua rinomata torta di mele, il Generale gli aveva regalato una spada con lama di Toledo, e Oscar a pranzo era stata deliziosa, sorridente e impertinente, con un ricciolo ribelle che continuava a ricaderle sulla fronte e che lei scostava di continuo.
 Tutto sembrava andare per il meglio. Poi, però, quello stesso pomeriggio, nelle scuderie, Jacques, lo stalliere, un marcantonio originario del suo stesso villaggio e che la sapeva lunga, gli aveva detto scherzosamente: "E allora, bello mio, che mi racconti? Che cosa combini con la nostra contessina dai lunghi riccioli biondi e dalle camicie di seta fruscianti?"
"Io?", aveva chiesto, imbarazzato.
"Certo, tu! E non fare quella faccia innocente da angioletto: guarda che vi vedo benissimo sgattaiolare  via ogni pomeriggio; lei corre scatenata come una furia, e tu le trotterelli dietro come il suo fedele cagnolino".
"Attento, piuttosto, che lei non ti infilzi con il fioretto, se allunghi troppo le mani...", aveva aggiunto con una risata Charles, il cocchiere.
"A meno che non l'abbia già infilzata tu"; insinuò maliziosamente Jacques. André aveva sentito il sangue  andargli alla testa, e avrebbe voluto reagire. Ma Jacques, a quel punto, vedendolo stringere i pugni,  aveva cambiato tono: mentre stava per scappare via, lo aveva trattenuto prendendogli il braccio e gli aveva parlato guardandolo negli occhi: "André, la contessina  - (Oscar detestava essere chiamata così, ma sapeva che la servitù la indicava con quel nome) non è per te":
"Come ... come fai a saperlo?". Jacques e Charles erano scoppiati a ridere. "Beh, bisognerebbe essere ciechi per non vedere come la guardi!"
"Dunque, lo sanno tutti a palazzo?".
"Tutti...beh, diciamo : tutti quelli che hanno gli occhi per vedere", aveva risposto con una risata Jacques. Poi si era fatto serio: "Ascoltami, André; ti parlerò come un padre, o un fratello maggiore, perché tu sei solo al mondo e in queste cose non so quanto tua nonna possa esserti utile. Ascolta un consiglio da uomo: lasciala perdere, la contessina Oscar ; non puoi ridurti fra dieci anni a sospirare dietro la porta della sua camera da letto. Un giorno, quando al padrone passeranno le sue strane idee, - perché gli passeranno, stanne pur certo - la farà sposare con qualche suo pari, e tu? Che farai allora? Passerai le notti sotto le sue finestre? Quella è una ragazza da ammirare, non da amare":
André aveva chinato la testa, mortificato.
"Ragazzo mio, per come conosco il mondo, le cose possono andare solo in due modi se tu non te la levi alla svelta dalla testa: puoi passare mesi e anni a consumarti senza costrutto per i suoi begli occhioni azzurri, oppure, il che è anche peggio ... lei potrebbe accorgersi di te. E allora, che il cielo ti assista! A un servitore non viene mai nulla di buono da queste cose. E nemmeno a una ragazza come quella".
André ascoltava, con gli occhi bassi. La franchezza di Jacques era un bagno di realtà, e le sue parole frizzavano sul suo animo con l’effetto di una mano ruvida che passi su una ferita aperta.
"Ma senti, ragazzo mio: perché stasera non vieni con noi a Parigi? Andremo a fare baldoria fra uomini, e poi ci scapperà una capatina in una certa casa dove si dimenticano tutti i pensieri tristi..."
"Sì, vieni con noi!", aveva esclamato Charles.
"Su André, non farti pregare"; aveva aggiunto Grégoire, l'attendente del Generale.
"Ma io..non so...mia nonna.."
"Insomma, André! Vuoi passare la vita attaccato alle gonnelle di tua nonna? Hai già quattordici anni, ed è giusto che ti faccia qualche esperienza da uomo e qualche idea del mondo."
"Va bene", aveva ceduto.
"E sia! Le ragazze di Madame Tellier ci ringrazieranno per aver portato loro un cliente così giovane e bello!".
"Ma...e il Generale? Non se ne avrà a male?", aveva domandato Grégoire.
"Il Generale? Pfui!", aveva risposto Jacques. "Può solo essere contento. Più André gira alla larga da sua figlia e meglio è".
Oscar ricordava benissimo come fosse arrivata alla porta delle scuderie solo quando Jacques aveva nominato la casa di Madame Tellier: non era così ingenua da non sapere che cosa succedesse in quella casa che i suoi compagni della scuola militare nominavano dandosi di gomito in sua presenza e in cui smaniavano di mettere piede non appena avessero avuto quattordici anni: giusto l'età di André.
Per questo, qualche giorno dopo, morta di imbarazzo, dopo molto tergiversare e molte prove davanti allo specchio, si era decisa a fare ad André quella domanda, senza però tutti quei penosi giri di parole che aveva elucubrato invece di dormire, ma piuttosto ponendogliela nel modo più diretto possibile, come per abbreviare la vergogna.
"Oh, André";  mormorò, scorrendo le pagine del diario, dove erano fissate quelle conversazioni di dieci anni prima: parole che dovevano avere marchiato a fuoco l'animo di André.
La pendola aveva suonato due rintocchi forti e tre più leggeri: le due e quarantacinque. Che fare? Continuare a leggere, con il rischio di essere scoperta, o tornare a letto, e rimandare la lettura alla notte successiva, con il rischio però che l'indomani André recuperasse il diario?
Oscar sospirò. Decise di rischiare. Girò un paio di pagine e lesse il racconto di quella nottata.
La serata nella maison di Madame Tellier era iniziata nel migliore dei modi. Jacques, Charles, Grégoire e André, dopo una sosta in una taverna, erano arrivati di buonora, alticci ma non completamente brilli. Le ragazze avevano formato un capannello attorno al nuovo frequentatore della maison. In fondo, Jacques aveva colto nel segno : non capitavano spesso clienti così giovani e aitanti.
Jacques aveva confabulato brevemente con Madame Tellier; poco dopo una ragazza esile e bionda si era avvicinata alla tenutaria che le aveva mormorato qualcosa all'orecchio, quindi era venuta verso di lui, gli aveva preso la mano e l'aveva condotto in una camera al piano di sopra. Mentre la seguiva lungo la scala, gradino dopo gradino, André guardava i riccioli biondi ondeggiarle sulle spalle e sulla schiena a ogni passo, e immaginava, in un misto di eccitazione e di senso di colpa, che, se lei si fosse girata, avrebbe visto sfavillare gli occhi color zaffiro di Oscar.
Arrivati in camera, la ragazza si era presentata ."Io mi chiamo Françoise". A quel nome, André aveva sobbalzato. Era davvero il suo nome o era stata istruita a presentarsi in quel modo ? "E tu?" gli aveva chiesto puntandogli in faccia due occhi di un celeste un po' slavato.
"André", aveva bisbigliato lui.
"Bene André. Madame Tellier mi dice che non sei un grande frequentatore di case come la nostra..". Aveva sorriso, un sorriso franco, aperto, persino fanciullesco. "T'es si sarmant", aveva detto con una pronuncia un po'blesa, da bambina tenera, che lo aveva fatto sorridere.
Poi, tutto era stato molto penoso. Françoise era bella, giovane e gentile, con la pelle candida e profumata di rosa, maniere dolci e delicate, i fianchi tondi e mani piccole e leggere che gli scorrevano sulla pelle con grande abilità, e certo non lo aveva lasciato indifferente trovarsela addosso senza abiti; addirittura, gli aveva sussurrato all'orecchio, con un fare malizioso: "Stanotte puoi anche baciarmi, se vuoi:.. »
 Ma ciononostante, André, dopo aver finito, si era messo a piangere silenziosamente, con il capo fra le mani.

"Che ti prende, André?", gli aveva chiesto sollecita e intenerita Françoise, passandogli una mano fra i capelli che si erano sciolti dal nastro.
Non aveva saputo, o potuto rispondere. Soltanto, due giorni dopo era tornato da lei, e il giorno dopo ancora; e sarebbe tornato altre volte, sempre chiedendole di abbassare il lume, per poter meglio immaginare di stringere fra le braccia Oscar, la sua irraggiungibile Oscar, per poi piangere di delusione, morficazione, frustrazione, immaginando la sua Oscar distesa in solitudine fra le lenzuola fresche e profumate di lavanda e mughetto del suo letto, sotto il bel baldacchino azzurro, un libro di balistica fra le mani e chi sa quali pensieri in testa.
Poi, un giorno, André era tornato, come suo malgrado, come sempre, alla maison di Madame Tellier, e non aveva più trovato Françoise. Madame gli aveva spiegato che aveva cambiato maison. « Ma se vuoi », aveva aggiunto, strizzandogli un occhio, « è arrivata giusto ieri una biondina alta e con gli occhi chiari che potrebbe fare al caso tuo, tanto somiglia alla tua contessina ! »
Quella confidenza così sfacciata, e il fatto che avesse avuto la riprova di quanto sospettava, cioè che Jacques doveva avere vuotato il sacco con la tenutaria, lo aveva imbarazzato e fatto adirare.
Stava per prendere la porta, infuriato, quando aveva sentito una mano decisa prenderlo per il braccio, sopra il gomito. Si era voltato, e aveva visto lo sguardo, insolitamente severo, di Madame Tellier.
 
 
Si ringrazia per la fan art di André scrivente Galla88, alias la mia Ifigenia, idolo e vittima (taccio il terzo epiteto, e Don Lisander mi perdonerà), dei miei deliri creativi.
Ringrazio anche, per l’ispirazione che mi ha fornito un suo dialogo, anche se poi la mia storia prende un altro giro, Ellephedre, con la sua splendida « Nato Servo » : grazie mille, e grazie per la tua gentilezza e disponibilit-
Infine  - io ve l’avevo detto, no ? che c’era lui dietro a questo racconto – ringrazio il Signor T., così misconosciuto e sottovalutato nel nostro Paese : un autentico classico della letteratura giappnese, che vi consiglio di andare a vedere (e vedrete, in filigrana, il finale... ;) ALLERTA : SPOILER  Nel caso, date un occhio anche al signor K. (e magari ai «Dodici racconti raminghi » di Garcia Márquez).
Quanto al titolo del capitolo, ho usato innumerevoli volte la "Canzone dei dodici mesi" per spiegare le figure retoriche (chiasmo in primis), e le sono affezionata, anche perché cita i miei amatissimi tarocchi come carte da gioco. E se mi sentiste parlare, capireste anche un altro motivo per cui amo Guccini.... Grazie, infine, a voi che mi avete dedicato sinora il vostro tempo, e siete arrivati sino a questo punto.
E come diceva Goldoni (Luca) : con ossequi, ciao !
   
 
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