Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Lis4_88    03/04/2022    1 recensioni
"Pensi che sia normale se una persona ama un'altra persona dello stesso sesso?"
Niente sguardi. Solo verso il piccione.
"Chi decide che cos'è normale?" arrivò di tutta risposta "Perché è normale amare una persona del sesso opposto ma del proprio no? Non me lo spiego. O entrambe le cose sono normali o nessuna delle due lo è."
"Penso che nessuna delle due lo sia." dissi restando immobile, mentre la sigaretta si consumava nella mia mano destra.
"L'amore non é normale."
"Concordo."
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Matt, Mello, Misa Amane, Near | Coppie: Matt/Mello
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il mattino dopo venni svegliato dai raggi del sole che puntavano dritti dritti nelle mie pupille, mandandomele a fuoco. Era come se quella stella nel cielo mi stesse urlando: "Matt forza svegliati! È passato mezzogiorno!"
Mi alzai con gli occhi semichiusi e mi sentii come l'uomo di latta di quel film che vedevo sempre da bambino, Il Mago di Oz. La mia schiena scricchiolava e le mie articolazioni sembravano arrugginite. Dopo un po' capii il perché, dato che mi trovavo sul pavimento. Da bravo giapponese, L mi aveva detto che era una cosa benefica per la schiena, ma a me sembrava solo che me l'avesse fracassata. Cercai di ricordare gli avvenimenti di quella notte, e stranamente era tutto impresso nella mia memoria. Quindi Mikami o stava dormendo appoggiato alla tazza del water, o era riuscito ad arrancare fino al suo letto.
La testa mi pulsava, come faceva sempre dopo una sbronza, ma malgrado quello avrei voluto bere altro alcool.
L'ubriacatura era passata, il dolore no. E credevo che non sarebbe mai finita quella tortura. Credevo che il mio cuore sarebbe rimasto in frantumi per sempre.
Venni travolto da un velo di depressione e mi accasciai sul materasso che c'era al centro della stanza da mesi, ormai inutilizzato da molto tempo grazie a Dio.
Mi coprii con il lenzuolo e ruotai la testa verso la finestra aperta, fissando il cielo azzurro per non so neanche quanto.
Dopo un tempo indeterminato bussarono alla porta, e qualcuno entrò senza che io ebbi dato il permesso di farlo.
"Sei sveglio pasticcino?" Era Misa ovviamente.
"Mikami ci ha raccontato di stanotte. Siete degli stronzi, la vodka si condivide!"
Un sorriso mi spuntò sulle labbra e alzai la testa voltandomi, per farle vedere che ero contento di vederla. Era l'unica persona bionda che avrei tollerato in quel momento.
Misa aveva in mano una tazza piena di caffè e nell'altra un piatto con sopra bacon e uova, che emanavano un odore squisito per tutta la stanza. Non so come mai, ma io e lei eravamo sempre stati una sorta di "supporto per cuori infranti" l'uno per l'altra. Tutte le volte che l'ennesimo ragazzo spezzava il cuore alla mia principessa la riempivo di coccole e cibo buono, e così lei fece con me quelle poche volte che avevo messo da parte il biondo e mi ero preso una cottarella per qualche ragazzo visto a scuola.
"Tu non hai idea di quanto ti ami" dissi tirandomi su a sedere con l'acquolina in bocca. E lo pensavo davvero. Ero molto grato per quello che gli altri stavano facendo per me.
La ragazza sorrise e mi posò il piatto sulle gambe e la tazza sul pavimento a fianco il materasso e mi diede un bacio sulla guancia.
"Grazia mille Misa, davvero."
"Tutto per il mio orsacchiotto." E così dicendo si sedette sulla punta del materasso, mentre mi guardava abbuffarmi di quelle leccornie.
Se ci fosse stato chiunque altro al suo posto l'avrei mandato via, ma lei no. E Misa sapeva che poteva restare.
"Vodka al melone eh?" disse con un sorriso "Roger lo credevo un tipo da Brandy."
"Sarebbe stato di sicuro più buono di quella roba che ho bevuto." risposi sputacchiando pezzi di uova sul materasso. Quella colazione mi sembrava cibo degli Dei.
Misa ridacchiò e continuò a fissarmi con i suoi occhioni dolci, con uno sguardo materno che mi faceva sentire al sicuro. Forse perché mi ricordava quello di Watari.
"Come sta Mikami a proposito?"
"Beyond l'ha trovato in bagno stanotte, non oso immaginare cosa ci facesse lui sveglio, ma fatto sta che l'ha messo a letto."
"Gesto insolito da parte sua."
"Lo so, nemmeno io ci credevo."
Ridemmo entrambi e quando finii di bere anche il caffè, la ragazza mi appoggiò una mano su una gamba e pronunciò la fatidica domanda.
"Ti va di parlarne?"
Avrei preferito raccontare la mia prima volta davanti Buckingham Palace con tutta la famiglia reale in ascolto, piuttosto che riaprire quella questione. Ma sapevo che Misa me lo chiedeva perché era preoccupata per me, non solo per sentire un nuovo pettegolezzo da spiattellare in faccia a chiunque.
"C'è poco da dire in realtà" raccontai con un sorriso amaro, come quello di un giocatore che non ha preso l'oro ma non vuole ammettere la sconfitta "Ha detto che io sarei il problema, perché ho il pisello."
Misa mi guardò in silenzio e mi prese per mano, dandomi sicurezza e spronandomi a continuare.
"È solo che non capisco...insomma...la lingua in bocca me l'ha messa giusto?"
La ragazza sorrise dolcemente e mi cinse entrambe le mani.
"Matt, lascia che ti chieda una cosa."
I suoi occhi azzurro mare mi fissarono.
"Tu sai perché Mello è stato cacciato di casa?"
Rimasi un po' interdetto e quando aprii la bocca per rispondere mi stoppai, rendendomi conto che non ne avevo idea. Il mio cervello ricorda il momento in cui io raccontai a Mihael la mia storia, ma non so perché era come se avesse creato uno scenario finto in cui anche Mello mi racconta la sua. Una sorta di falso ricordo.
Guardai Misa in cerca di aiuto, e lei sorrise ancora di più notando il mio panico nel non saperne nulla.
"Mihael é spaventato." disse soltanto "È spaventato da ciò che prova."
Si alzò di corsa e afferrò il piatto e la tazza, dirigendosi verso la porta.
Allungai un braccio per fermarla, ma non uscirono parole dalla mia bocca. Quel braccio rimase lì sospeso a mezza'aria.
"Devo andare al lavoro." disse aprendo la porta con l'aiuto del gomito "Quando entrambi sarete pronti, sosterrete questa conversazione. Adesso non è il momento."
Sparì fuori dalla stanza lasciandomi in posa come una statua greca, con il braccio alzato e la bocca mezza aperta. Sembravo un idiota.
Dopo la colazione restai nella mansarda ancora un oretta, a fissare il muro e a piangere. Una volta contate tutte le assi del soffitto e rimembrato le mie figure di merda a partire dal 2010, decisi che forse era arrivato il momento di uscire. E comunque anche se non avessi voluto, le mie uniche scorte di cibo là sopra erano delle birre tiepide. Oppure sarei morto di tanfo nel giro di due ore, perché puzzavo come una ciminiera imbevuta nella vodka.
Dopo una lunga preparazione psicologica, aprii la porta di pochi centimetri e feci uscire solo il naso e un occhio, riuscendo a vedere  le scale che portavano al corridoio.
Feci un lungo respiro e iniziai a scendere i gradini quatto quatto, come farebbero i personaggi di Mission Impossible, e proprio come Tom Cruise mi attaccai al muro e sporsi solo la testa in modo da vedere il corridoio. Restò vuoto per un istante, prima che la testa di Beyond sbucò dalle scale salenti dal piano di sotto.
Quando il corvino si voltò le sue iridi rosse mi penetrarono facendomi venire i brividi, tantè che pensai di scappare anche se non si trattava di Mello.
"Non c'è il tuo fidanzato gay" disse, mentre stava cercando di aprire un barattolo di marmellata.
Quella parola mi provocò un turbinio di farfalle nello stomaco, ma avrei voluto ci fosse stato il nome Mihael vicino.
"Sta occupando il divano da tutta la mattina. Sembra depresso. Spero che si muova a tagliarsi le vene perché é scomodo stare per terra."
Sorvolai su quell'affermazione inquietante, che usata da Beyond sembrava una cosa normalissima, ed entrai nella camerata per raccattare qualche vestito pulito.
"Puoi fare in modo che resti di sotto finché mi faccio la doccia?" chiesi, frugando nei cassetti del nostro mobile ormai in comune per tutti.
"E io cosa ci guadagno?" Ora era appoggiato allo stipite della porta e si mordicchiava un'unghia.
"L'apertura di quel barattolo"
Sorrisi sapendo di averlo in pugno e lui mi fissò per un attimo, per poi spostare lo sguardo sul contenitore che teneva in mano.
"Quindici minuti" E uscì dalla stanza, dopo che io gli gridai anche: "Portami le patatine e la Coca-Cola!"
Mi feci la doccia, fissando di continuo il piccolo orologio azzurro appoggiato sul davanzale. Quando le lancette indicarono le 15:30 aprii la porta, trovando Beyond sulla soglia che reggeva un pacco enorme di Cipster, una bottiglia di Coca-Cola e il suo barattolo di marmellata.
Mantenni la mia promessa svitandogli il tappo, e se fosse stato un cane il corvino avrebbe iniziato a scodinzolare e a leccarmi la faccia.
Mi dileguai nella mansarda dopo aver preso anche la psp e un pacchetto di sigarette. Non c'è cura migliore per un cuore spezzato.
Per quel pomeriggio, divenni una sorta di paziente 0 di un virus letale, e restai isolato da tutti senza neanche chiedermi cosa stesse succedendo nei piani sottostanti.
Giocavo, mangiavo, piangevo, bevevo, giocavo, fumavo, piangevo, fumavo e bevevo. Andai avanti così fino a sera.
A coronare quei momenti di tristezza e solitudine, iniziarono a scendere gocce d'acqua dal cielo che piano piano divennero un vero e proprio temporale.
Quando le mie scorte finirono, mi sedetti sul davanzale con la finestra spalancata a contemplare il panorama cittadino avvolto nell'oscurità e bagnato dall'acqua.
C'era un silenzio tombale, solo il rumore della pioggia accompagnava i miei pensieri infelici.
A rompere quella quiete, fu lo sbattere di una porta che attirò subito la mia attenzione. Mi sporsi in avanti e girai la testa a sinistra, in modo da scorgere il marciapiede davanti la porta d'ingresso. Metà della mia testa stava ricevendo una doccia gratis e i miei capelli iniziavano ad appiccarsi al viso, ma era l'unico modo per avere una visuale quasi completa sul davanti della casa.
Una figura stava camminando a grandi falcate, con dei capelli a caschetto appiccicati alla pelle per quanto erano bagnati e solo una felpa nera addosso. Era il mio Mihael, che si allontanava dall'abitazione asciugandosi qualcosa sul viso. Lacrime suppongo.
Mi risvegliai di colpo dal mio stato di ibernazione e mi precipitai fuori la stanza. Scesi le scale due a due e afferrai al volo il mio smanicato di pelo, pronto per partire all'inseguimento. Era molto incoerente la cosa, visto che l'avevo evitato per una giornata intera, ma la mia mente reagì d'istinto, come se sentisse che se non lo raggiungevo Mihael non sarebbe più tornato.
Stavo quasi per gettarmi all'esterno sotto la pioggia, quando una figura acquattata in cucina attirò la mia attenzione. Dovetti strizzare gli occhi per metterla a fuoco, dato che tutti le luci erano spente, eccetto quella della cappa per cucinare. Avvicinandomi, mi resi conto che si trattava di Linda. Era seduta per terra, con la schiena appoggiata a uno dei mobili in legno, che indossava solo una canottiera rosa e dei pantaloni larghi della tuta. I capelli castani erano disordinati e lasciati ricadere sulla spalle, gli occhi erano rossi e su tutto il viso aveva cascate di mascara sciolto che ricordava un fiume con la foce a delta. In mano reggeva una sigaretta, che stava creando un piccolo mucchietto di cenere sulle piastrelle, mentre la finestrella sopra il lavandino era aperta in modo da far uscire l'odore di fumo e far entrare il suono della pioggia scrosciante.
Appoggiai lo smanicato su uno dei banconi adiacenti la porta e mi avvicinai a passo lento. Quando Linda captò la mia presenza, alzò la testa che fino a quel momento era appoggiata sulle ginocchia, e a mia sorpresa mi rivolse un sorriso.
"Linda...cos'è...cos'è successo?" chiesi cercando di non sembrare frettoloso, dato che nella mia testa in quel momento c'era solo l'immagine di un biondo che si allontanava sempre di più sotto la pioggia.
La ragazza castana mi fissò e si leccò le labbra, prima di fare una lunga tirata dalla sigaretta.
"Ora so come ti sei sentito tu Jevy"
Mi ero dimenticato di quello stupido soprannome.
"Non capisco cosa intend-"
"Mello."
Rabbrividii quando quel nome venne pronunciato, era diventato un po' come Voldermort.
Rimasi in silenzio, spaesato e senza sapere che pesci prendere. In quella situazione la parola "Mello" poteva racchiudere una dozzina di argomenti diversi. 
Adesso Linda si era girata e stava fissando il forno a microonde, appoggiato su un bancone alla sua destra.
"Non credevo che un cuore spezzato facesse così male."
Sebbene dopo una frase del genere era abbastanza semplice collegare i puntini, il mio cervello proprio non riusciva a fare due più due vista la miriade di pensieri che mi frullavano in testa.
Linda mi vide confuso e ridacchiò, pulendosi senza successo il mascara colato, che semplicemente sbavò verso sinistra creando una sorta di curva.
"Per lui quel sesso non significava niente. Ma per me...."
La frase venne interrotta dalle lacrime, che iniziarono a scendere copiose dagli occhi verde salvia della mia amica.
"Ero così felice Matt. Una piccola parte di me sapeva benissimo che per lui era solo sesso, ma cercavo di ignorarla perché stavo ottenendo quello che volevo."
Sentii gli occhi inumidirsi e la gola mi si chiuse in una stretta. Tutto il mio corpo era tormentato dai brividi e il mio stomaco si contorceva su se stesso. Se fossi stato un'impalcatura, sarei crollato sotto il peso di tutti quei mattoni.
"Tu lo ami?" chiesi, anche se la risposta era assai ovvia.
Linda mi guardò di nuovo e scoppiò a ridere, una di quelle risate infelici che ti fai quando sai di non avere più speranza.
"Siamo due idioti Matty. Ci sono persone stupende nel mondo e ci siamo innamorati della prima testa di cazzo che ci è capitata davanti."
Ridacchiai anch'io, mentre una lacrima sottile iniziava a scendermi per la guancia.
Era una situazione così surreale.
Linda fece un'altra lunga aspirata e sembrò tentennare per un istante, pronta per dire quella frase che non voleva accettare.
"Però la testa di cazzo ama te."
Un vuoto. Solo quello sentii. Quella sensazione di quando sei sulle montagne russe e all'improvviso i vagoni si gettano per una ripida discesa, facendoti sentire quel risucchio allo stomaco.
"Lui...lui cosa?"
Linda alzò il braccio e spense la sigaretta sul bordo del lavandino, poi tornò a sedersi tenendosi le ginocchia con le braccia.
"Me l'ha detto prima di uscire." Mi rivolse un'altro sorriso, fin troppo dolce vista la situazione.
"Sei ancora in tempo Matty. Vai a prenderti il tuo uomo."
E ovviamente, non me lo feci ripetere due volte.
Iniziai a correre e uscì dalla porta saltando, dimenticando il mio giubbotto in cucina. Me ne accorsi subito, perché il freddo mi si riversò addosso tutto di un colpo, come la pioggia, che mi bagnò immediatamente dalla testa ai piedi.
Una parte di me sapeva che avrei dovuto abbracciare Linda, ringraziarla e starle accanto. Ma sapevo anche, che prima avevo un'altra priorità.
Corsi nella direzione in cui avevo visto andare Mihael poco tempo prima, mentre il mio maglione rosso e nero mi si appiccicava al torace provocandomi brividi di freddo. Malgrado una miriade di lampioni affiancavano il marciapiede, predominava il buio accentuato dalla pioggia e dai miei capelli bagnati che mi stavano oscurando la vista. Sentivo il fiato corto e i polpacci dolenti, ma continuavo a correre senza sapere se stavo andando dalla parte giusta. Se avessi corso così ai test di ginnastica delle medie, adesso avrei una serie di medaglie appese in camera.
Dopo quasi dieci minuti di corsa dovetti fermarmi perché iniziava a girarmi la testa e soprattutto perché non mi stavo avvicinando a Mihael. Creai una mappa mentale della nostra zona e dei dintorni, pensando in quale vicolo si sarebbe potuto essere cacciato. A un certo punto, una lampadina mi si accese nel cervello.
Avevo eliminato quel posto dalla mia memoria, ma prima del distaccamento fra me e Mihael in seguito alla vicenda con Near, era il nostro rifugio preferito.
Si trattava di una vecchia fabbrica abbandonata, a pochi isolati da dove abitavamo. Ormai era diventato un covo pieno di bottiglie vuote, graffiti e siringhe.
Ogni volta che io e Mello ci andavamo c'era sempre un barbone che dormiva, un tossico che pisciava e un ubriacone che accendeva un falò.
Io e Mells li ignoravamo e salivamo sul tetto, dove potevamo avere una panoramica su tutta la baraccopoli. Era una merda, ma ci sentivamo i padroni del mondo.
Il biondo lo usava come nascondiglio, dato che i primi mesi in casa famiglia li passava più fuori che dentro. Diciamo che non ha gradito subito la nuova vita che il destino aveva scelto per lui.
Un giorno io lo seguii e rimasi incantato da quel posto, e sebbene Mihael mi minacciò con alcune parolacce in tedesco di andarmene, dopo un sigaretta fumata insieme diventò il nostro regno. Da lassù si poteva vedere chiaramente uno Strip Club dall'altra parte della strada, con un'enorme vetrata che dava libera visione ai balletti osé delle spogliarelliste. Io, in quanto ragazzino bisessuale delle medie in crisi ormonale, le ammiravo con entusiasmo, mentre Mihael le snobbava e diceva che non erano attraenti. Nessuno dei due si rese conto che era un coming out in piena regola. Inoltre quello fu anche il posto in cui diedi il mio primo bacio. Si è vero non è il luogo ideale in cui portare una ragazzina, ma nella mia mente da ragazzo dei quartieri malfamati era romantico.
Arrivai al posto bagnato fradicio, ma ormai il mio corpo si era abituato al freddo e i vestiti erano diventati un tutt'uno con la mia pelle.
Salii fino sul letto, e lì lo vidi, seduto per terra che guardava il panorama, mentre la pioggia si mischiava alle sue lacrime.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Lis4_88