Anche un po’ di più.
PRIMULE
Ofelia lo aveva trovato subito. Era lì con lei, nella stessa stanza, ma dietro. Dietro dietro. La stava aspettando dall’altra parte dello specchio. Le sopracciglia aggrottate e il luccichio degli occhi suggerivano una lotta interiore tra la gioia di rivederla e la disapprovazione. Non importava. Non importava più nulla, soltanto trovarlo. Lei dal canto suo aveva avuto così poche speranze di riuscire a passare nel Rovescio che non riuscì a trattenere l’entusiasmo, avrebbe urlato il suo nome se ne fosse stata capace. Non ci riuscì, ma gli corse incontro e lo abbracciò così forte che i due corpi fatti di materia scomposta e rivoltata si fusero al livello delle costole per un attimo. Alzò la testa per vedere la sua espressione. L’immagine del volto di Thorn era confusa e non solo perché incorporea e in negativo. Ofelia stava piangendo. Un bacio sulla fronte e una grossa mano che le asciugò le lacrime astratte la riportarono alla realtà: ce l’aveva fatta. Si strinse a lui ancora più forte. Il suo posto, ne aveva avuto la rivelazione mesi prima, era sempre stato lì. Non su Anima, non al Polo. Tra le braccia di Thorn, ovunque esse fossero, in questa o nell’altra dimensione, per l’eternità.