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Autore: e m m e    06/04/2022    1 recensioni
Quando scopre la possibile esistenza di un serial killer che abbandona cadaveri in giro per la sua città, Spider-Man inizia ad essere ossessionato dall’idea di trovarlo. Ha così inizio una caccia senza tregua per cui Peter non è psicologicamente pronto né tecnicamente preparato, e per la quale l’unico supporto incondizionato lo riceve dall’unica persona che è sempre stata pronta a darglielo: Deadpool.
Peccato che, per i due vigilanti, gli anni di lotta inizino a farsi pesanti, le spalle a piegarsi, le ragnatele a spezzarsi, i sentimenti a sfilacciarsi e il cuore… a non reggere.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Deadpool, Peter Parker/Spider-Man
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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10. So sick and tired of being alone; So long, farewell, I'm on my own

Peter spalancò gli occhi di scatto quando i sensi di ragno gli vibrarono lievemente alla base del collo, spedendogli un brivido lungo la spina dorsale. Non era niente di grave, niente di immediato, ma sufficiente per svegliarlo dal sonno profondo in cui era crollato la notte precedente.

Gli occorse solo un attimo per rendersi conto che Deadpool dormiva ancora. Era disteso accanto a lui di traverso sul letto, un piede che penzolava fuori dal materasso, un braccio posato mollemente sullo stomaco, le dita rilassate, il volto distante, pacifico. Peter perse qualche secondo a osservare la linea dei suoi muscoli, il modo in cui il petto gli si alzava e abbassava al ritmo piatto dei suoi respiri. Avrebbe voluto allungarsi, distendersi su di lui come un gatto, cercare quel contatto di pelle contro pelle che aveva appena iniziato a conoscere. Avrebbe voluto baciarlo ancora, fare una smorfia fintamente disgustata di fronte al sapore cattivo dei loro rispettivi fiati dopo il sonno, baciarlo di nuovo quando Wade gli avrebbe sorriso nel dormiveglia.

Invece quello che fece fu voltarsi lentamente verso l’oggetto che aveva risvegliato i suoi sensi. Il cellulare, abbandonato per terra, si illuminava a intermittenza. Per fortuna aveva avuto la prontezza di spirito di togliere la vibrazione, oppure Wade sarebbe stato in piedi in un attimo. Per un ex-soldato era normale avere il sonno leggero, ma se Peter avesse potuto, avrebbe evitato in ogni modo di svegliarlo.

Non riconobbe il numero sullo schermo, ma seppe istantaneamente che non erano buone notizie.

Sapeva essere silenzioso come un gatto, quando voleva, e applicò la sua abilità anche in quell’occasione raccogliendo il telefono e spostandosi rapido fuori dalla stanza. Era molto probabile che Wade si sarebbe svegliato al suono della sua voce, ma se avesse parlato piano forse se la sarebbe cavata.

Entrando in salotto si accorse che fuori era spuntato un sole grigiastro, la luce opaca dell’inverno illuminava a malapena l’ambiente e la televisione era ancora accesa. Andò a spengerla recuperando il telecomando che aveva lanciato a Wade la sera prima, e nel mentre rispose alla chiamata.

«Spider-Man» sbottò una voce roca dall’altra parte della cornetta.

Peter lo riconobbe all’istante. «Bucky? Novità?» domandò in quello che sperò essere poco più di un sussurro.

«Del tipo che non ti piaceranno.»

«L’avete trovata?» La domanda venne posta in tono patetico. Sperò con disperazione che Bucky gli dicesse di no, ma quale altra novità avrebbe mai potuto esserci? Di rado Wade si sbagliava su quel tipo di cose.

«Non l’abbiamo trovata» replicò Bucky lentamente. La sua voce era accompagnata dal suono intermittente del traffico di NY, voci attutite, professionali, distanti. «Ce l’ha fatta trovare.»

«Cristo!»

«L’ha abbandonata sotto il murales di Bruce. Esattamente ai suoi piedi.»

Peter si portò una mano agli occhi, la mente in subbuglio. «Perché non avete messo nessuno a controllare i murales?»

Ci fu una piccola pausa. «L’abbiamo fatto, Peter. Ma questo tizio è più furbo di quanto pensassimo.»

«O più rapido» ipotizzò Peter, perché se si fosse fermato a riflettere su qualsiasi altra cosa che non fossero le dinamiche fisiche di quell’ennesimo assassinio probabilmente si sarebbe messo a gridare. «Il suo nome è Brett, tra parentesi» aggiunse dopo un attimo, rendendosi conto che forse era il caso di condividere info, dato che Bucky era stato il primo a farlo.

«Ah, sì. Lo sappiamo. Non che conoscere la sua identità ci stia facilitando le cose.» Ci fu una breve pausa, poi un sospiro. Le voci attorno a Bucky si attenuarono, come se fosse andato a cercare un posto tranquillo. «Sam è andato a parlare con la sua famiglia, di Brett, dico. Non lo vedono da anni. I genitori sono spariti col blip e quando sono ricomparsi lui non c’era. Lo hanno cercato per molto tempo, ma quando non si è più fatto vedere hanno pensato che fosse morto come le centinaia di persone vittime dei vari incidenti. Apparentemente invece non è mai scomparso. Ha cambiato identità tre volte, a quanto sappiamo. Ha mentito sulla sua età, ha mentito sulle sue origini. Sua madre dice che non ha mai accettato di dover evitare di usare i suoi poteri per non aggravare la sua condizione al cuore. Finché era in casa con loro potevano gestirlo, ma una volta libero dai genitori… È sparito che aveva solo diciassette anni.»

Il che lo rendeva più o meno dell’età di Peter. Che schifo. Era tutto uno schifo.

«Credevo che fossimo in panchina. Perché mi stai dicendo tutto questo?»

«Tu hai le tue fonti. Io i miei motivi. A proposito… la ragazzina, Abby.»

Peter si passò una mano tra i capelli, occhieggiando di soppiatto la camera ancora chiusa di Wade. Era colpa sua se le informazioni a proposito di Abby non erano state subito rese pubbliche, colpa sua se adesso Wade si sarebbe sentito responsabile della sua morte. Colpa sua, sua, sua. «Cosa?» bisbigliò di rimando.

«È morta meno di un’ora dopo che abbiamo preso d’assalto quella rimessa, Peter. Anche volendo, né tu né Deadpool avreste potuto fare nulla per aiutare.»

Peter trattenne il respiro, calcolando che Wade non si era ancora risvegliato quando Abby probabilmente stava tirando il suo ultimo respiro. Per un solo secondo si sentì sollevato, e poi si sentì ancora più uno schifo.

«Dovrebbe farmi sentire meglio?»

«No» replicò Bucky lapidario. «Ma solo perché ancora non ti sei messo in testa che non è sempre possibile salvare tutti.»

Peter strinse i denti, ripensando a Wade, alle sue parole, alle sue grandi mani che gli si stringevano contro le spalle, come a volerlo liberare da un peso che ormai faceva parte di lui. «È quello che faccio» protestò lentamente, le parole che si formavano e gli cadevano sulla lingua amare come fiele. «Quello che ho sempre fatto.»

Ma era stanco. Così stanco…

Ci fu una breve pausa e Peter si rese conto che quella era la conversazione più lunga che avesse mai avuto con Bucky Barnes.

«Per questo mi piaci, Spider-Man. Ah, e dì a Deadpool che avremmo bisogno dei suoi occhi sulla scena del crimine.»

Peter tossicchiò, all’improvviso a disagio. Non voleva che Wade fosse costretto ad osservare il cadavere di una persona con cui aveva chiaramente formato un legame, per quanto labile. «Non penso che sia un’idea–»

«Non fare il protettivo. Solo la scena del crimine, non la ragazzina.» E con quello la chiamata si concluse.

Peter non fece nemmeno in tempo a rendersi conto che erano stati richiamati sul campo ben prima delle ventiquattro ore di pausa che Sam aveva loro imposto, perché si accorse con un brivido che Wade era sveglio. In qualche momento durante quella conversazione aveva aperto la porta e si era seduto su uno degli sgabelli della cucina. Lo fissava con le mani raccolte sotto il mento, una felpa a coprirgli la parte superiore del corpo, le gambe nude nascoste dal finto marmo. Peter si sentì incredibilmente scoperto, come se Wade lo avesse colto in una posizione compromettente.

«Devo proprio aver vinto la scommessa» esordì Deadpool dopo un secondo di silenzio. Il tono era a metà tra l’amaro e il sarcastico. Peter odiò ogni parola, ogni espressione di quel volto irrequieto. Avrebbe voluto dirgli che si sbagliava, che Abby era al sicuro, di nuovo con i genitori, il fratello e il gatto di nome Fluffy, e invece non disse nulla. Il cellulare vibrò e lui gli lanciò un’occhiata. Aveva almeno venti messaggi da parte di Ned, ma non poteva occuparsene in quel momento.

«È morta quando ancora non eri tornato. Wade… anche volendo non avresti potuto fare nulla.» Era una cosa estremamente codarda da dire. Perché se quel ragionamento per Peter non funzionava, perché mai avrebbe dovuto funzionare per Wade? Ma Peter voleva disperatamente che il mercenario non si sentisse in colpa. Poteva prendersela tutta lui, aggiungerla a quel senso costante di soffocamento che non lo lasciava mai andare. Cos’era un morto in più sulla coscienza?

Ma come volevasi dimostrare Wade gli rivolse una smorfia arida, il fantasma di un sorriso. «Non cambia un cazzo, Webs.»

Peter gli fu vicino in pochi passi e gli afferrò la mano, stringendo. «No… lo so» disse soltanto, il cuore a pezzi per la ragazzina, per la famiglia distrutta, per Wade che le aveva detto che sarebbe andato tutto bene e che – Peter lo sapeva – sentiva dentro di sé di aver mentito a una bambina spaventata.

«Vorrei solo–»

«Non è il tuo peso da portare, bimbo» lo interruppe Wade, sollevando gli occhi azzurri dal punto in cui le loro mani si univano. «Dovremmo smettere di cercare di combattere le battaglie l’uno dell’altro. Questa è la mia.»

«Non potrebbe essere la nostra?»

Wade portò lo sguardo su di lui. Aveva gli occhi trasparenti come acqua, vorticanti di sentimenti in contraddizione. Lo fissavano come se Peter fosse l’unica cosa davvero decente rimasta nell’universo, come se a parte lui non esistesse più niente di buono, di sacro. Gli mise una mano dietro al collo all’improvviso, se lo tirò contro e lo trascinò in un bacio che chiedeva conforto e che Peter si trovò a restituire con doloroso trasporto. Per la seconda volta in poche ore desiderò di stringere le mani attorno al collo di Brett, percepire la vita che svaniva per sempre, il respiro che lo lasciava. Ma pensare a quella cosa mentre stava baciando Wade gli parve al limite del blasfemo, così si concentrò solo sulla sensazione delle sue labbra screpolate, delle sue dita che gli affondavano nella carne, tenendolo stretto. Come aveva fatto a vivere senza tutto quello fino ad allora?

«Dobbiamo andare» dichiarò dopo un lungo minuto, fronte contro fronte, gli occhi di entrambi serrati.

«Credevo fossimo in punizione» replicò Deadpool deglutendo a vuoto.

«Bucky vuole che tu dia un’occhiata alla scena del crimine.»

Wade si alzò in piedi lentamente, si voltò e aprì il frigo, spostando pacchi di birra e confezioni di take-away a caso. «Avrebbero dovuto mettere gente a controllare i murales rimasti» sbottò, senza preoccuparsi di guardare l’altro in faccia. «A volte mi sembra di essere l’unico ad avere un cervello, ed è tutto dire. Cazzo… ho solo pizza avanzata per colazione.»

«Va bene» fece Peter, intento a leggere i messaggi di Ned. Non avrebbe voluto mangiare, ma alla menzione del cibo il suo stomaco fece una piccola capriola. «E hanno messo gente a controllare i murales, solo che non hanno visto niente.»

Wade si tirò su con una fetta di pizza in bocca. «Potrei essere leggermente ammirato» commentò col suo solito tono noncurante. Si stava già preparando a indossare i panni di Deadpool e Peter ne fu al contempo felice e preoccupato. Ma alla fine quello era il loro lavoro, no?

Dopo una serie di messaggi al limite dell’isterico per la sua lunga sparizione, Ned doveva aver ricevuto una chiamata da Weasel, perché sembrava essersi calmato, e la sfilza di messaggi si limitava a tenerlo aggiornato. Ancora non avevano scoperto nulla di molto utile.

Peter rispose rapidamente: “Quando sapete qualcosa chiama me, non Wade. E assicurati che Weasel tenga la bocca chiusa.

La risposta arrivò quasi subito: un pollice in su. Poteva voler dire sia che Ned era arrabbiato per il suo prolungato silenzio, completamente distrutto per la nottata in bianco, oppure sommerso fino ai capelli di dati da analizzare. Quale che fosse la motivazione di quel messaggio lapidario, Peter avrebbe dovuto preoccuparsene dopo.

Si infilò in bocca un paio di fette di pizza, masticando mentre indossava la tuta di Spider-Man che era rimasta a inumidirsi tutta la notte sul pavimento del bagno. C’era ancora del sangue di Wade sparso sulle rifiniture blu, ma dire che non ci era abituato sarebbe stata una bugia. Quando emerse dal bagno deglutendo mozzarella gelida, Wade era già in tenuta da battaglia, con molte più pistole del solito appese alla cintura. Peter non ebbe cuore di commentare.

«Pronto?»

«Nato pronto, Webs. Potresti darmi uno strappo a lavoro? Credo che stiamo andando nella stessa direzione.»

Peter roteò gli occhi mentre al contempo si infilava la maschera. «Salta su.»

«A proposito, bimbo. Ho dimenticato di chiedere com’è che mi hai trovato così facilmente ieri notte. La forza dell’amore?»

Peter tossicchiò, sentendosi leggermente in difetto. Mentre scavalcava il davanzale della finestra e si accucciava per permettere a Deadpool di aggrapparsi alla sua schiena, rifletté su come rispondere senza sembrare un assoluto maniaco. Non dovette dire molto, però.

«Ha per caso a che fare con quei localizzatori che hai messo sui miei costumi?»

Per la sorpresa Peter lanciò una ragnatela che cadde nel vuoto, il peso ormai familiare di Wade ben sistemato attorno ai fianchi. «Lo sapevi?»

«Non per vantarmi, ma ti ricordo che sono uno dei mercenari più richiesti al mondo. Pensavi che non me ne sarei mai accorto?»

«A mia discolpa… li ho disattivati due mesi dopo che ci siamo conosciuti.»

Mentre volavano tra i grattacieli la risata di Wade si perse un po’, trascinata via dal vento, ma le sue mani strusciarono allegre contro il petto di Spiderman. Abituato ai continui cambi di umore di Wade, Peter cercò di non farci caso: sapeva che la cosa migliore per DP era tenere la mente impegnata, non pensare troppo alla loro destinazione. «Come sarebbe a dire disattivati?» Il suo tono era quasi deluso.

Confuso, Peter aggrottò le sopracciglia, schivando uno stormo di piccioni. «E tu com’è che non li hai mai tolti?»

«Ad essere sincero… trovavo super sexy che tu sapessi sempre dove stavo. Non è che hai pure istallato telecamere in camera mia, vero?»

Peter roteò gli occhi, il sorriso nascosto dalla maschera. «No, vecchio pervertito.»

«Peccato» gli bisbigliò Wade all’orecchio, la voce più bassa di qualche ottava. «Dopo stanotte avremmo avuto un bel video da vedere e rivedere.»

Peter rischiò di sbatterli entrambi contro un muro, ma era bello riavere il solito Wade che gli bisbigliava sconcezze all’orecchio. Per un attimo riuscì a scordarsi tutto, a dimenticare dove stavano andando, a cosa li aspettava al loro arrivo. Brett non era nemmeno lontanamente paragonabile ai super-villain a cui Peter era abituato, ma per qualche motivo l’uomo era riuscito a entrare sotto la pelle di entrambi, sia di Spider-Man che di Deadpool, sia figurativamente, sia letteralmente e Peter non era più un ragazzino pronto a perdonare e dimenticare. Non quando la vita di chi amava era a rischio, non quando lo sguardo di Wade sembrava supplicarlo di sistemare le cose e nemmeno se ne rendeva conto. Non quando, a causa di un pazzo qualunque, l’unica persona in grado di renderlo davvero felice si trovava per l’ennesima volta sull’orlo di un abisso.

Oltre all’enorme immagine di Hulk che torreggiava nel mezzo alla via, capirono di essere arrivati a destinazione per il semplice fatto che era pieno di polizia, FBI e agenti S.H.I.E.L.D. che si mescolavano alle altre divise. Ognuno occhieggiava gli altri con diffidenza e in alcuni casi aperto disprezzo. Sam, con lo scudo ben sistemato sulle spalle, li accolse con un lieve cenno di saluto non appena atterrarono in mezzo a quel gran casino. Bucky non sembrava essere nei paraggi, così come Sharon.

Peter pensò al dottor Banner, a come si sarebbe sentito quel gigante buono nello scoprire che sotto la sua immagine era stato scaricato il cadavere di una ragazzina, come fosse un sacco di spazzatura. Poi smise di pensarci, perché aveva altro con cui fare i conti.

«Non sono un profiler» stava dicendo Wade ad un tizio che doveva essere di sicuro dell’FBI. «Ma spero che abbiate un’analista come Garcia tra i vostri ranghi, perché mi piacerebbe molto conoscerla. Cosa? Non fai maratone di Criminal Minds come tutte le persone normali?»

Il tizio lo fissò allibito, le mani strette attorno al tablet che stava usando prima di essere assalito da Wade. Peter sospinse l’amico via dal povero agente con un sorriso di scuse che sperò si leggesse anche da sotto la maschera. Sam andò loro in contro.

«Tempo record» fece con una smorfia che avrebbe potuto somigliare a un sorriso di benvenuto, se la situazione fosse stata diversa. «Spidey, non c’è bisogno della tua assistenza.»

Dentro di sé Peter sapeva che l’occhio esperto di Wade era l’unico che aveva senso portare in campo, e non era estremamente interessato ad osservare il luogo in cui era morta l’ennesima ragazzina. A volte ancora sognava i piccoli corpi dei fratelli Spencer e non voleva aggiungere orrore all’orrore, nonostante ne avesse viste tanto nella sua vita. Ma l’idea di mandare Wade da solo nella tana del lupo…

«Bimbo, riesco a percepire la tua preoccupazione da qui. Prenditi un caffè e lasciami fare il mio lavoro.»

«E da quando analizzare scene del crimine è il tuo lavoro?»

Wade estrasse da una delle sue infinite tasche un paio di occhiali da sole e se li mise sugli occhi – ovvero sulla maschera – con fare esperto. Erano occhiali da sole specchiati. «Non ne hai idea, Spidey, ma una volta sono riuscito a trovare un tizio molto, molto cattivo solo da un chewing-gum mezzo masticato che aveva sputato a terra.»

«Che diavolo c’entra questo con--?»

Sam li interruppe con un sospiro. «Dicci solo se noti qualcosa che possa appartenere a Brett, Wade, niente cazzate.»

Peter si allontanò da entrambi lentamente. In una delle sue piccole tasche il cellulare aveva preso a vibrare, ma era ancora a portata d’orecchio quando il tono di Wade cambiò repentinamente e aggiunse, bisbigliando: «Fammi dare un’occhiata anche alla ragazza.»

Peter si volse, il telefono in mano, le labbra strette in una morsa, ma entrambi i supereroi gli davano le spalle e non riuscì a sentire la risposta di Sam. Conoscendo entrambi, sapeva che Wade avrebbe cercato indizi sul corpo di Abby, che Sam gli desse il permesso o meno, pur di trovare il colpevole. Ed era quasi sicuro che Capitan America non avrebbe avuto niente in contrario.

«Ned?» bisbigliò, decidendo d’impulso che la telefonata era leggermente più pressante.

«Peter! Dio santo! Stai bene? Quando non ti ho visto tornare potrei essere andato leggermente nel panico.»

Peter prese un respiro profondo. «Non è la prima notte che non torno a casa.»

«Lo so, ma… sai quando hai un brutto presentimento che non riesci a toglierti di dosso? E poi normalmente mi rispondi sempre ai messaggi.»

«Mi dispiace, Ned. Le cose si sono fatte… difficili.» Poi, allontanandosi lentamente dalla scena del crimine e sollevando la corda gialla della polizia, Peter si fece da parte, continuando a bisbigliare. «Hai notizie?»

«Eeeeeh. Forse. Non so quanto possano essere valide, però. E poi… Weasel non mi ha detto niente di niente! Questo Brett… è il tizio che ha ucciso i due ragazzini e quel senzatetto?»

Peter si passò una mano dietro la testa, lo spandex che strusciava contro lo spandex producendo cigolii sinistri. Ma Ned si meritava almeno la verità. «E rapito Wade e ucciso un’altra ragazzina.»

La voce di Ned si abbassò di qualche tono, dispiaciuta. «Cristo Peter mi disp– Aspetta un secondo! Come “rapito Wade”? Questo tizio avrebbe rapito Deadpool? Deadpool-Deadpool? Il mercenario che si sveglia se sente volare una mosca?! Quello che si vanta di essere sempre iper-consapevole di quello che lo circonda?»

Peter tirò un sospiro. «È la super-velocità, Ned. Non c’era molto che potesse fare. Comunque tutto bene, è vivo e vegeto. Grazie per l’interessamento.»

Ned ignorò il suo tono ironico, ormai partito per la tangente. «Gli hai salvato le chiappe, vero?»

«Sì» ammise Peter, impaziente. Si guardò attorno e sembrò che nessuno facesse molto caso a lui, tranne i soliti curiosi che in lontananza gridavano il suo nome. Cioè, il nome di Spider-Man. «Vuoi dirmi quello che hai scoperto o dobbiamo fare notte?»

Ci fu una lunga pausa durante la quale Peter socchiuse gli occhi, aspettandosi il peggio. E infatti la voce di Ned si fece acuta, sospettosa. «Vuoi per caso andare a suonarle a questo tizio tutto da solo?»

«Come ti viene in mente?» replicò lui, un po’ troppo velocemente. Merda, non era mai stato bravo a mentire.

«Perché ti conosco, Peter Parker. Perché ti faresti tagliare a pezzetti per tutti quelli a cui vuoi bene e anche per quelli che ti stanno indifferenti, ma sia mai che qualcuno vicino a te venga sfiorato anche solo con un dito.»

«Ned» replicò Peter in tono stanco. «Non lo sto facendo solo per Wade, ma tu non l’hai visto ieri notte. Ha raggiunto il punto di rottura.»

Ci fu una breve pausa e Peter sapeva che a Ned Wade piaceva, che gli era sempre piaciuto, anche quando le prime volte lo faceva pisciare sotto dalla paura, con tutte quelle pistole e le spade appese sulla schiena.

«E quand’è che Spider-Man raggiunge il suo punto di rottura?»

Peter deglutì a vuoto. Lanciò uno sguardo dietro di sé e i suoi occhi si posarono per un breve attimo sull’ampia schiena fasciata nella casacca di pelle rosso-nera di Deadpool. «Spider-Man non può permettersi un punto di rottura» fu la laconica risposta.

«Sì-sì, sei molto figo quando dici queste cose, Peter, ma promettimi che non andrai da solo a inseguire un tizio che è riuscito a catturare Deadpool, tra tutti! Altrimenti puoi scordarti queste info e dovrai aspettare che Weasel si svegli dal suo pisolino. E lui non perderà tempo a chiamare te.»

«Ned…»

«Promettimelo, Peter!»

Peter si morse le labbra fin quasi a sentire dolore. Odiava mentire ai suoi amici, ma a mali estremi. «D’accordo» sospirò, come se la promessa gli costasse molto. «Chiamerò Daredevil, contento?» Era piuttosto sicuro che Ned non avesse il numero di Matt.

«Per nulla» fu la risposta immediata, poi una piccola pausa. «Allora, quello che abbiamo scoperto è che nel corso degli anni Brett ha cambiato tre identità. La prima in assoluto l’ha forgiata pochi mesi dopo il blip, quando era più facile falsificare documenti e mentire sulla data di nascita. È diventato Douglas Auster per un paio di anni, ovviamente si è fatto passare per maggiorenne o sarebbe stato dato in affidamento. Era anche il periodo in cui comprare casa era diventato come comprare una manciata di noccioline e quindi… non chiedermi con quali soldi, ma ha comprato un appartamento vuoto. Era vuoto davvero, però, perché era stato messo in vendita prima del blip. Non una di quelle case svuotate e poi riempite di nuovo quando siamo tutti ricomparsi. Ci ha visto lungo, direi, perché quando gli Avengers ci hanno fatto tornare non c’era nessuno a reclamare quel posto e l’appartamento è rimasto a nome di Douglas Auster, mentre lui cambiava identità per la terza volta. Non ha mai venduto, mai affittato, ma l’intero palazzo è in lista per essere demolito ormai da un anno. Non ci vive più nessuno, non c’è acqua, non c’è luce, tutti gli inquilini sono stati trasferiti o hanno venduto.»

«Lasciami indovinare… tutti tranne uno.»

«Bingo. Apparentemente il sito di costruzioni che ha preso l’appalto non è mai riuscito a trovare il proprietario di quell’appartamento. Come fosse svanito nel nulla.»

Peter si grattò la base del collo, ragionando. «Come fai a essere sicuro che si nasconde lì?»

«Non sono per niente sicuro, amico. Ma Weasel ha avuto la brillante idea di controllare tutti i crimini compiuti in varie farmacie nell’ultimo anno. Avete detto che ha un problema al cuore, no? E non credo sinceramente che sia il tipo da avere un’assicurazione medica. Be’, è venuto fuori che ci sono cinque farmacie nella zona limitrofa a quell’appartamento e che tutte sono state rapinate negli ultimi sei mesi.»

«Potrebbe essere stato…»

«…chiunque» terminò Ned, eccitato. «Lo so, lo so. Ma c’è un pattern: oltre ai soldi, ovviamente, oltre a una lunga serie di oppiacei i cui effetti sono francamente spaventosi, sparivano sempre medicine specifiche per malati cardiaci, assieme a strumenti di sutura, bende, alcol e varie cose che non interessano il mercato nero dei farmaci, né potrebbero mai interessare a un fattone che cerca solo una dose.»

«Ned!»

«Cosa?!» replicò lui sconvolto dal cambio di tono di Spider-Man.

Peter sorrise sotto la maschera. «Sei un genio!»

«Ah, be’» si schermì subito l’altro. «Dovresti vedere Weasel… l’attrezzatura che ha è davvero…».

Peter smise di ascoltarne nell’istante in cui Ned iniziò a raccontagli come l’amico di Deadpool gli avesse appena insegnato ad abbassare il firewall del dipartimento di polizia quel tanto che bastava per sbirciare all’interno dei dati e fuggire a gambe levate, e si mise a ragionare in fretta. Dovette interrompere l’amico due volte, per farsi dare l’indirizzo, ma quando finalmente poté concludere la telefonata l’ultima cosa che udì fu: «Mi raccomando, chiama Daredevil!»

Si guardò attorno di nuovo. C’era un sacco di gente che stava cercando Brian Brett. La polizia di New York. L’FBI. S.H.I.E.L.D. Capitan America. Forse pure Matt si era messo alla ricerca per conto proprio. Dopo che gli X-Men avevano scoperto che Brett puntava ai mutanti probabilmente sarebbero stati contenti di partecipare alla caccia. C’era Wade, ovviamente.

Un sacco di gente che avrebbe potuto aiutare Spider-Man a catturarlo e consegnarlo alla giustizia.

Solo che, forse per la prima volta nella vita, Spider-Man non era molto sicuro di volerlo catturare.

Lanciò una ragnatelo che si aggrappò al tetto del palazzo sotto cui si era sistemato. Nessuno parve trovarlo strano, nessuno tentò di fermarlo. Si arrampicò alla luce del sole, visibile come una fiamma rosso-blu che brilla senza sosta. Wade non si accorse di lui, troppo intento a scrutare la pavimentazione scrostata dell’ennesimo vicolo di New York. Sam non sollevò gli occhi. Un paio di poliziotti seguirono il suo percorso lungo il muro, così abituati ai supereroi che i loro sguardi erano al massimo annoiati.

Arrivato in cima al tetto, Spidey si fermò per prendere fiato ed estrarre di nuovo il telefono che aveva vibrato durante la sua scalata. C’era un messaggio vocale di Daredevil nel gruppo che dividevano con Deadpool.

«Ho sentito adesso le news» diceva la voce di Matt, il tono tombale. «… deduco che lo zio Sam vi ha dato via libera? Posso essere là in venti minuti.»

Peter non rispose. Spense il telefono, prese un respiro e si lanciò nel vuoto.

Note: Titolo del capitolo tratto da Lonely, by Palaye Royale
  
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