Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Fakir    07/04/2022    0 recensioni
Pieck Finger guardò il suo riflesso sul vetro della finestra come in uno specchio. La carnagione pallida le conferiva sempre un aspetto emaciato e lo sguardo era costantemente segnato da profonde occhiaie, si scostò i capelli, alcuni fili argentei brillavano tra la lunga chioma corvina che le ricadeva perennemente scompigliata sulle spalle e osservò le sottili rughe che le erano comparse sulla fronte, segno degli anni di una vita molto più lunga di quanto avesse mai immaginato e della quale ancora faticava a comprendere il senso
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Leonhardt, Armin Arlart, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman, Pieck
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Pieck Finger guardò il suo riflesso sul vetro della finestra come in uno specchio. La carnagione pallida le conferiva sempre un aspetto emaciato e lo sguardo era costantemente segnato da profonde occhiaie, si scostò i capelli, alcuni fili argentei brillavano tra la lunga chioma corvina che le ricadeva perennemente scompigliata sulle spalle e osservò le sottili rughe che le erano comparse sulla fronte, segno degli anni di una vita molto più lunga di quanto avesse mai immaginato e della quale ancora faticava a comprendere il senso. Quella sera era il suo turno di montare la guardia quindi si appostò, come di consueto, vicino alla finestra e lasciò che il suo sguardo si perdesse nelle tenebre di una notte senza luna. Erano trascorsi ormai molti anni dal temine dell’ultimo conflitto, probabilmente una ventina o forse più, ma ancora indossava una camicia color kaki dal collo sgualcito, non portava quasi mai abiti da notte e se non era di guardia, dormiva, praticamente vestita sulla branda. Non che ormai vi fosse ancora bisogno di montare turni di guardia dal momento che la guerra era finita e il mondo viveva in pace, ma per lei e suoi compagni, la sua nuova famiglia, non era così. Si turnavano a rotazione e ogni notte uno di loro vegliava sul sonno degli altri perché, anche se i demoni fuori erano stati sconfitti quelli interiori continuavano a tormentare le loro notti. A Pieck piaceva l’oscurità della notte, sentiva di appartenerle in qualche modo, lei che era stata così a lungo un mostro da non riuscire più a ricordarsi come fare per essere umana, figlia di una Terra che l’aveva ripudiata e sorella di un popolo maledetto che non l’aveva mai veramente accettata, non amava esporsi alla luce dorata del sole, che splendeva di gloria e preferiva la pace delle tenebre in grado di placare i suoi sensi di colpa. Pensava ogni giorno agli amici che aveva perso durante l’ultimo conflitto, a Galliard, a Colt al comandante Magath, a volte persino anche a Zeke.

Con gesto stanco spostò lo sguardo verso i suoi nuovi compagni, anche se il mondo fuori stava ricominciando a vivere, per loro non vi era pace e trovavano conforto solo nelle presenza reciproca. La vecchia caserma ormai dismessa e trasformata in una struttura comune adibita ad accogliere i veterani che non avevano più una famiglia, era divenuta ormai da anni la loro casa. Pieck li guardò notando come ognuno di loro dormiva sempre nello stesso modo. Mikasa, era andata a fare legna, come quasi ogni giorno. Non che fosse necessario dal momento che ormai le nuove scoperte garantivano un riscaldamento centralizzato, ma per lei era un gesto che sapeva di normalità, era come sentirsi a casa. Tornava con un po' di legna e nelle serate più umide, come quella, accendeva il camino. Fare legna la aiutava a distendere i nervi e a dormire più tranquilla, per questo ora era accoccolata vicino al fuoco che lambiva morente, stretta alla sua sciarpa ormai logora e sgualcita. Armin si era addormentato seduto poco vicino a lei con la testa poggiata sul tavolo, come ogni sera aveva scritto fino a tardi. Assieme a Jean, stavano scrivendo libri per raccogliere le memorie di un tempo ormai passato che gli uomini stavano lentamente dimenticando, non per volere del Gigante Fondatore ma perché così va il mondo. Trascorrevano ore e ore sui loro manoscritti fin quando la vista non si appannava e gli occhi non diventavano gonfi e crollavano solo quando ormai il fisiologico sonno lo imponeva loro. Jean si era addormentato seduto sulla panca vicino all’entrata, avvolto in una coperta, era il suo posto quando non era di guardia alla finestra, si posizionava lì perché lo riteneva il punto più esposto in caso qualcuno fosse entrato per far loro del male. Era fatto così Jean, si preoccupava sempre per gli altri, sarebbe stato un buon padre, Pieck lo sapeva e un marito premuroso. In un certo momento della loro giovinezza si era convinta, non senza malinconia, che Jean avrebbe consolato il cuore ferito di Mikasa e forse ne erano persuasi un po' tutti, ma non puoi asciugare le lacrime di chi le ha già piante tutte, non puoi avere un cuore che non è più nel petto della persona che desideri, se non come muscolo che pulsa il sangue degli Ackerman. Il cuore di Mikasa non apparteneva più a Mikasa da tempo, forse non le era mai appartenuto, Jean lo sapeva, era stretto tra le mani di Eren e con lui e per lui, Mikasa lo aveva donato all’umanità. Non puoi consolare un cuore che giace in una collina sotto una lapide di pietra, lo sapeva Jean, lo aveva sempre saputo.

Annie si alzò da tavola, era sempre l’ultima a coricarsi, prese una coperta e la posò premurosamente sulle spalle di Armin, poi si rannicchiò sul divano vicino a Reiner.

Connie era l’unico a dormire tranquillamente sul letto ed era il primo a crollare. Si alzava ogni giorno all’alba e si dedicava a coltivare la terra, quando le patate erano pronte ne raccoglieva alcune tra le migliori, le portava sulla tomba di Sasha e trascorreva la giornata a parlare con lei, poi andava da Niccolò e insieme mangiavano piatti speciali a base di patate in onore della ragazza che, anche se in modi diversi, entrambi continuavano ad amare moltissimo.

 

Reiner ed Annie dormivano sempre vicini, se non lo facevano il loro sonno era tormentato da dolorosi incubi. Una volta, quando Reiner era di guardia, Annie si svegliò urlando tra le lacrime, chiamava il nome di Berthold e farfugliava dicendo che lo aveva sentito gridare il suo nome mentre le ossa gli venivano frantumate da un gigante che lo divorava. Armin le fu subito accanto e la tenne stretta a lungo, piangendo con lei così tanto che le infradiciò i capelli di lacrime. Ci fu un momento in cui tutti pensarono che Annie e Armin avrebbero finito con l’innamorarsi e probabilmente fu proprio così, ma come può pensare ad un’egoistica felicità chi come loro porta un simile peso sulle spalle!?

Anche il giorno prima li aveva visti, dalla finestra, parlare per ore, era il loro conforto lo facevano sempre come a voler raccogliere insieme i cocci sanguinanti dei loro cuori spezzati. Pieck li capiva, sapeva che, come lei, erano persuasi di bruciare la loro giovinezza nel fuoco della battaglia, ma vivere una vita lunga, diventare vecchi insieme in un mondo di pace? No, quello non lo avrebbero mai pensato!

La vita di chi porta un fardello dolorosamente pesante come tutti loro non può avere un futuro radioso, lo sapeva Pieck, eppure non poteva non dirsi, anche se non senza vergogna, che è comunque vita, anche se piagata dal dolore, è vita, anche se i loro cuori vanno in pezzi ogni volta che chiudono gli occhi e sentono ancora l’odore del sangue invadergli le narici e il lamento delle loro vittime, è vita, una vita indegna certo, la vita di chi non vale nulla e meriterebbe solo di bruciare all’inferno per i suoi peccati, ma non può non pensare Pieck che sia anche una vita non chiesta e ricevuta gratuitamente, in dono, da Eren.

Strinse tra le mani il piccolo libro degli adepti del Culto di Eren”, gli altri fingevano di non averlo capito, ma con il tempo, con gli anni, ne era diventata una seguace. Per lei che aveva vissuto così tanto sotto forma di Gigante da aver dimenticato come si cammina, vivere come un essere umano era sufficiente. Le piaceva allenarsi ogni mattina con Reiner, coltivare l’orto assieme a Connie, lavorare la terra, far crescere le piante, le piaceva stare alla finestra ed attendere Mikasa che tornava con la legna e guardare Annie e Armin parlare per ore all’ombra degli alberi. Era una pace effimera, quella che avevano ottenuto al prezzo di tanto dolore lo sapeva Pieck, non si può costruire un mondo d’amore sul sangue degli innocenti perseguitati, non può governare un regno di pace una regina che ha conquistato il trono uccidendo il proprio padre.

Nel libro che Armin e Jean stavano curando assieme al Capitano Levi, contenente aforismi e detti del Comandante Erwin Smith uno l’aveva colpita più di tutti, ”Solo quando nel mondo rimarrà un solo individuo, solo allora potremmo smettere di combattere!”

Lo sapeva Pieck lo sapeva bene, con la consapevolezza di chi ha le mani sporche del sangue di tanti, troppi innocenti, tuttavia aveva ancora la sua vita, preziosa e unica, donatale da Eren e questo le era in qualche modo di conforto.

Quando dietro il vetro della finestra il sole iniziò ad indorare la notte, sentì qualcuno posarle delicatamente la giacca sulle spalle, era Jean, come sempre gentile e premuroso. Pieck levò gli occhi verso di lui e lo guardò a lungo, la luce del pallido sole brillava tra i capelli chiari ed aveva lo sguardo dolce. Jean Kirstein era l’uomo che l’aveva salvata, quando era ormai pronta e convinta di morire, rischiando la sua vita e per ogni respiro che sentiva uscire dal suo petto Pieck gli era immensamente grata. Quando la luce dell’alba illuminò meglio la stanza Pieck vide che, come ogni mattina, aveva preparato la colazione per tutti, tra loro infatti Jean era il migliore in cucina. Connie la stava già mangiando perché le sue patate lo aspettavano nell’orto ed uscì prima ancora che Reiner li facesse alzare tutti per l’allenamento quotidiano. Mikasa poi sarebbe andata a spaccare legna avvolta dalla sua immancabile sciarpa rossa mentre Annie ed Armin avrebbero parlato all’ombra degli alberi. Nel pomeriggio avrebbe visto, dalla finestra, giungere Gabi, Falco e il Capitano Levi che veniva per raccontare del Comandante Erwin, poi avrebbe pregato al sorgere delle stelle per ringraziare Eren di quella lunga vita che mai avrebbe creduto di possedere.

Mentre pensava tutto questo i suoi occhi si fecero pesanti, convinta di poggiare la testa al vetro della finestra sentì invece il conforto di una spalla muscolosa, era Jean l’uomo che assieme ad Eren, il suo Dio, aveva reso possibile lo scorrere della sua vita, l’uomo a cui apparteneva ogni singolo battito del suo cuore.

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Fakir