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Autore: Altair13Sirio    08/04/2022    3 recensioni
[Darling in the FranXX]
Mille anni di pace non bastano a far svanire il passato. Quando dalle profondità della terra emergono dei giganti antichi, Hachi e Nana capiscono che il futuro dell'umanità è nuovamente incerto e dovranno agire per proteggere il mondo che hanno aiutato a costruire.
Formata una squadra di nuovi Parasite, i due adulti metteranno a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza per guidarli verso la battaglia, ma non tutto sarà facile per la nuova squadra e i ricordi di vecchi amici ritorneranno a galla dopo tanto tempo.
"Non credo che il caso possa andare così lontano... Forse il destino... E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi!"
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Le settimane seguenti passarono rapidamente. Con la fine dell'anno anche l'infortunio di Tetsuya passò, liberando finalmente i piloti del Gaia da quel freno che erano stati costretti a inserire nei loro allenamenti. Inizialmente cercarono di non esagerare, lasciando che lo Stamen riprendesse confidenza con la guida; questo fu un periodo molto snervante per Suzuko, che pur essendo tornata a pilotare non poteva esprimere al massimo il suo potenziale e iniziò ad accumulare sempre più stress. In ogni caso, ormai tutte le unità avevano ripreso gli allenamenti tutti insieme e il loro rendimento sia come squadra che come singoli iniziò a crescere esponenzialmente.
I livelli di compatibilità delle coppie erano veramente migliorati dopo la prima battaglia, forse proprio grazie all'effetto della vittoria che aveva portato il buonumore all'interno del gruppo; tutti erano più motivati ora che sapevano cosa aspettarsi dai nemici e arrivati a quel punto non potevano più mollare.
Innanzitutto, la coppia formata da Aiko e Kaoru aveva avuto un'impennata incredibile nel rendimento in ogni sessione di allenamento così come nei livelli di compatibilità generali; erano diventati la coppia con l'equilibrio maggiore in assoluto all'interno della squadra, capaci di raggiungere stabilmente il settanta percento di compatibilità con picchi che sfioravano l'ottanta, una soglia mai raggiunta nemmeno dalla coppia di Iustitia che diametralmente aveva sì migliorato il proprio rendimento, ma aveva anche gradualmente perso la spinta nella crescita che l'aveva distinta all'inizio del percorso intrapreso dai ragazzi.
Nana e Hachi sapevano che la crescita improvvisa dello Xenomorphus era collegata all'inizio della piccola storia d'amore tra i suoi piloti e non erano preoccupati da ciò; tuttavia essere al corrente di quel fatto in sé riempiva di apprensioni entrambi gli adulti, specialmente Nana, poco sicuri su come affrontare la situazione non avendo mai potuto imparare il modo migliore su come agire all'interno di quel tipo di dinamiche tra adolescenti. Decisero, per il momento, di lasciare le cose come stavano e prestare aiuto solo se i ragazzi glielo avrebbero chiesto.
Momo e Hoshi, ormai stabili al sessanta percento dopo la prima battaglia contro i VIRM, avevano iniziato a puntare sempre più in alto. I loro risultati erano ancora tra i meno eccezionali nella squadra, ma il salto effettuato nelle ultime settimane era una conferma della risoluzione dei problemi che affliggevano entrambi i piloti, almeno per la maggior parte.
Naho e Yoshiki avevano subito alcune battute d'arresto negli ultimi tempi. Inizialmente c'era stato il loro litigio quando Momo era scappata, che aveva abbassato un po' la fiducia tra i due e in seguito c'erano stati altri eventi che in qualche modo avevano portato a una crescita rallentata del loro rendimento; per questo la loro coppia era tra le più indietro, nonostante fossero anche quelli con un affiatamento invidiabile.
Aki e Rin, che da quando avevano svelato le loro identità avevano iniziato a sfidare persino Kya e Ryo con la loro perfetta sintonia, adesso avevano cominciato come tutti gli altri a stabilizzarsi nella loro crescita mantenendo comunque risultati estremamente soddisfacenti; Hachi e Nana avevano voluto chiarire che, arrivati a quei livelli i ragazzi avrebbero continuato a rallentare nella loro crescita fino a sfiorare il massimo dell'equilibrio tra partner, quindi avevano detto a tutti di non preoccuparsi dei risultati via via meno travolgenti degli inizi.
Ma la maggior parte di loro non era troppo concentrata sui risultati. A parte Suzuko, che trascinava Tetsuya nella sua ossessiva ricerca della perfezione, infatti tutti gli altri erano più interessati a divertirsi in compagnia, curare i propri passatempi, tenere in ordine la casa e prendersi cura del piccolo santuario della Squadra 13; Naho aveva iniziato a passare molto tempo là, diceva che l'atmosfera era perfetta per leggere un buon libro, e Aiko faceva avanti e indietro da quella stanza alla serra per portare continuamente lillà freschi.
Suzuko stessa, completamente concentrata nello studio, passava molto tempo nella stanza della Squadra 13. Ci andava sempre da sola e appena qualcun altro faceva il suo ingresso, se ne andava senza dire niente; a parte quello, la ragazza passava molto tempo chiusa in camera a studiare, ma era evidente che ci fosse qualcosa che la turbava da un po' di tempo e fu per questo che il suo rapido interesse nella proposta che gli fecero i coordinatori fu una sorpresa per gli adulti.
Un ricevimento di inizio anno tenuto dall'I.P.U., una consuetudine da sempre a cui Hachi e Nana dovevano partecipare perentoriamente; quell'anno però gli era stato chiesto di portare con sé i ragazzi della Squadra Anemone. Sapendo quanto molti di loro odiassero i riflettori, avevano cercato di declinare le offerte ma queste si erano trasformate ben presto in pressioni insistenti da parte dei più influenti ospiti della festa; le persone volevano vedere i ragazzi che avevano salvato la loro città e dato che si trattava anche di molti dei finanziatori dell'I.P.U. sarebbe stato difficile rifiutare.
Era in questo modo che i due adulti avevano posto quell'idea ai Parasite. Benché la maggior parte della squadra avesse da subito considerato la cosa fuori questione, a quella notizia Suzuko si era attivata con grande entusiasmo e aveva detto di essere disponibile a prendere parte al ricevimento.
Non erano obbligati, Hachi si era premurato di farglielo presente, ma Suzuko aveva ripetuto più volte di non sentirsi affatto obbligata e, anzi, di non vedere l'ora di essere lì. Così sembrava già deciso che la ragazza che da tempo si era fatta più silenziosa e malinconica sarebbe andata a rappresentare la squadra di fronte all'alta società di Anemone, ma quando era stato chiesto se qualcun altro volesse farsi avanti Ojizaki si era unito al gruppo.
Lui era abituato a trattare con gente sofisticata, aveva detto. Così pensava che sarebbe stato interessante andare alla festa per una volta non nei panni del "figlio di", ma come sé stesso semplicemente.
Era così che lui e Suzuko si erano ritrovati a rappresentare la squadra al ricevimento dell'I.P.U. e si era trattato decisamente della scelta migliore; a parte i ragazzi più timidi che non avrebbero retto la serata, alcuni avrebbero rischiato di combinare guai che li avrebbero potuti mettere in cattiva luce, udire conversazioni che gli avrebbero fatto perdere la concentrazione oppure semplicemente causare situazioni imbarazzanti che avrebbero potuto destabilizzarli. Suzuko era scalpitante all'idea di presentarsi davanti a tutta quella gente come l'invitata speciale della serata, sentiva di aver finalmente raggiunto uno degli obiettivi che si era posta all'inizio di quel percorso e non riusciva a capire come Yoshiki potesse essere così calmo a quel pensiero; temette che le avrebbe rubato la scena essendo naturalmente carismatico e dall'aspetto più serio e sicuro di sé rispetto a una ragazzina di bassa statura e dallo sguardo arrabbiato come lei, ma decise di ignorare quel pensiero e concentrarsi solo su sé stessa per tutta la serata.
Aveva detto questo, eppure arrivata lì non solo si era sentita come un pesce fuor d'acqua in mezzo a tanti adulti dall'aspetto così serio, ma dopo i convenevoli iniziali aveva iniziato ad annoiarsi. Le persone lì la guardavano come un pezzo da museo, la ammiravano sì, ma allo stesso tempo erano così prevedibili e legati alle apparenze; a rotazione, quasi tutti gli ospiti della serata le avevano posto sempre le stesse domande: quanti anni avesse, cosa l'aveva spinta a unirsi al programma Parasite, come fosse pilotare uno Stridiosauro… Fu grazie a una breve e provvidenziale fuga al bagno che Suzuko poté tirare il fiato per un po' e distendere i nervi.
Hachi e Nana avevano detto che sarebbero rimasti al fianco dei ragazzi per tutto il tempo, ma Suzuko aveva insistito che li lasciassero fare e si godessero invece la festa senza dover pensare di fargli da balia, ma adesso si stava pentendo di quella scelta.
Doveva calmarsi. Lei era Suzuko Sentakami, figlia d'arte e adesso pilota di Stridiosauri; il suo destino era scritto nel marmo e non sarebbe stata una stupida festa a farla vacillare!
Aveva pensato di sfruttare quell'occasione per testare le proprie abilità di oratrice, tenere alto il nome della squadra – e di riflesso anche quello della sua famiglia – di fronte a persone che sicuramente avrebbero saputo di che parlavano, ma quello che aveva ottenuto era stato un branco di personaggi insulsi che si credevano più importanti di quanto non fossero. Era demotivante.
Non era in difficoltà, solo non pensava che sarebbe stato così noioso. Uscendo dal bagno però pensò di essersi data una bella rinfrescata, abbastanza per andare avanti per tutto il resto della serata, ma neanche due secondi fuori di lì e fu colta alla sprovvista da una voce che sembrava starla aspettando.
«Non ne potevi più di quei vecchi bacucchi?» Il tono dissacrante di Ojizaki lo avrebbe riconosciuto tra mille, ma quella era la prima volta che lo sentiva dire una cosa del genere riferito a persone che neanche conosceva.
«Mantieni un po' di decoro, per carità!» Lo fulminò lei dopo essersi ripresa dallo spavento. Lo guardò per un attimo, una gamba sollevata e il tacco della scarpa poggiato alla parete alle proprie spalle; reggeva un bicchiere in una mano con dentro un liquido arancione e frizzantino. «O devo assumere che tu sia già ubriaco per riuscirci?»
Yoshiki inarcò un sopracciglio e si sentì offeso. «E' solo aranciata.» Mormorò agitando il bicchiere e prendendone un sorso; gli adulti si erano raccomandati di non toccare le bevande alcoliche che sarebbero state servite al rinfresco, non che qualche cameriere sarebbe stato così folle da proporgliele, ma conoscendo ciò che avevano combinato i ragazzi intrufolandosi nella loro cantina avevano preferito mettere in chiaro le cose; non avrebbero dovuto preoccuparsi, visto che Suzuko non aveva mai visto Ojizaki prendere un sorso da una qualsiasi bevanda alcolica, mentre lei aveva giurato di non ridicolizzarsi ulteriormente a causa dell'alcol. Sospirò vistosamente, esasperata, e si avvicinò per poggiarsi al muro al suo fianco.
«Avevo solo bisogno di una pausa.» Mormorò alzando lo sguardo verso un enorme lampadario dagli intarsi dorati.
«Immagino.» Borbottò il ragazzo. «Questa gente ha lo spessore di un castello di carte, non riescono a mettere due parole di fila senza scodinzolare di fronte al loro premio ambito. E' uno strazio conversare con loro.»
Suzuko non avrebbe usato quelle stesse parole, ma ammise di trovarsi del suo stesso avviso.
«Ma non puoi parlare così!» Lo rimproverò girandosi di scatto. «Se ti sente qualcuno potresti passare dei guai…»
«E cosa dovrebbero farmi?» Rise Yoshiki staccando il piede dal muro. «Le persone in questa stanza non hanno alcun interesse nei nostri confronti, gli interessa solo ciò che rappresentiamo.»
La ragazza assottigliò lo sguardo e si girò dall'altra parte. «Sì, bé… Ne andrebbe comunque della tua reputazione. E di quella della squadra. Quindi se dici qualcosa che potrebbe compromettere il modo in cui queste persone vedono te, stai certo che rischierai di compromettere anche il nostro lavoro!»
Ma Yoshiki non sembrava particolarmente preoccupato di quello. Gli tornarono alla mente le luci dell'ultimo dell'anno e gli ologrammi celebrativi dedicati a loro. «Forse… O forse sarebbe meglio per noi.» Disse sorridendo con lo sguardo perso nel vuoto. «Questi odiosi ricconi ci ringraziano e ci chiamano eroi, ma se ci vedessero passeggiare per strada in un contesto dove non possono sfruttarci saremmo degli adolescenti qualunque ai loro occhi. Senza tutte queste seccanti distrazioni saremmo in grado di fare meglio il nostro lavoro.»
«Ma non è vero!» Protestò veementemente la piccoletta, alzando un poco le mani inavvertitamente. «Hai visto anche tu come ci guardava la gente per strada, per quelle persone non siamo degli oggetti!»
Yoshiki alzò lo sguardo verso lo stesso lampadario che aveva adocchiato Suzuko, poi si girò di nuovo e posò finalmente i suoi occhi gelidi su di lei. «Forse è così, ma è la popolarità ad attrarre la gente, e io credo che alcuni di noi farebbero volentieri a meno di tutte queste attenzioni da parte del pubblico.»
«Se la pensi così, perché sei venuto qui allora?» Si impuntò la ragazza, che prese quella discussione come un'occasione per difendere ancora una volta i suoi ideali. Yoshiki però strinse le spalle, spiazzandola.
«Mi annoiavo. Tu perché sei venuta?»
La ragazza esitò un momento a rispondere, pensava che la sua motivazione fosse ovvia al ragazzo. In ogni caso non era sicura di poter dire tutte le motivazioni di quella scelta, così come le cose che l'avevano portata ad arruolarsi nella squadra o cercare di dare sempre il meglio di sé, anche quando era innegabilmente in difficoltà.
Alla fine si imbronciò e rispose quasi stizzita. «L'ho fatto per il bene della squadra! Pensavo che questa occasione sarebbe servita a migliorare la nostra reputazione e avrebbe anche fatto bene ad Hachi e Nana, che sembravano veramente disperati quando si sono rivolti a noi.»
Yoshiki annuiva con disinvoltura e sembrò sul punto di dire qualcosa di sarcastico, ma si trattenne. Alla fine abbassò lo sguardo come se fosse deluso e tornò a guardare verso Suzuko, questa volta con un'espressione più costernata.
«Scusami. Mi sono lasciato trascinare.» Disse alla fine, sorprendendo la ragazza per il suo cambio di tono. «Questa è una festa, dovremmo divertirci invece che stare a discutere di cose fastidiose come questa; non ha importanza che cosa ti ha fatto venire qui, ciò che conta è che adesso ci sei e devi decidere cosa fare.»
La ragazza non seppe come rispondere a quelle parole; era riuscito a chiudere quella discussione in maniera incredibilmente diplomatica e repentina, non credeva nemmeno di poter continuare ad essere arrabbiata per le parole che le aveva detto prima. Alla fine si abbandonò a una risata liberatoria e concordò.
«Forse dovremmo restare insieme per il resto della serata. In questo modo potremmo sostenerci l'un l'altra se gli altri ospiti ricominciano con le loro tediose domande…» Propose il ragazzo sorridendo un poco, mostrando di saper anche cambiare espressione alle volte.
Suzuko annuì. «Sì, buona idea.» E fece per tornare al centro della sala con Yoshiki al suo fianco.
La sala del ricevimento emanava un'atmosfera di sfarzo e pullulava di persone benvestite che si muovevano perlopiù in gruppi, mentre alcuni addetti al rinfresco sfilavano in mezzo ad essi per portare vivande da una parte all'altra. Inizialmente i due ragazzi non seppero dove andare e si limitarono a camminare lentamente, zigzagando a vuoto negli spazi più ampi della sala; entrambi si amalgamavano alla perfezione in quel luogo, presentandosi con estrema eleganza e cura nei dettagli, lui con quella pettinatura indietro che raramente mostrava e che metteva in risalto ancora di più il suo sguardo di ghiaccio, lei con il vestito preso in prestito da Aiko, che pur indossando una taglia più larga della sua aveva tantissimi indumenti da festa adatti a occasioni come quella. Suzuko doveva stare un po' attenta a come si muoveva per non far sciogliere i nodi che le sue compagne di stanza avevano fatto per assicurarsi che il vestito restasse su, ma era lieta di essere riuscita a trovare quella soluzione sapendo di non potersi certo presentare in uniforme al ricevimento e che i vestiti che usava di solito lei fossero molto meno adatti a un evento di quella portata.
«Comunque sia, non ho ancora avuto modo per chiederti scusa.» Proferì Yoshiki dopo un po' che si mossero al centro della sala. Suzuko sembrò perplessa e si girò a guardarlo mentre le indicava il tavolo del buffet, intento ad avvicinarcisi.
«Di che cosa devi chiedermi scusa?» Mormorò confusa lei seguendolo. Il ragazzo attese di essere arrivato alla sua meta, poi riprese a parlare mentre con lo sguardo passava in rassegna le tartine e le caraffe ancora piene di fronte a sé.
«Quando abbiamo lottato per decidere chi sarebbe diventato il caposquadra ho lasciato che il mio spirito di competizione si mettesse in mezzo e sono stato troppo aggressivo.»
Suzuko lo fissò incredula. Lei non ricordava nemmeno come si fosse svolta quella competizione ed era stata tra le più competitive nella squadra, e Yoshiki ci aveva pensato per tutto quel tempo?
«Non dovresti scusarti, è una cosa normale: volevamo entrambi la stessa cosa e abbiamo dato il massimo per ottenerla. Oltretutto nessuno di noi due ha vinto alla fine, quindi non c'è niente per cui doversi scusare…» Suzuko agitò una mano come per fargli intendere che non ci fosse alcun problema e pensò di aver messo rapidamente da parte quella questione come lui aveva fatto con l'argomento di prima, ma il ragazzo ribatté atono mostrando di avere ancora qualcosa che lo preoccupasse.
«Ma stavo per folgorare la tua amica. Se Matsumoto non si fosse arreso avrei rischiato di fargli seriamente male, e dubito che tu saresti stata così rilassata in quel caso.» Aveva preso un piattino e stava iniziando a raccogliere qualche pallina di riso con delle bacchette, poi si girò e cercò l'esposizione di pesce ma la scartò rapidamente mentre Suzuko dietro di lui rifletteva.
In effetti in quell'istante Yoshiki era sembrato molto determinato a colpire seriamente i loro compagni; anche avendo già la vittoria in pugno, aveva dimostrato di poter essere spietato se necessario, e se quella poteva essere considerata una qualità adatta a un leader, non poteva essere detto lo stesso per un compagno di squadra.
Però Suzuko non sapeva veramente cosa dire. Se si fosse trovata nella situazione di Ojizaki, anche lei avrebbe cercato di assicurare la vittoria in qualunque modo, pur rischiando di fare del male ai suoi compagni? Aveva affrontato l'Aros nella sua battaglia, ma come si sarebbe comportata se avesse dovuto combattere contro Aiko o Rin?
Quei pensieri furono rapidamente dissipati da un piatto carico di tartine vegetariane, piccoli tramezzini soffici, alghe e palline di riso bollito ripiene di verdure, il tutto ordinato in una composizione graziosa che le piombò davanti, costringendola a sorreggerlo per non far cadere tutto quanto. «Tieni.» Disse Yoshiki, dimostrando di non aver preso tutta quella roba per sé ma per la sua compagna.
Imbarazzato, cercò di distogliere lo sguardo mentre Suzuko gli chiedeva in silenzio che cosa significasse tutto quello. «E' che mi sei sembrata molto più pallida del solito e ho immaginato che non avessi toccato ancora niente da mangiare, quindi ci ho pensato io.»
«Anche tu sei pallido.» Lo rimbeccò lei inarcando un sopracciglio. Yoshiki sorrise imbarazzato e strinse le spalle come per dire che non ci potesse fare nulla.
Divertita, la ragazza lo ringraziò e tornò a guardare il proprio piatto. Effettivamente non si era ancora avvicinata al tavolo del buffet, forse timorosa all'idea di combinare qualche guaio se si fosse sporcata mangiando oppure di attirare altre attenzioni indesiderate, ma vedendo tutte quelle cose proprio sotto al suo naso si rese conto di avere un buco nello stomaco.
«E comunque ero serio prima.» Continuò Yoshiki mentre la ragazza addentava una pallina di riso, sentendo il ripieno al suo interno esplodere sul suo palato. «Mi dispiace per essere stato così… Spietato.»
«Scuse accettate.» Disse lei finendo di masticare. «E grazie per questi!» Disse indicando il piatto.
Yoshiki sorrise. La Sentakami non gli era mai sembrata una ragazza tanto facile da convincere, anzi aveva tutta l'aria della classica perfettina che si legava al dito i torti subiti; o lo stomaco le si era svuotato a tal punto da non riuscire a farla pensare chiaramente oppure la ragazza stava cercando di non fargli una colpa di quello che aveva fatto durante lo scontro perché sapeva che, in una situazione simile, anche lei avrebbe potuto dare sfogo a tutta la sua competitività e preferiva non affrontare quell'argomento…
Alla fine Yoshiki abbandonò quei pensieri e prese un altro succo d'arancia prima di tornare a passeggiare per la sala con Suzuko, che adesso aveva un'aria più allegra. Fu proprio vederla in quello stato che gli ricordò una cosa.
«Credo che dovresti mettere gli occhiali.»
«Che cosa?»
A Suzuko andò di traverso un boccone di tramezzino e tossicchiò un poco prima di potersi ricomporre e chiedere al ragazzo che cosa intendesse con quelle parole. Yoshiki rimase per tutto il tempo con la sua solita compostezza e quando Suzuko ebbe finito di tossire, si spiegò meglio.
«Hai sempre uno sguardo così truce che sembra tu voglia saltare alla gola di chi ti parla, ma penso che questo sia dovuto solo al fatto che non ci vedi bene; hai mai provato a visitare un oculista?»
La ragazza sentì il calore accumulatosi nelle guance e sulla fronte dissiparsi, rendendosi conto che il suo segreto non fosse stato ancora scoperto. «Ah!» Esalò sorridendo imbarazzata. «Dici sul serio? Ma io ci vedo benissimo, questa è solo la mia espressione naturale!» E a quel punto cercò di imitare sé stessa per provare quella giustificazione, ma si rese conto di quanto fosse difficile assumere quell'espressione a comando.
«Espressione naturale un corno!» Rispose quello seccato. Suzuko sbuffò.
«Ma insomma, tu hai la stessa espressione mia! Perché non vai tu dall'oculista?»
«Perché la mia è veramente così! E non ho la fronte perennemente corrucciata come fai tu.»
«Ah sì?» Rispose a tono la ragazza. «Allora fammi vedere un sorriso, vediamo se è proprio la tua espressione naturale!»
Senza preavviso, Yoshiki si avvicinò al viso della ragazza e la squadrò come qualcuno che cercava di vedere attraverso di lei; fu così veloce che le loro fronti quasi sbatterono e Suzuko si ritrovò a indietreggiare spaventata. Poi il ragazzo sfoggiò un sorriso che somigliò più a una smorfia, un ghigno soddisfatto di quelli che facevano i cattivi nei cartoni animati per bambini e Suzuko scoppiò a ridere in mezzo alla sala, attirando qualche sguardo su di sé.
«D'accordo, ti credo!» Gli disse girandosi dall'altro lato e coprendosi la bocca con una mano per attutire e risate.
Yoshiki tornò alla sua solita espressione diffidente, adesso leggermente infastidito. «Non ci riesco a comando.» Borbottò.
«Decisamente no.» Gli fece eco lei mentre ancora cercava di riacquistare la calma. Suzuko si sentiva rilassata, era a suo agio nonostante fosse al centro dell'attenzione e stesse conversando con uno dei ragazzi con cui interagiva di meno di tutta la squadra.
Perché non poteva essere così quando stava con Tetsuya? Che cosa c'era di diverso con lui, che rendeva il loro rapporto una serie di comportamenti imbarazzati e distanti che facevano a malapena breccia in quel muro che li divideva?
Yoshiki sembrò sentire i suoi pensieri, ma in realtà gli bastò solo leggere la sua espressione: dopo quella risata liberatoria si era fatta cupa e pensierosa. «Qualcosa non va?» Domandò reggendo il bicchiere di aranciata all'altezza del fianco.
Suzuko non ci pensò due volte. Se poteva trovare qualche risposta era proprio in quel momento, grazie alla persona che conosceva Tetsuya meglio di chiunque altro.
«Ti dispiace se ti faccio una domanda?» Mormorò alzando lo sguardo, facendosi da triste a determinata nel giro di un istante.
Yoshiki tentennò sorpreso dall'improvvisa aggressività della ragazza, agitò il suo bicchiere e alla fine rispose:«Spara.»
Per un attimo la ragazza sembrò pronta a porgli la sua domanda, poi esitò ancora. Forse non avrebbe dovuto fare un quesito del genere, ma ne andava del suo futuro da Pistil e di quello di Tetsuya, e in fondo non credeva che sarebbe sembrata troppo invadente.
«Tu conosci bene Tetsuya, vero?» Disse cercando di aggirare il punto ancora per un po'. Yoshiki annuì perplesso, chiedendosi dove volesse arrivare. «Come faccio a migliorare con lui?»
Lo sguardo confuso del ragazzo rimase tale dopo quella domanda, Yoshiki la squadrò come se gli avesse appena chiesto il senso della vita e Suzuko si sentì improvvisamente fuori luogo. Alla fine però, vedendo il suo disagio tentò di essere più accomodante e cercò di continuare quella conversazione.
«Come Parasite, o come amica?»
Suzuko alzò lo sguardo. «C'è una differenza?»
Yoshiki sorrise. «Forse sì. Dipende da che approccio usi quando piloti con lui, ma non posso aiutarti molto con questo; solo tu e Tetsuya sapete come funziona la vostra connessione e tra voi due ci sono dinamiche diverse di quelle che ci sono tra me e lui. Per questo posso solo darti consigli per come essere sua amica, non la sua partner.»
Suzuko ci pensò un attimo, poi alla fine annuì sapendo di non avere nulla da perdere.
«E' una persona mite, dovresti saperlo bene.» Iniziò Yoshiki. «Uno di quei tipi che non fanno amicizia facilmente e spesso preferiscono starsene per i fatti propri. Io l'ho notato da subito e un po' perché volevo che non si isolasse, un po' perché eravamo già compagni di stanza, ho iniziato a prendere l'iniziativa e includerlo in quello che facevo.»
Quello lo faceva già, pensò Suzuko. Non era un granché di consiglio…
«A Tetsuya non interessa se sono gli altri a decidere per lui; certo, devi pur sempre rispettare la sua identità, ma scoprirai facilmente che è uno a cui va bene tutto. Quindi se vuoi essere sua amica, dovresti provare ad essere un po' più aggressiva con lui, diciamo così.»
Il ragazzo sorrise come se stesse veramente cercando di aiutarla e Suzuko abbassò lo sguardo pensierosa. Forse era come diceva lui, ma quando aveva cercato di essere più aggressiva aveva finito per far male al suo partner, come poteva provare una cosa del genere sapendo di averla già combinata grossa una volta?
«E' strano, però… Pensavo che voi due foste ben stretti l'un l'altra.»
«E' una cosa complicata…» Rispose lei colta alla sprovvista da quel commento, in imbarazzo.
Lui annuì. «Sì, è più o meno la stessa cosa che dice quando parla di te…»
Gli occhi di Suzuko si illuminarono. Ancora non sapeva se quella che sentiva fosse paura o eccitazione, quindi si avvicinò un poco a Yoshiki. «Lui parla di me? In che senso, a che cosa ti riferisci, come…»
Il ragazzo la fece calmare, non potendo rispondere a tutte le sue domande insieme. Quando Suzuko ebbe rallentato e la sua respirazione fu tornata quella di prima, si spiegò meglio:«Certo, parliamo delle nostre partner di tanto in tanto. E' inevitabile parlare della persona che ti sta accanto più spesso durante il giorno, ci raccontiamo come sono andati gli allenamenti sugli Stridiosauri e via dicendo… Non credo sia mio diritto rivelarti cosa dica Tetsuya di te, ma puoi stare tranquilla che non ha mai detto niente di cattivo sul tuo conto.»
Anche se delusa da quella risposta poco esaustiva, Suzuko fu un po' sollevata. Almeno significava che non la odiava anche dopo quello che gli aveva fatto. «Grazie al cielo…» Mormorò.
«Stai tranquilla, Tetsuya è troppo buono per poter provare rancore per qualcuno.» Le disse con tono gentile. «E comunque non avrebbe motivo di provare risentimento per una persona gentile come te.»
A quelle parole, Suzuko alzò lo sguardo come se non volesse credere alle proprie orecchie e lo fissò con gli occhi lucidi. Forse poteva anche avere ragione, ma non poteva dimenticare tutte le volte che aveva stremato Tetsuya per ottenere dei risultati in più; e anche adesso stava facendo proprio quello, cercando di sfruttare Yoshiki per comprendere meglio il proprio partner e ottenere un livello di compatibilità più alto.
«Perché sei così ossessionata dai risultati?» Domandò di colpo Yoshiki, quasi come se le avesse letto nel pensiero. Lei non riuscì a rispondere, non poteva rispondere; perché se da una parte il suo desiderio di rendere fiera la propria famiglia era tutto ciò che la spingeva ad andare avanti, dall'altra sentiva che ci fosse qualcosa di sbagliato in lei e nel modo in cui vedeva il mondo, e una persona schietta come Ojizaki, che alla sua famiglia aveva voltato le spalle, avrebbe riso delle sue motivazioni.
La serata passò, ma non passò quel senso di pesantezza che aveva inglobato i due ragazzi, che smisero di parlare se non per qualche sporadica occasione; l'atmosfera era cambiata dopo quella chiacchierata e per quanto cercassero di non farselo pesare, nessuno dei due riuscì più a fare finta di niente.
Quando furono tornati a casa e vennero accolti dai loro compagni con ampi sorrisi, le domande nate nella mente di Suzuko continuarono a marciare e crescere, facendole dubitare anche dell'affetto di quelle persone tanto buone con lei, fino a tormentarla nel sonno.
 
*
 
Hachi rientrò nella camera da letto per lasciare la cravatta e la giacca su una sedia, si slegò la benda dalla testa e passò una mano tra i capelli inspirando l'aria a fondo. Normalmente sarebbe andato dritto a dormire, lui non sopportava quegli eventi nonostante un tempo la formalità fosse stata la sua migliore qualità; tuttavia quella sera c'era qualcosa di diverso nell'aria della sua abitazione a Mistilteinn.
Nana non poteva essersene accorta, solo lui aveva lanciato lo sguardo all'edificio scolastico dove stavano anche i loro uffici, dove alcuni dispositivi non si spegnevano mai… Lì, dove aveva comunicato per la prima e unica volta con il Padre nel proprio ufficio, aveva visto una luce che non avrebbe dovuto esserci uscire dalla sua finestra e la curiosità era stata troppo forte per non uscire a controllare di nuovo.
Dal portico della piccola abitazione che lui e Nana condividevano, affacciata sul lago artificiale dove sorgeva l'antico centro di controllo di Mistilteinn, Hachi cercò di nuovo di avvistare quella luce che aveva notato mentre passava accanto al ponte. Non se l'era immaginata, c'era davvero qualcosa lì: lampeggiava a cadenza regolare, non variava mai di intensità… E lo chiamava.
Senza dire nulla a Nana, che probabilmente era ancora in bagno a struccarsi – sapeva quanto odiasse avere a che fare con quella roba e che ci avrebbe messo molto a togliersela di dosso – l'uomo si allontanò dall'abitazione e ricoprì in fretta la distanza che lo separava dal lago; il ponte era illuminato da piccole lanterne poste ai suoi lati che si riflettevano tremolanti sul pelo dell'acqua, il lago rimaneva mansueto in quella notte gelida ma senza vento.
Attraversato rapidamente il ponte, Hachi si sbrigò a tirare fuori la chiave che apriva il portone della scuola e una volta dentro tirò un sospiro di sollievo. Perché era lì? Perché sentiva di star facendo qualcosa di sbagliato nonostante non ci fosse nulla di strano in quello? Il suo cuore aveva accelerato i battiti all'improvviso appena si era chiusa la porta, quasi come se avesse sentito il pericolo e stesse mandando ad Hachi quell'iniezione di adrenalina di cui tanto aveva bisogno, solo che lui l'avrebbe usata per avvicinarsi ancora di più alla fonte della sua ansia, quel misterioso segnale che aveva visto dalla sua finestra…
Salì le scale senza fermarsi, il suo ufficio non era troppo lontano dalla rampa e quando arrivò trovò la porta chiusa a chiave, come l'aveva lasciata quel pomeriggio prima di andare a prepararsi per la festa. Girò la chiave lentamente nella toppa; per qualche motivo sentì il bisogno di usare cautela nonostante fosse ormai appurato che non vi fosse entrato nessuno in quella stanza.
Il suo ufficio era immerso nell'oscurità, non vedeva nulla a parte per la zona vicino alla finestra da dove entrava una flebile luce lunare; la sua scrivania, tuttavia, era illuminata a tratti dal piccolo schermo luminoso del comunicatore che recitava a intermittenza "CHIAMATA IN ATTESA."
Come se lo avesse percepito, il dispositivo si illuminò e una luce violetta fu proiettata verso l'alto. Hachi ormai sapeva che cosa stesse succedendo, ma non riuscì a reagire comunque.
La voce del Padre lo fece trasalire:«Complimenti per la vostra eccezionale vittoria, umani.»
Hachi non si mosse. Il comunicatore era rivolto verso l'altro lato, ma era sicuro che qualunque cosa stesse parlando con lui in quel momento potesse vederlo perfettamente; ora la domanda era se gli avrebbe dato la soddisfazione di rispondere oppure se sarebbe rimasto in silenzio.
«Non pensavamo di affrontare delle forze tanto preparate, benché esigue di fronte a un attacco massiccio come il nostro. Sapete già che quella era solo una delle tante carte a nostra disposizione da giocare, quindi non montatevi troppo la testa…»
«Che cosa vuoi da me? Il prossimo attacco non arriverà tra più di un mese!» Sbottò Hachi non riuscendo a trattenersi, aggirando rapidamente la scrivania per guardare direttamente l'ologramma.
La voce del VIRM cambiò tonalità; dal solito fare altezzoso adesso sembrò quasi amichevole, divertita a vedere l'umano inveire contro di sé. «Non essere egocentrico, vecchio mio. Lo sai che non è l'unico attacco che abbiamo in serbo per voi; tuttavia siamo sicuri che hai già preparato una risposta per quello che arriverà domani… E la settimana prossima… E quelli tra due.»
Ovviamente. Pensò Hachi, che non riuscì a trattenere l'irritazione che quella voce gli donava. Il primo attacco dei VIRM era stato coordinato: adesso cominciava la parte difficile in cui l'umanità avrebbe dovuto rispondere ai continui attacchi che avrebbero preso di mira diverse zone del globo in un tentativo di sfiancare i loro nemici. Alcune squadre erano state trasferite proprio per rispondere agli attacchi in zone che altre non erano più in grado di difendere, quando non erano state spazzate via del tutto, ma la squadra dei suoi ragazzi e poche altre erano rimaste ai propri posti perché avrebbero ricevuto gli attacchi più massicci tra non molto.
«Non siete riusciti a scalfire la nostra volontà.» Rispose a tono Hachi ghignando. «Abbiamo subito delle perdite, ma sempre meno di voi e la popolazione è rimasta al sicuro; siamo perfettamente in grado di vincere questa guerra!»
«Attento, umano.» Lo ammonì la voce con calma. «In guerra nessuno vince, tutti perdono qualcosa. E questo ottimismo potrebbe costarti caro.»
Hachi rimase a fissare la luce del proiettore come se fossero gli occhi del Padre, sprezzante. Come si permetteva di fargli quel tipo di predica? Non era nella posizione per fare simili discorsi, erano stati loro a iniziare tutto quello.
Alla fine Hachi si voltò e incominciò a lasciare la stanza. «Ci vedremo alla battaglia, sempre che le forze messe in campo non siano troppo deludenti!» Utilizzò le stesse parole usate da lui il giorno del primo scontro, quindi richiuse la porta alle proprie spalle con veemenza, facendola quasi sbattere.
La luce violetta rimase da sola nell'ufficio buio, non c'era più niente da dirsi eppure l'alieno esitava a lasciare quel posto. Sapeva che Hachi non poteva sentirlo, ma continuò come se si stesse rivolgendo a lui.
«Stolti umani. Non appena vedete uno spiraglio di luce, diventate tronfi e dimenticate quanto piccoli siate di fronte all'universo. Ora schiacciarvi sarà ancora più soddisfacente.»
Quindi la chiamata si interruppe, questa volta definitivamente, e lo studio poté tornare in silenzio.
   
 
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