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Autore: Tabychan    08/04/2022    0 recensioni
Ogni persona contiene dentro di sé una certa percentuale dei quattro elementi: terra, aria, fuoco e acqua. La maggior parte non se ne rende conto e non sa sfruttarli.
Ma cosa succederebbe se esistessero combinazioni di elementi più potenti di altre? Le vite delle persone che li ospitano finirebbero influenzate? O sconvolte?
L'istituto Kosmos di Ambervale si occupa di scoprire proprio questo.
E lo scopriranno, a loro spese, anche tre giovani allievi...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Oggi sarà una giornata perfetta. Come tutte le altre, d’altronde.”

Dorcas spalancò con veemenza le spesse tende del suo alloggio al terzo piano e un’improvvisa ondata di luce invase la stanza, buia fino a un momento prima. La ragazza sorrise e si lasciò piacevolmente abbracciare dai raggi. I suoi capelli dorati rilucevano con eleganza e persino le punte delle sue ciocche, bianche come la neve, sembravano brillare e sorridere alla giornata in arrivo. 

Dorcas aprì la finestra e trasse un profondo sospiro, accogliendo a pieni polmoni la fresca aria mattutina: la sua divisa era pulita, i suoi libri pronti e lei anche. Avrebbe dato anche oggi splendida prova della sua splendida persona. Raccolse i capelli in una treccia e uscì, imboccando il corridoio che portava alla mensa. La mensa dell’istituto Kosmos.


Kosmos era un istituto militare indipendente, situato nella città rurale di Ambervale. Era diviso in due sezioni: l’esercito privato e l’accademia. Gli allievi passavano da una sezione all’altra mano a mano che progredivano con le loro capacità e molto spesso teoria e pratica finivano con l’incrociarsi. Dorcas non sapeva da quanti anni fosse stata fondata né da chi; sapeva solo che da quell’istituto uscivano i migliori guerrieri del continente e, soprattutto, che lei ne era un meraviglioso esempio. Le piaceva guardarsi attorno mentre camminava nei corridoi, osservare i nuovi studenti e controllare i loro progressi. Quella mattina non era diversa dalle altre, ma si sarebbe presto rivelata più speciale del solito.

Entrò in mensa, scelse la sua colazione - con sua somma gioia quel giorno avevano preparato i muffin, e questo contribuì a rafforzare la sua idea che la giornata sarebbe stata davvero perfetta - e si sedette ad un tavolo con due ragazzi che aveva conosciuto durante le lezioni, che la salutarono cordialmente.

 

«Buongiorno Dorcas» disse uno dei due, un ragazzino lentigginoso dai capelli bruni arruffati «sembri di umore migliore del solito, oggi.»

«Credo lei sia l’unica persona che conosco che riesce a svegliarsi la mattina con tutto quell’entusiasmo…» disse il secondo ragazzo, mentre tentava a fatica di mescolare il suo caffelatte. Rispetto al primo sembrava molto più alto e magro, dal viso pallido e decisamente assonnato.

«Buongiorno a voi!» rispose cordialmente Dorcas «e saresti entusiasta anche tu, Patrick, se conoscessi i miei programmi di oggi.»

Gli occhi di Patrick esprimevano molto chiaramente quanto poco fosse interessato ai suoi programmi di oggi , ma fece un piccolo sbuffo e decise di assecondare la ragazza.

«Cosa ti aspetta di così bello, Dorcas?»

«Un allenamento privato con il capitano Steaves.» rispose lei con molta fierezza. Patrick tornò a fissare il suo caffè. Lei sembrava leggermente contrariata dalla mancanza di entusiasmo nella sua reazione, ma decise misericordiosamente di lasciar correre.

«Ha detto che sono pronta ad affrontare lezioni individuali per affinare le mie capacità uniche, e che per questo ha preparato un allenamento ad hoc» continuò a spiegare «non so ancora di cosa si tratta, ma mi aspetto una sua convocazione dopo colazione.»

«Certo che essere come voi significa davvero vivere una vita a parte» tornò a commentare il ragazzo lentigginoso «voglio dire, anche noi abbiamo sicuramente delle abilità su cui possiamo lavorare, ma nulla di così… assurdo, come ciò che fate voi maghi.»

Dorcas gli rivolse un grande sorriso da sopra il muffin che stava mangiando.

La specialità del Kosmos era in effetti quella: addestrare i migliori maghi del mondo.

 

Dorcas stava ancora crogiolandosi nella sua ammirazione per se stessa quando vide in lontananza il capitano Steaves che si dirigeva verso di lei; scattò in piedi e lo salutò con entusiasmo. Steaves le fece un cenno con la testa e accelerò il passo, lasciandosi poi cadere pesantemente sulla panca del tavolo dei tre ragazzi. 

Il capitano era un uomo sulla cinquantina, robusto ma meno di quanto ci si sarebbe aspettato da un soldato professionista. Il suo fisico era sì allenato, ma Dorcas sapeva che le sue capacità non risiedevano nei muscoli. Non del tutto, almeno. 

«Buongiorno capitano» lo salutò lei, seguita dagli altri due ragazzi.

«Buongiorno, buongiorno. Vedo che le energie non ti mancano, Dorcas. Le hai rubate dagli altri due? Al contrario tuo sembrano dormire in piedi.»

Dorcas rise, più di testa che di cuore.

«Mi perdoni, è che oggi sono davvero molto impaziente di affrontare la giornata. Sarà un evento particolare per me e non vedo l’ora di partecipare alla lezione.»

Steaves la ascoltava appena: sembrava molto più concentrato a cercare di abbottonarsi le maniche della divisa. «Lezione?» le chiese «non hai lezione oggi, Dorcas.»

Lei si pietrificò. La sua voce si fece quasi melliflua.

«In che senso, capitano Steaves? Oggi avrei dovuto avere lezione individuale con lei, no?»

«Ah quella!» rispose lui «Quella è rimandata, c’è una questione molto più urgente ora.»

«Più… urgente… del mio addestramento?»

Il capitano le sorrise e le diede una pacca sulla spalla.

«Assolutamente, ma vedrai, ti piacerà ancora di più. Dovrai identificare gli elementi di due nuove reclute.»

Il sorriso sul viso di Dorcas somigliava sempre più a un disegno fatto a pennarello.

«Tu sei la migliore studentessa maga che abbiamo, no? Ti sarà utile, e conoscerai anche due nuovi amici. Potrai far fare loro un giro del posto, spiegargli come funziona qui e cose così. Chiaramente questo ti dispensa dalle lezioni per oggi, ma sono sicuro che a fine giornata ne sarà valsa la pena.»

La ragazza era così entusiasta all’idea di fare da balia a due novellini che arricciò le labbra fino a ridurle a una fessura e, facendo appello alla sua incredibile capacità di autocontrollo, rivolse all’uomo il sorriso più radioso che in quel momento potesse produrre.

«Ne sono assolutamente certa, capitano.»


Capitano e allieva si diressero verso il giardino esterno, un’enorme area verde che collegava ai campi di addestramento all’aperto. Non vi era molta gente a quell’ora -  gli studenti si stavano preparando e i soldati erano già partiti per le loro missioni - perciò non fu difficile individuare una coppia di ragazzi che aspettavano in disparte, vicino al grande portone d’ingresso principale. Dorcas trattenne uno sbadiglio.

«Eccoli là» disse Steaves, facendo sobbalzare la ragazza «ho già spiegato loro che sarai tu a guidarli oggi, quindi non serve che venga anche io. Non sono dei novellini, vengono dall’accademia militare governativa. Hanno deciso di trasferirsi qui perché probabilmente le loro capacità potranno essere coltivate meglio da noi.»

Steaves non lo colse, ma Dorcas trasse un sospiro di sollievo dopo questa informazione. Non le piaceva avere a che fare con incompetenti totali. “Se vengono dall’accademia del governo qualcosa devono per forza essere in grado di farla”, pensò. Fece un cenno di assenso al capitano, lo salutò e i due presero direzioni opposte. 

 

I nuovi arrivati erano una ragazza e un ragazzo. Lei aveva lunghi capelli di un azzurro molto chiaro, quasi tendenti al grigio, con boccoli vaporosi e ondeggianti che a Dorcas ricordavano le nuvole. Anche da distante sembrava piuttosto allegra: chiacchierava dondolandosi sui talloni, tenendo le braccia dietro la schiena e guardandosi intorno. Il ragazzo la ascoltava distrattamente mentre anche lui dava un’occhiata alle poche persone che incrociava con lo sguardo. Aveva i capelli corti e scompigliati, dello stesso rosso scuro del sole al tramonto. Dorcas si avvicinò e lì salutò alzando il braccio. I due si voltarono verso di lei e un’espressione di stupore si dipinse nel viso fin troppo spontaneo della giovane maga: nonostante il colore delle iridi fosse diverso - lei le aveva azzurre e lui color nocciola - i ragazzi avevano esattamente lo stesso volto. Questi si accorsero della sua reazione: la ragazza sorrise, mentre il ragazzo inarcò un sopracciglio con fare da sufficienza.

«Buongiorno e benvenuti!» esordì Dorcas, inchinandosi «sono Dorcas, la vostra guida. Piacere di conos-» 

Il suo saluto fu interrotto dalla ragazza: le saltò addosso e la abbracciò con tale impeto che sembrava essere sospesa a mezz’aria.

Con un velo di imbarazzo Dorcas ricambiò l’abbraccio e… senza accorgersene la sollevò. Si guardò i piedi: non era un’impressione, la ragazza era davvero sospesa a mezz’aria!

Con una piroetta all’indietro quest’ultima rimase sospesa a qualche decina di centimetri dal suolo e si presentò.

 

«Ciao Dorcas, piacere nostro!» disse lei, con un sorriso radioso e spontaneo «io sono Tiamal, ma chiamami pure Tia. E questo musone è mio fratello Theo!» e scoccò un pizzicotto sulla guancia dell’altro ragazzo. Theo sbuffò ma la lasciò fare e si rivolse a Dorcas anche lui.

«’ao, io sono Theodore, Theodore Senna. Siamo gemelli» disse muovendo il dito da Tiamal a lui stesso «ma credo tu l'abbia già notato, e mi fa piacere sapere di avere una guida non completamente stupida.» Tia atterrò e volse gli occhi al cielo. Dorcas, presa in contropiede, si limitò a schiarirsi la voce e a stamparsi di nuovo in viso il suo sorriso a pennarello. Non era abituata a non sentirsi trattare in modo esplicitamente gentile.

«Beh, avete lo stesso viso ma per il resto sembrate molto diversi…»

«Che aquila» la rimbeccò Theo.

«…spero impareremo a conoscerci bene…» 

Theo fece una smorfia di disappunto.

«…e che andremo d’accordo anche sul fronte professionale…»

«Se la prima impressione è quella che conta direi ch-»

«Theo, SMETTILA!» Tia era davvero infastidita e sbottò all’improvviso, interrompendo il fratello. Non volava più e il suo sorriso si era trasformato in forte disappunto. «Ci sta dando il benvenuto gentilmente, puoi per una volta non comportarti come… come una pigna nel culo

Sia Dorcas che Theo sgranarono gli occhi.

«Da quando usi queste parole?» chiese il ragazzo, quasi turbato.

Tia arrossì, incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo.

«Ho deciso che questa volta sarebbe stato diverso. Dobbiamo partire con il piede giusto, e visto che tu non mi aiuti mai allora è il caso che diventi io più severa.»

Dorcas soffocò a fatica una risata nel vedere la faccia sconvolta del ragazzo. Scrollò le spalle e si ricompose nel modo più naturale possibile.

«Se a voi va bene, come prima cosa potrei spiegarvi la teoria alla base del funzionamento della magia qui. Sapete già qualcosa sulla Teoria degli Elementi?»

«Molto… poco. Smettila di guardarmi così.» Theo rispose mentre Tia continuava a fissarlo con sguardo arcigno. Il tono del ragazzo ora era decisamente meno arrogante.

«Il mio elemento è sempre stato piuttosto palese, ma oltre all’evidenza non sappiamo niente di più preciso. Abbiamo deciso di trasferirci qua su consiglio di uno dei nostri superiori, che praticava una magia diversa, e riteneva avremmo avuto più possibilità di crescita in un istituto come questo.» continuò Tia.

«Un consiglio molto saggio. La nostra accademia è la migliore del continente ed è l’unica dove i maghi non vengono solo addestrati, ma anche allevati! È davvero un posto incredibile e sono sicura lo adorerete.»

Theo storse il naso a quell’affermazione e guardò Dorcas. Sembrava non essere sicuro di ciò che aveva appena sentito.

«I maghi vengono allevati

«Assolutamente sì! Io sono nata qui, per esempio. Ma venite, vi spiegherò meglio utilizzando gli strumenti che abbiamo nelle aule.» E così dicendo, Dorcas si incamminò fiera. Non aveva nemmeno notato le espressioni scettiche e, in parte, spaventate che i due gemelli si scambiarono. Tia scrollò le spalle e seguì la giovane maga, e Theo fece lo stesso. Notò che sua sorella non volava più.

«Ogni persona al mondo è nata con dentro di sé una certa percentuale dei quattro grandi elementi: fuoco, acqua, terra e aria. La maggior parte delle persone contengono tutti e quattro questi elementi in percentuali casuali e non rilevanti, e molto spesso non sono nemmeno a conoscenza di possederli. Questo perché non li sanno usare e non influenzano direttamente la loro vita. Il mio capitano per esempio, Gregory Steaves, è una persona “comune”» e fece le virgolette con le dita «sotto questo punto di vista. Ma ovviamente esistono modi per sfruttare gli elementi anche quando non si è in grado di controllarli in prima persona.»

«E come si fa a capire gli elementi di qualcuno?» chiese Tia.

«Il modo più semplice è quello di affidarsi a un mago esperto, come la sottoscritta» rispose Dorcas, con il solito moto di orgoglio non troppo celato «ovviamente non esiste un… output matematico che possiamo rilasciare, ma con un po’ di allenamento per noi è possibile percepire la magia contenuta nell’ambiente e nelle persone. Esistono comunque anche degli strumenti che permettono di farsi un’idea delle affinità elementali di una persona, tra cui uno che vi farò provare dopo.»

 

E così dicendo Dorcas li condusse attraverso i corridoi e le aule, le sale comuni e le strutture ricreative. Pranzarono alla mensa chiaccherando del più e del meno. Tiamal era effettivamente una ragazza socievole, mentre suo fratello alternava fasi di silenzio ad altre di battutine taglienti e non sempre simpatiche. Dorcas smise di pensare che far loro da Cicerone fosse un fardello insopportabile, anzi; si stava divertendo a spiegar loro il funzionamento dell’accademia. Mostrò ai due gemelli le aule e le strutture che potevano sfruttare a loro piacimento: palestre, piscine, laboratori e sale di addestramento.

Li condusse infine ad un’aula la cui targhetta citava “Strumentazione operativa”. 

 

Alle pareti era appesa una grossa illustrazione dei quattro elementi, con nomi e brevi descrizioni scritte in latino. Un altro grosso cartellone riportava quello che sembrava essere un alfabeto runico e ai lati della stanza erano disposti numerosi armadi contenenti strumenti di tutti i tipi: bilance, provette, siringhe, sfere che vorticavano su se stesse e altri oggetti la cui funzione era decisamente difficile da indovinare.

Ma la cosa che catturava di più l’attenzione era una grossa bacinella dal diametro di circa due metri, appoggiata proprio nel centro della stanza. Era decorata con bordi dorati su cui erano state incise centinaia di rune. Sembrava contenere una sostanza liquida, così bianca e luminosa che risultava quasi impossibile sporgersi e guardare all’interno della bacinella stessa. Dorcas vi si avvicinò e invitò anche i suoi due ospiti al suo fianco.

«Questa bacinella è in grado di mostrare ciò di cui vi accennavo prima, ovvero gli elementi che compongono qualsiasi cosa vi venga inserita. Più precisamente, scompone l’oggetto nei suoi elementi e ne restituisce una visione amplificata. Vi sconsiglio quindi di caderci dentro, perché probabilmente non ne uscireste più.»

«Immagino quindi che questa non sia la stanza migliore in cui appartarsi.» osservò Theo «Se ci metti troppa passione nel limonare rischi di finire all’altro mondo.»

Tia non diede molto peso alle parole del fratello, ma Dorcas apparve decisamente imbarazzata. Arrossì e si schiarì la voce.

«Ovviamente è protetta.» disse, e avvicinò un dito alla bacinella: il suo polpastrello sfiorò una superficie luminosa e sembrò non riuscire a spingersi oltre. «Solo pochi maghi sono in grado di liberarsi di questa barriera, ma per vostra fortuna…»

«Tu sei una di quelli.» Le fece verso Theo. Dorcas non colse la provocazione ma annuì e continuò, convinta che finalmente anche il reticente fratello avesse riconosciuto le sue incredibili capacità. Chiuse gli occhi: il bianco delle punte dei suoi capelli cominciò a diffondersi lungo tutta la chioma. Ma ciò che fece stupire Theo non erano i capelli.

L’espressione di Dorcas era del tutto diversa dal tono spocchioso che aveva tenuto fino a quel momento: il suo viso era rilassato e un dolce, delicato sorriso appena accennato brillava sul suo volto. Sembrava essere in quella specie di trance in cui si immergono le persone quando fanno esattamente ciò per cui sono nate. Il ragazzo era sinceramente sorpreso. Quando vide che i capelli di lei stavano tornando normali, scostò lo sguardo dal suo viso e riprese a fissare la bacinella con finta indifferenza. Dopo qualche secondo, Dorcas riaprì gli occhi.

«Ecco, ora non c’è più e possiamo cominciare. Chi vuole andare per primo?»

 

«Perché non ci mostri tu come si fa?» le propose Tia, sinceramente curiosa. «Dici di essere una maga capace ma non riesco a capire di quale elemento. Perché non ce lo mostri?»

A Dorcas sembrò fosse arrivato il suo compleanno. Lusingata e ben contenta di dar prova di sé, annuì cercando di non rendere troppo palese la sua voglia di mettersi in mostra. Neanche a dirlo, il suo tentativo fallì e la sua voce assunse il tono fiero di un politico in campagna elettorale.

«Se è questo il tuo desiderio sarò ben felice di andare per prima. Vi prego però di non spaventarvi e allontanarvi un po’, perché potreste essere raggiunti da qualche schizzo.» disse ai due fratelli. Mentre questi si allontanavano, andò a prendere un ago da un cassetto e si punse appena un polpastrello. Lasciò cadere la goccia di sangue nel liquido della bacinella: la superficie si increspò. Tia e Theo fissavano curiosi col fiato sospeso. Improvvisamente il liquido si raccolse su se stesso e si sollevò formando una specie di palla bianca dalla superficia luminosa e perfettamente liscia, simile ad una gigantesca perla.

«Cosa significa?» chiese Tia.

«Che il mio potere è della stessa sostanza di questo liquido. In realtà, è proprio la stessa sostanza di questo liquido: ho riempito io questo catino.» Dorcas avvicinò tra loro i palmi delle mani e, dopo un altro breve momento di concentrazione, creò una piccola sfera identica a quella del bacino.

«Questo è il quinto elemento, l’elemento sacro. È ciò che nasce quando tutti gli altri sono perfettamente bilanciati e in armonia. Nel mio corpo acqua, aria, terra e fuoco sono presenti nella stessa quantità e questo mi permette sia di avere un po’ di controllo su tutti loro, sia di governare un elemento completamente nuovo: il sacro, appunto. I maghi del sacro sono molto rari, sapete. E anche molto potenti. Per questo sono contenta di essere nata in questo posto: sono sicura che qui riuscirò ad addestrarmi fino a diventare una maga incredibile.» Abbassò le mani e la sfera di luce sparì.

«Ma è meraviglioso!» Tia prese le mani a Dorcas e la guardò con ammirazione. «Sono sicura che serva molta concentrazione per gestire qualcosa di così potente! Sarà davvero divertente allenarci insieme!» 

Dorcas annuì e le sorrise a sua volta. Con la coda dell’occhio vide che Theo era stranamente silenzioso, ma decise di non darci peso.

«Vuoi provare tu ora, Tia?» agitò velocemente la mano e il liquido nella bacinella tornò nel suo stato originale. «La magia è contenuta all’interno del nostro corpo, quindi devi immergere nel reagente qualcosa che provenga dal tuo interno. Detta così suona un po’ male ma va bene per esempio anche saliva, o lacrime… anche urina in realtà» disse guardando velocemente in basso «ma quella non è molto igienica da produrre sul momento.»

«Farò come hai fatto tu!» Tia prese un ago pulito dallo stesso cassetto aperto prima da Dorcas e, come lei, si punse. Un’altra piccola goccia rossa cadde nel catino. 

Qualche attimo dopo una forte folata di vento invase la stanza: il contenitore era immobile, ma tutt’attorno il vento imperversava per l’aula facendo sbattere mensole, strumenti e illustrazioni.

Tiamal rideva mentre i suoi capelli boccolosi, in quel momento sempre più simili a nuvole, si lasciavano scompigliare in ogni direzione. Dorcas si sporse e guardò all’interno della bacinella:

«Non è rimasto neanche un po’ di reagente! Sei un elemento d’aria puro, Tia! Beh, i segni erano più che evidenti.»

«Vuol dire che sono speciale anche io, come te?»

«Certo, gli elementi puri sono tutti molto rari.»

«E si trasmettono geneticamente, immagino.» La domanda veniva da Theo. Dorcas per un attimo guardò di nuovo in basso, prima di tornare a sostenere il suo sguardo. Sembrava quasi… sprezzante.

 

«…sì. Le proprietà elementali si trasmettono da genitori a figli.» 

«Ed è in questo modo che sei nata tu, immagino.» Theo si avvicinò alla bacinella, che nel frattempo si era di nuovo riempita di liquido bianco. Dorcas annuì.

«Come vi avevo accennato prima, i maghi qui vengono allevati. Vengono selezionate persone appartenenti a elementi specifici, addestrate… e…»

«E riprodotte come cani di razza finché non esce esattamente il barboncino che piace a voi.» Theo sputò nel catino. Il viso di Dorcas si contrasse e cominciò a colorarsi di rosso. Non di vergogna, ma di rabbia.

«Io sono fiera di ciò che sono. Anche se è diverso da ciò che sei tu.»

«Tu non hai idea di cosa sia io.»

Il ragazzo fissò il catino. Dorcas, seguì il suo sguardo, irritata. Ma ciò che vide le fece subito cambiare espressione.

Nel catino si era aperta una voragine. I bordi erano perfettamente lisci, né rotti né corrosi; ma dove prima galleggiava la materia bianca ora vi era un buco nero come la pece, di cui non si vedeva il fondo. 

«Io non… capisco.» disse Dorcas, ancora nervosa e adesso anche confusa. «Hai fatto qualcosa di strano? Sei il fratello gemello di Tia, dovresti essere un elemento aria puro anche tu.»

«E invece sono questo.» disse, indicando prima il catino e poi se stesso.

Si avvicinò minaccioso alla ragazza, che tornò a guardare in basso. Ma senza indietreggiare.

«Puoi svelare, o somma maga, il mistero della mia esistenza? Forse siamo usciti da un preservativo bucato invece che da una scopata come si deve e uno dei due è nato storto?»

Dorcas avvampò. Tia tentò di ammonirlo.

«Theo…» 

«Risparmiami, Tiamal. Questo posto è un covo di pazzi. Hai sentito cosa fanno, costringono le persone a-»

«NESSUNO È COSTRETTO!» sbottò Dorcas.

«Oh, CERTO. Immagino che il vostro battaglione sia tutto nato su base volontaria, come no. Mi auguro che nessun “elemento puro” fosse un cesso a vedersi, altrimenti avrebbe bloccato la produzion-»

«Basta così, ragazzo.»

I tre si voltarono di scatto: Steaves era sulla porta e i suoi occhi lasciavano chiaramente intendere che aveva ascoltato l’intera conversazione. E che non gli era piaciuta.

«È il tuo primo giorno e hai già scoperto molte cose che immagino ti abbiano sconvolto. Va bene, è comprensibile, ma direi che puoi fermarti qui.»

Theo strinse i denti e pronunciò, quasi in un bisbiglio: «Altrimenti?»

Steaves sbuffò.

«Altrimenti ti trascino nel dormitorio di peso, sveglio o svenuto dipende da te.»

«Devi solo provarci.»

«Contento tu. Al contrario tuo ho molta fiducia nella nostra équipe. Quindi sono sicuro che, anche se ti farò un po’ male, verrai rimesso in sesto come si deve.»

Così dicendo sollevò una manica della sua divisa e mostrò il braccio destro. Era sicuramente muscoloso ed allenato, ma la cosa che balzava di più all’occhio era un buco sferico a circa metà distanza tra il gomito e la spalla. Il capitano estrasse dalla tasca una piccola sfera rossa pulsante grande quanto il buco nel suo braccio.

Tia guardò preoccupata Dorcas; lei incrociò i suoi occhi turbati e scosse piano la testa, facendole cenno di non preoccuparsi. Era però molto seria. Non le piacevano i discorsi di Theodore, perché… li aveva già sentiti in passato, da altre persone.

«Allora, vedo dalla bacinella che il tuo è un elemento strano, no?» Steaves aveva inserito la sfera nell’incavo del braccio e le vene attorno ad esso avevano cominciato a pulsare debolmente di rosso.

«Non sono affari vostr-»

Una gigantesca vampata di fuoco travolse in pieno il ragazzo. Tia urlò: Steaves stava emettendo dal palmo destro una fiammata, completamente incurante del fatto che stesse anche dando fuoco a lui e al resto della stanza. Theo non emise un suono. Il fumo dei mobili bruciati cominciò a riempire il piccolo ambiente. 

 

«Lo ha ucciso!» urlò Tia furiosamente. «è vero, era insopportabile, ma-»

«Stai… stai calma, Tia. Sto bene.» 

Theodore era in piedi che agitava le mani contro il fumo, tentando di farlo uscire dalla finestra alle sue spalle che aveva appena aperto. «Mi dovrai spiegare cosa vuol dire “è vero, era insopportabile”, comunque.»

La sorella stava per rispondergli quando si udì uno “stonf.”

Dorcas cadde a terra, ansimante, il braccio alzato e i capelli spenti. Il bianco nelle punte era quasi sparito e lei appariva completamente bionda. E pallida. Il capitano le si avvicinò e la aiutò a rialzarsi.

«Sei stata bravissima, Dorcas. Vedi che alla fine abbiamo fatto un po’ di allenamento speciale? La tua barriera era perfetta.» L’uomo le accarezzò dolcemente i capelli e lei annuì, cercando ancora di recuperare il fiato. Theo rimase in silenzio.

«Come ti dicevo, ragazzo» continuò Steaves sistemandosi il braccio e rimettendosi in tasca la biglia rossa «ho fiducia nella nostra équipe. Prima comincerai ad averne anche tu, meno farai star male tua sorella.» E indicò Tia con la testa.

La poveretta aveva le lacrime agli occhi e tremava di nervoso.

«Sei… un’idiota. Devi sempre sparare sentenze su chiunque, senza nemmeno conoscerlo. Come se tu fossi migliore degli altri!»

Il fratello di tutta risposta cominciò a mordersi il labbro. Non gli piaceva l’ambiente, non gli piacevano le persone, ma a quanto pare a sua sorella sì. Avrebbe portato pazienza per lei. 

«Fate una cosa ora, tutti e tre: andate in infermeria. Dorcas fa fatica a reggersi in piedi e sono sicura che la dottoressa Joleicia avrà delle risposte anche per te, testa calda. Io intanto andrò a chiamare qualcuno per sistemare la stanza.» 

Theo emise uno risata che sembrava uno sbuffo; o viceversa. 

«Ne è valsa la pena di fare tutta quella scena?» chiese.

«Sì, se è servita a farti cambiare idea anche solo di poco su di noi. E sappi che ho intenzione di mandarti in missione con il capitano Redblood.»

Dorcas sussultò e alzò lo sguardo preoccupato verso Steaves. I gemelli parvero non capire.

«Capitano, è sicuro…?»

«Credo che non ci sia persona migliore qui dentro in grado di fargli capire i danni che può provocare la sua arroganza.»

«…Non credo… che potrei essere più d’accordo. Ora ci scusi, andiamo in infermeria.» 

«Avete il resto del pomeriggio libero, tutti e tre. Usatelo per riposarvi e assimilare ciò che è successo oggi. Ne avete bisogno.» 

E così dicendo si congedò. I tre ragazzi si avviarono lentamente verso l’infermeria, con Tia che aiutava Dorcas a camminare. Sembrava che avesse appena scalato una montagna: la testa le girava per lo sforzo e il suo respiro era pesante.

«Devo preoccuparmi per questo Redblood?» chiese Theo in tono molto, molto più delicato del suo solito. Per la prima volta non c’era né malizia né supponenza nella sua voce.

«”Questa” Redblood… è una donna. Erica Redblood è nata qua, come me, ma a differenza mia non ha mantenuto il cognome dei genitori biologici… Ha voluto attribuirsi da sola quel soprannome. Ci ho lavorato insieme… qualche volta. Sveglio come sei sono sicura che lo capirai subito» e stavolta era la sua voce a suonare ironica, salvo poi tornare subito seria «ma non provocarla, mai. Nemmeno per scherzo.»

«È permalosa?»

Di tutta risposta Dorcas sollevò le sopracciglia e sospirò, inclinando leggermente la testa di lato.

«…Siamo arrivati.» Dorcas bussò alla porta con la targhetta “infermeria” e attese l’“avanti” che arrivò, pronunciato da una voce calma e gentile. I ragazzi entrarono.

 

Nonostante si trovasse in un edificio inconsueto, l’infermeria aveva tutto l’aspetto di una… normalissima infermeria. I medicinali erano contenuti in boccette e buste del tutto simili a quelle comuni, e ad accogliere i pazienti si fece avanti una splendida donna in camice bianco.

Aveva dei lunghi capelli color acquamarina che seguivano i suoi movimenti aggraziati come onde del mare, e lo sguardo nei suoi occhi marroni era dolcissimo e materno. A Theo cadde la mascella.

«Dorcas, bambina, hai esagerato anche oggi? Di questo passo i tuoi capelli oltre che diventare bianchi cominceranno a cadere.»

La voce della dottoressa Joleicia era cristallina e vivace; Dorcas aveva sempre avuto l’impressione che dovesse essere una magnifica cantante, ma non aveva mai osato chiederle di esibirsi. 

«Oh, ma ci sono anche delle nuove facce! Io sono Joleicia Saintpeter ragazzi, molto piacere!» disse mentre aiutava Dorcas a distendersi, sempre con tono divertito  «Dorcas è una bimba meravigliosa ma finisce per svenire un po’ troppo spesso.»

«Dottoressa, non sono più bambina da un pezzo ormai.» rispose la “bimba meravigliosa”, ma con poca convinzione. Sapeva infatti che la dottoressa aveva un fare fin troppo materno e chiamava chiunque “bambino” o “bambina”. Una volta l’aveva sentita rivolgersi così anche al capitano Steaves.

«Siete tutti i miei bimbi, lo sai» “ecco, appunto” pensò Dorcas «e voi come vi chiamate? Siete nuovi?» chiese ai gemelli con un sorriso.

Theo si ridestò solo nel momento in cui si sentì chiamato in causa:

«Sì, io sono Theo, Theodore S-»

«Tiamal Senna dottoressa, lieta di conoscerla!» 

Tiamal saltellava di gioia e non riusciva a smettere di guardarsi intorno. L’atteggiamento positivo della dottoressa sembrava averle fatto dimenticare tutto ciò che era successo poco prima. In effetti, pensò Dorcas, Tia sembrava essere molto sensibile al carattere delle persone che le stavano vicine. Ipotizzò che fosse una persona molto empatica e che questo finisse con il condizionare il suo umore. In quel momento sembrava essere molto presa dalla dottoressa, quasi più che suo fratello; il quale, per fortuna di Dorcas, aveva deciso di rimanere buono con stampata in faccia la tipica faccia da pesce lesso che assumono i ragazzi di fronte a una bella donna.

«È una maga anche lei, dottoressa? Di che tipo? Controlla anche lei gli elementi?»

«No, no» disse Joleicia ridendo «non mi definirei una “maga”, non so controllare nessun elemento. Però a quanto pare ho una buona affinità con l’acqua - o così mi hanno detto - e questo mi permette di avere una splendida pelle sempre idratata.» e si passò una mano sul viso con finta vanità. Le altre ragazze risero.

«In gergo si dice che la dottoressa è un elemento a maggioranza acqua, Tia» spiegò Dorcas «perché l’acqua è l’elemento che è appunto in maggioranza in lei, è superiore agli altri tre. Ma non abbastanza da causare effetti di qualche tipo.»

«Ho capito! Però immagino che se ne intenda anche lei della teoria degli elementi o come si chiama, giusto? Ha tanti libri di magia.»

La maga d’aria si alzò e cominciò a sbirciare i titoli dei libri che riempivano gli scaffali dell’infermeria. Vi erano ovviamente molti titoli di medicina, altri di magia, e una piccola ma corposa sezione di neuropsicologia. Questi titoli in particolare catturarono l’attenzione di Tia.

«È specializzata in psicologia, dottoressa?» 

«Per ora no, ma vorrei almeno informarmi meglio. Sono convinta che il corpo non possa definirsi sano se la mente non lo è.»

Tiamal annuì seria.

«È molto saggia. Sono d’accordo, sono d’accordo.»

Joleicia sorrise e tornò a rivolgersi a Dorcas.

«Hai la pressione un po’ bassa e sei a corto di energie per aver fatto uno sforzo eccessivo, niente di cui preoccuparsi. Fai un sonnellino, una cena con tante proteine e tornerai come nuova. Per i prossimi giorni sarebbe meglio che evitassi missioni pratiche, in modo da dare tempo alle tue energie di tornare. Come hai fatto tra l’altro a ridurti così questa volta?»

«Ho provato a creare una barriera contro il fuoco. È stato improvviso e la potenza dell’attacco era piuttosto forte, quindi devo aver dosato male le energie.»

Joleicia sbuffò.

«È stato Steaves, immagino. Non metto in dubbio l’efficacia dei suoi metodi, ma potrebbe anche essere un po’ meno brusco. Non troverà mai una ragazza se continua così.»

«Ha fatto il suo dovere, com’è giusto che sia.» Dorcas si alzò dal lettino su cui era stata invitata a stendersi e si incamminò verso la porta d’ingresso. «La ringrazio per la visita, dottoressa, è sempre molto gentile. Buona serata.»

«Buona serata a voi, ragazzi. Fate i bravi.» 

Si salutarono e i ragazzi uscirono dall’ambulatorio.

 

«Wow.» disse Tia «È riuscita a far star zitto Theo per tutto quel tempo. Praticamente un miracolo.»

Theodore avvampò e le sue guance diventarono quasi dello stesso colore dei suoi capelli.

«Sono rimasto solo stupito, è la prima persona gentile che ho incontrato qui.»

«Eri così intontito che non le hai nemmeno chiesto informazioni sul tuo elemento…»

«…oh. È vero.»

Tia sospirò e Dorcas lo guardò storto, con espressione poco convinta. Ma era troppo stanca per discutere; aveva davvero dato fondo a tutte le sue energie per creare quella barriera, peraltro senza nemmeno ricevere un ringraziamento da parte della persona a cui aveva praticamente salvato la vita. 

«Sentite ragazzi, io ho bisogno di dormire un po’. Voi avete accesso ai primi tre piani dell’accademia, ma il quarto e il quinto sono riservati agli ufficiali superiori. Non andateci, per favore.»

«Va bene, non preoccuparti. Faremo un giro da soli.» Tia fece un cenno con la testa e la abbracciò, stavolta delicatamente «grazie per averci accolti, oggi. È stata una bellissima giornata.» 

Theo non rispose ma si limitò a salutarla. Stavolta però sembrava più imbarazzato che seccato. Dorcas decise che le stava bene così, ricambiò i saluti e si avviò nella sua stanza.

“Già…” si disse “davvero la giornata perfetta che immaginavo. Per fortuna è finita.”

   
 
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