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Autore: Risa_chan    10/04/2022    1 recensioni
[UshiShira] Incipit: Shirabu spalancò gli occhi dalla sorpresa: «Come ti è saltata in mente un’idea simile?»
«Non ti scaldare, era solo un suggerimento! » esclamò sulla difensiva Tendo.
«Satori…» Kenjiro fece un respiro profondo per calmarsi, «dovresti pensare più agli affari tuoi! »
Wakatoshi seduto tra i due, si limitava ad ascoltare, leggermente perplesso dall’assurdità della situazione.
«Sinceramente la tua idea di matrimonio è così classica che…»
«Hai ben pensato di proporre un matrimonio al buio, » sbottò Kenjiro con un sussurro velenoso, «lasciare scegliere tutto dai vestiti, al Buffett a Wakatoshi, per lasciarmi una gran bella sorpresa».
«Lo avrei aiutato io…»
«Una ragione in più per rifiutare».
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kenjiro Shirabu, Wakatoshi Ushijima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali

 
[Dal generatore di prompt di Fanwriter.it]
 
Personaggi Principali:
Ushijima Wakatoshi ,Kenjirō Shirabu
Prompt:
Telefonata mancata
Genere principale:
Commedia
Avvertenze:  Possibile OOC dei personaggi.
 
 

Le nozze

 
 
 
 
 
Shirabu spalancò gli occhi dalla sorpresa: «Come ti è saltata in mente un’idea simile?»
«Non ti scaldare, era solo un suggerimento! » esclamò sulla difensiva Tendo.
«Satori…» Kenjiro fece un respiro profondo per calmarsi, «dovresti pensare più agli affari tuoi! »
Wakatoshi seduto tra i due, si limitava ad ascoltare, leggermente perplesso dall’assurdità della situazione.
«Sinceramente la tua idea di matrimonio è così classica che…»
«Hai ben pensato di proporre un matrimonio al buio, » sbottò Kenjiro con un sussurro velenoso, «lasciare scegliere tutto dai vestiti, al Buffett a Wakatoshi, per lasciarmi una gran bella sorpresa».
«Lo avrei aiutato io…»
«Una ragione in più per rifiutare».
Kenjiro batté le mani sul tavolo e si alzò evidentemente stizzito. Si voltò verso Wakatoshi come se si fosse quasi dimenticato della sua presenza.
«Non è per te, amore,» cominciò a spiegare, «sei così impegnato con la squadra  e so che certe cose ti scocciano, quindi, lascia fare a me;» baciò il fidanzato prima di uscire dalla stanza.
Era evidente che la conversazione fosse conclusa senza nessuna negoziazione.
Non che Ushijima desiderasse ardentemente  trasformarsi in un Weddings planner per organizzare il suo, eppure sentiva che la conversazione avesse preso una piega sbagliata.
«Olololo! Che caratterino!»
«Non hai avuto forse un’idea stupida? »
Tendo lo guardò esterrefatto: «Non eri tu che sbraitavi per fare qualcosa di più?»
Quando aveva chiesto a Kenjiro di sposarlo non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire organizzare un matrimonio.
Si era limitato a chiederlo, dopo essere tornato da una trasferta, giunto alla conclusione che fosse il momento più adatto, non avendo idea di tutto ciò che c’era bisogno di fare.
Scegliere una data indicativa, poi, un luogo per la cerimonia e per il rinfresco, contattare fotografi, fornitori di addobbi e fiori, inviti e partecipazioni, bomboniere, la torta di nozze, eventuale animazione per bambini e invitati, eventuale mezzo di trasporto, la camera della prima notte di nozze, era la lista di cose da fare per organizzare un matrimonio di tutto rispetto.
Kenjiro aveva stabilito un budget a cui si atteneva scrupolosamente. Si stava rivolgendo a professionisti cercando di puntare più alla qualità che alla quantità.
Wakatoshi era rimasto impressionato
«Non ho sbraitato, “precisò Ushijima, «ho chiesto, se secondo te, avrei potuto rendermi utile in qualche modo».
 Satori lo guardò fisso per un momento: «Non le comprendi proprio le sottigliezze?»
«È la verità».
«Lascia perdere, »sospirò l’amico, «comunque è chiaro che vuole avere il controllo della situazione in mano».
«Non hai avuto una cattiva idea, è importante che siate in due a scegliere così come siete in due a salire sull’altare».
 Sartori sorrise con quel ghigno un po’ inquietante: «dovrai trovare un modo di convincerlo a farsi aiutare, pensi di riuscirci? »
Wakatoshi ebbe l’impressione che, dietro alla domanda si nascondesse qualcos’altro ma preferì non chiedere.
Accompagnò l’amico alla porta ringraziandolo dell’aiuto: «grazie di essere passato, ci sentiamo… »
«Certo, non vedo l’ora di ricevere il mio invito, okay?» esclamò ridendo, un cenno della mano e scomparve dalla tromba delle scale.
 
Che tipo strambo…
Era un buon amico per lui, il migliore.
Quando aveva un problema, oppure un dubbio, era la prima persona a cui Wakatoshi telefonava per chiedere un consiglio. Tendo era l’unico che si permetteva di ridergli  in faccia e di trattarlo come chiunque altro, gli parlava sempre con estrema sincerità.
I consigli di Tendo non lo avevano mai fatto sbagliare ad esclusione di quella singola volta.
Wakatoshi  si voltò e trovò Kenjiro  appoggiato allo stipite della cucina. Si mordeva il labbro nervoso.
«Davvero vorresti partecipare ai preparativi?» chiese poi vedendo lo sguardo perplesso del suo fidanzato, aggiunse: «ho sentito la conversazione con Satori… scusa, non volevo origliare».
«Non ti preoccupare, ma sì, penso che debba anche io dare una mano,» rispose Wakatoshi.
«Bene, non credevo che…»
«Non credevi cosa?»
Kenjiro scrollò la testa con non curanza: « pensavo non t’importasse molto della cerimonia».
«Perché è solo simbolica?» domandò. Allungò la mano per accarezzare i capelli chiari e il viso affilato che tanto amava.
Shirabu annuì distratto inclinando il viso per accogliere meglio la carezza: «non è un vero matrimonio, non entrerò nel registro della tua famiglia…»
«Anche se non ci sarà un pezzo di carta a confermarlo è importante per noi, ed è l’unica cosa che conta».
Ushijima mantenne la presa sul viso di Shirabu e si chinò per baciarlo.  Aprì appena le labbra sfiorando quelle di Kenjiro, una volta, poi un'altra:  tanti piccoli baci perché nessuno dei due ne aveva mai abbastanza. Si staccò quel tanto che bastava per sfiorare  il naso del fidanzato e tornare a baciarlo.
«Devo  finire quella relazione per il supervisore,» disse Shirabu dispiaciuto di dover interrompere.
«Certo».
Kenjiro si allontanò di un passo e poi si voltò: « Tieniti libero per  venerdì, abbiamo da fare per il matrimonio ».
Wakatoshi  aveva fatto centro, ma la cosa che lo rendeva più orgoglioso era vedere nascere un sorriso sul volto del suo fidanzato.
***
 
 
Per comodità avevano deciso di sposarsi  in un  hotel che organizzava eventi e matrimoni.
Kenjiro si era occupato del preventivo, era andato a visitare la location e confermato la prenotazione scegliendo una data e stabilito il calendario delle riunioni con l’organizzatore. Era  addirittura andato da solo al primo incontro  per concordare gli inviti, la disposizione dei tavoli, la musica di sottofondo.
«Non ti preoccupare, ci sono ancora molte cose che dobbiamo fare,» disse Shirabu mentre erano in auto per raggiungere l’hotel.
Ushijima vedeva il sorriso appena accennato sulle labbra di Kenjiro, anche se i suoi occhi erano concentrati sulla strada davanti a sé, mentre guidava. Aveva memorizzato il viso di Shirabu in ogni sua espressione ad ogni suo impercettibile cambio di umore. Era la cosa più bella che avesse mai visto, gli occhi seri e calmi adoranti  sotto la frangia asimmetrica, il  naso diritto e la bocca sottile.
Le espressioni di Shirabu non si notavano facilmente, sapeva nascondere le emozioni   e senza lasciare trapelare ciò che pensava, ma, Wakatoshi  era capace di leggergli dentro.
 
Shirabu era felice e Wakatoshi condivideva  la sua gioia inesprimibile: stavano facendo un passo in più verso il loro futuro.
Si sentiva davvero un uomo fortunato nonostante la legge  non gli permetteva di dire il “Sì” in maniera ufficiale, loro si sarebbero presi quel diritto che aspettava loro come a qualsiasi altra coppia.
La loro storia era nata dall’amore.
Le male lingue dicevano che Ushijima avesse scelto Kenjiro  per la sua totale e ceca devozione.  Non lo amava perché si dedicava totalmente all’asso, ma perché era intelligente, serio e appassionato.
Non avevano valore soltanto i primi attori o i protagonisti; esistevano tanti modi di emergere, non solo al centro dell’azione ma anche dietro le quinte. Shirabu sarebbe diventato un ottimo medico perché era capace di mantenersi calmo e razionale anche nei momenti più critici. Aveva affrontato una scuola impegnativa con ottimi risultati e stava affrontando la specializzazione  con lo stesso spirito di abnegazione che aveva quando giocava.
Amava ogni suo pregio come ogni suo difetto, amava giocare  a scacchi con lui amava andare al cinema o al teatro, trovarsi la sera e parlare o fare l’amore.
Kenjiro era la persona che aveva trovato seguendo il filo rosso del destino, e non lo avrebbe lasciato andare.
 
Lasciarono l’auto in un parcheggio a pagamento, a qualche isolato dal hotel. Fecero il resto della strada a piedi, osservando distrattamente le vetrine dei negozi.
Ad accogliergli nella hall trovarono Yuki il loro moderatore, addetto all’organizzazione di tutto l’evento.
«Benvenuti,» salutò con un elegante inchino, «è un piacere fare la sua conoscenza, Ushijima-san».
Era un uomo alto  e moro con una montatura d’occhiali costosa e l’aria snob. Li accompagnò in un piccolo salottino privato dall’aria lussuosa. Era decorato con tre poltroncine imbottite color  crema  e un tavolo basso dove, in mezzo, era appoggiato un vassoio con due cocktail  analcolici.
«Un piccolo omaggio,» spiegò l’uomo indicando i due calici.
Yuki prese la penna e il taccuino sopra il tavolo e si sedette sulla poltroncina davanti alle altre due.
«Bene, prima di portarvi nella sala pranso per l’assaggio del menù, alcune informazioni;» sfogliò il taccuino, «le partecipazioni di nozze sono state preparate e  inviate; potrete confermare il numero degli invitati entro un mese prima della data che avete scelto;» girò un altro foglio, «per quanto riguarda la cerimonia avete già scelto il rito?»
Wakatoshi poggiò il bicchiere sul tavolino: «Rito?»
«Non essendo un matrimonio civile possiamo personalizzare la cerimonia,» si affrettò a spiegare Kenjiro.
«Il nostro hotel offre alcune idee per i più indecisi,» Yuki prese un foglio dorato che porse a Ushijima.
Kenjiro sembrava aver le idee chiare: «Mi piacerebbe il rito della luce, mi sembra sobrio e suggestivo, che ne dici?»
 
La lista che Wakatoshi teneva in mano consisteva nella descrizione di alcuni riti simbolici, i quali, prevedevano l’uso di svariati oggetti: candele, nastri, rose o recipienti di sabbia. Wakatoshi non se n’intendeva perciò lasciò la scelta al suo fidanzato.
«Sono d’accordo».
Yuki squittì deliziato : «Ottima scelta!», scrisse un appunto poi si rivolse di nuovo alla coppia di sposi, «volete scegliere come  celebrante un vostro amico o preferite chiamare un celebrante professionista?»
Ushijima  ebbe un lampo negli occhi: «Tendo Satori sarebbe felice di farlo per noi».
«Sono sicuro di sì…» rispose Shirabu con una smorfia.
«Farà un ottimo lavoro…» ribadì Ushijima.
Kenjiro cedette: «Sicuramente saprà intrattenerci».
Subito dopo, Yuki consegnò un biglietto ciascuno con l’appuntamento che aveva preso per loro con un atelier di vestiti da cerimonia.
Poi li accompagnò nella sala da pranzo, dove li aspettava un tavolo  e un cameriere attendeva per servirli.
Yuki spiegò che avrebbero assaggiato una selezione di piatti del loro menù suddivisi in quattro portate, dagli antipasti ai dolci.  Mentre assaggiavano Yuki raccontava il piatto, elencando gli ingredienti e le particolarità.
«Conosce così tante cose del menù?» chiese Ushijima.
«E’ il mio lavoro,» rispose l’uomo sistemandosi gli occhiali sul naso, «sono il moderatore che si interfaccia con gli sposi; perciò, devo poter dare più informazioni possibili».
Non aveva mai mangiato tante cose differenti, né tantomeno così saporite, piatti delicati, speziati, sufflè, zuppe, tartare di carne, verdure composte come sculture in mezzo ad un piatto di porcellana immacolata.
La sua dieta era proteica e iposodica bilanciata al millesimo perché potesse nutrire al meglio il suo corpo. Wakatoshi non era abituato a quel tripudio di sapori a volte simili, a volte contrastanti.
Non era neanche la parte migliore,  lo era vedere la felicità del suo fidanzato, mentre assaggiavano un infinità di piatti differenti, commentandoli  con lui  prima di scegliere quali servire al pranzo del loro matrimonio. Gli destava stupore e meraviglia. Ushijima sapeva perfettamente il valore delle giuramento che si preparavano a fare:  il giorno del loro matrimonio non era né il primo nell'ultimo e non sarebbe stato nemmeno il migliore della loro vita, ma un’occasione per creare nuovi ricordi.
Segnava un passaggio: si stavano promettendo il loro amore e il loro desiderio a voce alta davanti al mondo, stavano gridando che si appartenevano.
L’Hagakure insegnava che il vero significato dell’amore fosse nel celare i sentimenti, la forma più alta e pura non doveva mai essere detta.
Ushijima ci credeva; non gli  importava il riconoscimento della collettività, potevano bastare a sé stessi. Ma a volte l’amore non era sufficiente.
Ushijima e  Kenjiro si erano scelti ed ora volevano un gesto concreto che testimoniava quella scelta.
Era importante soprattutto perché erano una coppia dello stesso sesso. Testimoniare la loro esistenza, dire che il loro amore non valeva di meno, era  necessario, un atto politico e una presa di posizione oltre il semplice desiderio di ufficializzare la loro relazione.
Ma, la dedizione per i preparativi, passare giornate intere a scegliere il menù, o le decorazioni, la musica di sottofondo, e chissà cos’altro lo stupivano profondamente. Era molto più complicato di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
 
Quando ebbero finito Wakatoshi fece per alzarsi  ma Yuki di gran carriera arrivò con un enorme faldone.
«Ed ora la torta nuziale, » disse appoggiando il raccoglitori sopra il tavolo dove erano seduti, «per aiutarvi con la scelta vi propongo una serie foto con diversi tipi di torte».
«Vi lascio guardare in tranquillità, torno più tardi,» disse prima di congedarsi con un inchino.
Shirabu batté le manie estasiato: «Cominciamo?»
Wakatoshi sorrise: «Non vedevi l’ora, vero?»
Kenjirō arrossì colto in fragrante; era un amante dei dolci sfegatato senza ammetterlo apertamente. Ogni volta che Ushijima lo beccava con un dolcetto in mano aveva una scusa pronta; una volta aveva avuto un calo di zuccheri, una volta un calo di pressione, oppure non c’era nient’altro di vagamente commestibile al combini o alla mensa della scuola di medicina.
«Sì va bene, contento?» sbuffò.
Wakatoshi rise; Non era qualcosa di impossibile ma di inusuale sì. Lo stoico asso mancino, il sovrano indiscusso rideva di rado, ma quando lo faceva il suono che usciva era melodioso e profondo.
«Voglio che tu sia felice,» rispose.
«Lo sono, molto. Bene adesso vediamo di scegliere la torta, se vogliamo tornare a casa ad un ora decente.»
Passarono dieci minuti prima di riuscire a trovarne una di loro gusto.
«Che ne dici di questa?» chiese Shirabu indicando una torta a cinque piani su cui erano sistemati dei globi gialli tutto intorno per ogni piano.
«Troppo pomposa,» rispose Ushiwaka  e ne indicò un’altra, a forma quadrata, «questa?»
Shirabu storse il naso: «volevo qualcosa di più elegante…», quando girò la pagina un alta volta si illuminò: «questa!»
Il dito del fidanzato stava indicando una torta a cinque livelli: la base più ampia  e gli altri livelli più piccoli posizionati su alzatine. I dischi di pan di spagna farciti con crema  e ricoperti con panna bianca, decorati con rose bianche.
Era semplice ed elegante proprio come loro.
«Mi piace».
 
***
 
 
La risata fragorosa di Satori si propagò per tutta la stanza, tanto forte che Ushijima pensò che  si fosse sentita per tutto l’atelier.
L’amico si era preso un giorno di ferie per accompagnarlo a scegliere il vestito e mentre aspettavano che il commesso prendesse alcuni abiti per la prova, avevano chiacchierato  sulle ultime novità.
«Olololo!» Satori  inclinò la testa in dietro, «sei riuscito a farti coinvolgere, interessante!»
Wakatoshi annuì appena. Non sapeva se essere grato o offeso per lo stupore succitato alla notizia di aver ottenuto ciò che voleva. Con Tendo non si poteva mai dire cosa passasse per davvero in quella sua testa.
«A che punto siete?»
«Buono credo,» si voltò per guardare in faccia il suo migliore amico, «ti devo chiedere una cosa molto importante…»
«Vuoi che sia il tuo testimone?»
«No, vorremmo che tu fossi l’ufficiante della cerimonia».
«Davvero?» disse le labbra tremanti gli occhi sgranati che  tremolavano  per le lacrime che volevano uscire.
Al cenno affermativo di Wakatoshi, Tendo fischiò mentre lo abbracciava stretto, troppo commosso per poter parlare.
«Bene, parleremo dopo, adesso scegliamo il vestito perfetto».
Satori doveva avere doti mistiche perché proprio in quel momento comparve il  commesso con una serie di abiti da proporre.
«Ushijima-san, iniziamo a provare,» disse appiccò i vestiti su una gruccia bianca vicino al separé.
«Entri pure, le passerò io i capi a mano a mano».
Wakatoshi fece come gli era stato detto, mentre Satori si sedette comodo sulla sedia appoggiata alla parete.
La stanza era  rettangolare , su un lato corto c’era il separé, e sul lato opposto una fila di specchi che proseguivano anche sul  lato lungo, mentre ,  le sedie per gli ospiti erano poggiate sulla parete di fronte agli specchi.
Il primo abito che provò era uno smoking blu gessato, con camicia, gilet e cravatta bianchi.
«Non male,» cinguettò Satori con gli occhi vispi che lo osservavano criticamente, per vagliare la scelta.
Fosse stato per lui avrebbe preso subito il primo, ma gli  venne fortemente sconsigliato di non lasciarsi tentare dal primo abito che vedeva, ma di provarne di più.
Il secondo abito era un redingote  blu notte quasi nero;  la cravatta stretta e il gilet bianchi ma decorato con un motivo geometrico.
«Ti sta molto bene, Wakatoshi-kun!» esplose Satori quando uscì dal camerino.
 Ushijima si guardava allo specchio; si sistemò la giacca in modo tale che il tessuto fosse ben teso sulle spalle e lungo il busto, si girò prima destra, poi a sinistra, sempre osservando criticamente il suo riflesso.
«Invidio il tuo entusiasmo, Satori». 
«Non ti piace?»
«Mi piace».
Non riusciva a esaltarsi per un abito a prescindere da quanto  bello fosse; avrebbe potuto prenderne uno qualsiasi e non gli sarebbe importato. Tuttavia, sentiva di perdere un pezzo, qualcosa d’importante da quei momenti che agli occhi degli altri erano fondamentali.
Tendo appoggiò i gomiti sulle sue lunghe gambe,  le mani sul volto e lo fissò con gli occhi curiosi. Con la testa rasata sembrava ancora più strambo di quando, al liceo, li teneva più lunghi sparati in aria. 
«Qual è il problema?» chiese.
«Non riesco ad entusiasmarmi per la scelta di un vestito, o dei preparativi  per un singolo giorno…»
Non sapeva trovare parole migliore per esprimere la sua opinione senza apparire freddo e insensibile.
 Buffo, inquietante, incompressibile Satori  disse una cosa saggia:
«Non sentiamo tutti allo stesso modo, e non è un male per forza, ma sai, alla fine si vuole solo festeggiare qualcosa che ci rende felice tutti i giorni».
Wakatoshi annuì.
Il terzo modello era un tight nero come la cravatta, camicia bianca, gilet grigio con bottoni neri.
 Provò due differenti abiti tradizionali, sotto insistenza di Tendo, i quali scartò subito.  Si rifiutò di provare tutte le altre proposte: giacche bluette damascate o abiti con improbabili rifiniture  barocche non facevano al caso suo.
«Dunque, la scelta è tra questi tre modelli,» disse il commesso indicando i tre completi appesi sulla rastrelliera, che aveva preparato per l’occasione, «quale sceglie, Ushijima-san?»
Wakatoshi guardò i tre abiti e cercò di immaginare quale Shirabu avrebbe scelto. Con il viso  del suo fidanzato negli occhi, indicò il redingote.
«Prendo quello».
Il commesso gli chiede di indossarlo una seconda volta per prendergli le misure e vedere ciò che andava modificato, dopodiché Ushijima poté rivestirsi.
«Ci lasci un suo recapito, quando il vestito sarà pronto la contatteremo».
«Va bene».
Ushijima decise di acquistare anche le scarpe, ma per sua fortuna fu molto più facile. Pagò il conto, ed insieme a Satori, uscì dal negozio.
 
 
 
***
 
 
Incontrò nuovamente Yuki quindici giorni dopo; un sabato perché nessuno dei due fidanzati era riuscito a trovare un momento libero durante la settimana.
Il tema dell’incontro erano addobbi floreali e lo svolgimento della cerimonia.
«Al centro della stanza, come potete vedere,» Yuki parlava velocemente gesticolando e camminando insieme, « c’è il leggio del celebrante, e voi sederete davanti.»
La stanza era grande  e luminosa; il leggio nero era al centro, e davanti, sia  a destra sia a sinistra  erano disposte file di sedie nere imbottite, separate dalla navata, uno spazio per permettere  il passaggio sposi.
«Se posso permettermi un consiglio, addobberei  le sedie ai lato con dei  drappi  bianchi a cui legheremo dei mazzi di fiori, in più una scia di fiori sul pavimento».
Parlò di composizioni floreali per quindici minuti senza quasi mai riprendere il fiato.
«Prima di andare dal fioraio, vorrei parlarvi dei vari passaggi della cerimonia,»  continuò Yuki pratico.
Spiegò che le cerimonie simboliche come quelle tradizionali avevano dei passaggi fondamentali: l’introduzione del celebrante, il corteo degli sposi, gli omaggi dei testimoni , lo scambio delle promesse in fine il rito simbolico scelto.
«A questo punto, ci sarà il vostro gesto simbolico che,» diede un’occhiata agli appunti, « nel vostro caso si tratta del rito della luce».
Kenjiro annuì lasciando un occhiata al fidanzato: « dovremo  accendere una grande candela con due più piccole».
La spiegazione, Ushijima ne era certo, era in favore suo.
 Non poteva dare torto alla mancanza di fiducia di Shirabu; aveva letto distrattamente  il foglio illustrativo  che Yuki gli aveva consegnato e dimenticato subito il contenuto.
Yuki si spostò  verso il punto in cui, presumibilmente, sarebbe stato il piedistallo con la candela da accendere.
«Ovviamente farete una prova prima del grande evento,» spiegò Yuki, «ma vi spiegherò le fasi brevemente».
La cerimonia era semplice: I loro testimoni avrebbero consegnato due candele accese con cui poi Shirabu e Wakatoshi avrebbero acceso la grande candela.
Yuki consegnò loro dei fogli: «Vi consegno già il testo che voi e il celebrante dovrete leggere, semmai voleste personalizzarlo».
Passarono il resto del pomeriggio  dal fioraio per scegliere i fiori giusti per le composizioni.  Wakatoshi cercò di seguire la discussione del suo fidanzato con Yuki, sui colori, i tipi e il significato simbolico di ogni pianta.  Non diede nessun contributo alla conversazione  tanto era confuso da tutte quelle informazioni.
Ushijima si sentiva fuori posto, poco preparato, nonostante volesse a tutti i costi compiacere Shirabu;  passando tutte quelle ore a pensare, decidere sui dettagli della cerimonia aveva capito davvero quanto Kenjiro tenesse nel vedere realizzato il matrimonio dei suoi sogni.
Wakatoshi non era il tipo da frivolezze ma avrebbe dato al l’uomo che amava qualsiasi cosa avesse voluto,  anche se  non ne capiva l’utilità.   
Dopo la conferma del numero dei partecipanti, a maggio, la maggior parte dei preparativi erano conclusi.
«Quando è il prossimo appuntamento?» chiese la sera dopo l’ultimo incontro.
 Kenjiro sorrise: « non abbiamo più impegni fino alla prova generale una settimana prima della data;»  appoggiò le bacchette sul piattino,« è il bello di avere qualcuno che organizza per te».
Wakatoshi tirò un sospiro di sollievo. Era nel pieno della stagione  tra allenamenti e match, riuscire a trovare il modo di partecipare agli incontri con Yuki era stata una impresa titanica.
«A proposito  cosa farete per l’addio al celibato?»
Ushijima alzò le spalle: «Non lo so; Tendo ha detto che la sua bocca è cucita».
«L’addio non è organizzato dal testimone?» chiese Kenjiro.
«Infatti, se ne occupa insieme a Reon,» rispose lui.
«Mi fa sentire più tranquillo,» lanciò un’occhiataccia al Wakatoshi, «non ridacchiare tanto, sai benissimo che è pazzo!»
Un'altra usanza assai strana, dire addio alla vita da scapolo era per lui molto curioso.  Tanto per cominciare conviveva già da due anni, e inoltre, non sarebbe stata davvero l’ultima notte.  Si sarebbe sposato  il 10 giugno, ma per riuscire ad incastrare gli impegni dei loro amici avevano dovuto anticipare al terzo fine settimana di maggio.
Quando lo aveva fatto notare, Tendo aveva liquidato: «Non essere così fiscale».
Non riuscì ad ottenere nessuna informazione  fino al giorno prima della data stabilita. Reon gli aveva detto di preparare una borsa per una notte, con abiti comodi poco costosi  e scarpe da ginnastica.
«Dove andiamo?»
 Reon rise: « Lo vedrai, ci divertiremo».
La mattina vennero a prenderlo con l’auto di Hayato; c’erano soltanto Reon e Tendo. Sarebbero dovuti venire anche Goshiki e Kawanishi.
Semi, invece, avrebbe passato una notte in una famosa città termale insieme a Kenjiro e ad altri colleghi dell’internato di medicina.
«Dove sono gli altri?» chiese Wakatoshi dopo essersi seduto sul sedile del suv.
«Vengono con un'altra auto, ci vedremo direttamente lì,» rispose  Hayato.
«Dov’è questo posto?» chiese un po’ preoccupato.
Tendo si sporse dall’ sedile posteriore: «E’ una sorpresa, Wakatoshi-kun!»
 
Il luogo che i suoi amici avevano scelto era meno eccentrico di quanto aveva previsto. Avrebbero passato  il fine settimana in un campeggio esperienziale immerso in un bosco secolare.
Il parco sembrava gigantesco, gli alberi alti, l’aria pulita e  fresca, ma c’era il sole; sarebbe stata una bella giornata.
Goshiki e Kawanishi erano già arrivati e gli aspettavano davanti all’entrata.
Ad attenderli alla reception, una costruzione in legno molto semplice, fecero il brindisi di benvenuto;  i suoi amici s’impegnarono a renderlo più rumoroso possibile, con esclamazioni e risate.
Sistemarono le loro borse nell’alloggio, che consisteva in una tenda sospesa.  
 
Macchie colorate tra gli alberi , raggiungibili da una scaletta  fatte di corda simile a quelle usate dai marinai.  
Sarebbe stato bello dormire  tra il cielo e la terra;  per la prima volta, Wakatoshi  si sentì felice di essere lì  ed era  curioso di vedere cosa i suoi amici avevano organizzato.
«Che  i giochi i abbiano inizio!» esclamò Tendo.
La prima attività nel programmata per la giornata in una sfida al tiro con l’arco, Gli organizzatori avevano preparato un area all’aperto in uno spazio erboso, arco e frecce, pronti per essere utilizzati.
Misero le protezione, il para braccia e il parascenio e la faretra che avrebbe contenuto le frecce, aiutati dall’istruttore, il quale avrebbe dato una breve lezione prima di cimentarsi nella prova.
Il loro primi tentativi di incoccare la freccia furono desolanti,  l’arma cadeva spesso e per tirare il primo colpo impiegò parecchio tempo. Ovviamente la freccia  non raggiunse mai il bersaglio ma si fermò a pochi metri da lui.
« È  rincuorante sapere che in qualcosa sei un disastro! » rise di cuore, Goshiki.
Wakatoshi sorrise a sua volta: « Non mi sembra che a te vada meglio.»
« Aspetta e vedrai, riuscirò a batterti, Ushijima-san!»
La lezione durò per il resto della mattinata  ma i risultati  migliorarono di poco.  Pranzarono con panini imbottiti poi nel pomeriggio fecero la gara.
Per giocatore avevano a diposizione 20 sessioni di tiro da tre freccia ciascuna in massimo due minuti; il punteggio andava da 1 a 10. Se perdevano la zona gialla ovvero la parte centrale del bersaglio, perdevano 10-9 punti, la zona rossa 8-7, la zona blu 6-5, la zona nera 4-3, la zona bianca 2-1 e se la freccia cadeva nella zona bianca più esterna del bersaglio valeva zero, ovvero lancio mancato.
La gara cominciò.
L’aria che tirava era straordinariamente fuori posto, considerano che erano lì per divertirsi, tuttavia sembravano guerrieri pronti alla battaglia. Nessuno di loro fiatava, espressioni seri da duri. Beh, tutti tranne Satori il quale tratteneva a stento le risate.
 
Si posizionarono uno in fila  ad una distanza di circa 18 metri dai bersagli davanti a loro. L’istruttore disse loro di prepararsi: posizionarono la freccia nel rest[1] tesero la corda e tirarono tutti in contemporanea.  Wakatoshi mancò il primo tiro, il secondo finì nella zona nera, il terzo nella zona rossa
«Undici punti, non male Wakatoshi-kun!»
Avrebbe potuto fare di meglio, lanciò uno sguardo al bersaglio di Tendo.
«Hai fatto un centro,» disse indicando la freccia finita sulla zona gialla.
«Fortuna del principiante?», suppose con un alzata di spalle, « gli altri tiri sono andati in bianco.»
Goshiki  aveva fatto  9 punti ,Reon  ne aveva fatti 12 , Hayato 7, Kawanishi 6 punti.
Tsutomu si lamentava prono sbattendo i pugni sul terreno, poiché ancora una volta, non era riuscito a battere il suo storico rivale.
«Ci sono ancora 19 sessioni, potrai rifarti,»  cercò di consolarlo Reon. Le sue parole erano sempre state balsamo  per il Kohai.
 Il risultato fu immediato; Tsutomu si rialzò con l’ara di chi avrebbe vinto il campionato mondiale di tiro con l’arco.
Non fu così.
 Dopo la gara ci fu la seconda prova: la cena.
I gestori del camping avevano preparato tutto l’occorrente per una grigliata di carne colossale ma toccavo loro preparare il loro cibo. Da accedere la griglia, a cuocere la carna e soprattutto tagliare e grigliare anche le verdure.  
In qualche modo riuscirono a non bruciare né la carne né le verdure,
Dopo cena ci fu il gioco notturno: nascondino il mezzo al bosco.
 A Wakatoshi   toccò state sotto mentre i compagni cercavano, il più velocemente possibile. Contò fino a cento prima di iniziare la caccia mentre cercava di intravedere i suoi amici tra il fogliame degli alberi,  si ripromise di fare degli incontri così più spesso, anche con Semi e Kenjiro, non solo per occasioni particolare come un matrimonio. Tornare indietro nel tempo,  a quando erano a liceo e passava la maggior parte del tempo con i suoi compiangi di squadra, alla spensieratezza che credeva di aver perso molto prima invece, si rendeva conto di quanto fosse stato giovane, inesperto e forse lo era ancora.
Ecco cos’era l’ultima notte da scapolo: la celebrazione della fine di un periodo e l’inizio di un altro. Ricordare la strada fatta e fare un augurio a quelle che avrebbe fatto.
 
 
***
 
Le giornate si facevano sempre più calde e mentre sui monti la neve era ormai un ricordo,   i rami degli alberi erano pieni di foglie verdii erano pieni di foglie verdi che brillavano a contrasto con il cielo azzurro. . Era piacevole camminare  nelle strade deserte  circondato dai giardini delle abitazioni che stavano fiorendo, gli uccelli che cinguettavano, appoggiati sui fili elettrici sopra la sua testa.
Entrando nello spogliatoio, Wakatoshi fu accolto dai saluti festanti dei suoi compagni già mezzi svestiti.  Mentre si cambiava, ascoltava le loro chiacchiere  intervenendo con qualche breve commento solo se interpellato, poi, le attività mattutine incominciarono: la ginnastica di riscaldamento  e corsa.
Non era cambiato molto dal liceo, era ancora  stoico e silenzioso ed era il giocatore  che durante la corsa distanziava gli altri perché nessuno teneva il suo passo.
 O quasi.
Ushijima sentì dei passi avvicinarsi prima di essere affiancato da Kageyama Tobio, numero 20, palleggiatore, l’unico che stava al suo passo. Non sapeva dire se per abilità o per il solo puro senso di competizione.
Wakatoshi sorrise senza dire  nulla continuarono a correre in religioso silenzio.
Avevano impiegato un po’ ad abituarsi l’uno alla presenza dell’altro ma ora  apprezzava la sua compagnia.
Non che fosse facile averci a che fare, così esigente e poco incline a mettersi da parte. Ma doveva ammettere che era davvero un genio.
Il potenziale di Kageyama era ancora in continua evoluzione ma ormai da qualche anno aveva  abbandonato completamente le vecchie abitudine trovano un equilibro tra le sue straordinarie capacità e l’esigenza di adattarsi  alle esigenze  dello schiacciatore.
 
Mentre si riposavano dalla corsa bevendo, si ricordò di ciò che gli aveva raccontato il suo vecchio coach; glielo aveva accennato al telefono quando gli aveva confermato la sua presenza alle ricevimento.
«Ho saputo che Hinata Shoyo è tornato…»
Era curioso di sapere quale mossa avesse in mente il numero dieci del Karasuno. Non c’era persona più indecifrabile di lui; più  cercava di venirne a capo più diventava inafferrabile.
Gli occhi blu di Tobio s’illuminarono: «Sì.»
«Sei‪ ‪‫riuscito a vederlo?»
 Tobio fece un’espressione strana: « Solo di sfuggita, si è appena  trasferito a Kyoto.»
Alla domanda silenziosa di Wakatoshi il palleggiatore spiegò: « È entrato nei MSBY Black Jackal.»
Un fremito di eccitazione attraversò tutta la colonna vertebrale di Ushijima alla sola idea di potersi confrontare un'altra volta con  il numero dieci del Karasuno.
«Lo affronteremo nella prossima stagione, allora.»
Kageyama annuì.
«Ci vedremo nel prossimo fine settimana libero,» spiegò con un incertezza nella voce  che non gli aveva mai sentito.
Tobio si pulì la bocca con il dorso della mano, attappò la borraccia e lo soppesò come se volesse chiedergli qualcosa ma non osava o non sapeva come fare.
 «Volevo chiederti…» Tobio  fece per parlare ma poi si bloccò di nuovo.
«Cosa?»
Kageyama scosse la testa: «Come sta andando la tua nuova schiacciata?»
Ushijima stava provando ad imprimere alla palla una oscillazione circolare per aggiungere potenza alla schiacciata rendendo più difficile la  ricezione agli  avversari.
Era chiaro che quella non era la domanda che voleva fargli, ma fece finta di nulla. Non era un tipo insistente.
«Bene, riesco a controllarla e le probabilità di riuscita stanno migliorando,» rispose.
Romero comparve alle loro spalle, sorridente diete un colpo sulla spalla di Kageyama.
«Su, ragazzi, la pausa è finita è ora di fare sul serio!»
***
 
Quel pomeriggio finirono più tardi del previsto: il coach gli aveva trattenuti con una riunione fuori programma,  che durò ore.
Uno ad uno i suoi compagni di squadra se ne andarono a casa e quando fu sul punto di seguire l’esempio Kageyama lo bloccò sulla soia della porta della palestra.
Il palleggiatore  si guardava nervosamente a torno per controllare che nessuno fosse nei paraggi. Aveva provato per tutto il giorno di chiedergli qualcosa in privato ma non c’era riuscito. Kageyama si tormentava con rabbia  il labbro inferiore dal nervosismo.
 
Tobio prese  coraggio e sputò: «Ho bisogno di un consiglio».
Cominciò un discorso sconclusionato, parlando piano e così velocemente che Wakatoshi faticava a stargli dietro.
Qualcosa sul fatto di  non  avere nessun altro a cui chiedere: Tobio non poteva chiedere  a  Romero perché temeva di sembrare uno stupido. Chiedere ai suoi ex compagni del liceo  era escluso, voleva evitare di essere preso in giro. Inoltre, piuttosto che chiedere un consiglio a Tsukishima si sarebbe ucciso.
«Cosa vuoi chiedermi davvero?»  chiese perplesso.
 Tobio arrossì: «Voglio chiedere ad Hinata di sposarmi, io…»
«…non so cosa fare,» continuò, «come potrei chiedergli di sposarmi senza sembrare un completo idiota?»
  
Wakatoshi si fermò impietrito sul posto. 
«Ushijima-san?» chiese perplesso Kageyama.
Il ricordo della sera precedente lo investì in pieno.
«Domani abbiamo la prova per la cerimonia, riesci a farcela?» chiese Kenjiro.
 Ushijima  fece cenno di sì: «Ti raggiungo dalla palestra».
«Se fai tardi chiamami, ok?»
Prese il cellulare dalla tasca del borsone;  era rimasto nella palestra insieme alle sue cose per tutto il giorno. C’erano diverse chiamate di Kenjiro e di Satori.
Avrebbe fatto a tempo  a raggiungerli? Guardò l’orologio ma l’ora dell’appuntamento era passata da troppo tempo per farcela.
«E’ successo qualcosa?» la voce di Kageyama lo riscosse da quel torpore, alzò la testa di scatto verso il suo compagno che lo fissava.
«Sembri sconvolto…»
Tobio e Wakatoshi si somigliavano molto; entrambi talentuosi nella pallavolo, ma un  po’ meno nelle relazioni; incapaci  di comprendere gli stati d’animo degli altri, capire i doppi sensi e  il peggior tempismo per parlare.  Se appariva  “sconvolto” agli occhi di Kageyama era perché lo era davvero tanto.
Aveva dimenticato di chiamare Kenjiro per avvertirlo della riunione. Ushijima non dimentica mai nulla, come stato possibile? Soprattutto dopo essersi impegnato così tanto  per rendere felice il suo fidanzato.
Shirabu teneva così tanto ad ogni piccolo dettaglio e Ushijima aveva dimenticato di avvertirlo che non sarebbe potuto venire. Peggio, aveva proprio rimosso l’appuntamento.
«Non sono il più indicato per dare consigli,» cominciò grave, « ma ti posso assicurare che la proposta è la cosa più facile».
«Davvero?»
«Dillo come  ti senti, ed andrà bene, Hinata saprà capire».
Poi digitò il numero di Shirabu.
 
***
 
 
Trovò Kenjiro in cucina intento a preparare qualcosa per la cena.
Sembrava  stranamente tranquillo; anche al telefono aveva cercato di rassicurarlo dicendo che non era nulla di grave.
La prova consisteva semplicemente di provare le varie fasi della cerimonia insieme al celebrante
di un giorno, Sia Yuki che Satori erano stati disponibili, era bastato spostare la prova.  
 
«Mi dispiace, » disse Wakatoshi  fermo con le mani appoggiate agli stipiti della porta.
 «Non è nemmeno legale,» disse Kenjiro voltandosi verso di lui, «non sono arrabbiato».
Shirabu era ancora convito che quel matrimonio avesse meno valore e che fosse normale lasciarlo ad aspettare per ore, senza rispondere alle chiamate né avvisare.
«Dovresti.»
Shirabu aprì leggermente la bocca sorpreso.
« Indipendente dall’importanza , ho mancato un impegno che avevamo preso».
Ushijima  entrò  nella stanza, si avvicinò al suo uomo fino a sfioragli i capelli con il viso. Inspirò il suo profumo per imprimerlo nella mente ancora una volta.
 
« E comunque, era importante perché si tratta del nostro matrimonio, anche nella più piccola cosa; non ha meno valore  perché non è legale ».Si scostò quel tanto per osservare gli occhi di Kenjiro fasi più chiari e lucidi. Gli accarezzò il volto, posandosi leggermente sulle labbra prima di chinarsi per baciarlo.
Kenjiro si limitò a stringerlo forte.
 
 
***
 
 
 
 
 
 

Il giorno del matrimonio

 

 
 
 
Gli sposi avevano deciso di percorrere la navata insieme, preferendo un corteo semplice.
 Si trovavano entrambi in una zona riservata aspettando di avere il via per avvicinarsi e il nervosismo si stava facendo sentire.
Eppure, fino a poco prima stavano dando il benvenuto agli ospiti che arrivavano sorridendo  rilassati.
Kenjiro osservava gli invitati sedersi  sulle sedie nere , i testimoni, Reon e Semi, erano seduti ai lati, dietro alle sedie destinate agli sposi, Satori  era in posizione pronto a leggere il suo discorso introduttivo. Aveva un bellissimo vestito da sartoria scuro di broccato, una cravatta verde che s’intonava alla perfezione con il colore dei suoi capelli. 
Con aria solenne, di chi aveva preso molto sul serio il suo compito, iniziò: «Cari amici, care amiche, benvenuti!»
Il brusio cessò di colpo.
«Siamo riuniti qui in questa stanza per festeggiare Wakatoshi-kun e Kenjiro kun…», fece una pausa ad effetto, «la scelta che si apprestano a fare non è un punto di arrivo né tanto meno un inizio, ma certamente importante perché stanno affermando  ad alta voce la loro decisione».
«Che belle parole,» sussurrò sorpreso Kenjiro.
Wakatoshi gli strinse il braccio leggermente senza distogliere lo sguardo dalla sala.
«Una possibilità che viene negata ingiustamente. Hanno deciso di sposarsi perché lo vogliono e il diritto di poter scegliere non deve essere negato a nessuno».
«Qualcuno potrà sostenere  che il matrimonio sia un’usanza vecchia e desueta, ma io mi domando se non sia piuttosto l’idea che molti hanno ad essere vecchia e desueta, piuttosto che il matrimonio in sé stesso.»
Il silenzio in cui la sala era immersa testimoniava l’emozione che quelle parole facevano provare.
Yuki fece loro cenno di avvicinarsi.
Wakatoshi strinse la sua grande mano alle lunghe e sottili dita di Shirabu e lo accompagnò  al punto in cui il corteo nuziale avrebbe dovuto cominciare la breve sfilata fino al leggio.
«Quindi v’invito ad assistere a questa solenne occasione con il rispetto che  merita,» concluse il discorso facendo poi un segno e la musica partì.
I due nipotini di Shirabu  precorsero  il tappeto rosso davanti a loro spargendo piccoli fiori bianchi e rosa.
Wakatoshi stava vivendo un sogno ad occhi aperti in cui lui e Kenjiro erano  chiusi una bolla, nella quale  tutti i rumori  e le sensazioni filtravano ovattate. Non sentiva nessuno se non Kenjiro accanto a lui e il calore che emanava.
La musica iniziò sfumare poco prima che raggiunsero l’arco, in cui ora accanto a Satori, c’era una grande candela bianca decorata con fiori d’arancio.
Tendo sorrise: « Ora, i testimoni degli sposi leggeranno dei brevi pensieri di auguri,» si scansò per lasciare il posto al primo testimone. Etia Semi  sistemò il microfono e con voce evidentemente emozionata disse: «Conosco Wakatoshi e Kenjiro dal liceo, abbiamo giocato insieme nella stessa squadra di pallavolo; Kenjiro mi ha anche soffiato il posto da titolare, ma, non ce l’ho con lui per questo».
Il pubblico rise, Etia continuò: « potrei raccontare mille aneddoti ma nessuno potrà rendere giustizia alle persone e alla coppia che sono; sono un esempio per tutti noi, vi auguro ogni bene».
Gli invitati applaudirono mentre Etia lasciava il posto a Reon.
«Durante una corsa, un passo è soltanto uno dei tanti che l’atleta fa, ma per quanto banale possa essere, ogni volta che muove le gambe è più vicino al traguardo. Senza quel singolo passo non si può raggiungere la meta,» Reon si rivolse agli sposi e concluse, «amici miei, sono orgoglioso di essere  testimone  di questo giorno; è solo vostro e godetevelo».
Un altro applauso festante, Reon abbraccio brevemente gli sposi come aveva fatto  Etia prima di lui.
Mentre i loro testimoni accedevano le candele per concludere la cerimonia, Satori tornò dietro al leggio.
«Prendete ognuno la vostra candela e accendete insieme la candela centrale simbolo del vostro amore e della promessa che vi state scambiando. La luce della candela rappresenta l’unione di due anime. Due individui che diventano uno attraverso il matrimonio».
Shirabu prese la candela che Semi gli porgeva.
«Wakatoshi,  questa fiamma rappresenta il mio amore per te. Con il mio cuore unito saremo più forti e più al sicuro. I miei passi si uniscono ai tuoi per aprire nuove strade, per superare gli ostacoli, per  superare i momenti bui. Ti sosterrò quando la pietra da sollevare sarà pensante, sarò il tuo  porto  quando il mare sarà in tempesta. Sarò tutto quello che servirà per renderti immensamente felice».
 Toccò a Reon passare il lume a Wakatoshi.
«Kenjiro, il mio amore è rappresentato da questa fiamma. Ti regalo il mio cuore perché insieme al tuo saremo più forti. M’impegnerò  per il tuo benessere.  Sarò forte quando sarai debole, sarò il tuo posto sicuro quando avrai paura, sarò la tua ombra  quando avrai caldo, sarò la pomata che allenirà il tuo dolore, sarò tutto quello che servirà per renderti immensamente felice.»
Wakatoshi comprese il senso dei dettagli, del passare ore a preparare  e organizzare ogni insignificante particolare.  Dava sostanza  al momento, come quando si mangiava il cibo che si preparava , così la gioia che stavano provando era più forte perché tutto era frutto del loro impegno.
Si avvicinarono alla grossa candela e nello stesso istante  stoppino di accese.
Satori sorrise, allargò le braccia:  «Con questo gesto vi dichiaro marito e marito, ora, potete baciarvi».


 
Fine
 

Note finali


 
 
Lo so, troppe note in questa one-shot XD Ma devo fare delle precisazioni che non potevo fare prima.
Non avevo la più pallida idea di cosa potessero fare dei giovani uomini per un addio al celibato, per cui ho tratto inspirazione da un sito interessante che organizza questo tipo di eventi: Nottedaleoni.it.
Per le promesse mi sono inspirata a quelle che si usano di solito per i matrimoni simbolici. La mia fonte: https://goldstyleblog.wordpress.com/tag/phil-bosmans/
 
 
 
 
 

[1] Portafrecce, serve da appoggio per la freccia quando si tira in modo tale che questa non cada aprendo l’arco.
   
 
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