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Autore: Rouge De La Croix    06/09/2009    1 recensioni
"Aveva cercato un rimedio, qualcosa che lenisse il suo dolore. E l'aveva trovato, o almeno così credeva all'inizio. Ma era solo un placebo, al quale si era assuefatta dopo poco. Nonostante la sua inefficacia, aveva finito per dipenderne completamente. Cercava di averne sempre di più, ancora e ancora e ancora..."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AUTORE: Rouge De La Croix
GENERE: Drammatico

RATING: giallo
NOTE: one shot

La seguente storia è di proprietà esclusiva dell'autrice e non può essere pubblicata altrove senza il suo esplicito consenso scritto.

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Una piccola cosa prima di cominciare: queste sono le canzoni che mi hanno ispirato. Spero possano accompagnarvi nella lettura di questa storia, se amate leggeree e ascoltare musica contemporaneamente.

{Evanescence – Lithium || Tokio Hotel – Stich Ins Glück}


Aveva vissuto troppo tempo in balia della sua stessa tristezza.
Era diventata la sua compagna.
Come un parassita, essa aveva messo in lei le sue radici.
Inizialmente si era chiesta cosa avesse sbagliato, cosa avesse lei di sbagliato. Poi aveva finito per non farci più caso.
Il destino ce l'aveva con lei; la lasciava annegare in dolci illusioni, per poi ferirla mortalmente ogni volta che aveva la possibilità di crogiolarsi in esse e di abbassare la guardia.
Aveva cercato un rimedio, qualcosa che lenisse il suo dolore. E l'aveva trovato, o almeno così credeva all'inizio. Ma era solo un placebo, al quale si era assuefatta dopo poco.
Nonostante la sua inefficacia, aveva finito per dipenderne completamente. Cercava di averne sempre di più, ancora e ancora e ancora...
E questo perché il sollievo che le dava quando scorreva nelle sue vene andava diminuendo col passare dei giorni, dei mesi.
Aveva camminato in mezzo all'indifferenza della gente, sotto la pioggia. Nessuno si fermava a parlarle, a chiederle cosa avesse, ad ascoltare cosa avesse da dire...
Aveva passato giorni interi fissando la porta o il telefono, sperando che qualcuno venisse a salvarla. Ma non aveva mai sentito bussare. Mai uno squillo.
Non amava nessuno, neanche se stessa ormai, e nessuno amava lei.
L'unica cosa per la quale provava un qualcosa di lontanamente simile all'affezione era l'ago di quella siringa, che le dava quella dose di morte liquida che bramava così tanto. Una puntura, e un pezzo della sua vita scivolava via, sfuggendo al suo controllo. Si, quell'ago era davvero come un migliore amico, un fratello, un assassino e un amante.
Non dava baci, ma piccoli morsi che le lasciavano le braccia livide.
Faceva male ma sembrava farla star bene.
Da quando la sua azione aveva cominciato a diminuire, non aveva fatto altro che desiderare la fine delle sue sofferenze.
Così aveva iniziato un lento viaggio verso la fine. Ogni dose era una tappa in meno.
Aspettava di raggiungere l'ultima meta da ormai troppo tempo. E, per giunta, il suo dolore non sembrava essere svanito, ma, anzi, forse era tornato a tormentarla più di prima. Quel giorno era più acuto che mai.
Non ce la faceva più ad aspettare.
Si alzò, muovendo alcuni passi lenti e stanchi verso il bagno. Si guardò allo specchio. Non lo faceva da parecchio. Il suo riflesso sembrava non appartenerle neanche: i capelli in disordine, il viso smunto, le occhiaie.. si era decisamente lasciata andare. Ma cosa importava ormai?
Poteva fare ciò che voleva di sé e del suo corpo, dal momento che non interessava a nessuno.
Era bella, una volta, o almeno questo le diceva il suo ragazzo quando ancora stavano insieme.
Adesso era simile ad un fantasma. O forse era qualcosa di peggio.
Nei suoi occhi spenti non si leggeva alcuna emozione.
Ormai non riusciva neanche più a piangere.
Quello specchio le stava rivelando una verità scomoda e spiacevole. Si era trasformata in qualcosa che non avrebbe mai voluto diventare: un essere privo di sentimenti, di anima, di vita.
Una scarica di adrenalina le corse per il braccio. Lo sollevò in una frazione di secondo e diede un forte pugno contro lo specchio, infrangendolo.
La sua mano iniziò a sanguinare, mentre mille frammenti di vetro cadevano intorno a lei, disordinati.
La sua immagine, riflessa in quei piccoli pezzi, la faceva sentire ancora più colpevole.
L'unico modo che aveva per liberarsi era portare a termine il suo viaggio.
Prese una scheggia di vetro tra le mani. La girò, guardandola mentre riluceva sotto i pochi raggi del sole che entravano dalla finestra, poi se la passò con decisione sul polso sinistro. Il suo sangue non tardò ad uscire, copioso.
Ripeté il gesto sul polso destro, dal quale fuoriuscirono altrettanto rapidamente altri rivoli di sangue.
Continuò a tagliarsi lungo gli avambracci, poi si sdraiò tra le schegge insanguinate.
Chiuse gli occhi, attendendo la fine.
Il suo viaggio poteva dirsi finalmente concluso.

  
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