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Autore: epices_settembre17    13/04/2022    15 recensioni
Epices e Settembre17: una storia a quattro mani nata dalla stessa immagine che, per caso e quasi contemporaneamente, ha bussato a due porte diverse. A metterla su carta ci ha pensato Galla88, che di certo non ne immaginava l’utilizzo e alla quale vanno i più vivi ringraziamenti.
Dopo Saverne: briciole, momenti, vite sul piatto…
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Briciole nel piatto
 

Si è svegliato presto. 

In realtà gli sembra di non aver nemmeno dormito. 

Balza fuori dal letto con impeto, si lava, si veste e poi in cucina beve acqua rimandando la colazione.

Beve acqua e la sua gola l’accoglie con gratitudine, perché sul fondo gratta ancora il fumo che la notte prima ha respirato, la polvere che ha inghiottito quando ha urlato il nome di lei. Quando, terrorizzato, l’ha scossa per le spalle pregando che lei rinvenisse prima che la miccia si consumasse e arrivasse, strisciando, fino alla polvere da sparo. Fino a Jeanne e a Nicholas.

Esce in cortile e il chiarore del mattino lo ristora: si stiracchia tendendo le braccia verso l’alto, assaporando la dolcezza di un’alba che solo poche ore prima aveva temuto di non vedere.

“È bello essere vivi!” mormora tra sé abbozzando un sorriso di sollievo.

Poi va alle scuderie e prepara tutto per lei: tra poco si alzerà e, dopo la sua solita veloce colazione, dovranno andare alla reggia come ogni giorno.

Sistema tutto con precisione e poi torna verso il palazzo. Solleva lo sguardo alle finestre della camera di lei: i tendoni sono chiusi. Nulla di strano, è ancora così presto…

Il movimento gli ha messo appetito, così torna in cucina, versa il caffè, si prepara un piccolo piatto di biscotti e si avvia verso il salone. Vicino a una vetrata, addossata al muro, c’è la sua poltrona preferita, foderata di rosso, il cuscino morbido, lo schienale rigido. Si siede dopo aver appoggiato tazza e piatto sul piano del tavolo.

Mangiucchia a piccoli morsi per qualche minuto ma…

Ma non può far finta che quella sia una mattina come le altre, non può fingere che il giorno prima non sia successo niente. Non può fingere di non averla strappata alla morte. Per l’ennesima volta. Ormai ha perso il conto di tutte le occasioni in cui le sue braccia l’hanno stretta, lasciando tra quelle scheletriche della Nera Mietitrice soltanto un pugno di mosche. Non che gli interessi dopo tutto; l’unica cosa davvero importante è fare in modo che non arrivi mai il giorno in cui non riuscirà a portarla con sé. E pensare che per il mondo, in fondo, è soltanto il suo lavoro. Fa una smorfia amareggiata e, senza nemmeno accorgersene, inizia a frantumare l’angolo di un biscotto.

Il suo sguardo si vela e si allontana dal presente: sono gli occhi della memoria, ora, a vedere e si soffermano sugli eventi delle ultime ore. Quelli che ancora emanano l’odore acre del fumo e nauseante della paura.

 

Una briciola

L’aveva raggiunta in quel gelido corridoio della reggia e non aveva nemmeno dovuto chiedere. Le avevano rivelato il nascondiglio di Jeanne, ovvio. E ora toccava a lei andarla a prendere, impossibile rifiutarsi, impossibile temporeggiare. Doveva prenderla, era giusto così. Ma lui lo sapeva quanto le costava. Solo lui lo sapeva.

Due briciole

Perché Oscar non riusciva a vedere Jeanne solo come una donna pericolosa, diabolica, una donna da dimenticare nel fondo di una cella umida infestata dai topi? Perché era la sorella di Rosalie? Certo, ma non era solo questo. 

Jeanne rappresentava tutto ciò che Oscar aveva combattuto da sempre. Era una ladra, una mistificatrice, una criminale. Ma anche una ragazza cresciuta nella miseria più nera, una donna in cerca di riscatto, una donna che ha puntato tutto e tutto ha perso. Ma rimaneva una combattente, caparbia e tenace. E in questo Oscar le somigliava. Obbedire agli ordini e spogliarsi delle domande, spogliarsi del tormento… è possibile, Oscar? 

Tre briciole

L’ha osservata ferma e impavida nella luce della luna piena, come se il suo cuore non fosse travagliato. Come se la sua anima non patisse lo strazio che non aveva avuto remore a mostrargli. Solo a lui. Come se non stesse valutando, in tutti i modi possibili, la soluzione migliore. Quella che avrebbe fatto meno male. 

Quattro briciole

Ha seguito il riflesso dei suoi capelli d’oro, esaltato dalla carezza argentea della luna, rimbalzare da un masso all’altro in quel paesaggio brullo, fino a vederlo sparire, inghiottito da un antro oscuro con accesso diretto alle viscere della Terra. O almeno, l’impressione è stata quella. E lì  ha avuto paura.

Cinque briciole

Una paura folle e smisurata, come l’amore che prova per lei. La paura che ha sentito quando, contro ogni ordine, è corso a prenderla, a portarla fuori, al sicuro prima che tutto esplodesse. La paura che si è dissolta lentamente al calore delle fiamme, sfumando nel loro crepitio, quando l’ha vista rialzarsi da terra e scuotere i capelli dal nero della fuliggine e poi alzare lo sguardo su di lui in una muta domanda. Della quale non conosce la risposta. E anche se la immagina non gliela può dire.

 

Si concentra sulle briciole e le allinea nel piatto, una sua abitudine quando è sovrappensiero. Un modo tutto suo di ingannare il tempo ed ordinare, oltre ai frammenti, anche i pensieri. Lei l’ha sempre preso in giro per quel gesto e anche per quello successivo di inumidirsi il dito per raccoglierle e mangiarle. Talvolta è capitato che lui quei gesti li facesse apposta per strapparle un sorriso, un finto rimprovero con le labbra increspate di ilarità. Briciole. Briciole nel piatto. Prende un altro biscotto, ne gusta il sapore di cannella e nocciole e lo sente scendere giù nella gola, a spazzare via l’odore acre di fumo, la polvere delle pietre sgretolate dall’esplosione… Altre briciole tra le dita, le fa roteare un po’ sui polpastrelli. Poi scivolano giù. Briciole.

 

Una briciola

Non aveva mai visto un’esplosione di quelle proporzioni. E in quel momento, quando, una volta in salvo e al riparo da quella pioggia di detriti, si era alzato in piedi vicino a lei ancora seduta a terra, lui aveva guardato quel che restava del convento di Saverne ed era riuscito a pensare solo che al centro di quell’ esplosione e in mezzo a quelle macerie c’erano un uomo e una donna abbracciati.

Due briciole

Fin dal primo giorno in cui era comparso come capitano dei soldati della Guardia Reale, Nicholas de La Motte non gli era piaciuto: un indolente, un arrogante. Sotto quei sorrisi obliqui, fintamente accondiscendenti, si nascondeva l’abitudine alla simulazione. Sotto quell’innegabile abilità con le armi si nascondeva l’abitudine alla violenza. Lui se ne era accorto subito. Quell’uomo non gli piaceva. Non gli piaceva come guardava Oscar: un’espressione subdola e maligna. No, non gli era mai piaciuto Nicholas de La Motte. Eppure la sera prima… 

Tre briciole 

La sera prima… ancora non gli era capitato di udire tanta tenerezza nella voce di un uomo, l’arrendevole sussurro che Nicholas aveva rivolto a Jeanne… Chissà quali parole si erano detti, quali sogni perduti avevano visto specchiarsi nei loro occhi così vicini, chissà quale strana forma di felicità stavano vivendo quelle due anime alle soglie della morte… Era rimasto con Jeanne, alla fine. Ricorda ancora quella sedia vuota il giorno del processo in cui era stata letta la sentenza: “Capitano Nicholas de La Motte, colpevole. Condannato al carcere a vita in contumacia”. In contumacia.. certo, perché quel codardo, quello scaltro imbroglione era riuscito a fuggire e a mettersi in salvo… l’aveva disprezzato in quel momento, l’aveva giudicato. E anche se non era da lui dare giudizi, anche se lui era capace di vedere le sfumature, le diverse prospettive, quel giorno, no, non ci era riuscito. Nicholas non meritava sfumature: come puoi abbandonare alla vergogna, al carcere, alla marchiatura a fuoco la tua donna? Ma poi Nicholas l’aveva sorpreso: eccolo lì, il capitano de La Motte, tornato a suo rischio e pericolo dalla sicura Inghilterra, eccolo tra le mura umide di un convento abbandonato, eccolo abbracciare la morte con un lieve sorriso per la donna che ama…Sì, era rimasto con Jeanne, alla fine. Fino alla fine.

Quattro briciole

Li aveva visti in quel sotterraneo pieno di polvere da sparo. Avvolti nel fumo e al fumo indifferenti. Lei gli accarezzava la guancia e gli mormorava qualcosa, vicinissima e serena. Lui la guardava rapito, quasi gli avesse rivelato un segreto tra amanti.

Nicholas, abbandonato tra le braccia di Jeanne, le sorrideva e intanto si faceva beffe della morte perchè lasciarsi avvolgere dal suo mantello nero insieme alla donna che ami può essere il meglio che la vita ti offre. Niente più bugie, niente più deprecabili espedienti, niente più inganni. E forse nemmeno la concreta possibilità di morire lontano da lei, dopo di lei.

L’ha visto stringerla a sé e baciarla. E morire baciando la donna che ami è qualcosa che sa di eterno. Se ne sarebbero andati così, persi in un bacio infinito, senza nemmeno accorgersi del momento in cui la polvere da sparo avrebbe preso fuoco. Sarebbero bruciati insieme quella notte, anche se non di passione. Ma, forse, era solo l’altra faccia della stessa medaglia.

Cinque briciole 

Invece lui il suo amore lo doveva salvare. Non sarebbe stata quella la notte in cui sarebbero bruciati nel fuoco della gloria. Perlomeno lei, perché di un attendente nessuno si sarebbe ricordato. Ha sentito che la vita ha ancora in serbo qualcosa per loro e la certezza di volerlo scoprire. E di voler scoprire lei, sempre uguale ma un po’ diversa ogni giorno di più. I suoi sorrisi discreti al mattino, i suoi silenzi, le battute mordaci quando lo incalza in duello. Vuole vedere ancora il sudore sulla sua fronte e il sorriso di trionfo che le troneggia sul viso quando è certa della vittoria. La vuole vedere addormentarsi tra le pagine di un libro o intenta a provare un nuovo brano al pianoforte. Vuole per sé i suoi dubbi e tutti i suoi tormenti.

Vuole vederla viva…ci sono così tante cose che possono ancora fare insieme. E allora non ha potuto far altro che correre, correre a perdifiato che questa volta aveva davvero la Morte ad alitargli sulla nuca. L’ha trovata riversa al suolo, incapace di alzarsi e l’unica cosa possibile è stata prenderla tra le braccia e caricarla in spalla, sospirando di sollievo quando l’ha sentita avvolgergli le braccia al  collo. E poi ha corso di nuovo, ha corso ancora, ha corso per trovare la salvezza oltre quelle mura. E quando l’onda d’urto dell’esplosione li ha scaraventati a terra si è fatto scudo contro il fuoco e i detriti. Per lei che, frastornata e incredula, si è lasciata stringere aggrappandosi al suo braccio come volesse sincerarsi di essere ancora in grado di farlo, di essere ancora lì. E insieme, stretti e vicinissimi, con il fuoco che si rifletteva negli occhi sgomenti, hanno assistito impotenti alla fine di Jeanne e Nicholas de La Motte, abbracciati nelle cantine del convento, persi in un bacio infinito. Ha dovuto alzarsi a quel punto perché anche sulle sue labbra c’era un bacio che scottava, quello della certezza di essere vivi e ancora insieme. 

 

Scuote la testa come a cacciare via i fantasmi della notte appena trascorsa, il cuore all’improvviso ha preso a battergli forte nel petto e poi sente che la gola brucia e così si alza, forse un po’ bruscamente, e va in cucina a riempire un altro bicchiere. Si affaccia alla porta che dà nell'atrio di ingresso e dirige il suo sguardo su, in cima allo scalone per vedere se ci siano segnali di lei. Silenzio. Nessuna cameriera indaffarata che si occupa del risveglio di madamigella, nessun campanello annuncia l’inizio di una nuova giornata.

“Sì, è ancora così presto…”, mormora lui poco convinto. Ha voglia di vederla, in realtà. Anzi, è impaziente di vederla. Di vederla viva.

Un brivido inatteso gli scuote violentemente le spalle: “Se fossi arrivato tardi… se non ti avessi disobbedito…”, il pensiero agghiacciante di lei senza vita è insostenibile. Forse dovrebbe tenersi impegnato in qualcosa di pratico…

Potrebbe darsi da fare alle scuderie, potrebbe andare a sistemare le armi da allenamento… 

Ma… no, oggi no. Vuole vederla comparire nel salone come ogni mattina, vuole essere il primo a darle il buongiorno, vuole un momento da solo con lei, anche piccolo. “Siamo ancora qui, Oscar. Siamo ancora qui”. Torna a sedersi, c’è un ultimo biscotto intonso nel piatto, ma lo stomaco è chiuso e lui rigira quel biscotto tra le mani. Poi ne stacca un pezzo che inizia a frantumare tra le dita.

Ha origini lontane il suo terrore di perderla, di vederla senza vita davanti a lui. 

 

Una briciola 

Un invitante specchio d’acqua, un’allegra giornata di giochi innocenti, il solito bagno pomeridiano. E loro, così piccoli, che giocavano a fare i grandi. Ma poi, improvvisa, una forza che imbriglia le gambe, che li trascina giù, sotto il pelo dell’acqua, i movimenti affannati, le dita che si aggrappano e pesano sulle spalle, la testa che torna giù, sotto l’aria e dentro l’acqua, i colpi convulsi delle ginocchia che si scontrano, dei piedi che battono il fondale per risalire, l’acqua ormai torbida che riempie le narici, più cercano di uscire a respirare, più invece sono trascinati giù e l’acqua fresca in cui, incoscienti, si sono buttati, diventa ora vischiosa, liscia, una patina che li agguanta e li soffoca. E lui d’un tratto aveva sentito che tutto dipendeva da lui, che, dall’abisso che li stava inghiottendo, attraverso il pulviscolo che si agitava nell’acqua torbida, lo raggiungeva un richiamo, una richiesta di aiuto, il suo nome, “André!”, che lei non poteva, e come avrebbe potuto lì, sotto il pelo dell’acqua?, pronunciare ma che lui così distintamente sentiva rimbombare nel cuore e ronzare nelle orecchie e… E allora l’aveva fatto, l’aveva salvata. Come? La briciola cade nel piatto.
“Non lo so come ho fatto quella volta. L’ho fatto e basta”
Ed è nitida come allora l’immagine di loro due sulla riva: fradici, spaventati, salvi. Loro due così piccoli, briciole al cospetto dell’enorme mistero in cui stavano per affondare.

Due briciole

E poi c’è il mio segreto, quello che tu non devi conoscere e che io non ti potrò mai rivelare. Perché tu non lo devi sapere da quali profondità, da quali altezze io sento il tuo richiamo. Tu non devi sapere, Oscar, quanto ti amo. Da quanto tempo io ti amo. 
Si rivede in un chiaro mattino, seduto al lato del letto di lei, che giace incosciente dalla sera prima. Da quando ha perso i sensi davanti al Re in persona dopo avergli offerto la vita in cambio della sua. La sua! No, non è così che deve funzionare… 
E lui è lì, pronto a cogliere il più piccolo movimento, il più minuscolo segnale che lei stia uscendo da quel torpore di morte che pare avvolgerla. Ad un certo punto, Dio! Lo ricorda così distintamente!, aveva notato che il volto di lei non era più così bianco, che sulle guance, timido, si spargeva un tenue colore rosato… e allora si era concesso di sperare e pensieri pieni di dolcezza avevano sostituito la paura, il terrore che lei potesse… 
E, insomma, mentre lei sembrava dormire, con il respiro regolare che gli ricordava il sonno di loro due bambini, si era lasciato avvolgere da un ricordo lontano ma così caro al suo cuore e aveva immaginato di cavalcare con lei, aveva immaginato sorrisi lanciati da un cavallo all’altro e poi aveva riempito lo sfondo di quel ricordo con un paesaggio solo loro, tutto loro, quello di Arras, delle sue campagne, delle rose, dei sentieri che si perdono tra le colline e i vigneti. E mentre era immerso in quel sogno così reale, così vero, con il cuore la chiamava e la supplicava di aprire gli occhi e di tornare da lui. E poi lei si era svegliata e… quello che lei aveva detto… ancora lo fa tremare d’amore, quello che lei aveva detto. E aveva detto: “Ciao André… stavo sognando di noi due bambini e sentivo che mi chiamavi da lontano con voce molto triste…” Come hai fatto, Oscar, come hai fatto ad abitare anche tu il mio sogno? E lui, così piccolo di fronte al sentimento improvvisamente esploso nella sua interezza per lei, aveva avvertito distintamente, il mistero di quel loro muto parlarsi e comprendersi, oltre i sensi, oltre la ragione.

Tre briciole 

E poi quella volta, a Versailles… Quando davanti a tutti l’aveva stretta forte, forse più forte di quanto fosse richiesto a un semplice attendente. Le note lontane di un clavicembalo pizzicato da una dama in cerca di svago facevano da sottofondo al ritmo regolare dei loro passi. Il suono familiare che da anni cullava le loro giornate e i suoi pensieri cozzava continuamente contro un timore nuovo. Se aveva imparato a conoscere la Corte, una paura irrazionale ma neanche tanto, lo aveva preso dopo ciò che Oscar aveva sussurrato all’orecchio della prima dama della Regina, con finta noncuranza ma astio vero. Lei per cui la nobiltà non si limitava ad un nome ereditato alla nascita, aveva sfidato apertamente la Contessa di Polignac, armata soltanto di parole in grado di affondare nella coscienza. E lui, in quegli occhi azzurri così diversi da quelli limpidi a cui è abituato, ci aveva letto nient’altro che un odio profondo. 
Aveva sospirato ed alzato lo sguardo rimuginando di dover stare attento, molto più del solito. E in quel momento un pulviscolo leggero gli aveva imbiancato la giacca, mettendolo in allarme. Poi non ricorda più cosa è successo esattamente. Lui su di lei, la loro ruzzolata rovinosa dalle scale, lo schianto di quell’ammasso di cristallo e oro in caduta libera e loro riversi a terra, lei tra le sue braccia. Ancora una volta. Scuote piano il capo e ringrazia quell’istinto inspiegabile.
“Non lo so come ho fatto quella volta. L’ho fatto e basta” 
Lo rivede evidente come allora l’odio dichiarato negli occhi della Polignac, ma taciuto sulle sue labbra che invece confortavano infide la Regina, e ricorda di aver pensato che la nobiltà di un cuore grande, uno solo, non era altro che una briciola al cospetto degli intrighi e delle macchinazioni di una Corte corrotta. 

Quattro briciole 

Come era una briciola che mulinava nel vento, più forte del vento, la furia della sua Oscar generosa. Anche quella notte non avevano dormito, il cuore gonfio, in attesa che Gilbert si svegliasse in un letto che non era il suo, misero e con le lenzuola sdrucite. Non ci aveva pensato due volte, lei, a strapparlo dalle braccia del padre per provare a regalargli la vita. E ci era riuscita. Era stato quello il dono da scartare, in un’alba ventosa ma pennellata in tinte di rosa, per la famiglia Sugane di Arras. Per lei invece c’erano state la rabbia e la delusione. E la vergogna per non aver compreso. Aveva sentito le sue lacrime anche se non le aveva viste, mentre correva nel vento davanti a lui per farsi schiaffeggiare da ogni folata, quasi fosse la giusta punizione per le sue mancanze.
Aveva provato pena e affetto per lei che aveva fatto tutto il necessario per arrivare dove nessuno guardava mai. Ma l’impossibile non avrebbe potuto compierlo da sola.
Ha creduto di non riuscire più a respirare quando l’ha vista, davanti a sé, cadere e sbattere a terra, disarcionata dal cavallo, travolto dalla sua stessa furia. Ma mentre la sollevava tra le braccia, incosciente, e la depositava sull’erba morbida, ancora umida di rugiada, si era accorto che anche in quello stato manifestava il suo cruccio. Le palpebre chiuse, scosse da un tremore convulso sembravano il sipario abbassato dietro il quale sbattevano attori maldestri. Aveva sorriso, arreso, pensando che non poteva farci proprio niente. C’era solo un nome per definire ciò che provava per quella donna straordinaria.
“Sembri fredda come il ghiaccio, ma c’è un fuoco che brucia dentro di te. È questo che amo di te, Oscar”

Cinque briciole 

… che io amo di te. Ecco, l’ultima briciola è caduta nel piatto e ha raggiunto le altre. Lui le mette in fila con precisione, una per una: c’è chi ti ammira, Oscar… chi ti stima… chi ti rispetta… chi ti vuole bene… Fissa l’ultima briciola: ma io… io ti amo. Senza dubbi e senza speranza io ti amo. Hai chiamato il mio nome ieri in quel convento, io lo so. E mentre fuggivamo, ho sentito le tue braccia abbandonate sul mio petto, il tuo corpo contro la mia schiena. E poi, lontano dagli occhi dei tuoi soldati, ti ho protetta con il mio corpo, come un uomo protegge una donna. E questo è più di quanto uno come me possa desiderare. Ma non voglio di più, davvero. Va bene così, amore mio. Basta che tu sia viva, basta che ora tu scenda da quelle scale e io ti possa vedere, viva vicina a me.

 

Si è svegliata presto. 
In realtà le sembra di non aver nemmeno dormito. La stanchezza degli ultimi giorni non ha potuto nulla contro la sensazione delle mani feroci di Nicholas de La Motte strette attorno al collo e dell’aria che spariva lasciandole il tempo per una sola parola. Dovrebbe essere sollevata ora che i cattivi sono stati sconfitti e i buoni hanno vinto. E lei avrà un pubblico encomio, così le è stato detto. 
Les jeux sont faits
Punto
E allora però non dovrebbe chiedersi cosa sia quel briciolo di insoddisfazione e anche quella malinconia che non la abbandona. Mentre indossa la camicia trova il coraggio di alzare lo sguardo e puntarlo contro lo specchio. Scosta lievemente la seta candida e, sotto il colletto, vede distintamente i segni scuri di ciò che poteva essere e non è stato. Grazie ad una parola, l’ultima. Cinque lettere che si rincorrono sulle labbra da un tempo talmente lungo che non ricorda nemmeno quel posto, prima, da cosa fosse occupato.

A

n

d

r

é 

Cinque lettere strozzate ma con la forza di abbattere muri secolari e giungere all’orecchio di chi era in ascolto, pronto a coglierle. Non si capacita e probabilmente non sarà mai in grado di farlo, di come sia stato possibile. E nemmeno lui ha provato a spiegare. Lo ha interrogato più volte, con lo sguardo, sulla via del ritorno mentre cavalcava al suo fianco che tanto nessuno dei soldati, stanchi e disorientati dall’esplosione, avrebbe sottilizzato su quella conformazione. Ma lui si è limitato a sorriderle, stranamente distratto, probabilmente scosso, sicuramente consapevole che la mattina dopo avrebbero potuto non essere ad osservarlo quel cielo terso della giornata che, invece, sta vedendo nascere sotto i propri occhi. E che si scopre di voler assaporare in ogni suo istante. 
Ed è grata per la vita che ancora si agita in lei, è grata per l’aria che respira, ma quella punta di insofferenza proprio non la vuole lasciare… Sarà pubblicamente elogiata per aver portato a termine la missione in cui Jeanne e suo marito hanno perso la vita, ci sarà un premio per la sua impeccabile condotta di colonnello.

Impeccabile… 

Incurva le labbra in un sorriso amaro mentre aggiusta la spada sul fianco e si assicura che sia ben agganciata. 

Impeccabile… 

Chi è stato davvero impeccabile la sera prima? Chi ha sfidato ordini e gerarchie pur di portarla in salvo? Chi ha saputo ascoltare un’invocazione soffiata dal vento e udibile solo attraverso le vie del cuore? 

Cinque lettere… 

Cinque lettere e nessun encomio, nessun premio per te, André.

Sospira e rivolge un ultimo sguardo allo specchio. È pronta adesso. La luce inizia ad inondare la stanza accendendo i preziosi ricami del colletto dell’uniforme, una fasciatura dorata per i segni di ciò che poteva essere. E non è stato…

“Ma che cosa sto facendo?”

Si accorge con sollievo che può sottrarsi a quella mattina di gloria: sì, ha deciso, non andrà alla reggia. Non si farà circondare da cortigiani curiosi, non sarà l’héros du jour di Versailles, non fingerà di essere lei l’artefice della fine di Jeanne Valois. Perché lei sa bene di non esserlo. Apre la mano a coprirsi la gola e sente ancora la morsa di Nicholas: chi l’ha salvata dalla morte in quel momento? Chi ha fermato Nicholas?

“Non sono stata io”

Rivede Nicholas accasciarsi e allentare la stretta sulla sua gola dopo che Jeanne l’ha pugnalato alla schiena. E poi, improvvisamente, il ricordo di parole che la memoria ha registrato e che solo ora riaffiorano alla coscienza, le parole di Jeanne… “Fermati, Nicholas, non c’è alcuna necessità di uccidere madamigella Oscar - il corpo imponente e inerme di Nicholas tra le braccia magre e forti di Jeanne - Invece di uccidere lei, tu dovrai morire insieme a me, Nicholas”... 

E prima che due braccia conosciute, forti e gentili, la abbracciassero per portarla via da quell’inferno verso la vita, ricorda distintamente di aver visto che le braccia di Jeanne avevano trascinato Nicholas verso la morte, in un abbraccio disperato ma così pieno di… amore? Era stanca di fuggire, Jeanne, l’aveva detto facendo roteare quella bottiglia. Era stanca ma padrona del suo destino come non mai; e l’aveva abbracciato quel destino di morte, di morte e di amore. 

Amore. 

Cinque lettere, cinque lettere. 

Getta la giubba dell’uniforme sul letto e, in maniche di camicia, spalanca i vetri inspirando a pieni polmoni l’aria fresca e frizzante del primo mattino. Ad occhi chiusi. E’ più facile, così, collocare ogni suono che sente e riconosce. Quella è la sua vita e oggi ha voglia di viverla. Ci sono tante cose che può fare oggi. Ci sono tante cose che possono fare insieme. 

Quando arriva nel salone lo vede alzare lo sguardo e sorriderle. Pensa che, forse, non riuscirà mai a farne a meno mentre un brivido inatteso le scuote violentemente le spalle. “Se fosse arrivato tardi… se non mi avesse disobbedito…” 

“Oggi non andiamo alla reggia, Andrè”- esordisce con la solita fermezza ma sente spuntare un sorriso quando si accorge del contenuto del piatto. E lui lo vede quel sorriso e la guarda da sotto in su, aspettando parole che però non arrivano. 

uno…

due…

tre…

quattro…

cinque…

Si guardano in silenzio e proprio mentre l’ilarità sta per spegnersi negli occhi di lui, ecco che si accende in quelli di lei. Che lo sorprende. La vede portarsi un dito alla bocca mentre si avvicina al tavolino per poi farlo scendere in picchiata sulle briciole nel piatto. 

Le raccoglie una ad una quelle briciole plasmate dalle sue dita e, con un’aria malandrina che pensava non avrebbe rivisto mai più, le porta alle labbra lottando per non ridere. “Allora Andrè, pensi di startene seduto su quella poltrona tutto il giorno? Ci sono tante cose che possiamo fare oggi…”

Lui sorride, mette le mani in tasca e la raggiunge: “Sì, ci sono ancora tante cose che possiamo fare”.

 

Grazie a chi si è avventurato fino a qui e un sincero augurio di una Pasqua serena 



 
   
 
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