Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PerseoeAndromeda    13/04/2022    0 recensioni
Una notte di allegria, dolori affogati nell'alcool per poi crollare vicini, uniti, almeno in apparenza.
Eren si sveglia al mattino, trova gli amici accanto a sé, la prima cosa che vede è il volto di Armin.
E' consapevole che non potranno più essere felici, che non potrà più stare con loro, perché...
ATTENZIONE, SPOILER!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Fanfic partecipante alla challenge La sfida dei 200 prompt, sul gruppo Facebook Fondi di caffè – Il tuo scrittoio multifandom
 
Fandom: Attack on titan
Titolo: Io sono la morte
Prompt: 78. Sbornia
Personaggi: Eren, Armin, comparsa di Mikasa
Ship: Eren/Armin
Genere: introspettivo, angst
Rating: giallo per tematiche
Note: Spoiler per chi non ha letto il manga e non ha ancora visto gli ultimi episodi
 
 
IO SONO LA MORTE
 
La luce penetra improvvisa, dolorosa come una staffilata, nel suo sonno senza sogni.
Il primo sonno senza sogni da quando neanche lo ricorda più.
Non la ricorda l’ultima volta in cui la sua mente è stata talmente libera e vuota da concedergli un autentico riposo.
Una mente vuota…
Silenziosa…
Semplicemente addormentata.
La luce fa male, gli ferisce gli occhi, ma è calda e non gli importa del dolore: è bella la luce, per lui che non la conosce più.
È sdraiato in posizione supina, sul duro pavimento, ma l’ambiente è confortevole.
Il suo corpo sta smaltendo la sbornia della notte precedente, della quale ha solo vaghi ricordi.
Non sta male, regge bene l’alcool: ha solo un vago senso di pesantezza alla testa.
La muove, la reclina su un lato verso la luce che, forse, si sta facendo strada attraverso lo spiraglio di una tenda per annunciare il mattino.
Ma, quando ne cerca l’origine, è il volto di una persona che incontra davanti a sé e la luce lo avvolge, quasi volesse accarezzarlo.
Quel viso è a pochi centimetri dal suo e Eren ne contempla i dettagli, la pelle bianca velata di dolce rossore, gli occhi chiusi e sereni sotto a una massa spettinata di capelli d’oro, che quella luce la raccolgono tutta e se ne nutrono, da essa prendono vita e ad essa ne donano.
Armin…
Armin che dorme sereno...
E sorride.
Eren pensa di essere ancora immerso in un bel sogno.
Un sogno in cui tutte le persone che ama sorridono e sono felici, per la prima volta dopo tanto tempo.
Persino Mikasa sorride in quel sogno, lei che non sorride mai.
La sente lì vicino, percepisce la sua mano sulla spalla, la sua presenza costante, spesso opprimente.
Perché si comporta così?
Glielo ha chiesto.
Anche di quello ha un vago ricordo.
Fa anch’esso parte del sogno?
“Cosa sono, io, per te?”.
Sa di non aver ottenuto una vera risposta e forse non la otterrà mai.
 
E poi c’è Armin.
Armin che è tornato a sorridere, come quel bambino pieno di sogni che sembrava da tempo dimenticato, relegato chissà dove.
Quanto è mancato quel sorriso a Eren.
Quanto gli è mancato Armin, il loro sogno condiviso.
“Il nostro sogno…”.
Parole sfuggite alle labbra, dolorose nella loro leggerezza, perché qualcosa le offusca e no, non si tratta dei residui dell’alcool.
Qualcosa che la coscienza, ancora, in preda al sonno e all’ebbrezza, fatica a portare a galla, ma che è lì, un peso che attanaglia il petto e la testa, taglia in due l’anima come la lama di un coltello affilato.
Ma poi perché gli è mancato Armin?
Sono sempre stati insieme e insieme sono usciti dalle mura, come si erano promessi.
Hanno visto il mare e lo hanno attraversato.
Eppure, Eren lo sa che quella promessa, lui, l’ha tradita.
Non lo sa Armin, perché Armin ha sempre fiducia in lui, nonostante non possa non aver percepito l’infrangersi di quella complicità, di quello specchio che rendeva i loro sogni il riflesso l’uno dell’altro.
Sono ancora riflessi, ma il riflesso è anche qualcosa di opposto.
Armin non ha perso l’innocenza del sogno.
Eren sì, da tempo.
 
Il sonno lascia il posto alla veglia, l’oblio si allenta e la realtà contorta che ha dentro acquista concretezza.
Non vuole.
Vuole rimanere ancora così Eren, a contemplare quel sorriso, ad accogliere sulla propria pelle quel respiro lieve che lo accarezza, quelle labbra appena schiuse e il piccolo naso arrossato che ha tanto spesso preso in giro.
Da quanto tempo non lo stringe tra le proprie braccia?
Da quanto non stanno davvero insieme, allora?
Insieme sul serio, non l’uno accanto all’altro nel corpo, ma come anime gemelle, quello che sono sempre stati.
“Io non sono mai stato quello che credevo… quello che lui credeva”.
Emergono, una dopo l’altra, le immagini di morte che ha dentro, costantemente, in ogni istante della sua esistenza ormai.
Non le vuole vedere adesso, non le vuole ascoltare, non mentre è immerso in quel viso che è luce.
Corpi calpestati…
Non dai loro nemici…
“Io sono la morte”.
Trema, gli occhi si spalancano di colpo e, nello stesso istante, anche quelli di Armin si aprono e lo inondano di azzurro.
Quell’azzurro che lo salva, per un attimo…
Ancora un altro attimo, perché Eren sa che non durerà quel sollievo.
È questione di poco e lui tornerà ad essere solo la morte, che dovrà fare di tutto per tenere Armin e Mikasa distanti da sé.
Sempre più distanti…
E sempre più al sicuro.
Gli occhi di Armin sono assonnati, faticano a tenersi aperti sotto le ciglia, eppure ad Eren sembrano grandissimi.
Quegli occhi lo hanno risvegliato dal torpore un tempo, dalla noia delle sue giornate che correvano sempre uguali.
Adesso lo avvincono a tutto ciò che di bello vorrebbe trattenere a sé, ma che sarà costretto a lasciar andare.
Il rossore sulle guance del suo amico di sempre aumenta, il naso sembra prendere fuoco e lui vorrebbe afferrarlo, giocarci come ha sempre fatto…
Vorrebbe baciarlo quel nasino schiacciato ed eternamente rosso, ma Eren non può più giocare, non può più sognare con lui.
Non potrà farlo mai più.
E che almeno Armin tenga vivi i propri sogni.
Ma Eren sa che sarà destinato a spezzare anche i suoi, che la speranza non appartiene più a nessuno di loro.
“Ciao”.
Il sussurro leggero schiude un po’ di più le labbra di Armin.
Le guance morbide si deformano davanti alle sue percezioni distorte, Eren vede spiccare i segni dei mutaforma, in uno scambio inquietante tra incubo e realtà compare il colossale, senza orecchie e senza naso e una lacrima che scivola via da un occhio e solca il volto spaventoso…
E triste.
È un attimo.
Il solito Armin è di nuovo lì, gli sorride ancora, innocente, sempre rosso, i pugni stretti accanto al viso, l’espressione vacua, appannata dal sonno e dai postumi della sbornia.
A differenza sua, Armin non regge più di tanto l’alcool, ma Eren si è stupito, perché lo ha visto resistere a lungo, prima di crollare accanto a lui.
E comunque prima di lui.
Con quel rossore e quel velo di vaghezza sul volto gli sembra ancora più bello…
Ancora più dolce.
“E io lo porterò alla rovina”.
La mano di Mikasa fa un piccolo movimento.
Sul volto di Armin ora c’è sangue, tanto sangue.
Mikasa piange.
“Sono stato io…”.
Non si accorge di mormorare e il sorriso sul viso di Armin si spegne un po’.
Mikasa in realtà sta ancora dormendo.
“Eren…”.
Il sussurro di Armin è tranquillo, è una carezza e non c’è sangue sul suo volto.
Un’altra proiezione da chissà dove…
Da chissà quando…
“Siamo nel mondo esterno”. Armin fa un mezzo giro su se stesso, si mette in posizione prona e si puntella sui gomiti, per sollevarsi un poco e guardarlo meglio. “Ci siamo davvero…”.
Poi il sorriso si spegne del tutto, mentre il suo viso si avvicina… troppo.
“Ma tu non sembri felice…”.
“Non farlo, Armin” vorrebbe urlare Eren, ma tace.
Non deve farlo, non deve avvicinarsi così, non ora.
“Eren…”.
Quando è stato che Armin si è mosso, fino a mettersi sopra di lui?
Quando ha avvicinato così i loro visi…
E le loro labbra?
Eren lo guarda, completamente passivo, le sue labbra sono appena schiuse e lascia che quelle di Armin le sfiorino, per poi posarsi con più decisione.
Cosa gli succede?
Non è da Armin fare una cosa simile così, in mezzo a tante persone, alcune delle quali completi sconosciuti.
Non è da lui un contatto tanto intimo in presenza di Mikasa, non vuole ferirla gli ha sempre detto, suscitando la rabbia di Eren.
Ma ora…
“Armin, cosa fai?”.
Glielo vorrebbe chiedere, ma le sue labbra sono prigioniere.
È l’alcool della sera prima che lo rende tanto audace?
Ogni inibizione è crollata e Armin non ha remore, lo vuole, vuole il suo amore, quello che Eren gli ha sempre dato e che da tempo cerca di trattenere, prigioniero, dentro di sé.
Anche se lo ama…
Lo ama troppo e sarebbe disposto a tutto per lui…
Sarà disposto a tutto per lui…
Per tutti loro.
Ma ora no, ora deve tenerlo lontano, deve restare solo.
Gli stringe le braccia poco sotto le spalle, lo allontana ed è più brusco di quanto vorrebbe.
Armin capisce, si stacca e i loro sguardi si incontrano.
“Scusami” mormora Armin.
Come fa Eren a resistere a quel volto, a quel rossore, al languore di quel viso che si strugge per lui?
Gli posa le mani sulle guance, lo fissa, affonda le dita nei capelli, ora corti.
Ricorda quando giocava con la sua buffa chioma di bambino e gli manca quell’innocenza che intercorreva tra loro, anche se adesso il suo Armin è persino più bello.
Le sue dita stringono per un istante, tirano i capelli e Armin non fa una piega, solo una piccola smorfia per l’inatteso dolore, ma non gli importa: ad Armin non importa mai del dolore fisico, è tanto forte nella sua fragilità, di sentire dolore non gli importa, quasi credesse di meritarlo.
Eren allenta la presa, lo spinge via, si mette seduto, mentre Armin ricade all’indietro e Mikasa si agita, allarmata, lì accanto.
L’ebbrezza non ha spento la reattività, la sua esclamazione gli ferisce le orecchie.
“Eren, che succede?!”.
È ovvio il primo pensiero di Mikasa: se Eren è turbato, lei pensa che sia in pericolo, che ci sia qualcosa da cui lo deve proteggere.
Rimane per qualche istante seduto in mezzo a loro, che lo fissano e lui non ricambia gli sguardi, ha troppa paura di leggere in essi quel che non vuole: dolore in quelli di Armin, preoccupazione in quelli di Mikasa.
In quel momento vorrebbe solo che lo odiassero, che capissero che lui non li merita e che tutto quello che può fare è allontanarli.
Vuole per sé il loro odio, perché solo in questo modo non ci saranno rimpianti, né per lui, né per loro.
Si alza, percepisce i loro sguardi che lo seguono dal basso, ma quasi subito Mikasa lo imita e la sente in piedi accanto a lui.
Armin invece resta seduto, come impaurito.
Poco distante qualcuno mormora.
Forse qualcun altro si sta svegliando: ha un vago ricordo di Jean aggrappato alla sua gamba nel sonno.
“Perché mi state tutti così appiccicati?”.
Lo ha detto davvero e non avrebbe voluto.
O forse sì…
Un giorno li dovrà allontanare, questo lo sa Eren e non vuole che soffrano per questo.
Ora tanti occhi sono fissi su di lui.
Non solo quelli di Armin e Mikasa, ma quelli di Jean, di Connie, di Sasha…
Ancora li sente contro la schiena mentre, un passo dopo l’altro, esce dalla tenda e si tuffa nell’alba, il sapore di Armin sulle labbra e il cuore che sanguina.
Si sente solo Eren e non può chiedere aiuto: può solo cercare di non condurre anche loro nel baratro che inghiottirà il mondo.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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