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Autore: Europa91    14/04/2022    1 recensioni
“Quello fu l’inizio di tutto.
In quel giorno si unì alla Port Mafia.
Erano passati quattro anni da allora. Del ragazzino che aveva varcato per la prima volta la soglia di quegli ambienti ormai non vi era più alcuna traccia. Ora lui era il Boss e sedeva su quello che un tempo era stato il trono di Ougai Mori. Dazai aveva scelto quale strada intraprendere e ora stava portando sulle proprie spalle il peso di tale decisione.”
La storia di Boss Dazai.
[Missing Moment di “In Order to Save You” collegata ai capitoli 9-10-11]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Ougai Mori, Ougai Mori, Sakunosuke Oda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Note introduttive: Questa è una delle tante - troppe - parti che non sono riuscita a inserire nella trama principale di “In Order to Save You”. Nella storia originale non abbiamo il pov di Boss Dazai perché come in avviene in Beast, è il nostro Dazai canon che viaggiando per le dimensioni prende ogni volta il posto del proprio alter ego. Tuttavia ci tenevo troppo a raccontare di questo personaggio (e rendergli giustizia), spiegando come sia arrivato con il prendere determinate decisioni. Questo pezzo è collegato ai capitoli 9 – 10 – 11 di cui è consigliabile la lettura. Contiene spoiler dell’ultima Novel e qualche citazione dal manga di Dead Apple anche se poi la storia segue un’altra strada. Colgo l’occasione per ringraziare chi continua a leggere e seguire la storia principale XD Grazie <3












 

Possiamo scegliere quello che vogliamo seminare, ma siamo obbligati a mietere quello che abbiamo piantato. Era un vecchio proverbio cinese che qualche anno prima Mori gli aveva insegnato, l’ennesimo tentativo volto ad accrescere la sua cultura per renderlo il perfetto erede di cui potersi vantare un giorno. Il suo rapporto con il Boss era complicato, lui stesso non avrebbe saputo dare una definizione su ciò che li legava. All’inizio si era semplicemente trattato di condividere uno stesso obiettivo. Mettere Mori sul trono di Yokohama, porre fine ad una follia insensata, a quel regno del terrore che il vecchio Boss della Port Mafia aveva provocato.

Dazai voleva morire. Aveva un solo, unico e semplice desiderio.

Il loro primo incontro era avvenuto per puro caso in quella clinica malandata in cui qualcuno lo aveva abbandonato privo di sensi, dopo averlo salvato dall’ennesimo tentativo di suicidio. Nell’istante in cui il suo sguardo incontrò per la prima volta quello dell’uomo che un giorno sarebbe diventato il leader della Port Mafia, Dazai capì di odiarlo; ma solo perché per colpa sua era tornato alla vita. Mori lo aveva strappato dalla pace e dall’oblio che solo il sonno eterno gli avrebbe potuto regalare e lo odiò per questo.

Parlarono, anzi fu il medico a parlare, riempiendo il silenzio di quella stanza con una sfilza di domande, mentre fasciava ad una ad una le ferite che straziavano il corpo del giovane, seduto davanti a lui. Dopo interminabili minuti Dazai si decise a rispondere.

Quello fu l’inizio di tutto.

In quel giorno si unì alla Port Mafia.

Erano passati quattro anni da allora. Del ragazzino che aveva varcato per la prima volta la soglia di quegli ambienti ormai non vi era più alcuna traccia. Ora lui era il Boss e sedeva su quello che un tempo era stato il trono di Ougai Mori. Dazai aveva scelto quale strada intraprendere e ora stava portando sulle proprie spalle il peso di tale decisione.


Era accaduto qualche settimana prima. La città di Yokohama si trovava nel pieno del più grande conflitto tra Organizzazioni della sua storia e Dazai era il braccio destro del Boss. Mori lo aveva praticamente deciso da solo in quella mattina di tanti anni prima, al termine della conversazione che aveva portato al reclutamento del fanciullo che un giorno sarebbe diventato famoso con il soprannome di Demone Prodigio. Lui si era limitato ad annuire, fermo nella propria convinzione che presto sarebbe morto e quindi ogni sua scelta di vita era inutile quanto effimera. Aveva deciso di unirsi a Mori e in seguito alla Port Mafia solo per quello, vivere a stretto contatto con quell’oscurità, cercando di colmare il vuoto che da sempre accompagnava ogni suo passo. In fondo una parte di Dazai sapeva di dover essere grata al Boss, stando in quel mondo aveva avuto l’opportunità di fare degli incontri interessanti. Alcuni più di altri.

Nakahara Chuuya era stato sin dal primo giorno un sassolino fastidioso nelle sue scarpe. Eppure Dazai sapeva come non fosse solo quello. Chuuya era un partner fedele quanto affidabile, metteva letteralmente la propria vita nelle sue mani e questa era una cosa che non era mai riuscito a comprendere fino in fondo. Con il tempo era arrivato alla conclusione di come il possessore di Arahabaki fosse semplicemente fatto così. Chuuya aveva scelto di fidarsi di Dazai, del proprio partner, e lui non si era fatto alcuno scrupolo nel utilizzare questa certezza a proprio vantaggio, mentre tesseva piani e strategie.

Totalmente diverso fu il suo incontro con Oda Sakunosuke. Con il senno del poi fu in quel momento che le sue convinzioni iniziarono a vacillare. Oda era diverso da chiunque avesse mai incontrato. Un uomo che da solo valeva un intero esercito, che aveva fatto credere esistesse una nuova Organizzazione in città quando invece era lui il solo ad agire nell’ombra. Oda era un rompicapo, un mistero che lo aveva sin dal primo momento affascinato. Un enigma a cui Dazai aveva cercato di dare una soluzione e che lo aveva portato a provare emozioni prima di allora sconosciute.

Odasaku lo ascoltava. Serbava il ricordo di ogni parola che fosse mai uscita dalle sue labbra ed era solito ricordarglielo nei momenti meno opportuni. Dazai non aveva mai sperimentato un legame simile. Odasaku era diverso da chiunque avesse mai incontrato. Era un tipo bizzarro ma allo stesso tempo geniale. Non parlava mai a sproposito e sapeva stare al proprio posto. Avevano costruito su questo le basi della loro strana amicizia che scavalcava qualsiasi rango o gerarchia esistente all’interno della Port Mafia.

Fu Oda Sakunosuke il motivo che spinse Dazai Osamu a compiere quel gesto estremo, punire Mori Ougai con la morte.

Era il settantesimo giorno dall’inizio del conflitto Testa di Drago e Dazai si stava annoiando. Quando Chuuya lo aveva raggiunto, per informarlo dell’ennesima convocazione da parte del Boss, aveva trovato il coetaneo intento a sonnecchiare su uno dei divani preferiti di Mori. Bastarono poche urla per svegliare il giovane demone e riportarlo alla dura realtà dalla quale aveva cercato per un breve istante di fuggire;

«Ti rendi conto di quello che sta succedendo là fuori? C’è il peggior conflitto…»

«Non serve che mi urli contro lo so, risparmia il fiato sei troppo rumoroso» Chuuya gli riservò l’ennesima occhiataccia che Dazai preferì ignorare, proseguendo col proprio monologo,

«Per farla breve, tra le quattro Organizzazioni della nostra città coinvolte in questa guerra, il leader della Takasekai è stato assassinato, non hanno più alcuna linea di comando» iniziò ad elencare sulla propria mano «Quella straniera di Stain ha perso secondo le mie stime, circa l’ottanta percento dei suoi membri e pure le altre stanno via via andando incontro alla morte» Chuuya non fiatava ma l’espressione sul suo volto era sufficiente per descrivere il suo stato d’animo. Dazai ovviamente se ne accorse.

«Non devi preoccuparti Chibi, se moriranno tutti lo scontro cesserà automaticamente senza dover alzare un dito»

Come prevedibile Chuuya esplose rompendogli i timpani;

«Se hai davvero così tanto tempo da perdere potresti usarlo per mettere fine a questo cazzo di conflitto. Al contrario di te nessuno qui desidera morire» Dazai abbozzò un sorriso stanco prima di mettersi a sedere.

«Sai cosa trovo divertente? Il fatto che in molti condividano questa tua idea ma non facciano altro che alimentare lo scontro. È davvero facile riempirsi la bocca di belle parole. Tuttavia per le contromisure da adottare basterà fare affidamento su Mori-san». Concluse prendendo un’istantanea dalla tasca del completo nero e mostrandola al proprio partner.

«Dovresti fare attenzione a questo» Chuuya sbiancò;

«Un cadavere?» il moro annuì;

«Già. Questo è tutto ciò che rimane di uno dei cinque dirigenti della Port Mafia. Era chiamato “Colonnello” lo conoscevi?» Chuuya fece un paio di passi indietro inciampando nei suoi stessi piedi. Non poteva credere che quell’uomo fosse morto, possedeva un’Abilità spaventosa.

Dazai prese a spiegare di come il responsabile fosse un certo Kirin Bianco, un dotato apparso dal nulla e che in poco tempo aveva iniziato ad attaccare indiscriminatamente ogni Organizzazione presente in città, cercando di assumere in qualche modo le redini del conflitto.

«Allora, cosa proponi di fare contro di lui?» Dazai lo fissò confuso per una manciata di secondi prima di sorridere;

«Quanto sei noioso, dovresti vedere questa situazione da un’altra prospettiva, si è appena liberato un posto alla dirigenza, non lo trovi magnifico?» il pugno con cui Chuuya lo colpì fu più forte del solito, segno che il rosso era davvero arrabbiato con lui.

«Sai essere davvero crudele Chibi. Sai quanto io odi provare dolore»

«Smettila con queste cazzate. Mi occuperò personalmente di quello stronzo, tu rimani pure qui a dormire fino al termine del conflitto.» E uscì sbattendo la porta.

Dazai recuperò l’istantanea finita sul pavimento. La guancia lesa gli faceva male ma era una sensazione passeggera. Aveva un piano in mente e manipolare Chuuya era stato fin troppo facile. Il rosso cadeva sempre in preda alle proprie emozioni e Dazai adorava usare i sentimenti delle persone contro di loro. Chuuya aveva sempre rivolto sguardi carichi di ammirazione a quel dirigente, per questo aveva deciso di utilizzare la sua morte a proprio vantaggio. Kirin non era un avversario da prendere alla leggera ma se c’era qualcuno in grado di fermarlo, quello era proprio Nakahara Chuuya, l’incarnazione di Arahabaki. Ora doveva solo attendere il momento giusto per agire e fare in modo che anche la Lumaca capisse quando entrare in scena.

Si diresse sovrappensiero nell’ufficio di Mori, cercando un vecchio microscopio che avrebbe fatto al caso suo. Fu allora che la sua attenzione venne catturata da una serie di documenti gettati alla rinfusa sulla scrivania. Il Boss quella mattina doveva essere uscito in fretta e furia. Dazai l’aveva intuito dal modo in cui quelle carte erano sparse sulla superficie del mobile, come dal fatto che informazioni sicuramente riservate fossero rimaste abbandonate alla mercé di chiunque. La curiosità ebbe la meglio e si trovò con un paio di fogli tra le mani.

Non sembravano essere informazioni particolari, parlavano di un’Organizzazione europea che aveva bisogno di entrare di nascosto nel Paese. Ciò che attirò l’attenzione di Dazai però fu un nome correlato di fotografia. Oda Sakunosuke veniva menzionato più volte e indicato come possessore di Abilità da utilizzare per il successo di un’operazione. Senza rifletterci troppo Dazai si mise a sedere sulla poltrona di Mori e lesse ad uno ad uno tutti i documenti. Quando ebbe finito aveva solo voglia di vomitare. Il conflitto per le strade di Yokohama non si era ancora concluso e il Boss si stava già preparando alla mossa successiva. Non si sarebbe svolto nell’immediato, era un piano intricato che avrebbe avuto bisogno di tempo per essere realizzato con cura in ogni sua parte.

Dazai sapeva perfettamente come per un’Organizzazione come la Port Mafia ottenere dal Governo la licenza per l’utilizzo delle Abilità Speciali sarebbe stato un ottimo colpo. Ciò che non si sarebbe mai aspettato era che il Boss volesse mettere sull'altro piatto della bilancia la vita di Odasaku. Rilesse quei documenti più di una volta, erano firmati da un certo Sakaguchi Ango.

Quel nome non gli diceva nulla ma doveva trattarsi di un individuo reclutato da poco e nel caos di quei giorni non sarebbe comunque riuscito ad associare quel nominativo ad un volto in particolare. Non valeva la pena di soffermarsi troppo su quei singoli dettagli. Quell’Ango o come si chiamava, aveva stilato un elenco di dotati tra le fila della Port Mafia e in questo modo aveva indirettamente fornito a Mori l’agnello sacrificale perfetto per ottenere quella licenza.

Il capo della Mimic, così si chiamava l’Organizzazione europea che voleva entrare in Giappone, aveva un’Abilità simile se non del tutto identica a quella dell’amico. Il che rendeva Odasaku l’unico a potersi battere ad armi pari contro di lui. Dazai prese un lungo respiro cercando di riordinare le proprie idee. Mori voleva ottenere quella stupida licenza e aveva tutta l’intenzione di mettere in moto una serie di eventi che avrebbero sicuramente portato al peggio. Gli era bastato poco per intuire il suo piano, era tutto lì scritto nero su bianco.

Dazai ricordava ancora perfettamente le lezioni del Boss, soprattutto gli studi strategici tanto decantati e amati dal proprio superiore. Quando si preparava una strategia di guerra bisognava tenere conto di una lunga serie di fattori, di solito la scelta migliore ricadeva su quella che portava il maggior successo con il minimo dispendio di risorse. Ed era esattamente ciò che Mori-san aveva in mente, ottenere quella licenza sacrificando solo una pedina sulla propria scacchiera.

Fu in quel momento che qualcosa dentro Dazai si ruppe.

Il ragazzo che era stato definito il Demone Prodigio della Port Mafia non era disposto ad accettare una cosa simile e la chiarezza con cui questo pensiero lo investì lo colse di sorpresa. La possibile morte di Odasaku aveva toccato corde che non credeva nemmeno di possedere e la morsa che gli attanagliava il petto lo lasciò per qualche secondo incapace di respirare. Doveva pensare. Rimise velocemente i documenti dove li aveva trovati e si alzò da quella scomoda poltrona. Dimenticò pure di recuperare il microscopio, motivo per il quale era venuto.

Tornò nelle proprie stanze, o almeno, quelle che gli erano state messe a disposizione da Mori. Ci doveva essere un altro modo perché il Boss potesse ottenere ciò che desiderava e allo stesso tempo evitare di coinvolgere Odasaku. Dazai non era uno stupido tanto quanto non era uno sprovveduto, gli sarebbe piaciuto affrontare di petto Mori ma doveva avere delle valide argomentazioni che supportassero le sue ragioni. Il Boss non si sarebbe mai accontentato di un blando: devo salvare Odasaku perché è mio amico. No, avrebbe preteso altro. Si lasciò cadere su uno dei divanetti del soggiorno. Quella giornata era iniziata male da quando quella Lumaca lo aveva svegliato e stava peggiorando di minuto in minuto. Fu in quel momento che gettò uno sguardo alla scacchiera posta sul tavolino accanto, in particolare al Re nero.

Durante una partita, quel pezzo raramente gioca un ruolo attivo, come lo stesso Mori, il Re preferisce circondarsi di pedoni sacrificali e solo alla fine dimostra la sua vera utilità sul campo. Dazai continuò ad osservare la scacchiera con interesse; aveva bisogno di arroccare, di compiere una mossa che gli permettesse di muovere due pezzi contemporaneamente e avanzare più velocemente sul campo. Da un lato c’era il conflitto che stava dilaniando la città, dall’altro i piani futuri del Boss e la vita di Oda in pericolo. Doveva trovare una soluzione per entrambi. Ricordò il giorno in cui per la prima volta Mori-san gli mostrò quella scacchiera;

«Ora ti voglio insegnare una mossa strategica; è molto importante perché grazie ad essa puoi mettere il Re in una posizione di sicurezza» Dazai gli aveva rivolto l’ennesima occhiata scettica tornando ad osservare i pezzi davanti a lui. Aveva già letto le regole di quel gioco, lo conosceva alla perfezione, non aveva bisogno di altri consigli. Mori ovviamente non la pensava come lui;

«L’arrocco può essere importante durante la fase iniziale di una partita…»

«Serve per spostare il Re, mettendolo al centro della scacchiera, in questo modo si trova in una posizione più sicura e se ben difeso si può iniziare con il pianificare l’attacco successivo, ma l’arrocco non ha solo quella utilità; permette anche di far avanzare una delle torri» quando alzò lo sguardo incontrò quello orgoglioso di Mori;

«Sembra che nonostante tutto questo gioco ti piaccia»

Imparare il gioco degli scacchi era l’abc di ogni studio strategico. A Dazai non piaceva particolarmente, ma si dimostrava utile quando si divertiva a prevedere le mosse del nemico. In una partita bisognava sempre essere pronti alla mossa successiva, non c’era posto per errori o sbavature, ogni leggerezza poteva rivelarsi fatale e portare alla fine dello scontro.

L’unica soluzione concreta che in quel momento gli aveva attraversato la mente era stata quella di sbarazzarsi di Mori. La scartò subito, non poteva levare il Re dalla scacchiera o avrebbe decretato la fine del gioco. Fu proprio in quel momento che il Boss entrò nella stanza.

«Finalmente ti ho trovato Dazai-kun» il ragazzino lo fissò con la stessa espressione apatica di sempre;

«Boss» si limitò a dire.

«Ho mandato Chuuya-kun a cercarti ma è scomparso pure lui. Mi sono preoccupato, perché non sei venuto all’ultima riunione?» gli chiese. Dazai rispose con una scrollata di spalle,

«La mia presenza non era necessaria, ho già un piano in mente e quel microbo è andato ad occuparsi da solo di Kirin Bianco. Non deve preoccuparsi Boss ogni mossa è perfettamente calcolata. Ho un piano» Mori sorrise come era solito fare in direzione del proprio pupillo.

«Ne sono consapevole. Allora, mi vuoi dire ciò che realmente ti turba?» Dazai non si lasciò trarre in inganno da quelle parole, conosceva quell’uomo e sapeva che gli stava tendendo una trappola, solo uno sprovveduto ci sarebbe cascato.

«Non sono turbato» mentì con un sorriso;

«Ti conosco Dazai-kun. So che hai letto i documenti sulla mia scrivania. Allora?» il moro alzò gli occhi al cielo. Credeva di essere stato attento ma a quanto pare non abbastanza.

«La Mimic. L’Organizzazione europea. Vuoi farli entrare di nascosto nel Paese» Mori annuì divertito;

«So che è una mossa azzardata ma concorderai anche tu come sia un ottimo piano»

«Questo non lo metto in dubbio. Non ci sono molti margini di errore e le perdite sono contenute» il Boss alzò un sopracciglio.

«Allora perché hai quell’espressione così arrabbiata?» Dazai non si scompose;

«Odasaku» mormorò a denti stretti;

«Chi? Ah giusto, Oda-kun, il tuttofare. So che siete legati, ricordo ancora il giorno in cui ci hai presentati. Dazai-kun, lascia che ti dia un piccolo consiglio, non affezionarti. Non lasciare che i tuoi sentimenti prendano il controllo. Un vero leader si riconosce anche in queste occasioni»

«Non posso permettere che Odasaku muoia Boss»

«Hai forse intenzione di fermarmi?» Dazai sostenne il suo sguardo; attese una manciata di minuti prima di iniziare a parlare;

«Ci deve essere un altro modo per ottenere quella licenza»

«Cosa proponi?» non aveva ancora avuto modo di pensare ad una strategia concreta, gli mancavano troppe informazioni per poterla elaborare. Gli angoli della bocca di Mori si alzarono conferendogli un’espressione sorniona, di chi la sapeva lunga;

«Dazai-kun, a volte dimentico che hai solo sedici anni. Non hai avuto modo di pensare a una linea d’azione alternativa giusto? Questo perché sai di non possedere abbastanza informazioni per poterlo fare. Senza avere il quadro completo è impossibile iniziare a delineare una strategia, potresti farlo certo, ma muoverti a tentoni alla cieca non è ciò che ti ho insegnato»

«Prima di prendere qualsiasi decisione vanno valutati i rischi. La solita storia del rapporto tra costi e benefici» aggiunse il più giovane con un’alzata di spalle. Mori sorrise.

«Sappiamo entrambi che esiste una soluzione logica che risolverebbe ogni tuo problema» Dazai per la prima volta da quando l’uomo era entrato nella stanza accennò ad un sorriso;

«Sta parlando forse della sua morte Boss?» questa volta furono le labbra di Mori ad incurvarsi verso l’alto;

«Con la mia morte questo conflitto si avvierebbe verso una rapida conclusione e se vogliamo azzardare previsioni sul lungo periodo, anche il tuo amico verrebbe risparmiato»

«Sappiamo entrambi che la sua morte non sarebbe sufficiente, Kirin Bianco mira a qualcos’altro, certo si creerebbe una modifica al vertice della catena di comando e questo potrebbe essere usato sia a nostro vantaggio oppure danneggiarci, chi può dirlo» Mori assunse un’espressione sempre più orgogliosa, più passava il tempo e più rivedeva se stesso in quel ragazzino amante dei suicidi. Il giorno in cui gli avrebbe lasciato il trono si faceva sempre più vicino.

«Differente sarebbe per la questione che coinvolge la Mimic. Senza di lei avrei modo di elaborare una strategia che non preveda Odasaku e riuscirei ad ottenere quella licenza senza che la Port Mafia perda una risorsa preziosa. Tutti ci guadagnerebbero in qualche modo.» Mori non sembrò molto convinto da quelle argomentazioni.

«Ho sentito che il tuo amico non uccide. Questa sarebbe la tua definizione di risorsa preziosa?»

«Odasaku ha abilità eccezionali. Ha avuto modo di leggere il rapporto che avevo redatto su di lui quando gliel’ho presentato»

«Si lo ricordo. Allora dimmi come proponi di risolvere questo impasse?» Dazai alzò lo sguardo per incontrare quello dell’uomo ancora in piedi davanti a lui;

«Ma è ovvio. Con la sua morte Boss» Mori scoppiò a ridere;

«Stai giocando con il fuoco»

«Facciamo una scommessa» l’uomo alzò un sopracciglio invitandolo a continuare;

«Poniamo il caso che lei domani muoia. Cosa pensa che possa accadere?» Mori rispose senza esitazione;

«Ci sarebbe qualcuno che prenderebbe il mio posto. Allo stato attuale, il candidato più probabile saresti proprio tu Dazai-kun, nessun dirigente è all’altezza e lo sappiamo entrambi» il ragazzo tornò ad osservare la scacchiera che aveva davanti agli occhi.

«Prendere il suo posto non è mai rientrato tra i miei obiettivi»

«Però ora le cose sono cambiate vero? Diventando il leader della Port Mafia potresti salvare Oda-kun, è la soluzione più logica a tutti i tuoi problemi» Dazai alzò gli occhi al cielo, soppesando le parole dell’uomo davanti a lui.

«Non ho intenzione di ucciderla» Mori sorrise;

«Ne sono lieto»

«Però ha ragione. Se prendessi il controllo della Port Mafia…»

«Dazai-kun» lo interruppe, «ti propongo io una scommessa, assumi il comando, provami che esiste un altro modo per ottenere quella licenza, salvare Oda-kun e concludere questa guerra. Chiamiamola una prova sul campo»

«E lei che fine farebbe? Non potrei certo lasciarla vagare indisturbato per le strade di Yokohama»

«Oh mi prenderei una lunga vacanza, magari l’Europa, ho davvero bisogno di ferie»

«Mi lascerebbe veramente il comando?» chiese sospettoso cercando di fiutare eventuali trappole nascoste dietro quelle parole;

«Ho grandi progetti per te, penso di avertelo già detto una volta, mi ricordi il giovane me stesso» Dazai sbuffò annoiato come lo può essere un ragazzino che sente ripetere un discorso per l’ennesima volta.

«Un tempo nemmeno io avrei mai pensato di assumere il controllo di un’Organizzazione criminale» quella confessione ebbe il potere di riaccendere tutta la curiosità di Dazai;

«Cosa l’ha spinta a cambiare idea?» il Boss sorrise posandosi un dito sulle labbra.

«Oh questo è un segreto. Te ne parlerò un giorno»



 

***


 

Dazai ripensò alla proposta di Mori per tutta la notte, cercando di vagliare tutte le possibili conseguenze che sarebbero nate da quella decisione. Ogni sentiero logico o razionale però perdeva importanza se posto di fronte alla prospettiva di perdere Odasaku.

Non poteva accettarlo. Oda era un valido alleato, eppure Mori-san non si era fatto alcuno scrupolo a mettere la vita del tuttofare sul tavolo delle trattative barattandola con una stupida licenza. Dazai comprendeva bene il peso politico di tale documento, era una legittimazione alle loro attività illegali. La rete preparata dal Boss era tanto intricata quanto geniale, doveva rendergliene atto. Aveva pianificato ogni dettaglio, calcolando come far entrare l’Organizzazione nel Paese, per poi insidiarvi una spia, ed estrapolare le ultime informazioni necessarie. Notò il nome sui documenti: Sakaguchi Ango, lo stesso che aveva compilato i file su Oda. Sarebbe stato lui l’infiltrato.

Dazai si trovò a dover ammettere quanto Mori avesse ragione. Ogni volta che leggeva il nome di Odasaku su quelle pagine il suo cuore perdeva un battito. Non era un esperto ma sapeva perfettamente a cosa fosse dovuto.

Era preoccupato per Oda e non riusciva a pensare ad altro che alla sua incolumità.

Dazai aveva visto le capacità che quell’uomo nascondeva, non conosceva ancora i dettagli del suo passato ma era conscio di come Odasaku non fosse affatto uno sprovveduto.

Tuttavia il suo problematico credo lo poneva sotto una luce pericolosa e non faceva che alimentare le perplessità del giovane Demone. Odasaku sarebbe arrivato ad uccidere per salvare la propria vita? O si sarebbe lasciato ammazzare? Una parte di Dazai temeva di conoscere già la risposta a quella domanda.

In quel momento il suo cellulare prese a squillare, rispose solo dopo aver riconosciuto il numero dell’amico.

«Odasaku» fu tutto ciò che riuscì a dire; non riuscendo a nascondere il sollievo che provava nel sentire quella voce all’altro capo della linea.

«Dazai, che succede? Mi sembri strano. Io ho appena finito di sistemare il macello dell’ultima imboscata nemica. Sono ad un paio di isolati, che ne dici di andarci a bere qualcosa, ne ho bisogno» il ragazzo non poté evitare di sorridere di fronte a quell’invito.

«Ci vediamo al solito posto»


 

***



Quella fu una serata normale, identica ad una delle tante che in quei mesi avevano condiviso. Parlare con Odasaku gli era sempre risultato così semplice. Forse perché Oda per primo dimostrava un sincero interesse per ogni parola che usciva dalle sue labbra.

«Così ho mostrato una foto del cadavere del Colonnello alla Lumaca» finì di spiegare prendendo un lungo sorso dal proprio bicchiere. Oda, seduto sullo sgabello accanto al suo, fece altrettanto.

«Era ridotto parecchio male. C’erano pezzi di interiora ovunque» fu tutto ciò che aggiunse;

«Non deve essere facile lavorare come tuttofare durante un conflitto sanguinoso come questo. Hai scelto un ottimo momento per unirti alla Port Mafia, Odasaku»

«Non ho motivo di lamentarmi e di sicuro non ho il tempo per annoiarmi»

«C’è forse qualcosa che non va?» Oda aveva esitato per una frazione di secondo e Dazai lo aveva notato. Era stata solo una pausa, un respiro preso tra una parola e l’altra ma il giovane non se lo era lasciato scappare.

«Ti ho accennato al fatto che oggi ho dovuto ripulire una scena dopo l’ennesima imboscata. Ecco tra le vittime c’erano dei civili, un’intera famiglia, si è salvato solo il bambino più piccolo, di quattro anni»

«Cosa stai cercando di dirmi?»

«L’ho portato a casa mia. Non potevo lasciarlo» Dazai sorrise comprensivo prima di alzare gli occhi al cielo.

Quello era Oda Sakunosuke, un mafioso che non uccideva e si preoccupava per le sorti degli orfani. Si perse qualche secondo di troppo a contemplare la figura dell’amico, notando una strana luce in quegli occhi, che gli avevano sempre ricordato l’oceano. Non sapeva dare una definizione al legame che condividevano, Dazai aveva solo una certezza, avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere per salvare quell’uomo. Odasaku non era una pedina qualunque, non lo era mai stato.

«Sei davvero incredibile. Il mafioso più strano che conosca» Oda gli rispose con un sorriso;

«Detto da te lo prendo come un complimento» e gli diede una leggera pacca sulla spalla.

Fu in quel momento che Osamu Dazai capì.

Aveva preso la sua decisione, sarebbe diventato il nuovo Boss della Port Mafia.


 

***

 

Il giorno seguente Dazai varcò la soglia della sede principale della Mori Corp., con un importante tesoro tra le mani, un sacco contenente la testa del Boss. Non era stato difficile architettare quell’inganno. I vicoli della città erano pieni di cadaveri non reclamati, bastava solo trovarne uno con dei lineamenti non troppo dissimili da quelli di Mori e il gioco era fatto.

Il Boss osservò da dietro le quinte la scalata al potere del proprio pupillo. Non riuscendo a non sentirsi orgoglioso.

In un paio di giorni, Dazai mise fine al Conflitto Testa di Drago.

Il suo insediamento sul trono però non fu affatto semplice né privo di ostacoli. Se alcuni dirigenti come Kouyou e Verlaine si affrettarono a giurargli fedeltà, altri si mostrarono apertamente ostili nei suoi confronti. Chuuya lo affrontò come una furia entrando nel suo ufficio, pretendendo delle spiegazioni.

«Cosa cazzo significa tutto questo?» Urlò sbattendo la porta.

Dazai non aveva potuto trattenersi ed aveva sorriso. Notando dalle condizioni del proprio mobilio come la gravità della stanza avesse iniziato a farsi sempre più pesante. Invitò con un breve cenno del capo Verlaine ad avvicinarsi. Aveva previsto l’incursione di Chuuya, per questo aveva già pronta una contromisura per la distruzione che il rosso avrebbe portato.

Dazai sapeva di non poter svelare i propri intenti, nemmeno al proprio partner. Era più facile che Chuuya lo reputasse un traditore. Sarebbe stato meglio per tutti. La vita di Odasaku era troppo importante. Perché il suo piano potesse funzionare doveva indossare i panni del Boss. Nessuno doveva sapere che in realtà Ougai Mori era ancora vivo, Dazai avrebbe vinto quella scommessa e salvato l’amico. Era l’unico modo.

Osservò impassibile mentre il Re degli Assassini, metteva fuori gioco il proprio ex partner. Sapeva di non essere stato corretto nei confronti del rosso, ma non poteva fare altrimenti. Era più facile essere temuti che essere amati.

Era passata una settimana dalla morte di Mori. Ormai le sue giornate trascorrevano nella noia, diviso tra interminabili riunioni e scartoffie. Sapeva fin dall’inizio che non sarebbe stato facile farsi accettare dai propri sottoposti, in fondo ci era già passato quando Mori-san aveva ucciso il suo predecessore. Con la morte di un Boss vi era sempre qualcuno pronto a rimpiangerlo o vendicarlo. Dopotutto erano pur sempre creature dell’oscurità, una successione senza un bagno di sangue non sarebbe stata degna di tale nome.

Dalla torre più alta della Mori Corp. Dazai osservava il tramonto, perdendosi nel contemplare le sfumature di colore create dal sole sulla superficie dell’oceano. Tornò a pensare ad Odasaku e al suo sguardo. Non poteva evitare di fare un simile confronto. Oda in un certo senso era stato come una luce che aveva illuminato la sua esistenza. Prima di incontrarlo l’oscurità era la sua unica alleata. Dazai desiderava solo il freddo abbraccio della morte. Rincorreva un desiderio semplice, voleva porre fine alla propria esistenza. Sentiva come un vuoto dentro al proprio animo, che sperava di colmare grazie all’incontro con la nera signora. Per un motivo o per l’altro però suicidarsi non gli risultava affatto semplice e nemmeno nella Mafia aveva trovato ciò che stava cercando.

La prima volta che aveva incontrato quella luce, era stata proprio negli occhi di Oda. Quando aveva iniziato a conoscerlo, a capirlo. Odasaku era molto più di ciò che poteva sembrare ad una prima occhiata. Tanto per cominciare non era un semplice tuttofare. Dazai lo aveva compreso ancora prima che lo stesso Oda gli desse prova delle proprie abilità. Non conosceva il motivo per il quale avesse deciso di smettere di uccidere, perché il giovane Boss ne era certo, Odasaku non era senza peccato. Però lo rispettava.

Oda aveva il fastidioso pregio di saper dire la cosa giusta al momento giusto. Era indulgente, anche con lui. Il suo modo di agire e fare, aveva finito con il contagiarlo. Da quando si erano incontrati Dazai aveva avvertito un leggero cambiamento dentro di sé. Più di una volta si era ritrovato a pensare: cosa farebbe Oda al mio posto?

Paradossalmente ora si trovava a indossare lui stesso le vesti del Boss. Per questo motivo, mentre contemplava la superficie dell’oceano, Dazai si domandò cosa avrebbe pensato Odasaku. Se mai avesse potuto perdonarlo. Per il mondo ormai Dazai Osamu era un assassino e un traditore della peggior specie. Aveva ammazzato a sangue freddo e senza un motivo apparente il proprio benefattore, usurpandone il posto e proclamandosi leader di un’Organizzazione criminale. Ma Odasaku? Il suo amico cosa avrebbe pensato di lui? Poggiò una mano sulla vetrata, nel punto in cui l’ultimo raggio di sole stava ormai sparendo dietro l’orizzonte. Anche la sua luce era destinata a spegnersi, a tramontare. Era il sentiero che aveva scelto d’intraprendere e non c’era più tempo per avere rimpianti.

Anche se mi dovesse odiare non ha alcuna importanza purché viva.

Era tutto ciò di cui Dazai aveva bisogno per andare avanti.


 

***

 

Come aveva previsto, una fazione fedele a Mori iniziò a muoversi nell’ombra con l’intento di spodestarlo. Era stato fin troppo semplice, quei topolini erano caduti in una delle sue trappole ed ora si preparavano a ricevere la punizione per i loro peccati. Quando Dazai scoprì ad uno ad uno i volti dei ribelli imprigionati sotto dei cappucci neri, fu solo uno il volto che mai avrebbe voluto vedere tra le fila dei traditori.

Aveva sempre rispettato Hirotsu, era un veterano nella Port Mafia. Si era sempre mostrato un ottimo elemento per non parlare dell’Abilità che possedeva. La fedeltà di Hirotsu-san però non era al servizio di un uomo, bensì verso l’Organizzazione. Dazai ricordava quando dopo l’assassinio del vecchio Boss, Hirotsu avesse preso le parti di Mori, sostenendolo e accettandolo come nuovo leader. Il giovane Boss aveva sperato che potesse fare altrettanto con lui. Hirotsu però non era uno stupido, nella sua testa, Dazai era un ragazzino, ancora troppo giovane e inesperto per guidare la Port Mafia. Per quanto brillante potesse essere l’erede di Mori, non avrebbe mai potuto affidargli le redini dell’Organizzazione che per più di un ventennio aveva servito e a cui aveva dedicato la propria vita.

Dazai cercò di mascherare la propria delusione. Non avrebbe mai voluto prendere una simile decisione.

Alzò lentamente il braccio esitando qualche secondo prima di dare ordine di fare fuoco. C’era solo un modo in cui venivano trattati i traditori nella Port Mafia. Quella era un’esecuzione. Non vi sarebbe stato nessun processo, tutti erano a conoscenza delle colpe degli imputati, come della loro fine.

Fu in quell’istante che Hirotsu alzò lo sguardo per cercare quello del giovane demone in piedi davanti a lui;

«Dazai-san non preoccupatevi. Sono certo che il Boss sia fiero di voi. Siete stato il suo più grande orgoglio» il braccio si abbassò e una scarica di proiettili investì il vecchio comandante della Black Lizard e i propri complici.

Da dietro una porta, Nakahara Chuuya faticò a trattenere le lacrime.

Quel giorno, ebbe la prova che il Dazai Osamu che conosceva fosse morto.

Quello che il vessillo di Arahabaki non poteva sapere fu che una volta tornato nelle proprie stanze, anche Dazai faticò a mantenere il controllo. Non avrebbe mai voluto dare quell’ordine. Hirotsu non meritava quella fine. Le ultime parole dell’uomo continuavano a rimbombargli nella mente, insieme ai ricordi delle missioni svolte insieme.

Odasaku non lo avrebbe mai perdonato. Prima di tornare nei propri appartamenti aveva incrociato anche lo sguardo carico d’odio di Chuuya.

Non poteva tornare indietro.

Non c’era più posto per lui in un mondo di luce. Le tenebre ormai sarebbero state sue fedeli compagne. Dazai aveva scelto l’inferno per salvare una persona cara.

Possiamo scegliere quello che vogliamo seminare, ma siamo obbligati a mietere quello che abbiamo piantato.

Quella sera, il giovane Boss si addormentò con la voce di Mori che gli sussurrava quelle parole. Aveva scelto Odasaku, Hirotsu era stato un danno collaterale. Preferì ignorare la lacrima silenziosa che gli rigò il volto.


 

***

 

Qualcuno un tempo scrisse che la strada per l’inferno era lastricata di buone intenzioni. Dazai non ci aveva mai creduto. Doveva a Mori-san gran parte della propria educazione, aveva suo malgrado ereditato molto da quell’uomo, soprattutto il modo in cui impostare un ragionamento o creare una strategia. Il Boss seguiva sempre una sua logica, era un sostenitore del pensiero razionale. Dazai però su questo non si era mai trovato d’accordo, c’era sempre un qualcosa che sfuggiva all’umana comprensione. Il suo legame con Odasaku ad esempio, i sentimenti che provava per lui.

Gli ci era voluto del tempo per capirlo, però ora ne aveva la certezza, Oda era qualcosa di più di un semplice amico. Dazai non avrebbe mai fatto tutto quello per chiunque. Non avrebbe mai ucciso Hirotsu se non fosse stato per preservare qualcosa di più importante. Nella sua mente, Odasaku era la sola cosa che contava.

Ripensò allo sguardo dell’amico, a quella luce che mai come in quel momento gli sembrava essere così lontana. Alle loro chiacchierate al Lupin, come alla prima volta in cui avevano varcato insieme la soglia di quel bar. Oda gli mancava come l’aria. Eppure sapeva che per salvarlo avrebbe dovuto tenerlo a distanza. Non poteva rischiare di macchiarlo con la propria oscurità. Oda Sakunosuke era una brava persona. Era migliore di lui. Un mafioso che si occupava degli orfani e non uccideva. Dazai lo osservava da lontano, a volte fissava per ore lo schermo del proprio cellulare resistendo alla tentazione di chiamarlo, solo per poter udire di nuovo il suono di quella voce.

Per questo quando scoprì la vera identità dei leader della rivolta non ci voleva né poteva credere. Una volta passata l’incredulità, fu la rabbia il primo sentimento che si trovò a provare. Aveva fatto ogni cosa per tenere Odasaku al sicuro per poi scoprire che l’amico era il capo della fazione a lui ostile. Faceva male. Troppo. Oda Sakunosuke e Nakahara Chuuya erano le menti che si erano levate contro di lui sfidando la sua autorità e il suo diritto a governare l’Organizzazione. Dazai non avrebbe mai pensato che le persone che un tempo più gli erano state vicine si sarebbero rivelate le prime a tradirlo. L’immagine della morte di Hirotsu tornò a tormentarlo. Era il peso della colpa con il quale avrebbe dovuto convivere per il resto dei suoi giorni.


 

***


 

Guardò Chuuya negli occhi leggendovi dentro l’odio nei propri confronti. Dazai aveva bisogno di capire. Perché si era dovuti arrivare sino a quel punto?

«Potresti smetterla di guardarmi in quel modo?» furono le prime parole che gli rivolse non appena vennero lasciati soli.

Chuuya tentò di rispondere ma invano. Il narcotico che gli avevano somministrato stava ancora intorpidendo i suoi sensi.

«Non ti sforzare. È semplicemente l’effetto del veleno sui tuoi nervi. Passerà tra un paio d’ore, nel frattempo spero che riusciremo a trovare un accordo»

Lo sguardo che ricevette dal rosso fu abbastanza eloquente; più di mille parole.

Cosa vuoi? Sembrava volesse dirgli.

«Capisco cosa vi abbia spinto a tradirmi, cioè posso immaginarlo. Non ho voglia di discutere con una Lumaca di quali ragioni mi abbiano condotto fino a qui. Potrei farvi uccidere subito per il vostro tradimento»

Forse le cose sarebbero andate diversamente se quel giorno Dazai si fosse confidato con Chuuya riguardo al proprio piano per salvare Odasaku. Se non avesse tenuto il partner all’oscuro dei propri intenti.

«Tuttavia non lo farò» il rosso ringhiò. Dazai non poté evitare di alzare gli occhi al cielo. Con il rosso sarebbe servito un approccio diverso e meno ortodosso.

«Scusa, devo averti dato un’impressione sbagliata. Facciamo così, ti propongo un accordo Chibi, un contratto che spero possa essere vantaggioso per entrambi» e detto questo mostrò al sottoposto un nastro di velluto nero.

«Questo è un collare. Indossalo e diventa il cane fedele di cui ho bisogno» Studiò ogni espressione comparsa sul viso del rosso, prima di continuare;

«Risparmierò sia la tua vita che quella di Odasaku. Sai, tutti i vostri amici ribelli mi hanno indicato lui, come la mente machiavellica nascosta dietro a tutta questa storia. Ora, io e te sappiamo bene che non è così, ma gli altri dirigenti? Dovrò fornire loro un rapporto sulla situazione, e Odasaku è il capro espiatorio perfetto, non trovi? Solo tu puoi salvarlo, allora Chuuya, dimmi, cosa scegli?» era troppo facile metterlo con le spalle al muro; gli era mancato. Per quanto incredibile potesse essere, il rosso gli era mancato.

«Se farete i bravi potrei anche promuove entrambi a dirigenti» continuò Boss nel proprio monologo vagando divertito per la stanza;

«Perché?» fu la sola domanda che uscì dalle labbra di Chuuya

Fu solo allora che il giovane Boss si fermò e sorrise

«Credevo che la mia proposta ti avrebbe reso felice. Risparmierò la tua vita e quella di Odasaku. Sarai mio. Non è quello che hai sempre voluto?» notò Chuuya arrossire dopo aver pronunciato quelle parole a pochi centimetri dal suo volto. Era così divertente giocare a provocarlo,

«Non...ti...ho...mai...» Dazai gli passò un dito sulle labbra. Fu un gesto istintivo. in quel momento aveva solo una gran voglia di toccarlo. Vederlo così docile e inerme gli stava dando alla testa.

«Hai sempre provato qualcosa per me. Che sia odio o altro non importa. Ora ti voglio al mio fianco. Ho bisogno che tu ci sia» sussurrò prima di lasciargli un veloce bacio a stampo. Le labbra di Chuuya erano esattamente come se le era sempre immaginate.

Tutto era partito con un semplice gioco, una provocazione, Dazai desiderava vedere fino a dove avrebbe potuto spingersi in quella dolce tortura. Ogni suo piano o pensiero razionale però venne magicamente azzerato da quel bacio e dal calore che gli aveva fatto nascere in pieno petto. Se avesse saputo che bastava così poco per appianare le proprie divergenze con il rosso si sarebbe risparmiato un sacco di fiato e fatica. Come non si sarebbe mai aspettato una risposta.

Fu così che ebbe inizio la sua relazione con Chuuya. L’ennesimo imprevisto del suo piano.

Per un pò le cose tra loro funzionarono, complice il fatto che Dazai era il Boss e il rosso non poteva apertamente mancargli di rispetto. Il sesso era grandioso, ancora meglio di quanto avesse mai potuto aspettarsi.

Come sempre era troppo bello perché potesse durare.

Fu per puro caso che scoprì la relazione tra Odasaku e Chuuya. Li vide semplicemente baciarsi all’uscita di un ascensore della sede principale della Port Mafia.

Dazai non disse nulla. Fu Chuuya che lo raggiunse fino ai suoi appartamenti, entrando come sempre a passo di marcia.

«Beh non dici nulla stronzo?» Non c’era posto per le formalità del caso e lo sapevano entrambi. Erano stanchi di portare avanti quella recita.

«Che dovrei dire Chibi? Mi fate pena. Non credevo che Odasaku potesse avere gusti simili»

Ovviamente non era ciò che pensava. La mente di Dazai si trovava nel caos più totale. Le persone alle quali maggiormente teneva lo avevano tradito in un modo che non avrebbe mai creduto possibile. Si sentì mancare. Come se gli avessero dilaniato il petto con una lama. Non notò Chuuya fino a quando non gli fu ad una spanna dal proprio volto. Il pugno con cui lo investì lo riportò alla realtà. Quando allungò una mano, notò il sangue che gli stava macchiando la camicia. Come anche il nastro di velluto che l’ex partner si era appena strappato dal collo e aveva gettato con rabbia sul pavimento.

«Di chi credi sia la colpa di tutto questo? Sei tu che ci hai tradito per primo» Chuuya aveva perfettamente ragione, ma il giovane Boss non riuscì a controbattere.

Lo vide allontanarsi e urlare per i corridoi. Aveva solo voglia di piangere dalla frustrazione.

Come erano potuti arrivare a quel punto?

Quando i suoi sentimenti lo avevano reso tanto cieco di fronte alla realtà?

Mori-san aveva ragione. Le sue emozioni avevano da tempo preso il controllo sulla sua parte razionale e questo era il risultato. Era appena stato messo in ridicolo di fronte all’intera Organizzazione. Quel piccolo essere iracondo che aveva elevato ad amante aveva apertamente sfidato la sua autorità. Non avrebbe più potuto soprassedere. Chuuya andava punito e vi era un unico modo per farlo.

Andava impartita una punizione esemplare, era stato fin troppo accondiscendente nei confronti sia del proprio ex partner, che di Odasaku.

Se Oda avesse mai saputo tutto ciò che aveva sacrificato per lui. Non avrebbe mai osato legarsi a Chuuya.


 

***


 

Una settimana dopo…


 

«Sai cosa devi fare vero?»

«Lo so»

«Nessuna esitazione. Un vero leader è colui che guida l’Organizzazione ma allo stesso tempo ne è schiavo. Dazai-kun sapevi a cosa andavi incontro quando hai accettato la nostra scommessa»

«Non avrei mai pensato che saremmo arrivati a questo punto»

«Gli stai dando un ultimatum. La mossa successiva spetta a loro»

«Aveva ragione Boss. I sentimenti sono pericolosi»

«Cosa vorresti dire?»

«Se prendo questa decisione avrò perso ogni briciola di umanità. Non mi rimarrà nulla»

«Dazai-kun»

«Il suo sguardo mi ricordava l’oceano. C’è stato un tempo in cui avrei fatto qualsiasi cosa per lui, forse perché speravo che ci potesse essere un qualche futuro per noi»

«Mentre ora?»

«Ha scelto Chuuya ed entrambi hanno scelto di tradirmi. Non sono più il ragazzino di sedici anni che cercava la sua luce nello sguardo del primo uomo che lo avesse mai ascoltato»

«E cosa saresti ora?»

«Sono il Boss della Port Mafia. Odasaku è un traditore e c’è solo un modo in cui la Port Mafia tratta i traditori»






 

  
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