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Autore: 10giuly    16/04/2022    1 recensioni
Mini oneshot con protagonisti Stefania Colombo e Marco di Sant'Erasmo ambientata appena dopo gli ultimi episodi andati in onda al 15-apr-22.
"Perché mi hai portata proprio qui?"
Marco, che si trovava seduto esattamente dietro di lei, le avvolse dolcemente i fianchi con le braccia, avvicinandola ulteriormente a sé.
"Perché volevo mettermi sotto un albero a guardare le stelle con te, come l'altra volta, ma non possiamo andare in villa."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Stefania! Sei pronta o vuoi passare la notte qui?" Sbraitò Irene, sbuffando.
"Sono pronta!" Commentò la giovane Colombo, che terminò di indossare il suo spolverino azzurro, prima di prendere a braccetto l'amica, per uscire.
Si incamminarono fuori dalla porta laterale del Paradiso e, rapidamente, svoltarono l'angolo.
"Questa giornata è stata infinita. Non vedo l'ora di concedermi un pediluvio che duri tutta la sera."
"Dopo che hai lavato i piatti, vero Irene? Stasera tocca a te." Puntualizzò, sorridendo, la venere amante dei romanzi rosa.
"Non potresti farlo tu al mio posto? Ti prego."
Irene cercò di corrompere la coinquilina rivolgendole uno sguardo da cucciolo a cui di solito non avrebbe resistito. Ma lo sguardo di Stefania si era improvvisamente fissato e si era fermata, anche se un sorriso le si palesò in volto, senza che potesse controllarlo.
Irene si accorse subito che davanti a loro c'era Marco. Stefania era terrorizzata che qualcuno li potesse vedere, perché ormai, sebbene stessero vivendo una relazione in segreto, era veramente difficile mascherare i sentimenti, quei banali e spontanei sorrisi e sguardi che nessuno dei due era minimamente in grado di gestire o celare, quel continuo cercarsi in ogni stanza, in ogni momento. A parte Irene, Maria, Gloria e Roberto, nessuno sapeva della loro relazione.
"Marco." Disse Stefania.
"Buonasera, signorine. Posso riaccompagnarvi a casa?" Domandò il giovane indicando la sua Triumph verde e non distogliendo mai i propri occhi da quelli di Stefania, incapace di non ricambiare.
"Stefania sarà felice di avere un accompagnatore. Io invece vi lascio, preferisco fare quattro passi."
Stefania rivolse alla bionda venere un cenno di ringraziamento. Nonostante la paura, poter trascorrere qualche decina di minuti in compagnia del giornalista la facevano sentire come se camminasse sulle nuvole. La signorina Cipriani stava sempre un passo avanti a loro, e poi di fare la terza incomoda proprio non ne aveva interesse. Non aveva mai visto la sua sorellina così felice e ne gioiva, perché si meritava tutto l'amore che stava ricevendo da Marco e anche di più.
"Allora, buona serata signorina Cipriani."
"A lei, anzi, a voi."
Salutata l'amica, Stefania e Marco salirono in macchina e si incamminarono lungo la strada. Marco tese la mano, per afferrare quella della ragazza, che però rifiutò.
"No, Marco. E se ci vedono?"
"Chi vuoi che ci veda in macchina, Stefania? E poi sappi che mi sto sforzando molto perché voglio urlarlo al mondo che sei la mia fidanzata e che ti amo."
Stefania diventò rossa e, inconsciamente, si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, come faceva ogni volta che si trovava in imbarazzo o era nervosa. Per quanto non fosse la prima volta che Marco esprimeva i suoi sentimenti, lei si sentiva strana ogni volta che udiva quelle parole. Probabilmente era dovuto al fatto che, benché provasse gli stessi sentimenti, era molto timida nell'esprimerli a parole, mentre la naturalezza di Marco quasi la spaventava. Proprio quel bellissimo ragazzo dagli occhi verdi che, all'inizio, si era mostrato arrogante e poco incline al condividere il proprio tempo con un'allieva che non voleva e che non riteneva all'altezza, era la stessa persona che, da settimane ormai, non riusciva a smettere di esternare, praticamente con chiunque, ciò che provava per la sua Stefania, per quella giovane donna così appassionata, acuta e generosa.
"Sai che non possiamo. Però ti amo anche io, Marco." Concluse la ragazza, guardando dritta negli occhi il Sant'Erasmo. Avevano deciso di aspettare, di godersi quell'amore così potente in maniera intima, senza sbandierarlo. Svelarlo in un secondo momento non avrebbe probabilmente cambiato niente, ma forse avrebbe potuto accelerare quel processo di metabolizzazione, di accettazione, che avrebbe dovuto compiere Gemma. Irene le aveva detto, almeno un centinaio di volte, che nonostante il brivido del segreto potesse essere eccitante, ritardare il momento del rendere pubblica la relazione non avrebbe sortito alcun effetto, perché Gemma non l'avrebbe mai presa bene. E Stefania sapeva che l'amica aveva profondamente ragione, ma aveva anche il timore di quella reazione. Aveva imparato a conoscere la sorellastra ed era consapevole che quell'amore tra lei e Marco avrebbe potuto determinare ripercussioni su diverse persone, che in qualche modo voleva tutelare, in primis Gloria. Per questo aveva deciso, insieme a Marco, di mantenere la cosa segreta per un po'. Tanto ormai erano abituati a condividere segreti, quello in foresteria non sarebbe di certo stato l'ultimo, lo avevano sempre saputo entrambi.
"Però possiamo fare un'altra cosa." Marco si voltò verso Stefania che subito notò uno scintillio negli occhi del ragazzo.
"E cosa?"
"Una piccola deviazione."
L'ammonizione della temibile Colombo non si fece attendere. "Marco."
"Che c'è, Stefania? Non ti fidi di me?"
"Sì che mi fido di te, certo. Ma vorrei evitare luoghi affollati."
"Non voglio portarti in mezzo al resto del mondo, tranquilla."
"Va bene." La giornalista si arrese. Sapeva perfettamente che il giornalista non avrebbe ceduto facilmente e poi era rimasta incuriosita dalla proposta ma, soprattutto, aveva voglia di trascorrere un po' di tempo con la persona che la faceva sentire così viva, speciale.
Marco sterzò, e si immise su un'altra strada. In pochi minuti raggiunsero la meta prevista dal Sant'Erasmo e, dopo aver parcheggiato, scesero dall'auto.
"Dove siamo?" Domandò Stefania che, in quel momento, non riusciva ad orientarsi.
"In realtà non siamo ancora arrivati, ma dobbiamo continuare per qualche metro a piedi. E comunque visti i tuoi appunti sulle fermate della nuova metropolitana, avresti dovuto riconoscere questo posto, Stefania."
"Pensi davvero che io conosca tutte le fermate della nuova metropolitana?"
"Beh, dovresti. Ad ogni modo, siamo quasi arrivati."
Stefania notò, nonostante l'illuminazione non fosse delle migliori, il profilo del Castello Sforzesco di Milano.
"Il castello Sforzesco, che meraviglia!" Commentò Stefania. "Ma è chiuso. Che ci facciamo qui?"
"Sei troppo curiosa, Stefania. Ora, vieni qui, chiudi gli occhi, dammi la mano e non aprirli finché non te lo dico io."
"D'accordo, tanto non ho alternative, immagino."
Stefania si avvicinò al ragazzo, strinse la sua mano e pose l'altra sugli occhi, per non sbirciare.
"Esatto."
I due camminarono per qualche minuto.
"Eccoci arrivati a destinazione, ora puoi guardare."
Stefania aprì gli occhi e notò delle piccole luci soffuse, intorno a un albero, una coperta stesa per terra con appoggiato sopra un cesto. Poté anche scorgere una delle cameriere di villa Guarnieri allontanarsi e lasciare il posto.
"Marco."
"Non ti piace?"
"È stupendo. Ma se non ci fossimo incontrati o non avessi accettato?"
"Ci avrei riprovato domani, il giorno dopo ancora e poi quello successivo."
"So che non lo dico spesso come te, ma ti amo."
"Anche io."
Marco la strinse a sé e la baciò.
Stefania si diresse subito verso il cesto di vimini, si accucciò sulle ginocchia e ne sbirciò il contenuto. Il ragazzo la seguì e fece lo stesso.
"Non mi dirai che hai preparato tu tutto questo?"
"Non esageriamo. Ho appena imparato a pelare magistralmente le carote, devi darmi tempo."
"Vorrà dire che dovrai venire più spesso a casa per le lezioni di cucina." Propose la ragazza.
"A tuo rischio e pericolo."
"Da mentore nel giornalismo ad allievo in cucina il passo è breve, Marco. So che sai cavartela con destrezza nelle situazioni spinose, ma sappi che io sono una maestra severa."
"Cosa fai? Mi colpirai con un mattarello?" Domandò ironicamente. Sapeva che Stefania fosse troppo buona anche solo per comportarsi da maestrina che manda dietro alla lavagna i bambini cattivi.
"Mmh, forse. O magari ti farò lucidare tutti i bicchieri del servizio buono di Maria. Sai, meriti di fare un po' di gavetta."
"Touché". Marco ricordava perfettamente quella scena e sorrise, ripensando a quanto la ragazza che aveva di fronte fosse la stessa che, oltre a essere stata folgorata dal giornalismo, aveva folgorato lui proprio nell'istante in cui i loro occhi si incrociarono per la prima volta. E quando Vittorio stabilì l'inizio di quel rapporto mentore - pupilla, Marco ne era spaventato: aveva capito che la testardaggine di Stefania sarebbe stata complicata da contrastare, da arginare, e che la sua spigolosità, causata dalla diffidenza, difficile da essere smussata. Inizialmente il mentore non si sentiva pronto a rincorrerla, a combattere, aveva preferito intraprendere la strada più breve e semplice. Stefania, però, giorno dopo giorno fu la prima e, forse, l'unica, ad essere in grado di spingerlo, senza alcuna pressione, a guardarsi allo specchio e a trovare il coraggio per mostrarsi per quello che era. E da quel momento, di lasciarla stare non ne ebbe più alcuna intenzione. Lei gli aveva insegnato l'importanza della verità, così come lui le aveva permesso di affilare la sua prosa, come la punta della penna che le regalò il Natale passato; lei gli aveva mostrato come tutti potessero avere una storia che valesse la pena di essere raccontata, lui le aveva fatto capire come nella vita non ci fossero solo bianco e nero, ma infinite sfumature di grigi; lui aveva capito che mostrare il proprio cuore non fosse sinonimo di debolezza, perchè le fragilità rendono unici, lei aveva compreso come, a volte, esistessero circostanze in cui mentire è il solo modo per poter proteggere qualcuno.
 
I due giovani spazzolarono via il contenuto di quel cesto, in particolare i biscotti con il cioccolato che tanto piacevano a Stefania e la torta paradiso che adorava Marco.
"Quindi mi stai dicendo che Tancredi ha scambiato il cane dei vostri confinanti con il vostro?" Domandò Stefania che non riusciva a smettere di ridere durante quel racconto quasi surreale.
"Sì, e ovviamente loro pensavano volesse rubarglielo per fare uno scherzo, così hanno liberato le oche che hanno iniziato a inseguirlo."
"E tu?"
"E io mi sono goduto questo meraviglioso spettacolo dalla finestra."
"Marco! Ma potevi andarlo ad aiutare, no?"
"E dove sarebbe stato il divertimento?"
"Scusa, se mi trovassi nella stessa situazione non mi verresti a soccorrere?"
"Tu non potresti mai scambiare il nostro cane per un altro, amore."
Stefania improvvisamente si sentì quasi in imbarazzo. Era la prima volta che si sentiva chiamare con quell'appellativo e le faceva uno strano effetto, positivo, ma strano. Entrambi infatti conoscevano bene il significato e il peso delle parole: l'utilizzo di un termine era sempre ponderato per loro e in quelle cinque lettere Marco aveva palesato quanto quel sentimento fosse potente, ma anche dolce, come lei, come lui.
"Mai dire mai."
"In quel caso mi armerei dell'ombrello, come mi hai raccontato farebbe la tua amica e verrei a difenderti come un cavaliere medievale che protegge la sua dama dall'attacco delle oche."
Entrambi sorrisero, in maniera aperta e naturale. I loro occhi brillavano, nonostante le luci molto soffuse non illuminassero granché bene la location. La venere si spostò e si avvicinò al suo mentore.
"Posso farti una domanda?" Domandò Stefania, che per prima tornò seria.
"Certo."
"Perché mi hai portata proprio qui?"
Marco, che si trovava seduto esattamente dietro di lei, le avvolse dolcemente i fianchi con le braccia, avvicinandola ulteriormente a sé.
"Perché volevo mettermi sotto un albero a guardare le stelle con te, come l'altra volta, ma non possiamo andare in villa. Volevo osservare il cielo con te, questa volta senza paura che abbracciarti sarebbe stato un gesto troppo avventato o inopportuno."
"E proverai a esprimere un desiderio se vedrai una stella cadente?" Domandò lei, ruotando la testa per poter osservare il volto di lui.
"Sì, e tu?"
"Anche io, ma è inutile che mi guardi così, non ti dico di che si tratta, altrimenti non si avvera."
Marco notò che Stefania stava leggermente tremando, così la strinse a sé, poi fece per togliersi la giacca, ma lei non glielo permise.
"Non serve, Marco, sto bene."
"Sicura?"
"Sì."
"Io domani non vorrei avere sulla coscienza una bronchite. Poi, che scusa ti inventi al paradiso?"
"Sono uscita con i capelli non asciutti?"
"Plausibile, Stefania. Ma così, dalla sera alla mattina?"
"Marco, vuoi proprio trovare il pelo nell'uovo?"
"No, voglio solo stimolarti a considerare sempre tutte le eventualità. E convincerti anche che io non me la prendo la bronchite se ti presto la mia giacca, al contrario di te."
"Se accetto la smetterai di essere così iperprotettivo?"
"Preferivi che fossi un arrogante figlio di papà noncurante della persona che ho di fronte e che amo?"
"Mai. Voglio il vero Marco, non una maschera. È di lui che mi sono innamorata."
I due giornalisti si avvicinarono e si scambiarono un bacio, che fu interrotto, nuovamente. Non erano nè Don Saverio, nè Roberto, ma i rintocchi della campana della chiesa di Santa Maria delle Grazie, che si trovava non lontano da lì.
"Forse dovremmo cominciare a pensare che qualcuno ce l'abbia con noi." Ironizzò il Sant'Erasmo.
"Oppure dovremmo ringraziare questo qualcuno. È tardissimo, Marco."
"E' solo mezzanotte, Stefania."
"Sì, ma le ragazze mi daranno per dispersa e poi domani non riuscirò mai a svegliarmi, arriverò in ritardo e..."
"E il mondo crollerà perchè non sarai la prima ad arrivare. Ti ricordo anche che Irene sapeva che fossimo insieme, quindi non ti agitare, che poi ti spunta quella piccola rughetta sulla fronte."
"Quale ruga?" domandò preoccupata Stefania.
"Ti stavo prendendo in giro."
"Sei tremendo. E ora sbrigati, che altrimenti domani do la colpa a te del mio ritardo."
"Non sarebbe una cattiva idea, così tutti saprebbero che ci amiamo."
"Marco." Ammonì Stefania.
"Sì, andiamo. Ti porto a casa." Concluse lui.
Raccolsero le loro cose e si affrettarono a salire in macchina. Marco accompagnò Stefania fino all'uscio di casa.
"Allora, buonanotte, amore." Il giovane le sorrise e le lasciò un piccolo bacio, prima di voltarsi per andare, prima di essere fermato dalla voce della sua amata.
"Marco."
"Sì?"
"E' stato perfetto stasera, grazie."
"Non sarà di certo l'ultima volta" la rassicurò lui, spostandole delicatamente una ciocca di capelli.
"Invece sì."
"Scusa? Non ti seguo, Stefania." Marco fece un passo indietro, spaventato da quelle parole.
"La prossima sarà alla luce del sole, senza paura di nasconderci."
Il giovane tirò un sospiro di sollievo e si lasciò andare a un sorriso.
"Ne sei sicura?" Domandò. Non voleva in alcun modo farle delle pressioni o metterle fretta. Non sarebbe andato da nessuna parte senza di lei.
"Sono sicura. Meritiamo di vivere il nostro amore pienamente, non voglio più mentire."
Fu Stefania a prendere l'iniziativa e a stringere a sè il giornalista, prendendolo per il colletto della giacca. Si scambiarono un lungo bacio, prima di rientrare. Stefania era pronta, all'interrogatorio di Irene e Maria sulla serata, a raccontare la verità, a tutto. Per una volta nella vita aveva scelto se stessa, la sua felicità, il suo cuore.
Marco scese le scale del condominio incredulo ed eccitato. Ora poteva davvero urlare a tutto il mondo quanto amasse la sua Stefania. E, anzi, aveva appena avuto un'idea, ma necessitava dell'aiuto di Tancredi. L'indomani lo avrebbe chiamato come prima azione della giornata, non aveva alcuna intenzione di perdere tempo.
   
 
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