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Autore: Deirbhile    22/04/2022    1 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Chiara fece rimbalzare, per l’ennesima volta quel pomeriggio, una pallina di gomma contro la parete della sua stanza, fissando il soffitto bianco e il sole che entrava dalla finestra, con le sue ombre pallide riflesse sul pavimento e sui libri abbandonati a sé stessi. Le sembrò ingiusto, mentre fuori c’era un così bel tempo e i suoi amici erano in giro a godersi la tanto agognata libertà, che lei fosse costretta a restare a casa, almeno fino al ritorno dei suoi genitori, come prevedeva la punizione che aveva ricevuto il giorno prima. Certo, dare uno schiaffo in pieno volto a Vanessa Monteverde di fronte alla polizia - poco dopo un incidente d’auto le cui dinamiche non erano state ancora chiarite, mentre Roberta veniva portata nel silenzio generale in ospedale e Sabrina si contorceva le mani come se il tutto fosse colpa sua - non era stata l’idea più geniale che le fosse venuta nella sua breve vita.

Finire in centrale di polizia lo stesso giorno in cui si viene nominate fra le cinque migliori della scuola non poteva succedere che a me, pensò.

Non era stata una buona idea, se per questo, nemmeno ignorare Sabrina per tutto quel tempo, trattandola come un’amica di serie B ed escludendola dal circolo delle confidenze con Carmen e Ivan. Per la prima volta da quando aveva iniziato la sua storia con Roberta, Chiara pensò che avesse sbagliato con lei, e la sua mente tornò indietro ai tempi in cui tutto era ancora normale (chissà perché, da quando stava con Roberta percepiva la sua vita come totalmente diversa, come nel capitolo successivo di un romanzo): si chiese che fine avesse fatto Riccardo, se Sabrina avesse davvero una cotta per lui. L’amica aveva accennato a qualcosa a quel proposito, Chiara era abbastanza sicura che avesse provato ad avvicinarsi a lui e a dare una chance ai suoi sentimenti, ma anche in quel caso non le aveva davvero chiesto come si sentisse, quali fossero le sue sensazioni a riguardo, se avesse bisogno di consigli. Si sentì improvvisamente colpevole, come se avesse dato per scontato troppe cose: l’amicizia, il sostegno di sua sorella… Si chiese se crescere non significasse essere naturalmente più egoisti, se non comportasse scelte difficili. Non riuscì a darsi una risposta, a parte la consapevolezza di non voler perdere nessuno.

Facendo rimbalzare la pallina per la milionesima volta contro il muro, e girandosi a testa in giù sul bordo del letto – una scena che quasi le ricordò i pomeriggi di febbre chiusa in albergo a Vienna - si disse che prima o poi avrebbe dovuto chiamare entrambi. A Riccardo avrebbe dovuto comunicare (prima che venisse a saperlo a scuola) della storia con Roberta, giustificando così il fallimento della loro amicizia, nella speranza forse di ravvivarla: al solo pensiero si sentiva però tanto a disagio che avrebbe preferito evitarlo per il resto dei suoi giorni. Non era sicura, infatti, che avrebbe funzionato. Sapeva solo che non era maturo, oltre ad essere estremamente scortese, continuare ad evitarlo nei corridoi, scappare dopo due battute dette di fretta di fronte alla macchinetta del caffè. Avevano condiviso tanto, erano stati tanto amici, e ora non si parlavano (se non nei brevi intervalli di scuola, fra una lezione e l’altra, scambiandosi qualche mera cordialità) da più di un mese.

A Sabrina invece avrebbe dovuto porgere le proprie scuse, per come l’aveva trattata il giorno prima e in generale. La doccia gelida dell’incidente l’aveva come risvegliata dal torpore d’amore in cui aveva fluttuato negli ultimi tempi e pensò che sarebbe stato più facile partire da questo: salvare un’amicizia. Senza pensarci troppo, compose il numero di cellulare di Sabrina sul cordless rosso. Rispose dopo quattro squilli buoni.

-       Ciao, come va?

Dal tono Chiara intuì che non aveva voglia di parlare, ma si sforzò per una volta di non prendersela troppo. Entrambe avevano motivi ben validi per essere arrabbiate, ma un confronto era oramai necessario.

-       In punizione, e tu?

-       Sono in punizione anch’io. Mia madre non ha smesso di urlare da quando è venuta a prendermi alla centrale, ieri. Non riesco a convincerla di non aver assolutamente nessun ruolo in quello che è successo… certo, tranne per quello che ho detto su Roberta- rispose, in tono più incerto.

-       A proposito di questo… mi dispiace per come ti ho trattata ieri – Chiara si alzò dal letto e prese a camminare in tondo, osservando fuori dalla finestra, - ero molto arrabbiata. Ma soprattutto impaurita, sai, per quello che è successo a Roberta.

Sabrina sospirò pesantemente dall’altro lato del telefono.

-       Sì, immagino. Sono stata una stupida. Ho letto su internet e quello che ho fatto è outing bello e buono. Dovrebbe essere illegale.

Chiara riuscì a sorridere sommessamente. Outing. Stava imparando sempre più termini.

-       Roberta non ha negato, per cui forse in fondo non voleva più nascondersi. Quanto a me, credo sia solo una questione di tempo, dopo ieri. È per questo che avevo bisogno di parlare con te. Non voglio perderti, sei un’amica, sei sempre stata al mio fianco. Mi dispiace se ti ho trascurato.

-       Hai paura, vero? Per come andrà.

-       Onestamente? Un po’. Non ho idea di come possano reagire i miei. Non mi sento neanche pronta, a dirti la verità. Forse dopo la chiamata della polizia penseranno che non sia poi così tanto grave stare con una ragazza.

Fu il turno di Sabrina di ridere. Poi le chiese da quanto tempo lei e Roberta stessero insieme, per un po’ si concentrarono sui dettagli positivi di quella storia.

-       Pensi che debba dirlo a Riccardo? – la interruppe improvvisamente Chiara, con tono sinceramente contrito.

Sabrina rimase in silenzio per qualche secondo, forse pensandoci.

-       Direi che per ora hai problemi più grossi a cui pensare. Lascia che le cose facciano il loro corso. Panta rhei.

-       Lo farò. Comunque, non ti ho ancora fatto gli auguri per le pagelle, so che quest’anno non hai preso debiti, nemmeno in greco. Sei stata brava.

Dalla voce, sembrò che Sabrina stesse sorridendo, quando le disse: - Grazie Chiara, grazie di tutto.

**

Margaret, a fine turno, fu chiamata da uno dei suoi specializzandi per firmare le dimissioni della signorina Roberta Della Corte. Leggendo quel nome sulla cartella, non poté fare a meno di scuotere la testa sconsolata. Nell’arco di un giorno aveva visto una liceale arrivare in pronto soccorso con il naso spaccato, assistito a un litigio fra lei e i suoi genitori (lo aveva raccontato la sera prima a Matteo, in quella cena in solitaria, ancora turbata dai toni dell’avvocato contro sua figlia) e ricevuto una chiamata dalla polizia.

Mai avrebbe immaginato che Chiara potesse essere coinvolta in una rissa, lei che era sempre stata tanto tranquilla e silenziosa. La sera precedente era stata, in più, tanto avara di dettagli quando reticente sull’intera faccenda, tanto che a Margaret tutt’ora non era chiaro che cosa fosse successo. Chi erano le persone coinvolte? Perché mai picchiarsi durante il giorno di esposizione delle pagelle? Il giorno prima si era accontentata di lasciar andare a dormire Chiara senza commenti, senza insistere perché ne dicesse di più. Matteo non era stato d’accordo, secondo lui c’era bisogno di usare un polso duro in quelle situazioni, ma Chiara era sull’orlo delle lacrime e Margaret, senza dubbio, si fidava sempre molto di lei. Le sembrava che avesse passato una giornata sufficientemente pesante per infierire. Continuò però a chiedersi, nei dieci minuti successivi, se non avesse sbagliato qualcosa in quel rapporto, se avesse lasciato sua figlia minore troppo sola, troppo esposta. La soddisfazione di vederla in cima ai migliori della scuola, decisamente, non valeva quanto saperla al sicuro, serena e senza grilli per la testa.

-       Ieri apparentemente mia figlia ha fatto a botte con delle compagne di classe- disse, in un estemporaneo moto di confidenza, ad una delle colleghe in pausa con lei. Fumava silenziosamente una sigaretta sul piazzale dell’ospedale.

-       Ma non mi dire, la piccola Chiara…

-       Come si fa ad essere una brava madre? Me lo chiedo sempre.

Tornata in reparto, decise di andare a parlare lei stessa con Della Corte, forse per avvicinarsi inconsciamente all’universo di sua figlia, per non sentirsi completamente inutile. Fu questo lo stato d’animo in cui accolse Roberta, che stava sistemando le sue cose in una borsa, in attesa di ricevere il permesso di andar via. Margaret si rese conto che anche lei era stata ferita, anche se non aveva ben afferrato le circostanze dell’avvenimento, apparentemente un’auto le era venuta in contro in curva senza accorgersene. Anche lei aveva la stessa aria stanca ed abbattuta di Chiara la sera precedente.

-       Come stai, Roberta, gli antidolorifici fanno effetto? – esordì, prima di porgerle i documenti firmati.

Roberta ringraziò sommessamente, con un sorriso timido.

-       Va molto meglio, la ringrazio. Credo che andrò a scuola, non ho ancora visto i voti di fine anno.

Margaret non poté trattenere un sorriso spontaneo.

-       Sì, anche Chiara ieri ha ricevuto i suoi voti. Spero sia andata bene.

Roberta fece un cenno gentile col capo, ringraziandola, e fece per uscire dalla stanza, quando Margaret la richiamò indietro, come se si fosse dimenticata un dettaglio importante.

-       Hai fatto la denuncia alla polizia, vero? Per l’incidente.

La riccia rispose di no, stringendo con una mano il manico della sua borsa.

-       Il conducente non mi ha visto arrivare.

Qualcosa nei suoi occhi non dovette sembrare giusto, perché la dottoressa Linch insistette.

-       Ne sei sicura? Probabilmente ti chiameranno comunque per sentire la tua versione.

In quel momento, forse per la gravità delle parole pronunciate, o per effetto della pressione delle ultime ventiquattro ore, Margaret vide Roberta Della Corte scoppiare in lacrime. Cercò di avvicinarsi a lei cautamente, indicandole in posto a sedere per calmarsi. Pensò che dovesse essere stato davvero un brutto trauma per la ragazza quello che era successo, e si sentì inspiegabilmente triste. Le sembrava una brava persona, una persona genuina, contrariamente a tutte le idee che si era fatta su di lei e sulla sua famiglia. Di nuovo il lato materno che era in lei sembrò riaffiorare senza preavviso.

-       Andrà tutto bene, stai tranquilla. Vedrai che non rimetterai più piede qui- cercò di scherzare, ma vide che la riccia continuava a singhiozzare, così le porse un fazzoletto.

-       Dottoressa, io… credo che non si sia trattato di un incidente.

Margaret, improvvisamente di sasso sulla sedia accanto alla sua, ascoltò finalmente Roberta raccontare ad alta voce delle aggressioni verbali, delle pressioni, delle intimidazioni costanti da parte di quelle che non era mai riuscita a definire amiche, senza risparmiare nessun dettaglio, fino al momento in cui era finita in strada ed era stata investita per errore.

-       Ho paura di quello che potrebbe succedere, ora. So perché l’hanno fatto- continuò Roberta, quando riuscì a riacquistare un po’ di calma.

-       Perché l’hanno fatto, Roberta? – chiese Margaret, ora sinceramente inquieta.

-       Perché hanno scoperto che sono omosessuale.

A Margaret pianse il cuore, mentre abbracciava quella ragazza indifesa.

**

-       Ben, mi annoio.

Chiara lanciò mollemente la pallina rimbalzante con cui aveva giocato per l’ultima ora fra i pesanti tomi di sua sorella. Benedetta, che non era stata messa in punizione ma si era beccata lo stesso una sonora strigliata per aver coperto Chiara, se ne stava rintanata in salotto da quella mattina, cercando di studiare qualcosa per i suoi esami. Quando alzò la testa, sconsolata, da un quaderno di appunti tutto scarabocchiato, Chiara ebbe la certezza che non fosse riuscita a fare praticamente nulla.

-       Beh, se ti può consolare, io sono in doppia punizione, chiamata sessione estiva- si lamentò, lasciandosi cadere teatralmente fra i fogli sparsi sul divano.

Chiara le si avvicinò con fare cospiratorio.

-       Potremmo uscire, no? Potremmo andare a trovare mamma in ospedale. Tecnicamente non sarebbe violare la punizione, visto che ci sarebbe lei.

Benedetta scosse la testa divertita.

-       Sei diventata una piccola fuori legge.

-       Oh, andiamo! Ho bisogno di vedere Roberta, voglio vedere come sta, se ha bisogno d’aiuto.

La più grande si spostò in cucina, versandosi da bere. Chiara cercò di essere più convincente, mettendoglisi alle calcagna come faceva quando era piccola e voleva ottenere un favore particolarmente importante da lei.

-       Posso chiedere a papà di accompagnarci appena arriva, così non ci sarebbe nessun’ambiguità legislativa, per rimanere in tema.

-       Quando fai così sei davvero impossibile! – esclamò l’altra, chiudendo di scatto il frigorifero, - In quest’ennesima ribellione adolescenziale gradirei perlomeno non essere io quella al volante.

**

Quando Margaret vide Chiara e Benedetta entrare dalle porte del pronto soccorso, mentre stava per togliersi il camice e tornare a casa, sulle prime pensò si trattasse di altre cattive notizie. Era stata accanto a Roberta Della Corte per gli ultimi venti minuti, cercando di consolarla in quella che sembrava essere una faccenda molto più grave del previsto, consigliandole uno psicologo con cui parlare e con cui dividere il fardello di ciò che sarebbe venuto poi, sentendosi comunque impotente. Si era ripromessa di parlare con sua figlia, una volta a casa, quasi spaventata che ci fosse qualcosa di altrettanto segreto a tormentarla, e ci aveva pensato così tanto durante la giornata che vedersi di fronte i suoi capelli rossi le fece un effetto bizzarro, come se si fosse materializzata dai suoi pensieri più cupi.

-       Ragazze, che cosa ci fate qui? - chiese allarmata, avvicinandosi a Chiara e Benedetta. La più grande fece segno di non voler parlare, alzando le mani sconsolata, lasciando la scena a sua sorella.

-       Papà è in macchina, non ho violato la punizione- si limitò a dire quella.

Margaret la prese da parte, cercando di capirci qualcosa.

-       Perché non mi avete aspettato a casa, è successo qualcosa? – sussurrò, quasi irritata. In tanti anni di servizio, non ricordava che le sue figlie fossero mai venute a cercarla in ospedale, se non per gravi emergenze.

Chiara scosse debolmente la testa, rispondendo: - Non è successo nulla, ma volevo vedere una persona.

In quel momento Margaret vide con la coda dell’occhio Roberta, che era in attesa dei suoi genitori nella grande hall del padiglione del pronto soccorso, seduta con un viso sciupato sulla serie di sedie imbottite, con un’aria sperduta. La sua mente fece due più due molto rapidamente, più di quanto si aspettasse. In una specie di cortocircuito, ebbe l’impressione di aver capito che cosa avesse tormentato ed esagitato sua figlia negli ultimi tempi.

-       Chiara, ieri non si è trattato di una semplice rissa, vero?

La rossa scosse la testa, con espressione triste e imbarazzata. A Margaret sembrò che stesse cercando di combattere contro l’impulso di nascondersi dietro qualunque superficie a disposizione, in uno dei suoi proverbiali moti d’orgoglio. Non le sfuggì nemmeno come il volto di sua figlia cambiasse improvvisamente d’espressione, quando si accorse che Roberta Della Corte era seduta a pochi metri da loro. Si sentì d’un colpo molto disorientata, ma cercò di non darlo a vedere.

Riuscì solo a farsi da parte, debolmente, mentre vedeva Chiara correre incontro a Roberta, e abbracciarla stretta.

 

  
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