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Autore: kiara_star    06/09/2009    6 recensioni
"Lo specchio integro di quella menzogna ormai palese anche agli occhi innocenti di un bambino, non poteva rimanere in piedi. E così lo spadaccino vide il cuoco accasciarsi contro il suo petto dopo che l’elsa della sua spada si era schiantata velocemente nel suo stomaco. lo vide accasciarsi così come avrebbe visto in futuro l’accasciarsi, lo sgonfiarsi della sua stupida maschera. Mentire, ingannare, sorridere falsamente a tutti, era ciò che sapeva fare meglio, era quella sua stupida testardaggine nel voler mantenere un’apparenza normale, che non gli apparteneva e mai l’avrebbe fatto..."
[progetto "Images ZoSan Fanfiction” #5]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quinta immy, quinta fic


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Ribrezzo


Piangi... piangi piccolo angelo, la tua natura eterna

 

Il pavimento era freddo e maleodorante. Il tanfo di urina e di acido penetrava nelle sue narici costringendo lo spadaccino a dilatarle per poter respirare adeguatamente, non bastasse il peso di quello stupido  cuoco che lo schiacciava a terra.
- Non te lo ripeterò più, idiota. Stammi lontano... CHIARO? – i suoi occhi erano infuocati di rabbia e di sicuro c’era anche qualcosa simile a imbarazzo, ma Sanji era fin troppo bravo a nascondere quel tipo di emozioni sebbene Zoro sapesse leggere facilmente nelle sue iridi azzurre.
- Calmati cuoco... non vedi che stai perdendo la calma senza motivo? – le dita bianche si strinsero con più vigore attorno al collo ambrato dello spadaccino, talmente tanto che Sanji poteva avvertire il suo battito controllato contro il palmo della mano. Gli occhi di Zoro avevano sempre avuto la capacità di penetrarlo, praticamente identici alle sue lame, anzi forse ancora più affilati, potevano trafiggerlo, aprirlo a metà e vedere al suo interno come fosse la cosa più semplice del mondo, e questo Sanji non aveva mai potuto sopportarlo, così come faceva fatica a sopportare ogni singola cellula di quel maledetto marimo
- Io ti ammazzo, Zoro. Te lo giuro... – digrignò forte i denti quando sul viso dello spadaccino si disegnò un ghigno di beffa, un ghigno che aveva il sapore amaro di una sconfitta. Quando un proiettile ti si conficca in una spalla e tu cadi a terra imprecando per essere stato così idiota da non accorgerti del suo arrivo.
- Fallo, avanti, caccia le palle a fammi fuori... – la voce dello spadaccino era calma, ponderata, come avrebbe dovuto essere la sua che invece vibrava di collera e di amarezza in ogni sillaba che tentasse di pronunciare.
- Io... – era lacerante ammettere quanto Zoro potesse avere un simile ascendente su di lui. Bastava un solo sguardo che il cuoco poteva infiammarsi, di rabbia, di sfida, o d’altro, ed era quell’altro che più riusciva a fargli perdere il controllo e a fargli maledire cosa di più santo ci fosse al mondo.
- Merda – ringhiò alzandosi e lasciando il compagno a terra. Le mani fra i capelli biondi per qualche attimo, infelice attimo in cui l’aver completamente perso il controllo faceva male più del solito, e poi quel pugno che si schiantò sulle mattonelle bianche.
- Perché... perché l’hai fatto? – e ancora faceva fatica a crederci Sanji mentre sospirava appena quella parole, mentre sentiva Zoro rialzarsi da terra e sistemarsi le katana, mentre i suoi passi si avvicinavano a lui.
- Serve davvero un perché? - Come poteva essere così semplice per lui? Come poteva trovare nelle sue azioni che anche agli occhi del più decerebrato essere del mondo sarebbero state totalmente surreali, come poteva lui trovarle così naturali, quasi ovvie, senza bisogno di alcuna spiegazione, e per uno razionale, riflessivo calcolatore a tratti cinico come il cuoco, una spiegazione andava data a tutto, soprattutto a quello.
-  Non succederà più – affermò con sguardo serio, fissandolo nelle sue iridi nere che avevano sempre quell’espressione spenta, stanca, quasi lontana. Lo spadaccino scosse la testa poggiandosi con le spalle contro il bianco della ceramica e aspettando che le mani del cuoco si avventassero nuovamente sulla sua maglia, che lo spingessero contro il freddo muro e che il suo viso infuriato si specchiasse nei suoi occhi.
- Smettila Zoro. Non prendermi per il culo – e quasi avrebbe sorriso Zoro, perché quel odioso cuoco ancora non si rendeva conto che era lui che si stava prendendo per il culo, era lui a voler rinnegare tutto a  rendere ciò che aveva fatto osceno, squallido, un gesto che era contro i suoi principi, contro la sua rinomata omofobia. Eppure quando le labbra dello spadaccino si erano appropriate delle sue nella ferocia di un bacio dall’aspetto animalesco, l’aveva sentito Zoro che non c’era nulla che anche lui non volesse, quando la sua lingua era scivolata nella sua bocca, quando le mani gli avevano afferrato i ciuffi verdi per spingere sempre più selvaggiamente la sua testa verso la sua, quella stupida testa gialla che non faceva altro che ingannarsi da sola.
- Io non sono come te... io non sono un finocchio – ma lo specchio integro di quella menzogna ormai palese anche agli occhi innocenti di un bambino, non poteva rimanere in piedi. E così lo spadaccino vide il cuoco accasciarsi contro il suo petto dopo che l’elsa della sua spada si era schiantata velocemente nel suo stomaco. lo vide accasciarsi così come avrebbe visto in futuro l’accasciarsi, lo sgonfiarsi della sua stupida maschera. Mentire, ingannare, sorridere falsamente a tutti, era ciò che sapeva fare meglio, era quella sua stupida testardaggine nel voler mantenere un’apparenza normale, che non gli apparteneva e mai l’avrebbe fatto. Perché Zoro sapeva che un uomo che non accetta la sua natura che si ostina a dimostrare uno spirito diverso da quello che governa la sua anima è destinato alla miseria, ad una fine in lacrime per la sua infelice scelta, infelice e stolta scelta di fingersi un altro.
- Io.. ti odio..- quel ringhio che era in bilico fra l’essere urlato di rabbia e l’essere pianto di disperazione sfiorò appena le orecchie dello spadaccino, ormai totalmente immuni alle sue ripetute quanto inutile scuse. E così lo afferrò per il colletto della camicia e riportò il suo viso fronte al suo. Guardò quegli occhi che luccicavano di collera e le labbra che tremavano di ira. Contro di , non certo contro di lui, e su questo Zoro era fin troppo certo.
- Smettila – ordinò, ma il cuoco non fece altro che stringere le dita attorno al suo polso e continuare a digrignare i denti come una bestia in gabbia
- E va bene, come vuoi – non ci pensò molto lo spadaccino prima di sbatterlo contro quella parete fredda e sporca, prima di avventarsi contro di lui e riportare la sua mente a quella mattina, facendo ricongiungere le loro labbra, sopportando la sua ostinazione a combatterlo graffiandogli quella mano che stringeva la sua camicia , serrando i denti quasi a volergli tranciare quella dannata lingua, prima di sentirlo  cedere, cedere nuovamente.
- Ti..odio...- stavolta detto con le labbra umide di lacrime. Il suo corpo attraversato da impercettibili scosse elettriche quasi come se i suoi organi stessero collassando a quella disgustosa realtà che gli si presentava davanti. Mentre il sapore salato bagnò anche le labbra del suo compagno e le sue mani si lasciarono calamitare dalle sue forti spalle, e Sanji sapeva  che non ci sarebbe stato mai modo di accettare  ciò che stava facendo, ciò che avrebbe rifatto, il ribrezzo per se stesso era marchiato a fuoco sulla sua pelle, quella stessa pelle che si stava coprendo vergognosamente di brividi ad ogni disgustosa carezza dello spadaccino.

 

 

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