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Autore: ValeDowney    24/04/2022    1 recensioni
"Una strana sensazione mi pervase per tutto il corpo. La morte dovrebbe essermi vicina eppure è come se qualcosa, o qualcuno, mi trattenesse. Perchè non mi lasciate andare? Ormai non ho più nulla per la quale combattere"
Una storia di redenzione. La vita di un uomo che, nel mondo magico, ha dovuto portare una maschera per nascondere il suo vero intento. Una "morte" che gli ha donato una seconda possibilità, in una donna che nasconde un misterioso passato
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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REDEMPTION
 

Capitolo XXII: Nascondigli ingannevoli


 
Hermione continuava a camminare per i corridoi del castello. La biblioteca era sempre stata il luogo da lei preferito dove studiare ma, a quanto pareva, ora era impossibile anche entrarvici.
Poteva tentare la torre di Astronomia, ma l’avrebbe di sicuro trovata chiusa, visto che, ovviamente, le lezioni si tenevano solamente verso tarda sera.
Hogwarts era un posto grande, ma al contempo anche molto affollato. Trovare un posticino tranquillo era come affrontare un drago. Anche in riva al lago. Da sempre luogo silenzioso dove trascorrere pomeriggi lontani dalle lezioni, ora si era trasformato nel ritrovo di futuri magizoologi o studiosi di erbe magiche e curative. Neville e Luna erano diventati tra gli assidui frequentatori del posto, scambiandosi aneddoti e curiosità sulle materie da loro approfondite.
La fortuna sembrava non girare dalla sua parte quando, passando accanto a una parete, comparve una porta. Hermione si fermò, mentre essa si apriva. La ragazza sorrise, ricordando con piacere la stanza delle necessità, ritrovo con i suoi amici durante le lezioni dell’Esercito di Silente.
Althea e Severus volsero gli sguardi. Qualcuno stava entrando nella stanza.
Entrambi si alzarono: “Ma non si potrebbe mettere un incantesimo alla stanza, in modo che nessun altro possa entrare?” disse Althea.
“Disse colei che fa entrare in casa sua, senza problemi, il vicino psicopatico” disse Severus.
“Presto, dobbiamo cercare un posto dove nasconderti” disse Althea e, dopo averlo preso per un braccio, iniziò a camminare a passo spedito.
“Perché dovrei nascondermi solo io? Anche tu sei ricercata” chiese Severus.
“Io sto solo scappando dai miei genitori. Mentre tu, in teoria, dovresti essere morto da mesi. Nessuno deve vederti” rispose Althea.
“Tua è stata l’idea di scappare!” replicò Severus.
“E tua l’idea di venire qua. Fosse stato per me, saremmo andati in Australia” aggiunse Althea. Continuò a guardarsi intorno in modo frenetico, non trovando un posto adatto: “Ma perché quando ho bisogno della neve, non compare?!” replicò la ragazza.
Severus le lanciò un’occhiataccia quando Althea si fermò bruscamente e lui le finì addosso.
“Ecco, vai qua dentro” gli disse.
“Sei matta?! Io lì non ci vado!” ribatté il pozionista. Althea aprì le ante di quello che aveva l’aria di essere un armadio. Quindi disse: “Non c’è più tempo. Su, entra.”
“Questo è un armadio svanitore” disse semplicemente Severus.
“E allora? Non soffrirai mica di claustrofobia?” gli chiese.
“L’armadio svanitore è un oggetto pericoloso. Non si sa cosa si possa trovare al suo interno o chi ne possa uscire” spiegò Severus.
“Come vedi è vuoto, e poi chi metterebbe mai un oggetto pericoloso in una stanza di una scuola frequentata da tanti ragazzini?” disse Althea. Severus la guardò stranamente. Poi disse: “Forse, ti sei dimenticata del Basilisco nella Camera dei segreti.”
“Non ero neanche presente, quindi non è un mio problema” disse Althea, mettendosi dietro di lui.
“Sei solo un’egoista!” replicò Severus.
“Per quanto riguarda quell’anno in cui il Basilisco ha attaccato tutti quegli studenti e io non ero presente perché ero a lavorare?” domandò.
“No, perché mi stai cacciando forzatamente qua dentro, quando dovresti entrare anche tu” rispose. Althea lo spinse all’interno dell’armadio e, dopo aver chiuso le ante, disse: “Ora stai zitto! Vedrai che poi mi ringrazierai”.
Hermione continuava a camminare per la stanza, guardandosi intorno con curiosità. Seppur ci avesse già messo piede negli anni precedenti, quel luogo nascondeva sempre un velo di mistero.
Il suo cammino, però, venne interrotto da Althea: “Ciao. Io e te non ci conosciamo, e probabilmente che ci siamo viste solamente di sfuggita. Proprio come ora. Sono qui per caso come, forse, anche tu.”
Per un po', Hermione rimase scioccata. Poi però disse: “Ti ho vista qualche anno fa a Grimmauld Place. Facevi parte dell’Ordine della Fenice.”
“Oh… sì… ma magari mi confondi con qualcun'altra” disse Althea.
“No, sono sicura che fossi tu” disse Hermione. Althea le si affiancò e, dopo averle messo un braccio intorno al collo, si incamminò verso l’entrata, dicendo: “Oh, come si è fatto tardi. Forse è meglio se vai. Avrai tantissimo da studiare.”
“Veramente stavo proprio cercando un posto tranquillo dove studiare e mi si è presentata la stanza delle necessità” disse Hermione.
“Come hai potuto notare, necessita più a me” disse Althea. Hermione la squadrò ma, prima che potesse aprire bocca, si ritrovò fuori dalla stanza e con le porte chiuse in faccia.
“Che razza di maleducata! Ma chi si crede di essere! Quella non mi convince. Meglio indagare” replicò Hermione e se ne andò indignata.
Althea si rivoltò e, a passo spedito, si diresse verso l’armadio svanitore: “Ok, Severus, via libera: quella ragazzina se n’è andata”. Ma dall’oggetto nessuno uscì.
La donna ci riprovò: “Severus, non sei divertente – non che tu lo sia mai stato. Esci: sono rimasta solo io”. Ma, nuovamente, nulla.
Althea aprì l’armadio, ma di Severus nessuna traccia. Chiuse le ante e le riaprì, sperando nella comparsa del pozionista, ma nuovamente non era presente.
Althea iniziò a sudare: “No. No. No. Fa’ che non sia vero, ti prego. Fa’ che non sia sparito veramente”. Chiuse gli occhi, sperando si trattasse tutto di un sogno. Inspirò ed espirò. Riaprì le ante – così come gli occhi – ma Severus non c’era.
Sbuffò e, timidamente, entrò dentro l’armadio, chiudendosi le ante dietro di sé. Fece un lungo respiro. Poi si voltò ma, quando riaprì le ante, non si trovò più nella stanza delle necessità.
Uscì. Era in un negozio, con strani e orribili oggetti disposti su mensole ricoperte di polvere o in teche sporche. Il soffitto era pieno di ragnatele e teste di animali impagliati dalle espressioni raccapriccianti. Sembrava essere entrata in un incubo.
Uscì dalla porta a passo spedito, ritrovandosi in un vicolo buio e umido. Si accostò alla fredda parete di mattoni, facendosi strada passo dopo passo. Stava per arrivare alla fine quando qualcuno le si affiancò, bloccandole la strada.
“Althea Carter. Ma che sorpresa rivederti. Soprattutto in un luogo come questo” disse.
“Antonin Dolohov, avevo sentito che eri finito ad Azkaban” disse Althea, guardandolo e riconoscendo l’interlocutore.
“Black non era l’unico a essere riuscito a scappare. Tu, invece, stai cercando ancora un modo per redimerti? Forse posso darti una soluzione” disse Antonin.
“Se hai trovato qualcuno che ha ancora la folle idea di voler resuscitare nuovamente il Signore Oscuro, sappi che non voglio farne parte. Ho finito con quella storia” disse Althea.
“Voldemort non può più essere riportato in vita. Mi ha mandato uno che ti sta cercando da molto tempo e non vede l’ora di conoscerti” disse Antonin.
“Be’, allora dirgli di contattarmi via gufo. Sarò bel lieta di rispondergli” disse Althea.
“Non è così semplice. A lui piace la riservatezza. Non è ben visto da molte persone, seppur la sua incredibile storia sia stata oscurata da Voldemort. Ma sono sicuro che ben presto il suo nome diventerà nuovamente importante. Sta solo a te decidere” spiegò Antonin e le mostrò un bigliettino da visita.
Althea lo prese. Lo girò e rigirò. Poi riguardò Antonin: “È bianco. Senti, non sono in vena di scherzi”.
“Quando sarai pronta non devi fare altro che pronunciare l’incantesimo “Revelio”. Dopotutto non sei curiosa di conoscere il tuo futuro? Ma, soprattutto, sapere veramente chi sei?” le sussurrò in un orecchio. Poi si allontanò e, mentre sogghignava malignamente, aggiunse: “Pensaci bene. Vedrai che non te ne pentirai”. E se ne andò.
Althea riguardò il bigliettino. Tutto ciò che era appena accaduto le pareva ancora strano. Che la persona che sognava fosse, in realtà, colei – o colui, che aveva mandato Dolohov? Forse si trattava solo di una coincidenza.
Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse quando qualcuno comparve dietro di lei, mettendole una mano sulla bocca. Althea cercò di togliersela, mentre l’individuo la trascinava in un altro vicolo.
Una volta fermi, Althea vide di chi si trattava: era Severus, ma se lo sguardo di lei era di sollievo, non si poteva dire lo stesso del suo, tutt’altro che di contentezza.
“Ora, se mi prometti di non gridare come una bambina, tirerò via la mano. Al contrario, tirerò via ugualmente la mano, ma ti praticherò un incantesimo che ti terrà la bocca chiusa finché non lo deciderò io. Intesi?” replicò. Althea annuì e Severus tolse la mano.
“Oh, Severus come sono contenta di rivederti. Pensavo che fossi finito chissà dove” gridò contenta Althea, abbracciandolo. Il pozionista alzò gli occhi al cielo, per poi scostarla da sé.
La donna abbassò il capo: “Lo so, lo so. Scusami. Mi avevi detto di non comportarmi come una bambina”.
“Ti avevo detto di non gridare come una bambina” la corresse. Poi continuò: “Come una bambina ti comporti già da tempo”. Althea rialzò lo sguardo. Severus continuò: “Voglio risposte precise e sincere. Cosa voleva Dolohov da te?”.
“Ma io…” iniziò a dire Althea. Severus la bloccò: “Vi ho visto mentre parlavate. Ero nascosto poco più in là e non pensare che non l’abbia riconosciuto. Allora, voglio la verità e vieni subito al dunque”.
“Dice che lo ha mandato qualcuno che mi sta cercando da molto tempo e non vede l’ora di conoscermi. Mi ha dato questo bigliettino, ma è del tutto bianco” spiegò e mostrò l’oggetto a Severus. Questi lo prese e, mentre l’osservava, disse: “È possibile sia pieno di magia nera. Non ti è venuta l’idea di gettarlo?” La donna non rispose. Severus fece un piccolo sorriso: “Ovvio che no. La tua curiosità deve sempre subentrare anche nei momenti di pericolo”.
“Forse perché non mi è mai passato dalla testa di disfarmene” disse Althea.
“Non c’è problema: rimediamo subito” disse Severus e, puntando la bacchetta contro il bigliettino, stava per pronunciare un incantesimo, quando Althea glielo levò dalla mano.
Severus la guardò malamente quando Althea sorrise beffardamente. Il pozionista replicò: “Bene. Fa’ come ti pare. Ma non venire a piangere da me, se la faccenda dovesse complicarsi”.
“So che avrò lo stesso il tuo supporto. Non lo ammetterai mai apertamente, ma tieni a me” disse Althea. Severus non rispose, ma poi spostò lui stesso e la donna contro il muro quando qualcuno passò nella strada adiacente.
“Hai paura che ci vedano insieme?” domandò.
“Non essere sciocca. Ti sei dimenticata che tu sei ricercata mentre io, per il mondo magico, dovrei essere morto da mesi? Pensi ancora che ci troviamo in un gioco dove tu puoi fare quello che ti pare e io devo essere sempre pronto a salvarti? Ti comporti come una bambina viziata. Quando crescerai? La vita è ben diversa da come te l’hanno mostrata mamma e papà” replicò e, spostandosi da lei, si affacciò sulla strada.
“Non ti rendi neanche conto che quando parli potresti ferire i sentimenti di qualcuno, ma tanto a te questa cosa non è mai importata. Però, a scuola, non eri così tanto scontroso” disse Althea.
Severus la guardò. Si avvicinò a lei e, dopo averla presa per un braccio, la trascinò fuori dal vicolo, camminando a passo spedito lungo la strada principale. Ogni volta che incrociarono qualcuno imboccarono altri vicoli, fino ad arrivare sul retro del pub “Testa di Porco”.
“Finalmente ci siamo fermati. Stavamo girando in tondo” disse Althea.
“La vuoi smettere di lamentarti?! Ti ripeto: non stiamo giocando!” replicò Severus, guardandola. Poi spostò lo sguardo sulla finestra del pub, aggiungendo: “Dobbiamo trovare un modo per entrare senza che nessuno ci veda, e utilizzare il loro camino per raggiungere un’altra destinazione”.
“Come sarebbe a dire, un’altra destinazione? Ritorniamo in quel negozio e rientriamo nell’armadio, così possiamo nasconderci nuovamente nella stanza delle necessità” disse Althea.
“L’armadio svanitore non funziona così: ci deve essere qualcun altro dall’altra parte che ci faccia passare e, a parte la McGranitt, nessun altro sa di noi. Quindi non possiamo ritornare a Hogwarts” spiegò Severus.
“Ehm… veramente…” iniziò a dire Althea, ma Severus la bloccò: “Potremmo andare al Paiolo Magico e da lì vedere poi la prossima destinazione”.
“Al Paiolo Magico? Ma sta a Londra! Diventeremo dei fuggiaschi. No, mi rifiuto!” ribatté Althea.
“Preferisci finire sotto processo e poi, forse, anche ad Azkaban? Vedi soluzione migliore?” replicò, guardandola.
“Magari l’intestatario di questo bigliettino” rispose Althea, estraendo l’oggetto. Severus lo guardò in silenzio. Davvero colui – o colei- avrebbe potuto aiutarli?








Note dell'autrice: Buona sera miei cari lettori (e lettrici). Volevo fare un enorme GRAZIE a tutti/e. Grazie davvero infinite per le vostre bellissime parole nelle recensioni e che non avete abbandonato la storia dopo che l'ho aggiornata dopo molto tempo. Grazie davvero.
Spero che la storia vi stia piacendo, anche perchè fra poco (spero) si scoprirà sempre qualcosa di più sul passato oscuro di Althea (che nemmeno lei sa)
Grazie a tutti coloro che hanno recensito; che hanno messo tra le preferite e seguite la storia o che sono semplicemente passati/e di qua
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Ci sentiamo al prossimo capitolo. Visto l'ora vi auguro una buona notte. Un buon inizio della settimana e buona festa della liberazione
Un grosso abbraccio
Valentina

 

 
  
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